Altrove oceani erranti
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A trovare il diario sarà Grace nel 2025, durante il suo soggiorno su un’isola delle Maldive, dove scopre di essere l’unica ospite del villaggio. Una storia a ritroso nel tempo, intrisa di oceani erranti, drammi familiari, speranze, fede e incredulità, e dove echeggia una domanda: “Tu credi?”
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Anteprima del libro
Altrove oceani erranti - Clara Bartoletti
(Aristotele)
Introduzione
Se avessi dato un titolo a questa introduzione al nuovo romanzo di Clara Bartoletti, l’avrei intitolato: Il tempo sospeso.
Sebbene io sia un’accanita lettrice dei suoi avvincenti romanzi, riesco sempre a stupirmi di come Bartoletti giochi con il concetto di tempo. Passato, presente e futuro s’intersecano nei suoi racconti, trasformando la linea retta in cui siamo abituati a pensare il tempo, in un’ellisse tridimensionale, uno sferoide in cui ci si avvicina e ci si allontana continuamente dal centro, pur rimanendo ben assestati nella sua aura. Questo perché la bravura di Clara è anche nel saper gestire e incastrare, a mano a mano che la storia evolve, i pezzi del puzzle che va costruendo assieme ai lettori e che porteranno questi ultimi a porsi una domanda - in questo caso la domanda della vita -, che li aiuterà a capire meglio quello che sono, che fanno e che sentono.
Il bel ritmo della narrazione e i fatti che si accavallano veloci, avvincono il lettore che non vorrebbe mai lasciarne la lettura.
Ma della trama non voglio dirvi nulla, né del canto delle balene, che accompagna i protagonisti ponendo l’accento i momenti topici della storia, perché è un romanzo che va gustato una pagina dopo l'altra. Oltre la storia e dentro di essa vi sono però alcuni spunti che inducono il lettore a riflettere.
In primis, questo romanzo ha un Fil Rouge che in qualche modo, a mio avviso, lo collega sottilmente con Soltanto un brandello di pioggia, thriller psicologico del 2018. Non voglio soffermarmi tanto sul periodo storico, la Seconda Guerra Mondiale con il suo corollario di atrocità, che entra prepotentemente nelle due storie suscitando un riscatto morale nei protagonisti e, credo, anche nei lettori.
Quello a cui penso è piuttosto un colore: il viola. Nel precedente romanzo era il colore di un fiore, un iris, che aveva impregnato della sua essenza i ricordi della protagonista.
Ora invece è il colore di un’acqua speciale, misteriosa, salvifica. Il viola di per sé è simbolo di mistero. Unisce il mondo terrestre del rosso a quello del blu ultramondano. Unisce il rosso dell’azione e del combattimento al blu dell’equilibrio e della calma.
L’acqua, poi, ci porta col pensiero a simboli antichi: già Ireneo di Lione indicava il rito del battesimo quale conversione dell’anima, vera e propria professione di fede del battezzando. A lui era posta la domanda: ‘Credi tu?’ ed egli rispondeva ‘Credo’.
Nel racconto di Bartoletti, a uno a uno i personaggi si troveranno di fronte la stessa domanda e ognuno risponderà secondo quanto la sua anima gli suggerirà.
Alcuni crederanno e si lasceranno vivere, di conseguenza, in una vita nuova, arricchita dagli effetti magici di questo liquido speciale. Per altri, come per il protagonista Marvin che racconta in prima persona gli avvenimenti di cui è stato testimone, a causa della resistenza della sua ragione agnostica, la scelta sarà più aspra e combattuta.
Grace, la protagonista del racconto ambientato nel futuro, la vedo come la personificazione del lettore stesso; la giovane si trova inaspettatamente di fronte all’occasione della vita, eterogenea combinazione di mistero e intrisa di magia.
Vivrà in un tempo sospeso una vacanza solitaria in un luogo paradisiaco, circondata ancora dall’acqua del mare e della pioggia. Trovando un libro, s’introduce in questa storia, la stessa che il lettore sta a sua volta leggendo, creando una sorta di mise en abyme
- per dirla come André Gide -, una duplicazione di sequenza che ancora una volta chiamerà Grace e il lettore a rispondere a una fatidica domanda.
L’acqua, questo materiale speciale è, come scrisse Giordano Bruno in De l’infinito, Universo et Mondi
, mediatore per eccellenza tra i mondi.
Per questo l’azione si svolge su una speciale isola: Saorsa, termine gaelico che significa libertà ma anche redenzione, salvazione. Qui gli abitanti, giunti lì da esperienze e luoghi assai differenti, imparano a vivere in una piccola comunità armonica e fraterna. Rispettano le leggende, i miti che si narrano da secoli, di generazione in generazione, perché sanno che essi nascondono una grande verità.
Per questo Grace e il lettore si troveranno a pensare e cercare di comprendere l’intera storia su un’altra isola, paradiso terrestre e acquatico.
Credo che Bartoletti abbia anche voluto infondere alle sue pagine un messaggio ecologista. È indubbio che se non ripensiamo al nostro rapporto con l’ambiente che ci ospita, non ci sarà futuro per l’umanità. Clara sembra ricordarci, attraverso le descrizioni della vegetazione selvaggia dell’isola Saorsa e della colorata bellezza nei fondali delle isole Maldive, che se non instauriamo un rapporto saggio e maturo con l’ambiente andremo incontro a seri problemi climatici che metteranno in pericolo le nostre vite.
E’ un messaggio che mi trova personalmente molto coinvolta e che non si deve mai dimenticare né passare in secondo piano, anche se pressati da macro problemi dell’economia o dai nostri piccoli dubbi quotidiani.
Quando leggerete questa storia, fate attenzione anche ai nomi dei personaggi. Una cosa che mi ha insegnato l’amore per la lettura è che gli scrittori e gli artisti in genere, sono esseri speciali, in grado di captare, come sosteneva Platone, quello che è scritto nell’aria. E dunque nulla è mai a caso, neppure un nome. Marvin, ad esempio è di origine celtica e significa Bellissimo mare
, ma ha al suo interno anche Mar di Marte e il personaggio combattente e, alle volte, un po’ sgradevole nei suoi comportamenti, lo ricorda. Inoltre a me fa venire in mente il personaggio omonimo di Douglas Adams, un androide un po’ paranoico, un cervellone ridotto a compiere piccole azioni; Agata è il nome di una pietra preziosa ma anche un aggettivo greco antico e significa buona, gentile; Grace, la grazia: a lei giunge ‘per caso’ (o per grazia appunto dall’alto del demiurgo scrittore) lo svelamento dell’intera storia; Rafael e Gabriel, i figli di Marvin non possono non ricordare gli arcangeli, guaritori e custodi di ciò che è prezioso; e Cassandra che tutto conosce ma, che non sempre è creduta…
Lascio a ognuno di voi la curiosità di leggere e scandagliare in altro modo possibile la storia.
Il tempo. Ho iniziato così questo mio scritto.
Il tempo della lettura non è mai lineare. Possiamo dilatare attimi all’infinito, quasi, o comprimere decenni in poche righe. Possiamo, se siamo fortunati come Grace, avere l’occasione di vivere in una bolla atemporale, sospesi tra terra e cielo, tra ragione e sentimento, razionalità e magia.
In quegli istanti possiamo sentire l’eco della domanda: Credi?
e, prendendoci tutto il tempo che vogliamo, cercare dentro di noi la risposta giusta.
Chiara Saccavini
Parte UNO
Maldive 2025
Piove sull’isola, ormai da tre giorni, inspiegabilmente senza sosta. Un diluvio inesorabile che ha reso la sabbia come un fango impossibile da praticare. Grace è nella sua camera over-water, nella penombra, sta fumando una sigaretta e osserva incredula fuori dalla veranda la pioggia grigia che annulla la visuale sulla laguna, assomigliando a una coltre di nebbia impenetrabile. Si scorgono appena le spume di onda che sbattono tra di loro, muovendosi come in un film al rallentatore. Fortunatamente la temperatura è alta, anche se l’umidità non accenna a diminuire.
L’avevano detto: il 2025 sarà l’anno della pioggia. Dappertutto. Anche le Maldive non hanno avuto scampo. Tutto però in questa vacanza ha dell’insolito.
Grace è rimasta colpita da un’offerta irrinunciabile. Quel resort, il resort per eccellenza, categoria cinque stelle superior con tutte le comodità e amenità che caratterizzano una località di lusso, buttata lì, quasi senza ritegno. Una cifra da non starci a pensare sopra, prenotare senza farsi domande, è quella che ha pagato per un last minute di tutto rispetto.
Però, fin dall’inizio, c’è stato qualcosa d’inspiegabile. Grace già al pontile degli idroscivolanti era sola. Possibile che nessun altro abbia colto l’occasione?
Il volo di quarantacinque minuti, che l’ha portata a Nord, in quella parte ancora (apparentemente) naturale dell’arcipelago è stato caratterizzato da vuoti d’aria e turbolenze. Essere sopra un piccolo aeromobile rumoroso, con le eliche che girano vorticosamente a mezz’aria, fendendo un temporale spaventoso con saette e nuvoloni grigi, non è stata una passeggiata.
Poi, una volta sopra il resort, è stato quasi impossibile distinguerlo: solo una macchia verde di palme nel biancore gelatinoso del maltempo.
Una volta scesa, è stata accolta da Aasim e si è buttata letteralmente sotto il grande ombrello blu con la scritta del resort che lui le aveva portato per non bagnarsi, scoppiando a ridere.
Le Maldive: il sogno di ogni essere dotato d’immaginazione e di amore per il mare, dipinto come spiagge bianche accarezzate da dolce risacca dai colori turchesi, puntini blu che paiono occhi nel mare. Queste isole paradisiache le mostravano il loro lato primitivo, tribale.
Le vere Maldive, eccole! Quelle dei monsoni, delle piogge, del vento teso, del mare arrabbiato che tanto spaventa i suoi abitanti. Quel mare insidioso dei banchi di sabbia che nascondono spiriti maligni, gli stessi che camminano di notte, quando non c’è la luna, per prendere sembianze umane e rubare l’anima ai bambini, chiamandoli per nome e approfittando della loro ingenuità nel voltarsi. Le Maldive del popolo, sempre più snaturato dalle sue tradizioni orali, dalle storie spirituali chiamate fùreta; cultura sradicata dal continuo avanzare di usi occidentali, che propone vasche idromassaggio e piscine dove non ce n’è bisogno. Le lacrime di Allah.
Grace riempie i documenti del check in, in una stanza circolare, aperta tutta attorno, dove uno svogliato ventilatore compie il suo dovere; il pavimento di sabbia è perfettamente rastrellato, sui tavoli di legno ci sono grandi conchiglie che rievocano oceani perduti; un cocktail di benvenuto, freddissimo, all’ananas le viene offerto assieme a una salvietta profumata alla menta.
Grace sistema la borsa, fuma una sigaretta osservando il cielo coperto, le palme che ondeggiano in balia del monsone. Afferra la chiave della camera che ha un portachiavi a forma di squalo.
E’ perplessa, magicamente stordita da ciò che vede e soprattutto percepisce. L’isola è grande, con ampie spiagge coperte di coralli bianchi e conchiglie, e ciuffi di alghe verdastre; l’aria sembra sospesa, la natura è irriverente adesso e non c’è anima viva in giro. Presume che siano tutti rinchiusi nelle loro camere, i turisti. A cena si accorge invece che è l’unica ospite del villaggio. Percorre la passerella del pontile con l’ombrello, e si chiede cosa stia succedendo. Forse la gestione è in via di cambiamento, forse il resort è in fallimento… Grace non comprende. Sospetta una fregatura: forse l’offerta era così appetibile, poiché non avrebbe soddisfatto le esigenze?
Si avvicina al buffet, il cibo è buono, profumato. Il suo cameriere, che appare come un’ombra veloce, la aiuta con la scelta delle portate.
Grace prende molti dolci, ne è ghiotta, e quelli sul tavolo hanno un aspetto invitante. Prende frutta fresca, e un caffè ristretto. Fuma una sigaretta, tanto non c’è nessuno e non reca disturbo.
Chiede ad Aasim, che è rimasto alla reception con una ragazza maldiviana dagli occhi verdi, quando sarà possibile fare snorkeling ma, lui alza le braccia. Non lo sa.
Il tempo sembra congelato e anche non collaborativo, cosa per Grace alquanto irritante.
Così, prima di tornare nella sua over-water per la terza notte, e dopo la terza cena in solitaria (Aasim ha acceso una candela sul tavolo per creare un’atmosfera), e grata di un attimo di tregua dalla pioggia, Grace decide di entrare nella piccola biblioteca dei libri lasciati dai tanti turisti. La biblioteca è a ridosso della reception, ha il tetto di paglia e poltroncine comode per la lettura. Grace è accigliata: mai e poi mai avrebbe pensato di leggere romanzi alle Maldive, lei che è sempre fissa nell’acqua, con la sua telecamera Go Pro, a filmare tartarughe e pesci palla.
Guarda i volumi da lontano, individua quelli stranieri (si notano subito i titoli inglesi e tedeschi) e il suo sguardo cade su una copertina azzurra. Il titolo, Altrove Oceani Erranti. Non c’è il nome dell’autore. Sembra una vecchia stampa, forse la salsedine, il vento e la sabbia l’hanno consumata. All’interno, sulla prima pagina ingiallita, c’è una scritta a mano, vergata con calligrafia fluida, destrorsa, tipica di una persona che è aperta al mondo.
Dice semplicemente, leggimi.
Non c’è il riassunto della trama, dietro. Solo un’immagine: una grande balena fluttuante nel cielo e di spalle una bambina che la indica, mentre nasconde nell’altra mano una fionda.
La scritta dice ancora: mi hai trovato. Leggimi ed io troverò te.
Grace sorride, le scappa una risata roca, divertita.
Mormora mannaggia mannaggina
, e pensa che sarà la prima volta che leggerà un romanzo alle Maldive, mentre nel frattempo farà in camera la danza del sole.
Non ci voleva questa seccatura, pardon, annacquata.
Si avvia con passo svelto verso la sua camera, mentre la pioggia torna, con più forza, fredda e gelata come aghi di ghiaccio.
In camera, getta il libro sulla scrivania e si accende un’altra sigaretta.
Le Maldive sono anche questo, scatta una foto con il telefonino e la spedisce all’amica Alexia.
Qui è un finimondo, leggerò qualcosa. A presto.
Il bip in uscita non è avvallato da risposta.
Risponderà domani, pensa. E spegne la sigaretta.
Milano 2020
Diego apprende adesso che la Lombardia è zona rossa.
È la sera del sette marzo.
La nonna è a letto con la febbre da tre giorni.
Non vuole dire nulla.
È solo una banale influenza.
L’hanno detto in molti. I giornali no. I giornali stanno facendo terrorismo.
Lo sappiamo che quelli tendono a spaventare.
È tutto sotto controllo.
È questione di quindici giorni.
Tutto passerà.
Tutto tornerà come prima.
Come sempre.
Saorsa
Agosto 1930
I
«Tutti sotto coperta!»
L’ordine era arrivato come una frustata. Agata ed io, come due bambinetti spaventati, salimmo sul battello bianco e blu. La aiutai sorreggendola per un braccio, indossava un tailleur color pesca con gonna a pieghe sotto il ginocchio, un cappellino bianco che le calzava come un casco, e una camicetta bianca di seta, e notai immediatamente ma, solo in quel momento, che non aveva la tenuta adatta per andare su un’isola che qualcuno aveva apostrofato dimenticata da Dio e tutti i santi
. Barcollò incerta sui tacchi, e scese immediatamente sotto la tolda, dove ci aveva indicato il capitano, senza fiatare. Di sotto c’erano alcune panche di legno, e nessun equipaggiamento di soccorso, neppure un salvagente. Il capitano, un omaccio storto, dalla carnagione rossiccia come la sua barba, capelli lunghi, l’aspetto decadente di un diseredato, abbaiò in gaelico verso due ragazzini dall’apparente età di tredici anni. I due avevano un’espressione idiota dipinta sul viso. Io, insegnante, ero abituato a vedere bambini di ogni età, e quelli mi parvero subito due gonzi, che il capitano trattava senza pietà come se fossero ancor più stupidi di quanto sembrassero.
Il cielo scintillava sul mare, fermo come olio in una bacinella, nel cielo non c’era una nuvola, non potevamo scegliere giorno migliore per il trasferimento da Mallaig Port all’isola, dove avrei iniziato il mio nuovo impiego come insegnante. Già arrivare a Mallaig era stata un’impresa, avevamo cambiato due treni e avuto un passaggio in auto solo perché il padre di Agata conosceva un tizio che si era offerto – dietro lauto pagamento – di accompagnarci fino a quel paese sperduto dove partiva l’unica tratta per Saorsa. Essendo inglese non conoscevo a perfezione il gaelico scozzese ma, la parola Saorsa – libertà – mi aveva subito conquistato, dandomi le energie necessarie per mollare tutto e partire. Non che ci fossero scelte alla miseria e alla disgrazia, detto fra noi. Sono state queste le parole che usai con Agata per convincerla a seguirmi: allontanare per sempre da noi miseria e disgrazia.
Adesso, su quella barca arrugginita e non sicura, i due gnomi mollavano le cime, mentre il capitano, che armeggiava il timone con la stessa intensità con cui cercava qualcosa – scoprii presto