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La lunga notte boreale (eLit): eLit
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La lunga notte boreale (eLit): eLit
E-book187 pagine2 ore

La lunga notte boreale (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Bachelors of Bear Creek 1

Kay Freemont, giornalista di Manhattan, passa le giornate a scrivere di sesso e le notti a chiedersi se non sia tutta una finzione. Così quando Quinn Scofield, un single molto sexy che abita in Alaska, fa pubblicare un annuncio sulla sua rivista per cercare moglie, Kay decide che è arrivato il momento di scoprirlo. Le lunghe notti in Alaska sono fatte apposta per l'amore, questo ripete Quinn nella speranza di sgelare l'algida newyorkese e indurla a raggiungerlo in Alaska. E non appena Kay si ritrova tra le nevi e nella magica atmosfera boreale lui risveglia in lei un fuoco in grado di sciogliere qualsiasi ghiaccio.
LinguaItaliano
Data di uscita2 gen 2019
ISBN9788858996812
La lunga notte boreale (eLit): eLit
Autore

Lori Wilde

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    La lunga notte boreale (eLit) - Lori Wilde

    978-88-5899-681-2

    1

    Quei collant attiravano esageratamente la sua attenzione. Chiunque avesse inventato quella tortura avrebbe dovuto essere strozzato. Nessuna pietà.

    Velatissimi, neri, stretti, aderivano come una seconda pelle al paio di gambe più belle che avesse mai visto. Caviglie sottili, polpacci lisci e rotondi, ginocchia flessibili e cosce sode.

    Lei accavallò le gambe e si udì un lieve sibilo. Swish.

    E che dire della cucitura scura sul retro? Semplicemente sensazionale.

    Chiese al cielo che avesse pietà dell'anima di un povero abitante dell'Alaska. Mai aveva visto cose simili a Bear Creek. Per un secondo Quinn Scofield prese in considerazione la possibilità di domandare alla hostess una maschera per l'ossigeno.

    Audace, sbirciò al di sopra della rivista che stava leggendo la bionda con un taglio di capelli che gli ricordava Charlize Theron. Sedeva in prima classe, una fila più avanti alla sua. Lei e le sue calze alla dinamite, probabilmente dirette a New York, erano salite a bordo durante la sosta a O'Hare, ma la bionda non si era mai gettata un'occhiata alle spalle e stava digitando sul suo computer da ormai trenta minuti.

    Elegante, di classe, senza dubbio una donna di città, non era certo ciò che lui stava cercando. Senza la minima provocazione, riusciva a immaginare facilmente quelle gambe che gli cingevano i fianchi in un focoso amplesso.

    «Niente male, eh?» commentò il tipo seduto al suo fianco, un uomo d'affari di mezza età che aveva bevuto troppi whisky, indicandogli la donna.

    «Sì, è molto attraente» concordò Quinn, però a voce bassa per non farsi sentire.

    Purtroppo il volume della voce dell'altro era stato influenzato dalla dose di alcool ingerita. Si sporse in un modo confidenziale per dargli una gomitata alle costole e ammiccò. «Me la farei in un secondo. Capisce che cosa voglio dire?»

    Lentamente, Charlize si voltò e li fulminò entrambi con un'occhiata glaciale. Come un ragazzino rimproverato, l'uomo d'affari distolse subito lo sguardo, ma Quinn non batté ciglio. Da tempo moriva dalla voglia di vedere quegli occhi e non intendeva privarsi di quell'occasione.

    I loro sguardi s'incontrarono.

    E lui non rimase deluso. Quegli occhi erano irresistibili, come tutto il resto di lei. Penetranti, leggermente a mandorla, color del cioccolato.

    Provò un tuffo al cuore. Aveva sempre avuto un debole per le bionde dagli occhi scuri. Sorrise, imitando alla meglio George Clooney in un tentativo di seduzione.

    Charlize non contraccambiò.

    «Salve» la salutò, sfacciato. «Come va?»

    Per un minuto pensò che la donna stesse per parlare. Socchiuse le labbra, sgranò gli occhi e accennò un sorriso.

    Forza, tesoro, arrenditi.

    D'un tratto la sua immaginazione lo riportò all'infanzia, quando era in quinta elementare. Ricordò di essere sgattaiolato via durante l'intervallo per giocare nel seminterrato della scuola a dire-fare-baciare con i compagni nell'assurda speranza di baciare Mindy Lou Johnson.

    E anche questa volta Charlize distrusse crudelmente i suoi sogni. Senza dire una parola, si girò come se lui fosse una insignificante mosca fastidiosa e tornò al suo computer.

    Snobbato! Va bene, era quello che si meritava per aver osato parlare alla Regina dei Ghiacci.

    Quinn tentò di concentrarsi sulla rivista, ma senza successo. Alla fine riportò lo sguardo su quelle gambe. Diciotto mesi senza il conforto di una compagnia femminile cominciavano a farsi sentire.

    Era stato appunto diciotto mesi prima che Heather, la sua ragazza, aveva respinto la sua proposta di matrimonio. Gli aveva detto che, per quanto lo amasse, non avrebbe mai potuto sopportare il clima dell'Alaska. Gli inverni erano troppo rigidi.

    Heather lo aveva implorato di trasferirsi a Cleveland, ma Quinn aveva capito di non amarla come aveva creduto. Non aveva ancora conosciuto una donna capace di convincerlo a lasciare il suo paese. Aveva l'Alaska nel sangue, nel cuore, nell'anima. Tuttavia, doveva ammettere che a volte in quelle lunghe notti d'inverno si sentiva molto solo.

    Gli amici gli avevano detto che era troppo ostinato, che non doveva permettere all'amore per il suo paese di avere la meglio sugli altri affetti. Che se non fosse sceso a compromessi, non avrebbe mai trovato il vero amore. Ma altri si congratulavano con lui per tanta determinazione. Era un uomo dell'Alaska e solo una donna disposta a trasferirsi da lui avrebbe potuto renderlo felice.

    A trentadue anni, Quinn si sentiva pronto per creare una famiglia, ma sapeva che ci sarebbe voluta una compagna molto speciale perché si adattasse a Bear Creek. Un tipo elegante come quella Charlize Theron, con i suoi raffinati collant e il suo taglio di capelli da cento dollari, sarebbe rimasta annientata dalla regale brutalità del paesaggio dell'Alaska. No, per quanto carina potesse essere, lui aveva bisogno di una ragazza forte e resistente come sua sorella Maggie. O almeno come era Maggie prima che sposasse Jesse Drummond e si trasferisse a Seattle per realizzare il suo sogno di vivere in una grande città. Il problema era che a Bear Cree k c'erano dieci uomini per ogni donna.

    Nel frattempo non aveva nulla in contrario a guardare Charlize per puro piacere. Tentò d'immaginarla in Alaska e non poté trattenere un sorriso. Niente teatri, niente serate di beneficenza a base di champagne. A Bear Creek, se uno voleva raccogliere fondi, per esempio, per il corpo volontario dei vigili del fuoco, offriva birra alla spina.

    Dalla sua postazione poteva vedere quelle mani curate battere sulla tastiera. Aveva un nasino dalla forma perfetta. Squisito, né troppo piccolo né troppo grande. Gli zigomi alti e marcati come lo erano di solito quelli delle modelle. Il mento deciso ma femminile rappresentava il sogno di un artista. E quella bocca, poi! Carnosa, ma non gonfia come quelle attrici di Hollywood che se le riempivano di collagene. E il rossetto era della stessa sfumatura di un tramonto estivo in Alaska.

    Oh, era davvero un'affascinante combinazione di fuoco e ghiaccio. Il suo comportamento regale sembrava dire Scordatelo, ma quei collant e i tacchi a spillo lanciavano messaggi totalmente conflittuali. Nel suo intimo era una donna sensuale che moriva dalla voglia di togliersi di dosso quella facciata repressa.

    Chiuse il computer e lo sistemò sotto il sedile. La penna cade a terra, ma lei non se ne accorse.

    Quinn colse l'occasione al volo. Sporgendosi in avanti, le batté delicatamente sulla spalla. «Signorina?»

    Lei voltò la testa di scatto, l'espressione dura e seccata. Senza dubbio era abituata a ricevere avances da sconosciuti e aveva perfezionato quello sguardo giù le mani per mettere al posto suo anche l'ammiratore più ardente. Un'abilità necessaria per una donna vestita a quel modo.

    «Le è caduta la penna» disse Quinn indicandogliela.

    Rendendosi conto delle sue buone intenzioni, la sua espressione si addolcì. Accennò un sorrise e disse: «Grazie».

    Accidenti. Quel semplice ringraziamento lo colpì al cuore come una freccia.

    Quando si chinò a raccogliere la penna, spostò le gambe e la gonna le risalì sulla coscia. Per qualche istante quella vista lasciò Quinn senza fiato.

    Colse un guizzo nero di pizzo. Lei si raddrizzò con la penna in mano e si riabbassò la gonna.

    Ma era troppo tardi. Lui ormai conosceva il suo segreto.

    La donna voltò la testa, incontrò di nuovo i suoi occhi, e lo gratificò di un sorriso da Gioconda.

    Non portava affatto dei collant: quella donna audace indossava calze e giarrettiere!

    Con aria indifferente Kay Freemont prese dalla sua borsa il portacipria.

    Va bene, forse non era tanto indifferente. Forse voleva dare un'altra sbirciatina a quella specie di Paul Bunyon, seduto alle sue spalle, senza dargli la soddisfazione di farsi vedere interessata.

    Non sul serio, naturalmente. Stava cercando di liberarsi di una relazione insoddisfacente, non di impegolarsi in un'altra. Voleva semplicemente una conferma che l'uomo dalle larghe spalle vestito di flanella e jeans fosse davvero affascinante come le era sembrato.

    Resistette alla voglia di mordersi il labbro. Quell'uomo la incuriosiva, ma era frenata da anni di prediche materne. Non doveva sbavare il rossetto, i Freemont avevano un'immagine da difendere.

    Finse di usare lo specchietto del portacipria per sistemarsi i capelli, ma lo angolò in modo da poter vedere l'uomo. Si era sempre sentita attratta da tipi grandi e grossi che vivevano all'aria aperta. Forti, muscolosi, che praticavano sport duri e si riparavano da soli la macchina. Che tagliavano il legname e arrostivano la carne cruda sul fuoco all'aperto. Uomini disposti a morire per proteggere le loro donne.

    Non le sfuggiva il dettaglio che il suo ragazzo, Lloyd, fosse vegetariano, pacifista, intelligente e magro, che non possedeva nemmeno una macchina e tanto meno avrebbe saputo ripararla. Ma il fatto di sognare a occhi aperti uomini estremamente virili non significava che ambisse ad avere una relazione con uno di loro. Era solo una fantasia sessuale.

    Inoltre c'erano cose più importanti del sesso. La compagnia, per esempio.

    Lloyd è un compagno fantastico? Lavoro ottanta ore alla settimana. E quando è stata l'ultima volta che abbiamo fatto l'amore? Sette, otto settimane fa?

    Non era giusto. Non poteva dare tutta la colpa a Lloyd. Era sempre occupata quanto lui.

    Ed è colpa tua se Lloyd a letto non ti ha mai soddisfatto?

    Forse era colpa sua. Anche se passava un sacco di tempo a fare ricerche e a scrivere articoli su come migliorare la propria vita sessuale per la rivista femminile più diffusa del paese, Kay doveva ancora sperimentare sensazioni così sublimi.

    Sì, leggeva e leggeva e leggeva. Dai classici come Il rapporto Hite e La storia di O alla letteratura più attuale sull'argomento, li conosceva tutti a memoria. Capiva la meccanica del sesso e continuava a pensare che se avesse saputo abbastanza sull'argomento, un giorno sarebbe riuscita anche lei a raggiungere le stelle.

    Forse avrebbe fatto meglio ad andare in analisi.

    O forse dovresti trovarti un vero maschio. Scommetto che Paul Bunyon ha ciò che serve per soddisfare una donna. Hai dato un'occhiata alle sue mani? Se è vero quello che dicono rispetto alla grandezza delle mani di un uomo...

    Se si fosse recata in bagno, lui l'avrebbe seguita? Deglutì il nodo che le chiudeva la gola. Loro due stipati in una toilette d'aereo. Ci sarebbe voluta una certa abilità di manovra. Fissò talmente lo specchietto del portacipria che le si oscurò la vista. Si abbandonò a quella fantasia segreta.

    «Signorina?» La voce della hostess la riportò brutalmente alla realtà.

    «Sì?» ansimò Kay.

    «Gradisce qualcosa da bere?»

    Scosse la testa. La hostess si spostò lungo il corridoio. Allora Kay si rese conto di avere ancora in mano il portacipria. Si guardò un'ultima volta allo specchio e con sgomento si accorse che Paul Bunyon la stava fissando.

    I loro occhi s'incontrarono nell'immagine riflessa. Il cuore le batté forte e le si seccò la bocca. Lui le sorrise come se sapesse esattamente a che cosa stava pensando.

    Rossa in viso e agitata, Kay richiuse il portacipria e lo rimise in borsa. Doveva ricomporsi. Immediatamente.

    Slacciando la cintura di sicurezza, si alzò e andò in bagno. Chiuse la porta a chiave. Pessima idea. Quella era la scena del suo amplesso fittizio e non poteva sfuggire alla sua immaginazione.

    Inumidì un asciugamano di carta e se lo passò prima sul collo, poi nell'incavo della gola facendo diversi, lunghi e profondi respiri. Negli ultimi mesi era stata afflitta da fantasie sessuali incontrollabili. Cominciava a diventare piuttosto imbarazzante, davvero. Neanche fosse una specie di pornostar.

    Forse era arrivato il momento di concedersi un'avventura. Forse così avrebbe messo fine a quel tormento.

    Kay si pizzicò il naso per evitare altri rossori. Era semplicemente ridicolo. Doveva smetterla di elaborare pensieri cattivi riguardo a perfetti sconosciuti. Inspirò nuovamente, poi si passò le dita fra i capelli. Ecco. Adesso, andava meglio. Era perfettamente normale. Perfettamente sotto controllo. Nessuno avrebbe sospettato il contrario.

    L'aereo barcollò proprio mentre stava aprendo la porta a soffietto e cercava di tenerla aperta, ma senza successo.

    Ci fu un altro scossone che la buttò in avanti. Appoggiò una mano ai cardini della porta per sostenersi e questa si aprì. Alzò la testa, allarmata.

    E si ritrovò fra le braccia di Paul Bunyon, come se fosse stato davanti alla porta aspettando appositamente di sostenerla nel momento della caduta.

    2

    «Ehi, salve.» Quinn sorrise alla dea che gli era piombata addosso.

    Che cosa lo avesse spinto a seguirla in bagno, proprio non lo sapeva. Forse era rimasto ipnotizzato da quella sua andatura controllata e sexy allo stesso tempo. O forse era stata l'eccitazione a farlo agire.

    Ma adesso era proprio contento di averla seguita. Se non fosse stato lì, pronto ad afferrarla, lei avrebbe battuto la testa nella paratia di fronte alla toilette, si sarebbe ammaccata il bel visino e sarebbe stato un vero peccato.

    «Tutto bene?» le chiese.

    «Sì, grazie» sussurrò lei.

    La voce lo sorprese. Un altro dettaglio inconciliabile con il suo aspetto. Di primo acchito era sembrata più distaccata, fredda e riservata. Invece quell'emissione sensuale gli ricordò quando durante

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