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Incanto spagnolo: Harmony Destiny
Incanto spagnolo: Harmony Destiny
Incanto spagnolo: Harmony Destiny
E-book143 pagine1 ora

Incanto spagnolo: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Solo per i tuoi occhi...
Quando il conte spagnolo Guillermo de la Cruz annuncia il suo fidanzamento con la ricca ereditiera Kara deMontaine davanti al Jet-Set internazionale, scoppia un vero e proprio finimondo. Kara è considerata da tutti il brutto anatroccolo e la sua potrebbe essere la classica favola d'amore in cui ogni desiderio si avvera. Tuttavia lei sa che la realtà è ben diversa e che il bellissimo Gui l'ha chiesta in moglie solo per vendetta. Ma non per questo vuole arrendersi ed è disposta a tutto per ottenere il suo lieto fine.
LinguaItaliano
Data di uscita10 apr 2019
ISBN9788858995952
Incanto spagnolo: Harmony Destiny
Autore

Katherine Garbera

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Incanto spagnolo - Katherine Garbera

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Spanish Aristocrat’s Woman

    Silhouette Desire

    © 2008 Katherine Garbera

    Traduzione di Lucilla Negro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-595-2

    1

    Era stato reclamizzato come il matrimonio dell’anno, l’unione della coppia più romantica di Manhattan. E da quel che Kara deMontaine poteva constatare, la stampa aveva colto nel segno. Nella cattedrale di Saint Patrick era riunita tutta l’alta società newyorkese. Era quello il suo mondo, l’ambiente nel quale era nata e cresciuta, eppure si sentiva come un pesce fuor d’acqua.

    Le inaspettate nozze del magnate dell’editoria Tristan Sabina si erano trasformate nell’evento più atteso della primavera. Kara avrebbe voluto considerarle una festa come tante altre, ma, sulla soglia della trentina e senza fede al dito, ogni matrimonio si trasformava per lei in una tortura, un’occasione dolente in cui confrontarsi con l’amara realtà che forse lei non sarebbe mai stata una sposa.

    Cercò di scrollarsi di dosso la malinconia che pareva avvolgerla come una pesante palandrana, ma invano.

    Sheri Donnelly, la sposa, non c’entrava nulla, ovviamente. Kara non la conosceva di persona, ma aveva sentito dire che era una ragazza molto dolce. E aveva saputo direttamente dalla bocca di sua sorella Rina che il vestito da sposa era favoloso.

    Kara provò un languore in petto. Desiderava tanto poter indossare anche lei, un giorno, l’abito bianco; vedere il suo sposo in piedi davanti all’altare, che l’aspettava trepidante; sfilare in una chiesa gremita di gente che l’ammirava con invidia, perché quel giorno era la sposa più bella del mondo.

    Sentì le lacrime bruciarle agli angoli degli occhi mentre ricordava le tante domeniche mattina trascorse in camera con sua madre, a chiacchierare del matrimonio dei suoi sogni. Rina si raggomitolava sempre a destra, lei a sinistra del lettone dei genitori. A quel tempo, non poteva immaginare che sarebbe rimasto solo un sogno, né prevedere che la sua alta statura e il fisico giunonico avrebbero inibito molti uomini, tenendoli alla larga da lei.

    Chiuse gli occhi e udì la dolce voce di sua madre raggiungerla come in un sogno. Alisha deMontaine era morta quando Kara aveva sedici anni, poco prima che facesse il suo debutto in società. A Rina era toccato l’anno prima.

    Le due sorelle non potevano essere più diverse. Là dove Rina era minuta, sottile, ammirata per la sua bellezza raffinata, Kara era alta, dalle forme generose, più apprezzata per la sua attività nell’ambito del volontariato che non per il suo aspetto fisico. Cosa di cui lei aveva sempre sofferto.

    Kara tirò su col naso e batté le palpebre rapidamente per scacciare le lacrime, consapevole che, sebbene fosse normale commuoversi all’arrivo della sposa, scoppiare a piangere prima non sarebbe stato opportuno.

    Una mano le atterrò sulla spalla e un fazzoletto candido si materializzò davanti ai suoi occhi. La mano che glielo porgeva era grande, abbronzata, maschile.

    «Un matrimonio è sempre un giorno di festa» disse l’uomo con una voce profonda, pastosa e un marcato accento spagnolo.

    Kara alzò gli occhi e incontrò lo sguardo del suo soccorritore. Era di una bellezza fuori del comune e la stava fissando con una strana intensità. Era più alto di lei, il che valeva a dire che sfiorava il metro e novanta.

    Si schiarì la voce e allargò gli occhi. «Sono lacrime di gioia, infatti.»

    L’uomo inarcò un sopracciglio con aria scettica e anche un po’ arrogante. «Conosco le donne.»

    Kara non aveva dubbi in proposito. Con la prepotente sensualità che emanava, chissà quante ne aveva ai suoi piedi. E come se non bastasse, si atteggiava come se fosse un padreterno, sicuro di sé, capace di destreggiarsi in qualsiasi situazione, compreso un assalto di donne fameliche.

    Calma e sangue freddo, si disse, facendo un bel respiro e ripetendosi che non era il caso di lasciarsi intimidire dal solito belloccio un po’ spaccone. Sapeva come padroneggiare i nervi, quando voleva. E mai come in quel momento si rendeva conto della necessità di mantenere il controllo.

    «Potrà pure conoscere le donne» gli rispose a tono, «ma di certo non conosce me.»

    «Rimediamo immediatamente, allora» replicò lui prontamente. «Sono il conte Guillermo de Cuaron y Bautista de la Cruz. E lei invece è?»

    Kara sapeva benissimo chi era quell’uomo. Il protagonista indiscusso del gossip, costantemente sulle pagine di tutte le riviste scandalistiche per i suoi innumerevoli flirt. Rina, inoltre, conosceva alcuni suoi amici.

    Gli aveva sempre visto a fianco donne bellissime... rigorosamente magre. Mai tipe in carne come lei. Perdiana, quando imparava ad accettarsi per quella che era? Con quei suoi chiletti di generose curve di troppo? Aveva perso il conto di tutte le volte che aveva iniziato una dieta.

    «Kara deMontaine» si presentò, tendendogli la mano.

    Lui la prese e se l’accostò alle labbra, sfiorandone appena il dorso in un galante baciamano. «Adesso che non siamo più due estranei, mi vuole dire il perché di quelle lacrime in una giornata felice come questa?»

    E già... Non era mica scema a raccontare a quell’uomo bello come il sole che era triste perché temeva che non avrebbe mai trovato marito. «Non capirebbe.»

    «Mi metta alla prova.»

    «Conte...»

    «Gui per gli amici.»

    «Gui» ripeté senza rendersene conto. Le piacque il suono di quel nome sulle labbra. E adorava la sua voce, quel suo accento accattivante. Non si sarebbe mai stancata di ascoltarlo.

    «Parli, Kara. Ho tre sorelle e svariate cugine. Sono bravo ad ascoltare, sa?»

    C’era una luce dolce e comprensiva nel suo sguardo che la invitava a confidarsi, a raccontargli tutta la sua triste verità. Che cioè non avrebbe mai avuto un matrimonio come quello, che non sarebbe mai stata una sposa invidiata da tutti. Ma non poteva dire certe cose proprio a lui, umiliarsi davanti a un uomo bello come quello, alto, biondo, occhi magnetici dal colore cangiante. Un tipo così era il sogno proibito di tutte le donne, mentre lei era solo una ragazza ricca, di quelle che gli uomini sposano solo per i suoi soldi. «È una sciocchezza» si schermì, alzando una spalla e abbassando lo sguardo.

    «Ah, allora significa che si tratta di un pensiero tutto suo, qualcosa di molto importante per lei.»

    Santo cielo, perspicace oltre che bello. Non ci mancava che quello, che le guardasse dentro, si orientasse tra i meandri della sua mente come una specie di strizzacervelli.

    No, non aveva voglia di mettere a nudo le sue fragilità. Era riuscita faticosamente a trovare il suo equilibrio, alla fine, accettando di vivere nell’ombra di sua sorella. La maggior parte delle volte funzionava... ma non sempre. «La prego, no.»

    «No cosa?»

    «Non finga di essere interessato a me e ai miei problemi. So che sono l’ultima donna che degnerebbe di uno sguardo, normalmente.»

    Lui la trascinò via dall’affollato vestibolo, verso un angolo un po’ più appartato. «E tu che ne sai?» le sussurrò vicino, passando a un tono più confidenziale. «Nemmeno mi conosci. Ci siamo appena presentati, no?»

    Kara arrossì, pensando a tutte le storie che aveva sentito sul suo conto. Conosceva Tristan da anni, perché sua sorella Blanche e Rina erano carissime amiche. Sapeva quindi tutto di Gui, Tristan, Christos, della loro catena di night-club, delle loro feste sfrenate, e aveva visto con i suoi stessi occhi, occhi pieni d’invidia, le belle donne di cui solitamente si circondavano.

    «Sono la sorella di Rina» disse, come se ciò bastasse a spiegare tutto.

    «Ah, ecco. E che cosa ti avrebbe raccontato Rina sul mio conto?» le domandò.

    Rina proteggeva Kara come se fosse sua madre e l’aveva spesso avvisata di stare alla larga da uomini come Guillermo. Uomini troppo sicuri di sé, del proprio fascino, della loro capacità di conquistare qualunque donna.

    «Solo che... Ascolti, le dispiace se lasciamo perdere, eh?»

    «No.»

    «No?»

    «Credo che si dica così praticamente in tutte le lingue, querida.»

    «Non sono il suo tesoro» sibilò lei a denti stretti, mantenendo formalmente le distanze e ingoiando la stizza. Si detestava per la facilità che aveva di scoppiare in lacrime. Se non fosse stato per quello, Guillermo non l’avrebbe mai notata e lei non sarebbe stata ora lì a intrattenersi in quella assurda conversazione.

    «Perché ti metti così sulla difensiva?» le domandò lui con una fastidiosa pacatezza.

    «Conte...»

    «Gui» insistette. «Te lo dico subito. Non intendo mollare.»

    Lei strinse le palpebre. «Come mai tutto questo interessamento?»

    «Perché hai un’aria così triste. E io vorrei strapparti un sorriso. Tutto qui.»

    «Un sorriso? A me?» gli fece eco Kara, incredula. «Sono sempre stata la sorella grassa. Rina la bella, io la simpatica, quella che nessuno mai si fila.»

    Gui le seguì con un dito il profilo del viso. «Sei deliziosa, Kara. E non sei affatto grassa. Perché ti sei messa in testa un’assurdità del genere?»

    «Perché ho anch’io uno specchio in casa.»

    «Forse distorce le immagini. Buttalo.»

    La mano di lui le si chiuse a coppa attorno alla guancia e lei trattenne il fiato a quel contatto. Era come se si sentisse obbligato a essere carino con lei. «La prego...»

    «Dimmi che cosa ti ha fatto piangere.»

    «Nulla in particolare. Stavo solo ammirando questa bella chiesa gremita e pensando alla sposa.»

    «Sheri e Tristan sono fatti l’uno per l’altro» proclamò Gui. Poi, d’un tratto, corrugò la fronte. «Non sei per caso innamorata di lui?»

    «No! Tristan mi ha sempre trattata come una sorella minore e io non ho mai pensato a lui in certi termini.» Rabbrividiva all’idea che qualcuno potesse pensare che soffriva perché era segretamente innamorata dello sposo.

    «Allora perché?» incalzò.

    Kara trasse un respiro profondo. Glielo avrebbe detto, non fosse altro per interrompere quell’assurda conversazione. Ma

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