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Sea Glass - Cuore di diamante: eLit
Sea Glass - Cuore di diamante: eLit
Sea Glass - Cuore di diamante: eLit
E-book411 pagine5 ore

Sea Glass - Cuore di diamante: eLit

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Info su questo ebook

GLASS SERIES - Opale Cowan ha scoperto di possedere una nuova, spaventosa abilità che l'ha resa troppo potente agli occhi del Consiglio dei Maghi. Ma anziché presentarsi alla Cittadella come le hanno ordinato, la giovane decide di sfidare tutto e tutti per salvare Ulrick, il ragazzo di cui crede di essere innamorata. La brama di potere potrebbe aver eclissato in lui qualunque sentimento, eppure Opale è disposta a correre qualunque rischio. E a sacrificare la cosa più preziosa che possiede.



Titoli collegati:

1)Glass magic - La donna di sabbia - Glass series vol. 1

2)Sea glass - Cuore di diamante - Glass series vol. 2

3)Spy glass - Magia di sangue - Glass series vol. 3
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2016
ISBN9788858959145
Sea Glass - Cuore di diamante: eLit

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    Anteprima del libro

    Sea Glass - Cuore di diamante - Maria V. Snyder

    successivo.

    1

    Rilessi il messaggio. L'ordine era chiaro e conciso. Torna immediatamente alla Cittadella e presentati subito a rapporto nella Sala del Consiglio. Le firme dell'intero Consiglio di Sitia e dei tre Maestri Maghi erano vergate sotto la missiva. Un po' eccessivo, forse, ma non potevo non cogliere l'importanza del messaggio né dubitare della gravità della situazione.

    Janco mi sfilò il foglio dalle dita, lo scorse rapidamente e fece un fischio. Grattandosi la cicatrice dove avrebbe dovuto esserci la metà inferiore dell'orecchio destro, mi guardò preoccupato. «Non intenderai obbedire, vero? Perché se lo facessi...»

    «Lo so.» Non c'era bisogno di ribadirlo, visto che era lampante.

    «Il Consiglio ti scorterà dritta nelle segrete del Mastio dove resterai per molto, molto tempo» commentò Devlen in tono pratico. Lo guardai storto.

    «Ti ho detto che potevi parlare?» gli chiese Janco.

    «Sto cercando di essere d'aiuto» ribatté lui alzando le spalle. Il mantello gli copriva le mani, che erano ammanettate dietro la schiena.

    «Non voglio il tuo aiuto» dissi.

    Devlen aprì la bocca, ma Janco lo colpì al plesso solare e, mentre lui ansimava per riprendere fiato, minacciò di strappargli la lingua se avesse pronunciato un'altra parola. Sapevamo tutti che era una minaccia a vuoto: dato che l'anima di Devlen viveva al momento dentro il corpo di Ulrick, a causa di una perversa magia di sangue, Devlen sapeva che Janco non poteva fargli del male, così lo punzecchiava appena possibile. E per me, viaggiare con Janco, Devlen e due guardie ixiane in quegli ultimi venti giorni era diventato un estenuante esercizio di pazienza.

    Progettavamo di scortare Devlen nelle terre del Clan della Luna per trovare il suo corpo con l'anima di Ulrick, e poi farli scambiare dalla Cercatrice d'Anime Yelena. Avevo mandato un messaggio a Secondo Mago Zitora Cowan, spiegandole il piano, non appena raggiunto il confine sitiano.

    «Opale» disse Janco, «dobbiamo prendere una decisione. Si sta facendo buio.»

    «Dammi un minuto.» Presi un profondo respiro. I miei nuovi poteri terrorizzavano anche me, se solo ci pensavo troppo. Il Consiglio aveva un ottimo motivo per essere inquieto e volermi tenere sotto stretto controllo, visto che ero in grado di prosciugare un mago dei suoi poteri. Tutto ciò che mi serviva era un globo di vetro tra le mani e potevo estrarre la magia trasformandola in sostanza fisica... diamanti. Un mago non doveva neanche aggredirmi, come da principio avevo supposto. Potevo farlo senza che muovesse un dito.

    Il messaggero del Consiglio non si era fermato ad aspettare la risposta. Nessuno disobbediva a un ordine diretto del Consiglio, e men che meno uno studente mago del vetro che non si era ancora nemmeno diplomato.

    «Ebbene?» insistette Janco.

    Trovare Ulrick era più importante, e mettere fine alla magia di sangue era vitale. «Faremo tappa a Fulgor, così potrò mandare un messaggio a Zitora» decisi. «Lei capirà.» O almeno lo speravo. Ma i miei piani, come sempre, non andarono come avevo preventivato.

    Inconsapevole della tempesta che si stava avvicinando, ignorai il messaggio del Consiglio e il giorno seguente ci dirigemmo verso est attraverso una fitta foresta. Foglie morte ci scricchiolavano sotto le scarpe. Alberi e arbusti erano ancora spogli, ma la stagione tiepida era iniziata da pochi giorni, e il terreno gelato si era trasformato in una poltiglia fangosa. Guardandomi in giro, notai la bellezza dei boschi spogli e semplici contro le larghe chiazze di colore del cielo. L'aria odorava di umido e fresco.

    «Dobbiamo accamparci prima che faccia buio?» chiese Janco.

    La regione mi pareva familiare, e mi si annodò lo stomaco ricordando quando ci ero stata.

    «Il tuo capanno è vicino?» domandai a Devlen.

    «Mi stavo chiedendo se avresti riconosciuto la zona» replicò lui con un sorriso. «I bei vecchi tempi.»

    Mi morsi il labbro per impedirmi di rimbeccarlo. Quando non cercava di giocare con la mia mente e le mie emozioni, si divertiva a irritare anche me. Per esempio era tornato al modo di parlare dei Daviian anziché imitare Ulrick. «Quanto vicino?»

    Devlen scrutò i boschi, e poi incontrò il mio sguardo. Una strana sensazione mi percorse. Vedere lo sguardo freddo e calcolatore di Devlen nei vividi occhi verdi di Ulrick mi turbava ancora. Le lunghe ciglia, i capelli neri e i lineamenti scolpiti erano quelli del mio amico, ma mi mancava il suo tenero sorriso.

    «Molto vicino. Sicura di volerci andare?»

    Non ci pensai molto. «Meglio che passare un'altra notte all'aperto. Fai strada.»

    Ci guidò fino a un piccolo capanno a un solo piano, mentre la luce si affievoliva. Quando arrivammo, Janco accese il fuoco nel camino, poi tolse dai bagagli le nostre razioni. «Troppo buio per cacciare. Cercherò qualche coniglio domani mattina» annunciò mettendo sul fuoco una pentola d'acqua per cuocere il suo stufato da viaggio.

    Sulle prime aveva avuto un sapore fantastico, ma dopo venti giorni mi mancavano il succo di mele e il budino di pane di mia madre. Il suo arrosto di maiale da solo sarebbe valso i cinque giorni di viaggio.

    Nostalgia di casa e solitudine mi trafissero il petto. I miei genitori dovevano essere sconvolti, dopo aver appreso della mia sparizione. Pur sapendo che mia madre mi avrebbe redarguito per ore, bramavo tornare da loro.

    Mentre Janco cucinava, le due guardie portarono altra legna per il fuoco. Presi un ramo e ne feci una torcia. Devlen mi osservava, ammanettato alla trave di sostegno del soggiorno. L'ultima volta che eravamo stati lì, i nostri ruoli erano invertiti: lui era il carceriere e io la sua prigioniera.

    Entrai in cucina in cerca di cibo, ma i pochi resti di pane e formaggio erano andati a male. Attraversando il soggiorno per controllare le camere da letto, udii sotto gli stivali lo scricchiolio inconfondibile del vetro.

    «Non ho avuto modo di ripulire» disse Devlen.

    Mi accovacciai. I frammenti che riflettevano la luce della torcia appartenevano a uno dei globi che i Danzatori delle Tempeste usavano per mietere l'energia dei temporali. Avvertii un'altra fitta di nostalgia. Kade era rimasto a Ixia per placare le bufere letali che soffiavano dalla calotta di ghiaccio settentrionale. Avrebbe riempito una quantità di globi con l'energia dei venti assassini, e salvato molte vite. Chiusi gli occhi, ricordando il suo bacio d'addio. Avrei dimenticato persino la cucina di mia madre, tra le sue lunghe braccia snelle.

    Poco dopo, Janco annunciò che lo stufato era pronto. Aprii gli occhi e mi rizzai. Le mie bisacce erano rimaste dove Devlen le aveva buttate, con i miei sai ancora agganciati all'interno. Afferrandoli, tornai al fuoco, sedendomi accanto a Janco.

    Devlen gemette. «Avrei dovuto nasconderli.»

    Janco sbirciò da sopra la ciotola. «Cos'hai lì?»

    «I miei sai.» Soppesai le armi, una per mano. Assomigliavano a corte spade, solo che il fusto principale era spesso mezzo pollice e a sezione ottagonale. Un pomello ottagonale all'estremità dell'elsa bilanciava l'arma simile a un tridente con il dente centrale più lungo.

    «Carini» disse Janco. «Posso provare?»

    Gli mostrai qualche mossa e in un batter d'occhio lui aveva imparato. «Non hanno la portata di un archetto o di una spada, ma da vicino...» Mirò alle costole di un avversario invisibile. «Devo procurarmene un paio. Un ricordino di Sitia.»

    «Opale non ha bisogno di usarli» osservò Devlen. «Non con gli altri gingilli che ci sono nelle sue bisacce.»

    Janco interruppe l'attacco e mi guardò come se aspettasse un dolcetto. «Ebbene? Sputa il rospo.»

    Sbottonai i lembi delle borse e rovesciai il contenuto davanti a me. Ragni e api di vetro piovvero sul pavimento di legno con un sonoro tintinnio. Janco posò i sai e prese uno dei ragni marroni. Lo esaminò alla luce del fuoco.

    «Intrappolare Distorsori non era abbastanza? Adesso ti sei data ai ragni?» domandò.

    «Scaltro mi attaccò con un'illusione magica mandandomi addosso dei grossi ragni. Quando incanalai la sua magia nel globo, si trasformarono in vetro.» Soffocai un brivido. Da vive, quelle creature erano lunghe più di una spanna.

    «Perché non si sono trasformati in diamanti?»

    «Perché lui ha indirizzato la magia contro Opale sotto forma di ragni» rispose Devlen. «La magia si trasforma in diamanti solo quando lei la ruba.» L'ira accese le sue parole.

    «Considerato ciò che hai fatto tu con la magia, non la biasimo.» Janco scambiò il ragno con un'ape di vetro. «In effetti io preferirei che rubasse la magia a tutti quanti. Niente potere sulle menti altrui. Niente furti d'anime. Niente roba strana o folle. Molto meglio i diamanti.» Quando espose l'ape alla luce del fuoco, le strisce verdi e nere scintillarono. «Graziosa.»

    Io rabbrividii. «Spaventosa, vuoi dire. Sono api Verdelama, e i loro corpi di sei pollici sono pieni di veleno mortale. Solo io posso spezzare il vetro e liberare l'ape. Una puntura e sei morto.»

    «Forte.» Gli occhi di Janco erano accesi di ammirazione. Interessante come potesse apprezzare il potere di uccidere di un'ape, eppure disprezzasse la magia. Mi ci sarebbe voluta una lezione di un'ora sul fatto che tutti sanno che le api pungono, mentre un mago può nascondere le proprie capacità finché non è troppo tardi.

    Il mattino seguente riprendemmo il viaggio. Pensavo di noleggiare o comprare dei cavalli, ma non ero pratica della zona. Disgraziatamente, Devlen la conosceva come le proprie tasche. Odiavo l'idea di chiedergli aiuto, ma il Consiglio non avrebbe esitato a inviare una squadra di recupero non appena si fossero accorti che avevo eluso la convocazione.

    «Sai dov'è la città più vicina?» domandai a Devlen.

    «Perché dovrei aiutarti?»

    «Vuoi camminare per tutta la strada fino a Fulgor?»

    «A me non dispiace. Più tempo impieghiamo ad arrivarci, più tempo posso passare con te.»

    «Attento» lo ammonì Janco.

    «Che ne dici di un patto?» Devlen si avvicinò.

    Le mie gambe volevano arretrare, ma mi costrinsi a rimanere immobile. «Non hai niente da scambiare. Possiamo semplicemente andare a est finché non ne troviamo una. Se no c'è un'ottima stalla a Collina del Gufo.»

    «Non vorrai arrivare così vicina alla Cittadella.» Scosse la testa. «E poi, io ho qualcosa da scambiare.»

    Era improbabile, ma gli accennai di continuare.

    «Quartz e Chiardiluna.» Sorrise alla mia reazione.

    «Chi sono?» chiese Janco.

    «Il mio cavallo e quello di Ulrick.» Quartz mi mancava quasi quanto Kade.

    «Ti condurrò da loro in cambio...»

    «Neanche per sogno!» esclamò Janco.

    «Lascialo finire.» E quando lui si accigliò, aggiunsi: «Per favore. Sono cavalli Semedisabbia».

    Janco annuì, ma dalla sua espressione mi resi conto che non era affatto contento.

    «In cambio, voglio che tu mi tolga le manette.»

    «Neanche per idea» dicemmo insieme io e Janco.

    «Prometto di non scappare. Ho collaborato con voi per tutto il viaggio.»

    «Sei stato una spina nel fianco per tutto il viaggio» lo corresse Janco. «Sono sicuro che alla prima opportunità schizzeresti via.»

    «E io non posso certo fidarmi di te» aggiunsi io. «Non hai motivo di mantenere alcuna promessa.»

    Devlen sospirò. «Tu sai perché non lo farei, Opale. Soltanto guarda oltre tutta la storia del rapimento e ricorda come ti sentivi quando eravamo insieme.»

    «Tutta la storia del rapimento? Tu potresti riuscire a liquidarla, ma per me è troppo grossa per passarci sopra.»

    «Vuoi solo negare che mi amavi.»

    «Volevo bene a Ulrick, a cui tu hai rubato il corpo. Non a te!»

    «Andiamo. Dovevi saperlo che non ero lui. Nessuno cambia così tanto.»

    L'aveva fatto di nuovo. Giocare con le mie emozioni. Era come discutere con Janco: una partita impossibile da vincere. Il vero motivo per cui mi voleva vicino era la possibilità di riacquistare i suoi poteri con la magia di sangue. Gli stessi poteri illegali che aveva usato per scambiare la sua anima con quella di Ulrick.

    «D'accordo. Continua a mentire a te stessa» capitolò. «Ti porterò comunque dai cavalli.»

    Devlen ci condusse a un'ampia scuderia a poche miglia a nord di Nido del Pettirosso, nelle terre dei Pietrapiuma, dove il proprietario, Peter, ci mostrò il pascolo.

    Il mantello in prevalenza nero di Chiardiluna spiccava tra gli altri cavalli. Quando ci avvertì, nitrì e corse alla palizzata con Quartz alle calcagna, e io, felice di vederla, le gettai le braccia al collo. Quando lei si ritrasse spazientita, la ispezionai dal naso alla coda. Il suo manto rossiccio e bianco scintillava. Né fango né tagli le intaccavano le zampe, e la criniera e la coda erano pettinate, libere da rovi e fili di paglia. Gli zoccoli erano puliti e regolati. Non avevano ferri, ovviamente, visto che i cavalli Semedisabbia non lasciavano avvicinare il maniscalco. Quartz mi strusciò il naso sulla spalla, cercando dolcetti. L'unica traccia di bianco sul suo muso era una chiazza tra gli occhi. Probabilmente immaginai l'occhiata di simpatia che mi rivolse, soffocando il desiderio improvviso di aprirle il mio cuore. Controllai Chiardiluna. Gli snelli muscoli mettevano in risalto la sua stazza possente e anche lui appariva in salute. Il cerchio bianco che aveva sulla fronte e al quale doveva il suo nome, brillava come se fosse stato lavato di recente.

    «Nessun dubbio che siano tuoi» commentò Peter.

    «Che cosa ti devo per la loro custodia?» chiesi.

    Lui guardò sorpreso Devlen. «Niente. Ha pagato lui per due intere stagioni. In realtà, te ne devo io.»

    «Forse possiamo accordarci. Mi servono altri tre cavalli.»

    «Non saranno Semedisabbia, però. Sono troppo costosi. Per me è stato un piacere prendermi cura di questi due. Non ho mai visto una simile intelligenza.» Peter ci condusse alla stalla principale.

    L'ampio edificio di legno odorava di terra e di cavallo. Segatura copriva il pavimento e pulviscoli di polvere fluttuavano nella luce solare che entrava a fiotti dalle grandi porte aperte. Lungo i lati erano allineate due file di stalli ai quali erano appese corde per legare i cavalli durante la strigliatura e la sellatura.

    «I tuoi finimenti sono nella stanza in fondo» disse. «Ti farò portare dai garzoni i tuoi cavalli e quelli a nolo. Vedi che ne pensi.» Dopodiché uscì per tornare al pascolo.

    Entrai nel ripostiglio dei finimenti. La mia sella era appesa sulla parete più lontana e la sganciai. Il cuoio era stato pulito. Briglie, redini e il resto dei finimenti apparivano in ottime condizioni. La stanza pulita e organizzata rifletteva la cura e la passione professionale del proprietario.

    Fu per questo che lo schiocco di una frusta mi sorprese tanto. Carica dei finimenti, mi affrettai a uscire dalla stanza.

    Janco si teneva la mano destra. Tra le dita colava sangue. Si chinò mentre un lungo frustino di cuoio scattava contro di lui. La sua spada era per terra, fuori portata. Le due guardie sitiane stavano combattendo contro quattro uomini armati di forconi. Devlen stava in disparte, sogghignando. Eravamo sotto attacco.

    2

    Lasciai cadere i finimenti. I sai e i ragni di vetro erano rimasti nelle bisacce. Un uomo enorme aveva aggredito Janco con una frusta. L'ixiano schivava e scattava, cercando di raggiungere la spada. Era veloce, ma a ogni schiocco lo scudiscio gli strappava la camicia. La stoffa era ormai a brandelli, e si vedevano già delle macchie di sangue.

    Niente armi. E nemmeno tempo. Mi lanciai verso l'uomo con la frusta, con l'intenzione di farlo cadere o distrarlo abbastanza a lungo per consentire a Janco di recuperare la spada. Ma non avevo fatto i conti con Devlen.

    Mi placcò prima che raggiungessi l'obiettivo, e crollammo contro la parete di uno stallo. Il suo peso mi schiacciò sul terreno. Ansimando per la polvere, lottai per scrollarmelo di dosso.

    «Beccato!» gridò una voce d'uomo.

    Gli schiocchi cessarono, ma il clangore di metallo risuonò per un altro minuto finché una furiosa serie di cozzi e imprecazioni terminò nel silenzio.

    «Che cosa diavolo sta succedendo qui?» domandò Peter. Ottima domanda.

    «Piano di riserva» disse Devlen, alzandosi in piedi con le mani ancora ammanettate.

    Cercai di afferrarlo, ma un altro uomo mi puntò un forcone al petto. Le nostre guardie sitiane stavano in ginocchio con le mani dietro la testa. Dietro di loro, due individui puntavano loro dei forconi alla schiena. L'uomo con la frusta aveva immobilizzato Janco: la striscia di cuoio era avvolta più volte attorno al suo torace, bloccandogli le braccia.

    Il cavallo che Peter stava conducendo arretrò avvertendo odore di sangue, ma lui placò l'animale con una carezza rassicurante. «Spiega, subito» ordinò.

    Il quarto uomo con il forcone frugò le tasche a Janco e trovò la chiave delle manette di Devlen.

    Una volta libero, Devlen si massaggiò i polsi. «Grazie.» Poi si rivolse a Peter. «Temo che queste persone» disse facendo un ampio cenno con il braccio per indicare me e Janco, «abbiano tentato di imbrogliarti.»

    «Sta mentendo... ahi!» Le aguzze punte metalliche del forcone mi punsero.

    «Non essere sgarbata, Opale. Tu hai tessuto la tua storia. Adesso è il mio turno.» Devlen si scostò i capelli dal viso. «Il motivo per cui ti pagai per due stagioni è che prevedevo di stare via così a lungo, ma avendo la sensazione che potesse succedere qualcosa del genere ho confidato nel capo della scuderia.» Inclinò la testa verso l'omaccione che teneva Janco. «Vedi, i cavalli Semedisabbia sono pregiati a Ixia. Questi tre sono in realtà soldati ixiani.»

    Le due guardie sitiane cercarono di negare l'accusa, ma furono zittite dai forconi.

    «Io sono un commerciante di cavalli e avevo degli affari da sbrigare vicino al confine con Ixia» continuò Devlen. «Quei farabutti si sono travestiti da Sitiani, mi hanno rapito e costretto a portarli qui per poter rubare i miei cavalli.»

    Si sollevò un coro di proteste, subito zittite dai forconi. Mi sentivo il corpo come una bistecca che sta frollando. Janco era insolitamente silenzioso.

    Peter parve improvvisamente confuso. «E quella? La giumenta pezzata non si sarebbe lasciata toccare da un estraneo. Mi ci sono volute tre settimane per indurla a fidarsi di me

    «Appartiene a mia sorella. Disgraziatamente, è stata sedotta da lui» spiegò Devlen indicando Janco. «È giovane e inesperta. Lui l'ha usata.» Schioccò la lingua.

    Sdegnata, mi scostai dal forcone. «Non siamo parenti. Ti sta mentendo.»

    Il mio guardiano lanciò un'occhiata a Devlen, ma lui lo liquidò con un cenno. Niente buchi per ora. Evviva.

    «Mi dispiace» disse Peter, passando lo sguardo da Devlen a me. «Non so a chi credere.»

    «Vorrai delle prove, immagino» disse Devlen. «Avanti, Opale, dimostragli che la tua ridicola storia è vera.»

    Aprii la bocca e la richiusi. Tutto ciò che avevo in mano era il messaggio del Consiglio, e avrebbe fatto più male che bene. I permessi per attraversare e lasciare Ixia erano stati trattenuti dalle guardie di confine. L'unico modo per convincere Peter era suggerirgli di verificare la mia storia con uno dei maghi del Mastio, ma in quel caso il Consiglio avrebbe saputo dove mi trovavo. Tuttavia, meditai, era meglio essere rinchiusa nelle celle del Mastio piuttosto che ritrovarmi di nuovo prigioniera di Devlen.

    Devlen sorrise mentre il silenzio si prolungava. «Vedi, non ha in mano niente.»

    «Peter può contattare Secondo Mago Zitora Cowan per verificare la mia storia» dissi. Il proprietario della scuderia apparve adeguatamente colpito.

    «Ha fatto un nome. Davvero impressionante» commentò Devlen. «E per giunta ci vorrà un sacco di tempo per verificare la sua storia. Punti extra per la creatività.»

    «Tu hai qualche prova?» domandò Peter.

    «Naturalmente.» Devlen prese lo zaino di Janco, lo aprì e lo capovolse facendo cadere per terra il contenuto. «Uniforme ixiana. Monete ixiane. Armi ixiane...»

    «È un banale coltello» obiettai. «Tutti usano coltelli.»

    Lui estrasse la lama dal fodero. «Non con simboli di battaglia ixiani incisi nel metallo.»

    Un brivido di paura mi accarezzò la schiena.

    «Se ti serve altro, posso sellare Chiardiluna» propose Devlen. «Sai che i cavalli Semedisabbia hanno le loro idee su chi li può cavalcare.»

    Peter annuì. «Almeno chiedi conferma della mia storia a Maestro Cowan, prima di fare qualsiasi cosa» lo implorai.

    Devlen sbuffò. «Come se avesse tempo da perdere. Quante giumente sono pronte a figliare?» chiese a Peter.

    «Troppe.» Sospirò. «Non ho tempo neanche per questo. Manderò un messaggio a Nido del Pettirosso perché se ne occupino le autorità.»

    «Idea eccellente» approvò Devlen, ma poi aggrottò la fronte e si massaggiò i polsi.

    Peter abboccò all'amo. «Ma?»

    «Oh, non è niente. Dal momento che Opale non è ancora maggiorenne, verrà convocato mio padre. Ed è la stagione tiepida... un periodo intenso per gli agricoltori. Sarà furioso con tutti e due.»

    «Ho vent'anni» protestai, ma Devlen e Peter si scambiarono un'occhiata d'intesa. Allora, rivolgendomi al proprietario, feci appello alla sua intelligenza. «Non ci assomigliamo neanche. Ti prego, aspetta.»

    Peter si morse il labbro. «I cavalli hanno più buonsenso delle persone. Se lui riesce a sellare il morello Semedisabbia, sta dicendo la verità. Allora potrà riportarti a casa ad aiutare vostro padre.» Si rivolse al capo stalliere. «Bue, usa le loro manette e chiudi questi uomini nel ripostiglio dei finimenti. Bret, va' a chiamare le autorità. Voi due...» puntò un dito contro me e Devlen. «... prendete le vostre selle e venite con me.»

    I garzoni ubbidirono. Bue tenne bloccato Janco con la frusta. «Non preoccuparti, vi raggiungerò» mi disse lui prima che lo trascinasse via. Non avendo alternative, afferrai la mia sella e seguii Peter al pascolo.

    Chiardiluna annusò i capelli di Devlen, si strusciò contro di lui in cerca di dolciumi e si lasciò sellare senza essere legato al cancello. Yelena mi aveva detto che i cavalli Semedisabbia potevano percepire la magia. Avevo sperato che Chiardiluna opponesse resistenza all'anima di Devlen dentro il corpo di Ulrick, finché non ricordai che lui mi aveva spiegato che non c'era nessuna magia individuabile, e che solo la Cercatrice d'Anime avrebbe capito l'inganno.

    Peter sellò Quartz, ma Devlen mise le mie bisacce su Chiardiluna insieme alla spada di Janco e ringraziò il proprietario. «Adesso possiamo tornare a casa e aiutare nostro padre ad arare.»

    Il panico doveva aver raggiunto il mio viso. Peter mi toccò la spalla. «Non preoccuparti troppo. Tuo padre sarà furioso, ma prima o poi ti perdonerà. Le figlie hanno un posto speciale nel cuore dei padri. Io lo so.»

    Cercai di convincerlo della mia sincerità, ma il suo cipiglio severo mi ammonì che ne aveva avuto abbastanza. Quartz avvertì la mia paura e mi spinse con il muso, sbuffando d'impazienza. Il suo desiderio di agire era evidente, ma io rimasi a terra, dichiarando che avrei atteso l'arrivo delle autorità.

    Peter guardò Devlen. «Ho corde e legacci di cuoio, se vuoi.» «No.» Il solo pensiero di essere legata alla sella mi fece inorridire. Smisi di discutere e montai Quartz. Poi Peter consegnò le redini a Devlen, in sella a Chiardiluna, e con un ultimo saluto partimmo al trotto.

    Attesi finché i boschi oscurarono la scuderia, poi mi protesi per sganciare la briglia di Quartz. L'andatura mi rendeva difficile mantenere l'equilibrio, e per poco non caddi. Non che mi importasse. Il Piano B era buttarsi a terra e correre via.

    «Che cosa stai facendo?» Devlen fermò i cavalli.

    «Ammiro il panorama.»

    «Hai passato troppo tempo con quell'irritante Ixiano. Il sarcasmo non ti si addice.» Smontò.

    «Invece fare lo zerbino sì?» Passai la gamba sulla sella, preparandomi a scivolare giù e schizzare via.

    Lui estrasse dalle bisacce il fodero con i miei sai. «No. Hai già provato di non esserlo quando hai prosciugato della magia me, Scaltro e Ingegnosa. Dopo essermi ripreso dalla sorpresa, sono stato fiero di te.»

    «Fiero?» Non era il sentimento che mi aspettavo.

    «Sì. Ciò che hai fatto è stato spietato e intelligente. Non hai esitato. La ragazzina piagnucolosa del nostro primo incontro non ne avrebbe mai avuto il coraggio.»

    Inghiottii un'altra risposta sarcastica. All'epoca avevo quattordici anni ed ero prigioniera. Lui mi aveva torturata... piagnucolare era più che giustificato.

    Devlen avanzò verso di me, ma anziché sfoderare le armi e minacciarmi, mi lanciò il fodero e le redini. «Ecco. Fai quello che vuoi.» Tornò da Chiardiluna e montò.

    Mi serrai le armi al petto. Lui girò il cavallo e rise della mia confusione. «Pensavi volessi trascinarti in qualche capanno remoto per reclamare la mia magia dal tuo sangue?»

    «Sì.» Prima che io risucchiassi i suoi poteri di Distorsore, Devlen aveva usato la magia di sangue per aiutare Scaltro a riacquistare parte dei suoi poteri iniettandogli nella pelle un po' del mio sangue.

    Per fortuna ora Scaltro era incarcerato in una prigione ixiana. E ancor meglio, Devlen non sapeva che era protetto dal mio sangue. Era l'unico mago impervio ai miei poteri.

    «Dieci giorni fa l'avrei fatto» ammise. «Ma mi sto abituando a essere privo di magia e non sento la mancanza della brama di potere che mi consumava. Al momento, sono più che altro incuriosito.»

    Di nuovo, non era ciò che mi aspettavo. «D'accordo, abboccherò. Incuriosito da cosa?»

    «Dalla tua reazione quando troverai Ulrick.»

    «Questo non è un mistero. Sarò felice.»

    «Anche quando ti dirà che non vuole essere salvato? Anche la sua reazione dopo che lo avrò informato che abbiamo avuto rapporti intimi dovrebbe essere interessante. Tiene molto a te, e di certo lo turberà sapere che non hai notato il cambiamento.»

    Soffocai l'istinto di correggerlo. Mi ero accorta che l'atteggiamento di Ulrick era cambiato, ma credevo fosse dovuto all'incontro con la sorella. L'egoismo e la superbia di Gressa gli avevano fatto capire che il suo contegno imbronciato veniva percepito come autocommiserazione da chi gli stava attorno. Era un'ipotesi ragionevole, e mi erano piaciuti la sua nuova fiducia in se stesso e il suo ardire. Ecco perché non mi ero fatta troppe domande sul suo cambiamento. E perché Devlen continuava a tirare fuori l'argomento. Decisa a concentrarmi sul presente, estrassi i sai.

    Devlen sorrise. «Che cosa hai in mente di fare?»

    «Riportarti alla scuderia e liberare il mio amico.»

    «Non gioverebbe molto alla linea di difesa che hai adottato con Peter, sostenendo di essere dalla parte della ragione. Inoltre, abbiamo già provato che i tuoi sai non stanno alla pari con la mia spada.» L'ultima volta che avevamo combattuto, mi aveva tagliuzzato gambe e braccia finché non ero crollata, stordita dallo sfinimento. E se fossi tornata alla scuderia, Peter mi avrebbe rinchiuso fino all'arrivo delle guardie. E non potevo nemmeno permettere a Devlen di fuggire. «Mi sa che ti tocca rimanere con me.»

    «Dove stai andando?» domandai.

    «A Fulgor a cercare Ulrick.»

    Colta alla sprovvista, esitai, lasciando che le sue parole penetrassero nella mia mente. «Come sarebbe? Non sai dov'è? Ma avevi detto...»

    «Ho mentito. Volevo pensassi che lo tenevo prigioniero. Un incentivo in più perché tu mi obbedissi. Dopo esserci scambiati i corpi, siamo andati ognuno per la sua strada. Te l'ho detto che aveva acconsentito allo scambio, ma tu ti ostini a non credermi.»

    «Hai appena ammesso di aver mentito, e ti stupisci che io non mi fidi di te?»

    Lui alzò le braccia al cielo. «Suppongo che trovarlo porrà fine alla diatriba. Dobbiamo affrettarci, però. Calcolo che avremo un giorno al massimo prima che il tuo irritante Ixiano ci rintracci.» Spronò Chiardiluna al galoppo e io incalzai Quartz a seguirlo.

    Molto dopo mezzanotte ci fermammo a riposare qualche ora. Devlen aveva preferito viaggiare attraverso le foreste settentrionali dei Pietrapiuma, evitando le zone popolate, il che per me era un bene e un male al tempo stesso. Il nostro passaggio tra gli alberi lasciava una chiara traccia per Janco, ma l'isolamento mi rendeva nervosa. Lui era armato. Certo, i ragni e le api di vetro erano nelle mie bisacce su Chiardiluna, ma non volevo usare le api, e i ragni erano più efficaci se l'avversario veniva colto di sorpresa.

    Raccogliemmo la legna e Devlen cucinò una semplice zuppa di pane. «Avremo bisogno di altre provviste.»

    Mi porse una ciotola. Annusai.

    Lui rise. «Pensi che l'abbia avvelenato.»

    «Potresti averci messo del sonnifero.»

    Devlen scosse il capo, come se non potesse credere a tanta stupidità, e io mi resi conto che aveva occasioni in abbondanza per fuggire o... cosa? Catturarmi? Perché disturbarsi quando lo stavo seguendo come un cucciolo smarrito? Eppure sobbalzavo ogni volta che si muoveva, stringevo l'elsa dei sai quando veniva troppo vicino e trasalivo se mi chiamava. Quasi avrei voluto mi aggredisse, così non avrei più dovuto aspettare. Dormire era impossibile.

    «Partiremo all'alba e faremo una sosta al mercato di confine.» Srotolò la stuoia, si mise comodo, e poco dopo il suo respiro si fece regolare. Teneva la spada accanto a sé, la mano posata sull'elsa.

    Attesi un'ora, sperando si rilassasse e cadesse in un sonno più profondo. Poi afferrai la punta del fodero, e allontanai la spada un dito alla volta. Lui si mosse in un lampo, afferrandomi il polso e tirandomi in avanti cosicché caddi scompostamente accanto a lui.

    «Opale, dovresti saperlo che ho il sonno leggero, dopo tutte le notti che abbiamo passato insieme.» Mi lasciò il polso e mi fece scivolare un braccio attorno alla vita, attirandomi a sé. «Mi è mancato, questo.»

    Mi irrigidii. «A te. Lasciami andare.»

    «Non ho nostalgia dei tempi dopo che hai saputo chi ero, ma prima. E piaceva anche a te.»

    Per me era difficile rammentarlo senza sentirmi imbarazzata e umiliata. Se eliminavo lui e pensavo a quel periodo

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