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Mi spoglio per te (eLit): eLit
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Mi spoglio per te (eLit): eLit
E-book196 pagine2 ore

Mi spoglio per te (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Uscire da una torta indossando solo un perizoma rosso non è certo tra le aspirazioni di una ragazza, ma a volte la vita ti porta a scelte drastiche e quella di Nikki è stata obbligata dal denaro. Non si aspetta però di incontrare, o meglio di scontrarsi, proprio in quel frangente, col ragazzo più sexy che abbia mai visto. Adam è un brillante studente di medicina che si è preso una gomitata in faccia da lei e che ora Nikki sta scortando in ospedale. Poi, si sa, da cosa nasce cosa e i due si ritrovano a condividere uno spettacolino vietato ai minori.
LinguaItaliano
Data di uscita30 ott 2017
ISBN9788858978252
Mi spoglio per te (eLit): eLit
Autore

Karen Kendall

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Mi spoglio per te (eLit) - Karen Kendall

    successivo.

    1

    Adam Burke stava passando in rassegna il sistema nervoso centrale quando un calcio ben assestato gli fece volare per aria il volume di anatomia.

    «E l'addio al celibato di Mark, te lo sei scordato? Una bella gnocca con le tette di fuori: quello sì che è un bel modo di studiare l'anatomia umana.»

    Adam odiava i locali notturni almeno quanto odiava i festini goliardici dove per divertirsi bisognava bere fino a sbronzarsi. «Lunedì ho l'esame più tosto di tutto il corso di laurea» ricordò a Devon, «e non è quello di chirurgia estetica, perciò posso anche non sapere come si impianta una protesi al silicone.»

    «Tu invecchierai prima del tempo» decretò l'amico, che riprese il pesante volume e lo scaraventò sul letto a due piazze della loro stanza d'albergo.

    Adam non raccolse la provocazione. «Ma tu da dove diavolo spunti?»

    «Vuoi dire che non mi hai sentito entrare? Certo che quando studi non c'è verso di farti distrarre.»

    Era proprio così. Il futuro dottor Burke aveva imparato la lezione ai tempi del liceo, quando aveva perso la testa per la ragazza più contesa della scuola e dimenticato tutto il resto. Aveva rischiato la bocciatura: una macchia indelebile nella sua carriera scolastica che gli avrebbe impedito poi di accedere all'università.

    «Se non sei pronto a dare il massimo, non ti iscrivi a medicina. E non puoi certo sperare di laurearti.» Venticinque anni appena compiuti, Adam si passò una mano tra i capelli e si tirò in piedi senza entusiasmo. «Ci mancava solo questo addio al celibato...»

    «Ehi, amico, datti una svegliata, dai. È Mark che si sposa, hai presente? E ci ha scelti come testimoni. Tocca a noi organizzargli l'ultima serata da scapolo, farlo sbronzare e procurargli qualche bella pollastra da spupazzarsi.»

    Il guizzo malizioso negli occhi di Devon fece comprendere ad Adam che non sarebbe riuscito a tirarsi indietro. Tanto valeva assecondarlo, quindi. Ma la decisione era già presa: avrebbe fatto atto di presenza e si sarebbe defilato alla chetichella non appena gli altri invitati fossero stati troppo ubriachi per far caso a lui.

    Devon riprese a parlare con aria sognante. «All'ultimo addio al celibato c'erano tre ballerine di lapdance. La prima aveva dei sigari nel perizoma, la seconda ne afferrava uno e se lo infilava tra le tette e la terza te lo accendeva piegandosi su di te con il cerino acceso tra i denti.»

    «Ed è questo che ci aspetta stasera?» sbuffò Adam, roteando gli occhi.

    «Non proprio. Nel rispetto della migliore tradizione, stasera ci sarà la ragazza che viene fuori dalla torta: la vera star della serata. Si strapperà di dosso tutto quanto e farà cose che neanche immagini. Pare sia dotata di questa capacità di afferrare il sigaro con...»

    «Basta così: ho afferrato il concetto.»

    «No, davvero. Lo prende dal posacenere e...»

    «Davvero fenomenale, Devon...»

    «... e te lo rimette in bocca.»

    «Andiamo, Devon, mi sembra una cosa disgustosa, a dir poco.»

    «Be', forse un tantino. Ma sai che spettacolo?»

    Disgustoso, appunto. Non che ad Adam non piacessero le belle ragazze nude. Ma in una donna non guardava soltanto il corpo e non andava pazzo per le spogliarelliste, né per le donne troppo appariscenti. Le trovava volgari. Forse perché negli ambienti universitari era abituato a frequentare studentesse e docenti che vestivano in modo semplice e pratico. E in facoltà, o nelle cliniche, si indossavano solo camici bianchi, verdi o azzurrini.

    Non aveva gran simpatia nemmeno per gli uomini che frequentavano certi locali notturni: li reputava superficiali, poco seri. In serate come quella alzavano immancabilmente il gomito e mettevano le mani addosso alle ragazze. O nella migliore delle ipotesi, si stuzzicavano a vicenda e concludevano la serata con una bella scazzottata. Il pronto soccorso degli ospedali era pieno, di notte, di farfalloni ubriachi che si fracassavano il naso all'uscita di qualche bar.

    «Forza, vecchio mio» lo esortò Devon. «Hai dieci minuti per farti la doccia e prepararti.»

    «Sono già pronto» replicò Adam, che socchiuse gli occhi guardando i capelli impomatati dell'amico. «Tu invece dovresti farti uno shampoo per toglierti tutto quel grasso dalla testa.»

    «Ma che grasso e grasso! Stai parlando di un gel all'aloe vera importato dalla Francia che mi è costato un occhio della testa.»

    «Gel per capelli? Roba da checche» sentenziò Adam caustico.

    «Ehi, bello, ti ricordo che l'altro giorno ho impalmato la trecentoventiseiesima pollastra della mia vita. E non è poco, se si considera che ho cominciato la mia brillante carriera a quattordici anni.»

    «Caspita!» fece Adam, assumendo un'aria debitamente impressionata. «Sai, a volte mi chiedo che stai cercando di dimostrare. Ma uno di questi giorni verrai a dirmi che non ti si drizza più.» Così dicendo, scomparve in bagno e ignorò gli improperi che Devon gli urlò attraverso la porta chiusa.

    Sapeva bene che l'amico non era gay, ma stuzzicarlo era talmente divertente!

    La rapida doccia servì a diradare la nebbia che gli offuscava il cervello, poiché il librone di anatomia aveva un effetto assolutamente soporifero sulla sua leggendaria capacità di concentrazione. Si annodò il telo di spugna intorno alla vita e si piazzò davanti allo specchio, apprestandosi a sbarbarsi.

    Ma a che pro farsi bello e mettersi in tiro? Non aveva un appuntamento bollente. Se solo avesse potuto inventarsi una scusa per restare a studiare!

    Era una torta di compensato montata su un carrello con tanto di ruote, decorata con schiuma gommosa e pittura di un ridicolo rosa confetto. Ma la finta glassa si era scollata in più punti e le ammaccature erano state coperte grossolanamente.

    «E dovrei entrare lì dentro?» Nikki scosse il capo. «Neanche a parlarne. Soffro di claustrofobia e ho paura del buio.»

    Yvonne Morales, la sua vicina di casa, sbatté civettuola le ciglia, poi rise. «Paura del buio, dici? Be', vedi di fartela passare. Ci hanno ingaggiato per la serata. Quindi ora tu entri in quella dannata torta.»

    «Non ce la faccio» ripeté Nikki, ormai in preda al panico.

    «Vuoi perdere il lavoro alla tua prima esibizione? Ti ricordo che l'altro giorno sei venuta da me in lacrime dicendo che eri al verde e che ti avevano chiamato dalla banca perché sei sotto di quasi mille dollari. Si può sapere che ti prende?»

    Nikki deglutì rumorosamente. La paura degli spazi ristretti e del buio non era una cosa da niente. «Sai, forse ho esagerato quando ti ho detto di saper ballare. Non è vero. Non mi hanno neanche presa nella squadra di cheerleader del liceo.»

    «Poco male» minimizzò l'amica, «perché qui non devi ballare. Devi solo sculettare un po' e mostrarti a seno nudo a una decina di invitati ubriachi fradici. Non ti guarderanno nemmeno in faccia, te lo garantisco. Potresti essere Britney Spears e neanche se ne accorgerebbero. Tu esci da quella torta, fai un giretto intorno ai tavoli con un bel sorriso stampato in faccia, strizza qualche occhiolino e leccati spesso le labbra. Non devi fare altro.»

    Più ci pensava, più Nikki si convinceva che era stata una pessima idea accettare. «E se mi riconoscesse qualcuno?»

    «Con due dita di fondotinta, le ciglia finte e i labbroni contornati con la matita rossa? Non credo proprio. E poi te l'ho detto: non ti guarderanno in faccia.»

    Certo che no: si sarebbero concentrati sui seni e sul lato B. Magari sulle gambe... liscissime, dopo la terrificante ceretta fattale dall'estetista di Yvonne, il giorno prima.

    Senza alcuna pietà, Moira l'aveva fatta spogliare completamente dalla vita in giù. L'aveva invitata a distendersi su un lettino e le aveva spalancato le gambe per sottoporla all'esperienza più devastante della sua vita, terminata la quale si era ritrovata con un artistico cuoricino di peli all'altezza del pube.

    Non contenta, sapendo che avrebbe dovuto indossare un perizoma, Moira l'aveva depilata anche da dietro!

    Nikki si sentiva morire anche solo a ripensarci: tre quarti d'ora di tortura allo stato puro sotto lo sguardo sadicamente divertito della sua vicina.

    C'era voluta un'intera serata passata immersa in una vasca d'acqua ghiacciata e quattro aspirine mandate giù con un bicchiere di vino per sopravvivere al dolore e all'imbarazzo.

    Quella mattina poi, quando si era guardata allo specchio il perfetto cuoricino all'attaccatura delle gambe, si era sentita una donna perduta. Possibile che non avesse altra scelta, se non quella di sbucare fuori da una ridicola torta di compensato e mettersi a fare la smorfiosa con quattro maschioni arrapati e ubriachi?

    Cos'altro poteva inventarsi per procurarsi un po' di soldi da mettere sul suo conto corrente perennemente in rosso?

    Nikki non era una spendacciona, né un'irresponsabile. Ma una ventiquattrenne che scoppia di salute come può prevedere di avere un attacco di appendicite subito dopo aver perso il lavoro e, con esso, la possibilità di pagarsi tutte le spese mediche?

    Già il mese prima, Nikki aveva dovuto chiedere un prestito a Yvonne. Denaro che non le aveva ancora ridato, purtroppo.

    Ora l'amica l'afferrò per un braccio e prese a scuoterla. «Niente ripensamenti, bella. È troppo tardi: non avrei il tempo di trovare qualcuno che ti sostituisca, adesso. Perciò muovi quel culetto e salta nella torta, prima che ti ci faccia entrare io a suon di calci.»

    Il tono non era dei più cordiali. E la stretta sul braccio cominciava a farle male; segno che Yvonne non scherzava.

    Nikki cominciò a chiedersi come avesse potuto stringere amicizia con la sua vicina, una ragazza talmente frivola da soccombere all'ultimo vezzo della Miami bene: spendere fior di quattrini per farsi impiantare delle protesi nei glutei!

    «Allora?» insistette Yvonne.

    Lo sguardo minaccioso che accompagnò la sua uscita, assieme alla consapevolezza di aver preso un impegno, spinse Nikki a sollevare adagio il piede sinistro.

    «Brava la mia ragazza...» commentò Yvonne, zuccherosa.

    Sì, brava un corno! Era vestita, o svestita, come una spogliarellista e si era fatta depilare i peli del pube come una poco di buono... Nikki sbirciò all'interno del compensato, timorosa di trovarci qualche ragnatela. E deglutì rumorosamente.

    «Oh, quante storie...» sbuffò Yvonne, spingendola dentro.

    Nikki si ritrovò completamente circondata da uno stretto cilindro di compensato, nel quale doveva stare appollaiata. Si ripeté più volte che non c'erano ragni, non doveva farsi prendere dal panico; che non sarebbe rimasta lì dentro per più di un minuto. Qualcuno avrebbe portato in sala la torta e al segnale prestabilito lei avrebbe spinto dal basso il coperchio che le stavano per chiudere sulla testa. Non doveva far altro che respirare. Poteva farcela. Solo per quella sera...

    Perché, decise all'istante, non ci sarebbe stata una seconda volta. Non si sarebbe mai più abbassata a tanto. Avrebbe consegnato pizze a domicilio, venduto cosmetici porta a porta, consegnato cappotti al guardaroba di qualche locale notturno. Ma quello no, mai più.

    «Ti aspetto nell'ufficio di Ralph» disse Yvonne parlando di suo cugino, che era il proprietario del bar. «Poi passa a prendere il denaro.» Scosse il capo, perplessa. «Cos'è quella faccia spaventata? Andiamo, non essere patetica. Fai un bel sorriso, forza! E ora, giù la testa!»

    Nikki allargò le labbra in un sorriso vero quanto una borsa di Vuitton comprata per strada da un ambulante e chinò il capo, mentre il coperchio veniva abbassato sulla sua testa facendola sprofondare nel buio.

    Era una gran fatica far finta di divertirsi. Bottiglia di birra in mano, Adam scambiava sorrisetti idioti con gli amici ormai sbronzi di Mark e sperava che quello strazio finisse presto.

    Gli anni ribelli del liceo erano ormai lontani: gli errori pagati a caro prezzo, se non altro, gli avevano insegnato a girare al largo da situazioni potenzialmente pericolose. Aveva avuto difficoltà a iscriversi al college e la facoltà di medicina aveva respinto la sua domanda due volte, finché non aveva superato le preselezioni col massimo dei voti.

    Sbirciò per l'ennesima volta l'orologio, ansioso di rientrare in albergo, al suo libro di anatomia. Ma si unì all'applauso degli altri partecipanti alla festa e lanciò un lungo fischio vedendo apparire una torta gigantesca, su ruote.

    Mark, il festeggiato, era paonazzo in viso e l'alcol ingurgitato gli appannava gli occhi, fissi sulla torta. Tutti gli invitati si mossero in quella direzione. Derek emise un ululato, levando la gola come un coyote verso la luna. Pete sogghignava. Gib assunse la posa di un cowboy e agitò un braccio, come pronto a lanciare un lazo immaginario alla ragazza che presto sarebbe venuta allo scoperto. Jay attese con le mani in tasca di vedere che tipo di pollastra sarebbe spuntata da lì dentro.

    Adam alzò gli occhi al cielo e girò intorno alla torta, pensando che osservare le facce beote dei suoi amici sarebbe stato più interessante che spogliare con gli occhi una ragazza.

    Con un tempismo perfetto, la voce registrata di Joe Cocker intonò le prime battute di You Can Leave Your Hat On. La scelta più scontata. Adam si voltò a guardare Mark e attese.

    Il coperchio della torta saltò. Adam intravide una nuvola di riccioli dorati, due natiche ben modellate lasciate scoperte da un perizoma rosso fuoco... e un attimo dopo un gomito si abbatté con forza sul suo naso, procurandogli un dolore lancinante e conficcandogli gli occhiali nelle orbite. Barcollò all'indietro e scivolò sul bagnato, forse una chiazza di birra versata inavvertitamente da qualcuno.

    Due secondi più tardi, era lungo disteso per terra a contatto con qualcosa di viscoso e appiccicaticcio.

    «Oddio!» squittì una voce. «Guarda che ho combinato!»

    Era un sogno o un incubo?

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