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Ombre e tentazioni (eLit): eLit
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E-book349 pagine5 ore

Ombre e tentazioni (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Brethren Guardians 3

L'affascinante scozzese Iain Sinclair, marchese di Alynwick, è uno spregiudicato libertino, un impenitente dongiovanni disposto a tutto, sicuro che finirà all'inferno per i suoi peccati carnali.
Per lui non c'è nulla di sacro e veramente importante al mondo, tranne la bellissima Elizabeth York, sorella del duca di Sussex, uno dei Guardiani della Confraternita. Iain non riesce a dimenticare la donna che ha tanto amato e ferito irreparabilmente.
Elizabeth è considerata in società come una persona irreprensibile e morigerata, ma nasconde il segreto della torbida passione che l'ha unita al marchese di Alynwick.
Quando scopre l'intimo diario del suo avo e legge le storie intriganti dei suoi incontri erotici con una misteriosa dama velata, sarà proprio Iain ad aiutarla a ripercorrere le pagine ardenti per risolvere l'enigma, nel tentativo di farsi perdonare e riconquistare la sua fiducia.
Pagina dopo pagina, le parole sussurrate con voce sensuale minano le resistenze di Elizabeth, ma l'antico mistero è legato a un pericolo sin troppo presente...
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2018
ISBN9788858987759
Ombre e tentazioni (eLit): eLit
Autore

Charlotte Featherstone

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Ombre e tentazioni (eLit) - Charlotte Featherstone

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Temptation & Twilight

    HQN Books

    © 2012 Charlotte Featherstone

    Traduzione di Alessandra De Angelis

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-775-9

    1

    Era sicuro che all’inferno ci fosse un posto speciale per lui, una nicchia nel punto più vicino alle fiamme eterne, tra fumi di zolfo e schizzi di lava incandescente, in mezzo alle altre anime corrotte; quella sarebbe stata la sua dimora fino alla fine dei tempi. Sarebbe stato difficile sistemarlo in un solo girone, perché per elencare tutti i peccati che aveva commesso non sarebbero bastate le tavole dei Dieci Comandamenti. Per questo avrebbero creato un luogo di dannazione appositamente per lui. Immaginava già cosa sarebbe stato scritto sulla targa affissa sopra la sua nicchia, per identificarlo. Seduttore. Libertino. Empio e sacrilego. Dissoluto. Vizioso... Impossibile trovare gli attributi per descrivere la sua anima insensibile e amorale.

    In verità, ne andava piuttosto fiero. Aveva impiegato anni per costruire il guscio vuoto e duro, intaccabile, al cui interno non c’era neanche un briciolo di umanità e sensibilità.

    Probabilmente, negli inferi, i demoni avrebbero organizzato una grande festa per accogliere la sua anima nera e dannata. Sarebbe stato ben lieto di precipitare in quello stesso momento negli abissi dove lo attendeva l’eterno castigo, perché avrebbe proprio avuto bisogno di svagarsi a conclusione di ciò che l’attendeva quella sera.

    Iain, marchese di Alynwick e ultimo discendente del clan dei Sinclair, si guardò allo specchio ed ebbe l’impressione di contemplare il volto del diavolo in persona. Era forse una premonizione?, si chiese con cupo e amaro sarcasmo. Un avvertimento della fine che avrebbe fatto la sua anima se quella sera le cose non fossero andate come previsto?

    Se il demonio era quello che vedeva nel riflesso, però, le sue sembianze erano decisamente attraenti, con i lunghi capelli neri che tendevano ad arricciarsi e avevano fatto palpitare diverse dame, gli zigomi ben definiti, il mento cesellato e gli occhi di lucente ossidiana. Quando sorrideva beffardo, come ora, due seducenti fossette gli si formavano nelle guance, e le sue labbra carnose promettevano piaceri infiniti ed estasi deliranti. Era impossibile guardarlo in viso senza immaginare le più licenziose trasgressioni.

    Sì, pensò Iain mentre faceva un cenno al suo valletto affinché gli desse un bicchiere di whisky, il diavolo aveva sicuramente il suo volto... quello di un bell’uomo bruno, un bastardo senz’anima.

    Non era vanesio, semmai il contrario, perché era sempre pronto a denigrarsi. Le nobildonne del suo entourage lo consideravano aitante, affascinante, e lo subissavano di complimenti sul suo bel viso e il suo fisico prestante. Ma lui conosceva la verità, sapeva che ciò che tutti vedevano all’esterno era l’esatto opposto di quello che era nascosto dentro di lui come una belva in agguato, acquattata nell’ombra; la bruttezza e la mostruosità della sua anima stavano facendo a brandelli e divorando le doti interiori che aveva posseduto un tempo.

    Il rivestimento esterno del suo essere poteva anche avere qualche attrattiva, ma l’interno era privo di valore.

    Un sospiro proveniente dal letto alle sue spalle confermò la sua silenziosa osservazione.

    «Sei bello come Lucifero, e altrettanto perverso. Il Signore degli Inferi ha trovato il suo degno rivale.»

    Iain tornò a guardare in direzione dello specchio, che rifletteva l’immagine di una donna nuda, mollemente adagiata tra le lenzuola disfatte. Ebbe un lieve sussulto di sorpresa, come se avesse dimenticato la sua ospite. La nobildonna, che si era dimostrata tutt’altro che signorile e altezzosa nell’amplesso, non era il suo tipo. Troppo snella, quasi magra. Iain preferiva le donne prosperose, dotate di curve voluttuose, seni morbidi in cui affondare il viso, fianchi tondi e natiche di cui ammirare la forma nelle varie posizioni dell’unione carnale, cosce tornite tra cui tuffarsi. Se immaginava le doti fisiche di una donna da adorare, gli era facile vagheggiare il corpo che desiderava con ogni cellula del suo essere amorale.

    Un corpo femminile accogliente lo faceva sentire più uomo, gli sembrava un porto sicuro a cui tornare, in cui calmare i tormenti del suo animo inquieto.

    Al diavolo la poesia!, pensò Iain. La verità era che, da impenitente donnaiolo, impazziva per un paio di tette grosse e un bel culo tondo da afferrare quando era al culmine dell’estasi. Un seno prosperoso poteva tenerlo occupato per ore e donare alla fortunata di turno infinite soddisfazioni. La sua bocca carnosa era dotata di grande abilità nel portare la donna a vette inimmaginabili di estasi grazie alla sua conoscenza ineguagliabile dell’anatomia femminile.

    Il suo sguardo si posò sul seno della dama. Deludente, per un uomo delle sue inclinazioni e dotato di appetiti voraci, ma Iain era costretto a fare il suo dovere di Guardiano della Confraternita.

    La donna sospirò di nuovo guardandolo, poi sollevò lentamente un ginocchio e lasciò ricadere di fianco la gamba piegata, scoprendo le pieghe più intime della sua carne alla contemplazione di Iain. Il suo sguardo seguì istintivamente il movimento della gamba e si posò sul fiore segreto della sua amante, che però non gli provocò alcun brivido di desiderio. Se n’era già stancato. Le dame a cui si accompagnava, per lascive che fossero, non riuscivano a mantenere a lungo la sua attenzione.

    «Perché non torni a letto a giocare con me?» lo invitò con voce carezzevole, ma con una leggera nota disperata in sottofondo. «Ti permetterò di essere perverso quanto vuoi.»

    «Dubito che tu sia in grado di resistere. Le mie richieste ti farebbero perdere i sensi.»

    «Per il piacere, immagino.»

    «No, per il trauma.»

    Si voltò verso Sutherland, il suo valletto, e i due scambiarono un sorriso complice. Iain avrebbe dovuto vergognarsi della presenza del suo servitore che era entrato nella sua camera per aiutarlo a vestirsi e si era trovato ad assistere a quello spettacolo di depravazione. Ma non era una novità per il suo fedele valletto che era con lui da anni. Sutherland era stato testimone di innumerevoli episodi di perversione. Inoltre, la dama languidamente distesa sul suo letto non dimostrava il minimo pudore al riguardo. Anzi, era stata lei a suggerirgli di far entrare il lacchè per poterlo guardare mentre si vestiva, confessandogli di aver sempre avuto il desiderio di trovarsi nuda nella sua camera e assistere alla sua toilette.

    Per quanto Iain fosse propenso a prestarsi a qualsiasi gioco erotico, quello in particolare non gli suscitava alcun brivido. Tuttavia il suo obiettivo era soddisfare la dama perché gli serviva la sua collaborazione, e accontentare ogni sua richiesta era fondamentale.

    «Sei di una bellezza scandalosa» mormorò lei scrutando il suo corpo prestante. «Le dicerie fatte circolare dalle tue passate amanti non erano di certo esagerate. Il tuo fisico è a dir poco magnifico, e gli attributi di cui sei dotato sono... mostruosamente meravigliosi. Non c’è altro termine per definire la tua prestanza fisica!»

    «Mia cara, noi scozzesi siamo uomini rozzi e robusti, il nostro corpo è resistente e pronto a tutto, sia nel sopportare la fatica del lavoro, sia in attività più piacevoli.»

    «Allora devo partire immediatamente per le Highlands! Avrei un intero clan a mia disposizione per sollazzarmi!» esclamò la sua amante ridendo, mentre Sutherland aiutava Iain a infilare la camicia. «Ah, se solo non avessi conosciuto lord Larabie prima di te, a quest’ora forse sarei stata lady Alynwick...»

    Iain restò interdetto. Cosa le faceva credere di essere la prescelta tra i tanti nomi della lunga lista delle sue amanti? E comunque non si sarebbe mai sposato. Mai. Certamente non con una come lei. Per quanto cinico, non era crudele e non avrebbe mai illuso una donna. Le sue conquiste non erano più interessate di lui a una relazione stabile; per tacito accordo, ognuno pensava solo al proprio piacere e nulla più.

    «Suvvia, amor mio, non fingere di non essere sentimentalmente disponibile. Io conosco la verità» insistette lei.

    «Davvero? Quindi sai che la mia mancanza di disponibilità sentimentale, come la definisci tu, è dovuta al vuoto assoluto che c’è dentro di me» replicò lui.

    «Il tuo distacco nei confronti del mondo e delle persone non mi indispone, piuttosto mi eccita e mi stimola. Ti assicuro che quando voglio una cosa la ottengo sempre... e io voglio te, moltissimo. Che tu sia sdegnoso e privo di sentimenti non mi importa. Voglio possederti.»

    «Mi hai già avuto, cara» puntualizzò Iain abbottonandosi la camicia. «Accontentati.»

    «Accontentarsi non è da me. Ho già raggiunto il piacere tre volte stasera, ma non mi è bastato perché ho già voglia di nuovo. Mi sono accorta di essere insaziabile, è colpa della tua infinita abilità tra le lenzuola. Sei proprio un maestro nell’arte di amare.»

    Amare?, pensò Iain. Oh, no, compiere l’atto erotico non era come fare l’amore. Quello non lo faceva da anni...

    «Mi sono rovinata con le mie mani, purtroppo» sospirò lei. «Ho sposato Larabie invece di aspettare un solo mese, quando ti ho conosciuto. Spero che rimedierai al mio errore quando ti incontrerai in duello con mio marito per il mio onore.»

    Iain le sorrise mentre Sutherland lo aiutava a indossare il kilt verde chiaro e celeste dei Sinclair.

    «Oh, un costume scozzese per duellare per me, milord? Sei così bello da farmi girare la testa!» esclamò lei.

    Anche a lui girava la testa, ma per il whisky. Prese il bicchiere che aveva appoggiato per abbottonarsi la camicia e lo vuotò, poi fece segno a Sutherland di riempirlo ancora.

    Se il suo destino era quello di morire, voleva andare incontro al Creatore con addosso i colori del suo clan, vestito di tutto punto da scozzese. Era alquanto stravagante presentarsi a un duello in kilt, ma il costume tradizionale gli si addiceva. Iain era noto in società per i suoi modi irruenti e la sua personalità esuberante e trasgressiva, sempre pronto a scandalizzare i nobili con il suo atteggiamento brutale. Non si era mai sentito a suo agio in quel mondo vacuo, di manierismi delicati, affettazione, svenevolezze e galateo. Iain non era educato e garbato, i suoi appetiti erano smodati e la sua passione esplosiva. A letto, si scatenava senza alcuna finezza e gentilezza. Voleva perdersi nella donna che possedeva, farsi trasportare in una dimensione immemore in cui non c’era posto per i suoi demoni interiori, per i ricordi, per i tormenti che non lo abbandonavano mai, ma vi albergava solo un piacere indicibile. Quando era al culmine del rapimento dei sensi, perdeva il raffinato accento aristocratico che gli aveva inculcato suo padre a suon di botte e sussurrava sconcezze all’orecchio della donna in dialetto scozzese, con quella cadenza melodiosa che rendeva eccitanti anche le frasi più turpi.

    La parlata che adottava in società era fredda e sofisticata, per farsi beffe di quel mondo vacuo usando le stesse affettazioni dei nobili che disprezzava. Nel sentire la propria voce, gli sembrava di essere l’incarnazione del suo defunto genitore, un damerino pomposo e insensibile che non si curava del prossimo, ma, stranamente, quell’atteggiamento spavaldo e indifferente affascinava le donne.

    Iain ricordava a stento l’ultima volta in cui si fosse sentito a suo agio al punto da lasciarsi andare e far correre a briglia sciolta le proprie emozioni. A letto era sempre un automa impersonale che calcolava ogni minimo gesto, ogni mossa, in una coreografia in cui nulla era lasciato al caso. Non si faceva mai trasportare dal piacere.

    «Vuoi che aspetti qui il tuo ritorno, amor mio, o verrai a possedermi nel letto di Larabie?»

    Iain le sorrise mentre si allacciava la cintura. «Sei una creatura priva di decoro, Georgiana! Non ti vergogni affatto di propormi di copulare nel tuo talamo nuziale?» ribatté, beffardo.

    Lei si alzò a sedere sul letto e si mise in ginocchio, senza alcun pudore per la propria nudità e la presenza di Sutherland. «Neanche un po’, temo» replicò maliziosa. «Mi hai spogliato di ogni decenza con i tuoi modi immorali, milord. Abbandonarsi alla depravazione tra le tue braccia è un piacere di cui non posso più fare a meno.»

    Soddisfatto di aver completato la sua vestizione, Iain si guardò allo specchio, bevve un sorso di whisky poi si voltò verso la sua amante che lo stava scrutando con attenzione.

    «Allora, mia cara? Il mio abbigliamento ha la tua approvazione?»

    «Assolutamente sì. Ho anche avuto il piacere di avere la conferma che quello che si dice degli scozzesi è vero... che non portano niente sotto il kilt.»

    Lui si avvicinò al letto per provocarla, e lei infilò una mano sotto il gonnellino di tartan per accarezzarlo.

    «Ah, Sinclair, sei magnifico... in ogni tua parte» lo blandì.

    Lui non si scostò, benché non avesse alcuna voglia di lasciarla fare. Sapeva di doverla accontentare, in modo da avere da lei ciò che voleva, anche se i loro desideri erano ben diversi. Iain andava a letto con lady Larabie solo per avere informazioni sul circolo segreto che lei frequentava, la Casa di Orfeo. Orfeo era il nemico dei Guardiani della Confraternita, che volevano distruggerlo. Iain recitava la parte del Casanova per fornire notizie preziose agli altri due Guardiani, il conte Black e il duca di Sussex.

    Casanova? No, non si sentiva affatto un grande amatore come il leggendario italiano, piuttosto gli sembrava di essere sporco e corrotto, l’equivalente maschile di una sgualdrina dei bassifondi.

    Quando aveva escogitato quel piano, il duca suo amico era perplesso sulla validità del suo stratagemma, ma Iain aveva riso e lo aveva accusato di eccessivo moralismo e perbenismo. Era convinto di avere ormai perso l’anima e di non poter soffrire più. Stava affogando nel pantano melmoso dei suoi peccati, per cui uno più o uno meno non avrebbe fatto alcuna differenza. Cos’aveva da perdere che non avesse già perso?

    «Non hai proprio tempo per un’altra bottarella?» insinuò lei, volgare. «Il sesso rinvigorisce, potrebbe prepararti meglio al duello.»

    «Sei proprio insaziabile... Una vera Messalina.»

    «Spero che tu non lo intenda come un insulto, mio caro. Non vorrei essere costretta a ordinare al mio dolce maritino di spararti un colpo in fronte.»

    Poteva solo provarci, quel grassone pomposo di Larabie!, pensò Iain.

    «Non è affatto un insulto, anzi. È un sinonimo di donna lasciva e sensuale, dedita ai piaceri della carne, perché è così che ti vedo. Lussuriosa e irresistibile, proprio come Messalina. Sicuramente ti riconoscerai in questo ritratto» la blandì lui.

    Per fortuna Sutherland si era ritirato per discrezione, abbandonando la camera prima di assistere a quei discorsi e alle carezze esplicite di lady Georgiana, e Iain ne fu contento. Persino lui aveva un minimo di decenza, e non avrebbe voluto varcare il confine del decoro in presenza del suo servitore.

    «Mmh, allora mi trovi irresistibile?»

    «Certo, e ogni tuo desiderio è un ordine» disse Iain con un abbozzo di inchino, sperando che a Georgiana sfuggisse il sarcasmo del suo tono.

    Lei smise di accarezzarlo e si passò le mani sul corpo, allargando le cosce con fare provocante e invitante mentre faceva scivolare le dita verso il ventre. Era vero, il suo appetito erotico era insaziabile come quello di Iain. Qualsiasi uomo in cerca di un’amante l’avrebbe trovata affascinante e sarebbe stato pronto a coprirla d’oro pur di godere dei suoi favori. Ma a Iain non interessava averla come amante se non per i suoi scopi reconditi, e la sua avidità lo lasciava freddo. Anche nel bel mezzo dell’amplesso più travolgente, dentro di lui c’era sempre un gran vuoto.

    «Allora rivelami le tue più torbide fantasie» gli sussurrò lei facendo le fusa come una gatta. «Io ti ho raccontato le mie, dopotutto.»

    «Come ti ho detto, non ne ho.»

    «Oh, che peccato...» Georgiana fece il broncio, ma i suoi occhi scintillanti gli fecero capire che sapeva che lui aveva delle fantasie segrete e inconfessabili.

    «Vuoi che ne inventi una per accontentarti?»

    «Sì... Vediamo se indovino. Vuoi che qualcuno ti sculacci per punirti?»

    Iain fece una smorfia. «Dio, no! Non mi eccita il dolore, per me non si accompagna mai al piacere.» Gli erano state inflitte abbastanza sofferenze sia in famiglia sia a scuola, e non nutriva alcun interesse per simili pratiche.

    «Allora essere legato e cedere completamente il controllo?» suggerì lei.

    «No.»

    Lady Georgiana lo guardò pensosa. Non avrebbe mai immaginato cosa fantasticava il peccaminoso marchese di Alynwick quando era a letto la notte, con la sola compagnia della luna e delle stelle.

    Raramente osava lasciar vagare il pensiero verso quel sogno inconfessato. Ma quando beveva troppo e le sue difese erano più deboli, immaginava l’unione tra una santa e un peccatore, un angelo e un diavolo, un’anima innocente che si offriva a lui, sordido peccatore che desiderava essere illuminato dalla sua bontà radiosa e allo stesso tempo farle conoscere le delizie del lato oscuro della seduzione. Ma non gli sarebbe andata bene qualsiasi fanciulla innocente. No, sarebbe stato troppo semplice. Londra era piena di vergini e per lui sarebbe stato facile conquistarne una e realizzare le sue fantasie. No, lui nevoleva una in particolare, quella che lo turbava profondamente con il suo animo limpido e il suo carattere integerrimo.

    Avrebbe attraversato tutto il deserto a piedi per lei, le avrebbe donato fino all’ultima goccia di sangue pur di avere la possibilità di assaporare la dolcezza delle sue labbra, di accarezzare i suoi seni morbidi e voluttuosi, di possedere il suo corpo.

    Ma le fanciulle dabbene disapprovavano le canaglie come lui, si tenevano alla larga dai peccatori il cui comportamento non seguiva alcuna regola dell’etichetta.

    Le nobildonne virtuose non si facevano corrompere e, siccome la donna dei suoi sogni era una vera signora, lui non aveva alcuna possibilità di averla, benché lei l’attirasse come il gin per un ubriacone.

    «Stasera sei strano» osservò Georgiana. «Ti vedo pensoso, distratto.»

    «Suppongo che dovrei concentrarmi su come trascorrere le prossime ore prima di dover affrontare il mio destino. In effetti, dovrei indulgere nel peccato, considerato che domani a quest’ora potrei essere già morto. Un libertino vizioso come me dovrebbe accomiatarsi dal mondo con un addio degno di lui.»

    «Sono d’accordo, perciò ti ho offerto la mia collaborazione, ma tu hai declinato l’invito.»

    «Perché in fondo sono convinto che un uomo debba mantenersi lucido prima di un duello, ma ti assicuro che dopo aver dato soddisfazione a tuo marito tornerò a fare altrettanto con te.»

    «Allora non mi resta che pazientare» sbuffò Georgiana. «Però mi penserai mentre sarai impegnato a difendere il mio onore?»

    «Ti assicuro che non penserò ad altro.» Mentre le propinava quelle bugie, Iain era così disgustato da se stesso da desiderare disperatamente un altro whisky, per poter mettere a tacere la voce della sua coscienza grazie all’ebbrezza. Sperava solo che valesse la pena sopportare lady Georgiana Larabie con le sue esigenze erotiche, e addirittura affrontare un duello per lei. Se lei non gli avesse permesso di scoprire qualche informazioni decisiva su Orfeo, Iain sarebbe stato fortemente tentato di porre fine alla sua misera esistenza sparandosi un colpo alla tempia.

    «Hai paura?» gli chiese lei.

    «Di tuo marito? Neanche un po’» ribatté lui con una smorfia di superiorità.

    «No, della morte.»

    «Perché dovrei? Conosco già il mio destino.»

    «E non hai rimpianti?» insistette Georgiana, fissandolo con occhi improvvisamente limpidi, profondi e indagatori.

    «No, nessuno» replicò Iain fingendosi indifferente, anche se avvertiva un brivido alla nuca, come un oscuro presagio.

    «Nessuna questione lasciata in sospeso? Scuse da porgere, confessioni da fare? Tutti ne hanno...»

    «Io no, neanche una, mi dispiace deluderti» bofonchiò Iain. «E poi non chiedo mai scusa, perché significherebbe che avevo torto... e io ho sempre ragione.»

    «Sei così arrogante! Dunque non intendi fare ammenda per le tue colpe prima di esalare l’ultimo respiro? Non vuoi l’assoluzione dai tuoi peccati?»

    Iain si irrigidì, cercando di non farsi influenzare dalle parole di Georgiana che invece ebbero un forte impatto su di lui. Gli apparve davanti agli occhi un’immagine che lo lasciò teso, a disagio. Le sue labbra si arricciarono istintivamente in una smorfia carica di disprezzo per se stesso, per le sue passate mancanze e per il proprio dannato orgoglio che aveva causato tanta sofferenza.

    «Ah...» mormorò lei mentre un lampo crudele le accendeva lo sguardo. «Forse non sei completamente privo di coscienza, allora!»

    «Provocami pure, ma sappi che ti punirò come meriti dopo il duello.»

    «Non vedo l’ora.»

    Iain le fece un inchino beffardo e si avviò verso la porta. Prima di varcare la soglia, si girò a guardarla. «Ti troverò stasera?»

    «Sicuramente... e non solo me» rispose lei, sibillina.

    Iain chiuse la porta alle sue spalle e scese le scale. Il maggiordomo gli porse il soprabito. Iain rifiutò con un cenno il cappello e il bastone da passeggio, poi si affrettò a uscire e a salire in carrozza. Diede un indirizzo al cocchiere che subito si diresse verso la sua destinazione. Lo scalpitio dei cavalli risuonava sull’acciottolato delle strade di Londra. Era novembre, e il quartiere di Mayfair non era trafficato come durante la stagione mondana. Era un peccato, perché guardare il passeggio dal finestrino gli avrebbe permesso di distrarsi dai suoi cupi pensieri durante il tragitto.

    Aveva pensato di andare a cena al circolo, magari fare una partita a carte e bere ancora per ammazzare il tempo prima del suo appuntamento all’alba a Grantham Field. Ma le osservazioni di Georgiana gli avevano fatto cambiare idea. C’era una cosa che sentiva di dover fare assolutamente, una persona che voleva vedere prima di andare incontro al suo destino e affrontare l’imperscrutabile, prima di cadere a terra sull’erba umida con il sangue che fuoriusciva dal colpo mortale infertogli dal pomposo cornuto, prima di vedere la mano di Lucifero che spuntava dal terreno per ghermirlo e trascinarlo negli inferi.

    Sì, Iain doveva vedere una persona... e chiedere scusa.

    Ma come si poteva implorare il perdono per una colpa commessa più di dieci anni prima? Mi dispiace... scusami... non erano parole sufficienti.

    Quando giunse a destinazione, aveva già provato mentalmente una decina di bei discorsi. Il lacchè aprì lo sportello della carrozza e lui ne scese, sperando che la donna che era venuto a cercare gli concedesse la sua attenzione per il tempo necessario per togliersi quel peso dall’anima e comportarsi con onore almeno una volta nella vita.

    Il maggiordomo dei Sumner lo scrutò con sussiego e disapprovazione, poi gli porse un vassoietto d’argento con la mano guantata affinché il nuovo arrivato vi posasse l’invito prima di farsi annunciare.

    «Ho un invito aperto e permanente» disse Iain.

    «Bene, milord, l’annuncio immediatamente.»

    Iain notò che il vecchio gufo impagliato non gli aveva chiesto il nome. Era fastidioso accorgersi che la sua reputazione lo rendeva tanto noto in società.

    Fatto un colpetto di tosse, il maggiordomo esclamò con voce squillante e solenne: «Sua Signoria il marchese di Alynwick, lord del clan Sinclair!».

    Iain entrò nel salone, rendendosi conto che tutti i presenti si erano improvvisamente raggelati. Rimase immobile per qualche istante, ergendosi alto e fiero nel suo kilt mentre scrutava i visi in cerca della sua preda. Appena l’ebbe trovata, tutti i suoi propositi di chiedere perdono abbandonarono la sua mente quando la vide con un uomo che le teneva la mano.

    Bisbigliavano con fare confidenziale e si sorridevano, fermi davanti a un quadro che ritraeva un nudo classico, assolutamente ignari dell’ambiente circostante come se al mondo esistessero solo loro due.

    Chiedere scusa? Assolutamente no! Piuttosto trafiggere il rivale con la spada che gli pendeva dal fianco! Almeno avrebbe meritato la dannazione eterna per una giusta causa...

    Furente e indignato, nonché ottenebrato da tutto il whisky trangugiato, Iain attraversò il salone con passo bellicoso. Gli ospiti si scostarono al suo passaggio come i fili d’erba della savana attraversata da un leone famelico che sta per balzare addosso alla perda.

    Prima sarebbe saltato alla gola dell’uomo che aveva osato tanto, poi avrebbe ghermito la donna per portarla nella sua tana di belva assetata di sangue, e avrebbe giocato con lei, l’avrebbe tormentata e infine l’avrebbe divorata.

    2

    L’angelo in questione in quel momento si sentiva tutt’altro che lontana dagli impulsi terreni. Era la serata più divertente che avesse trascorso negli ultimi anni. Elizabeth York, sorella maggiore del duca di Sussex, aveva abbandonato completamente il suo abituale riserbo ed era ciarliera e allegra come una debuttante al primo ballo della sua vita.

    Per lei era insolito dimostrare un tale entusiasmo fanciullesco, poiché non era più una ragazzina. Le mancavano pochi mesi per compiere trent’anni e, se la sua età non l’avesse già resa catalogabile come zitella, di certo la sua infermità non l’aiutava.

    Perché Elizabeth York era cieca, per dirla tutta.

    Però non le importava, non quella sera. Aveva la strana impressione che tutto le fosse possibile. Non provava quella sensazione da tanto tempo, ma ne era inebriata. Non si era mai crogiolata nell’autocommiserazione, questo no, ma doveva ammettere che a volte nascondeva i suoi veri sentimenti dietro lo scudo della sua forza e della determinazione, ma quello scudo in certi momenti non era altro che una leggera patina facile a scalfirsi.

    Tuttavia, quella sera, non voleva pensare alla sua menomazione, né lasciarsi affliggere da pensieri cupi. Si sarebbe concessa il lusso di immaginare di poter essere bella e desiderabile quanto le altre donne presenti alla soirée dei Sumner.

    «Fermiamoci qui.»

    La voce calda e profonda che le risuonava all’orecchio era il motivo della sua eccitazione. Il conte di Sheldon la stava scortando in giro per il salone con disinvoltura, passeggiando con lei come se non fosse una zitella cieca. Le sue premure e la sua corte garbata avrebbero fatto girare la testa a qualsiasi fanciulla, ma lei doveva fare attenzione a mantenere un contegno decoroso perché

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