Preziosa complicità: Harmony Destiny
Di Day Leclaire
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Day Leclaire
Autrice americana creativa e versatile, ha scoperto in tenera età la sua passione per la scrittura.
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Anteprima del libro
Preziosa complicità - Day Leclaire
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Inherited: One Child
Silhouette Desire
© 2009 Day Totton Smith
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-670-7
Prologo
«Non hai scelta, Jack. Se vuoi ottenere la custodia di Isabella, ti devi sposare.»
Jack Mason lanciò un’occhiataccia al suo legale. «Lo sai che sono allergico al matrimonio.»
Derek respinse il commento con un gesto della mano. «Sì, lo so, non fai che ripeterlo. Fino alla nausea.»
«Ecco, appunto. Che alternativa ho?»
«A dire il vero, Jack, nessuna.»
L’avvocato si appoggiò con un fianco alla scrivania, mentre Jack andava avanti e indietro per la stanza. «Ascoltami, siamo amici dai tempi dell’università. So che tra i tuoi genitori non ha funzionato e, anche se non mi hai mai raccontato granché, conoscendo tuo padre, posso immaginarne i motivi. Ciò non toglie che il giudice sia molto preoccupato per tua nipote, dopo aver letto la relazione dello psicologo.»
«Vorrei tanto poter dire che quell’uomo è un bugiardo.» Jack si passò una mano fra i capelli ed emise un sospiro intriso di amarezza. «Purtroppo ha solo esposto i fatti. Sono trascorsi tre mesi dal disastro aereo e Isabella non si è ancora ripresa. Le sue crisi sono aumentate e continua a non parlare.»
Il viso di Derek esprimeva comprensione e solidarietà per l’amico. «Fornisci a tua nipote un contesto familiare stabile e, con l’aiuto della psicoterapia, vedrai, le cose miglioreranno.»
«Ho assunto delle tate, non basta?» Era stato aggressivo, se ne rendeva conto, e non gli piaceva affatto. Prendersela con l’unica persona sinceramente dalla sua parte non serviva a niente. «Ho un’attività da mandare avanti, Derek, lo sai. Isabella ha solo cinque anni. Non posso starle dietro ventiquattr’ore su ventiquattro.»
«I servizi sociali sanno che hai cambiato una babysitter dopo l’altra da marzo e, secondo quanto c’è scritto nella lettera che ho ricevuto, non ne sono affatto contenti. A esser sincero, Jack, non credo nemmeno io che questo aiuti Isabella a superare il trauma.» Derek esitò. «Un’alternativa ci sarebbe.»
Perplesso, Jack sollecitò la proposta. «Quale?»
«Lascia perdere. Trovale una buona famiglia, due bravi genitori in grado di prendersi cura di lei e rinuncia all’affido.»
«No... non posso.» Le parole gli si strozzarono in gola. «Non voglio.»
«È il senso di colpa che ti fa parlare così» spiegò l’amico in un tono pacato che cozzava con la brutale verità di quell’asserzione. «Isabella è sopravvissuta al disastro aereo in cui hanno perso la vita tua sorella e tuo cognato. Non ti perdoni di non essere stato su quell’aereo anche tu.»
Era inutile negarlo. Aveva ragione. «Dovevo esserci, infatti. Se non avessi avuto quel contrattempo sul lavoro...»
«Saresti morto anche tu. E Isabella si sarebbe trovata nella stessa identica situazione in cui è ora» precisò Derek con una logica crudele. «In cerca di due genitori stabili che possano darle ciò di cui ha bisogno. Qualcosa che tu non sei nella posizione di poter fare.»
«Io non l’abbandonerò.» Jack continuava a camminare avanti e indietro. «Devo solo trovare la persona giusta. Operazione che, purtroppo, mi sta prendendo più tempo del previsto.»
«Quel che ti serve è una moglie. L’assistente sociale è della vecchia scuola, Jack. E non è della zona, non ti conosce. Non le importa nulla di quanti soldi tu abbia, di che nome porti o che i tuoi antenati fossero tra i primi abitanti di Charleston. La sua unica preoccupazione è Isabella.» L’espressione di Derek si addolcì. «So che tieni molto a tua nipote. Ma in fondo l’hai vista non più di un paio di volte da quando Joanne l’ha adottata. Non hai legami di sangue con lei. E da quando lo psicologo ha espresso la sua valutazione, la signora Locke ha detto chiaramente che non sei il tutore ideale per la bambina. Ha addirittura prospettato di chiudere Isabella in un istituto.»
«Deve prima passare sul mio cadavere.»
«Inutile che ti arrabbi, tanto lo sai che hai le mani legate. Se vogliono, vengono e te la portano via.»
Derek andò a sedersi dietro la scrivania e sospirò.
«Che cosa ti è successo, Jack? Non dovevi sfoderare tutto il tuo charme per addolcire la Locke?»
Jack torse il viso in una smorfia. «Tutto lo zucchero del mondo non basterebbe per addolcire quella megera.»
«Sì, però, cacciarla dal tuo ufficio in malo modo... Lo sai che la sua opinione avrà parecchio peso in tribunale, come pure il rapporto dello psicologo.»
«Stai dicendo che mandarla al diavolo non è stata una furbata?» chiese Jack, pur conoscendo già la risposta. Quando l’amico mantenne un diplomatico silenzio, si stiracchiò mentre considerava le sue opzioni. Non che ne avesse molte.
«E se seguissi il tuo consiglio e mi sposassi?» Le parole gli grattarono in gola come carta vetrata mentre le pronunciava.
«Allora sì che avresti delle possibilità di spuntarla con la Locke e ottenere la custodia, sempre che tu riesca a convincerla che si tratta di un matrimonio autentico. Ti consiglio caldamente di cercarti una moglie che abbia esperienza con bambini difficili. Un’insegnante elementare o un’operatrice sociale, per esempio. Una persona mansueta, senza grilli per la testa, disposta a dedicarsi completamente a Isabella.»
«E che cosa ci vuole? Di donne così è pieno il mondo.» Jack incrociò le braccia sul petto, strabuzzando gli occhi. «Come credi che mi debba muovere?»
«Nello stesso modo con cui hai sempre cercato le tue babysitter. Mettendo un annuncio.»
Jack sgranò gli occhi. «Vuoi che metta un annuncio per trovare moglie?»
«No, no. L’annuncio ti serve per trovare una babysitter... che poi sposerai e con cui vivrai finché il giudice non avrà firmato le carte.»
«E come diavolo faccio a convincere questa donna a sposarmi? Raccontandole un mucchio di bugie? Fingendo di essere pazzamente innamorato di lei?»
Derek si strinse nelle spalle. «Se preferisci. Ma io ti consiglierei un sistema più semplice.»
«Sarebbe a dire?»
«Che diamine, Jack. Sei o non sei un milionario? Be’, tira fuori un bel gruzzolo e comprati una moglie.»
1
Jack Mason capì di essere nei guai l’istante in cui la vide.
Non sapeva perché avesse subito attirato la sua attenzione, considerato che sedeva in una stanza affollata di aspiranti babysitter di ogni foggia, colore, età, nessuna delle quali consapevole di quali fossero le sue reali intenzioni. Scegliere tra di loro una moglie. La donna indossava un semplice completo pantaloni nero, tutt’altro che appariscente. A catturarlo doveva quindi essere stato il fatto che se ne stava seduta composta e immobile in un angolo a leggere un libro, un’espressione serena e paziente dipinta sul viso di una bellezza non sconvolgente, ma assolutamente magnetica.
Jack la guardò meglio. Interessante. Tutto di lei era discreto, sobrio, misurato. Aveva costretto la voluminosa massa di capelli castano rossicci – ricci, si intuiva benissimo – in un serrato chignon dietro la nuca e usato un trucco leggero, una spennellata appena di fard sugli zigomi e un velo di rossetto. Una tenue sfumatura di ombretto sulle palpebre attirò la sua attenzione su un paio di intensi occhi color ambra, contornati da folte ciglia scurissime. Sembrava molto giovane, eppure in quegli occhi c’era un qualcosa di turbolento, che raccontava di un’anima che aveva conosciuto il dolore vero.
Era per questo che l’aveva notata fra tutte? E che cosa, in particolare, del suo aspetto fisico aveva risvegliato istinti che si erano intorpiditi per anni nelle acque infestate da squali del mondo del lavoro nel quale principalmente si muoveva? Erano proprio quegli istinti a dirgli che la donna, nonostante apparisse così calma e controllata all’esterno, dentro bruciava di passione. Era come se sentisse il flusso di quel mare tempestoso e reagisse a livello viscerale a un richiamo che solo lui riusciva a captare.
Una delle sue potenziali mogli tossì, deconcentrandolo. Ricatapultato nella realtà del momento, si infastidì di quei pensieri. Focalizzò nuovamente l’attenzione sul suo problema impellente, cercare cioè una donna che fosse sia una tata per Isabella sia una moglie per lui. Stava per chiamare il nome successivo sulla lista, quando la porta dell’ufficio si spalancò e fece irruzione sua nipote.
I capelli corti e ricciuti le stavano sparati in testa come spighe dorate che non avevano ancora visto una spazzola quella mattina e, a giudicare dalle condizioni della maglietta, aveva fatto colazione in maniera selvaggia. Aveva praticato due buchi alle ginocchia del pigiama nuovo con un paio di forbici, pareva, e con i pennarelli si era disegnata in viso una maschera di ghirigori rossi e neri.
Isabella si guardò intorno con espressione rabbiosa, gli occhi verde oliva ridotti a due fessure. Bloccandosi al centro della stanza, serrò i pugni e cominciò a strillare come una forsennata. Per una frazione di secondo, le persone presenti nell’ufficio si paralizzarono. Jack pensò di intervenire, di prendere in mano la situazione, poi decise di aspettare per vedere come le aspiranti bambinaie avrebbero reagito.
Alcune infilarono immediatamente la porta. Fuori tre. Altre si scambiarono delle occhiate attonite, incerte su come comportarsi con la bambina esagitata. Una si alzò e si avvicinò a Isabella.
«Smettila subito» le ordinò.
In tutta risposta, la piccola le sferrò un calcio negli stinchi, amplificando il volume degli strilli. La donna scappò via, borbottando furiosamente. Fuori quattro... e Jack ringraziò il cielo. Non avrebbe tollerato una moglie baffuta. Né la signora Locke avrebbe mai creduto, nel caso, all’autenticità del loro matrimonio.
Sbarazzatasi di quattro aspiranti tate in un colpo solo, Isabella prese il controllo della stanza. Cominciò a rimbalzare come una pallina impazzita da una persona all’altra, esprimendo il peggio di sé. Ognuna reagiva in maniera diversa. Ci fu chi provò a prenderla con le buone, chi, adottando l’approccio della prima, usò un tono di comando. Una addirittura minacciò di punirla con uno sculaccione. Solo la donna in nero non reagì. Continuò a stare seduta immobile a leggere il suo libro, ignorando il caos che le era esploso intorno. Isabella se ne accorse e serrò la mascella, indispettita.
Jack sgranò gli occhi. Caspita.
Isabella le corse davanti e diede massimo sfogo al suo disappunto. La donna non si scompose. Voltare pagina fu il suo unico movimento. Alla fine, la bambina smise di sbraitare. Solo allora la donna in nero