Riflessi sulla pelle (eLit): eLit
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Tori Carrington
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Riflessi sulla pelle (eLit) - Tori Carrington
successivo.
1
Parte prima: cambiare fa bene... molto.
Perché lo prendeva tanto?
Michael Romero si massaggiò la nuca con il palmo della mano, mentre osservava Kyra White, seduta due tavoli più in là in un bar di Tampa, Florida, frequentato dagli impiegati degli uffici vicini, compresi quelli dello studio di architetti dove lavoravano lui e Kyra. Oltre a essere colleghi - lui era uno dei soci mentre lei gestiva la contabilità - Michael e Kyra erano l'uno il migliore amico dell'altro, un'amicizia iniziata quando lui l'aveva assunta alla Fisher, Palmieri, Romero e Tanner quattro anni prima. La relazione tra loro era diventata sempre più profonda, fino a portare Michael a concupire una donna che per lui era del tutto off-limits.
Forse concupire non era il termine giusto, ma c'era qualcosa in Kyra che lo coglieva di sorpresa ogni volta che la guardava, benché lei non avesse idea dei pensieri che gli passavano per la testa.
Il fatto che fosse seduta con l'ultimo di un'interminabile serie di partner di passaggio, uomini che chiunque avrebbe ritenuto degli imbecilli, non aiutava. Lo sguardo di Michael passò in rassegna i lunghi capelli castani di Kyra, gli occhi verdi, i lineamenti puliti e la figura flessuosa sotto un'ampia gonna color kaki e una camicetta bianca.
In momenti come quelli Michael si chiedeva se gli uomini che frequentavano Kyra fossero consapevoli della propria fortuna, quando premevano la propria bocca contro quella vermiglia di lei. Poi si domandava se quegli uomini sapessero come accarezzare una donna come Kyra.
Michael osservò l'idiota numero... aveva perso il conto nel corso degli ultimi quattro anni. Tredici gli sembrava un numero adatto per Craig Holsom. Kyra usciva con lui da tre settimane, un record per i suoi standard. Lo sguardo di Holsom seguì una cameriera, soffermandosi sulla sua figura conturbante. Improvvisamente Michael si accorse di morire dalla voglia di cancellargli dal viso quell'espressione lasciva.
Sarebbe dovuto tornare a casa invece di passare al Lolita per una birra con Kyra. Soprattutto sapendo che lei avrebbe incontrato Craig. All'arrivo dell'uomo, Michael era riuscito a malapena a bofonchiare un saluto prima di trasferirsi a un altro tavolo con la scusa di un appuntamento. Per la verità sapeva già da due ore che non avrebbe incontrato Jennifer Polasky, perché la giovane donna gli aveva telefonato spiegandogli di doversi fermare in ufficio fino a tardi e chiedendogli di rimandare la cena alla settimana seguente. Michael sapeva già che non le avrebbe mai ritelefonato.
La mente riandò all'oggetto dei suoi pensieri. Michael aveva già capito che parte dei suoi sentimenti per Kyra derivavano dal desiderio di proteggerla. Era fiero di conoscerla meglio di chiunque altro al mondo, eccetto sua sorella Alannah. Aveva ammirato la sua forza quando lei gli aveva raccontato di essere cresciuta in uno squallido bilocale appena fuori Memphis, nel Tennessee, e di aver cominciato a lavorare a dieci anni, come babysitter prima e in seguito nei fast food, affinché lei e sua sorella maggiore potessero guadagnarsi da vivere dopo la morte dei genitori. Ed era fiero di come fosse riuscita a superare la prima, traumatica settimana di lavoro allo studio, diventando un elemento fondamentale della società.
Kyra era una boccata d'aria fresca per una persona cresciuta in un ambiente familiare instabile, e gli proibiva di autocommiserarsi.
A ogni modo Michael non riusciva a capire perché Kyra si ostinasse a uscire con uomini che non riuscivano minimamente a intuire il suo valore. Quando le manifestava le proprie perplessità lei rispondeva con una risata.
Ciononostante lui era pronto ad aiutarla ogni volta che uno degli idioti la lasciava, perché finiva immancabilmente così.
Kyra impallidì improvvisamente. Solo allora Michael si accorse di essere rimasto a fissarla come ipnotizzato. Guardò Holsom, che sembrava intento a spiegarle qualcosa che lei non riusciva a capire.
Le dita di Michael strinsero il collo della bottiglia mentre Kyra posava una mano sulla manica della giacca di Holsom. Pur essendo a qualche metro di distanza, lui intuì cosa si stessero dicendo.
«No, non capisco» era scritto sul viso grazioso di lei.
Holsom le scostò la mano, posandola sul tavolo. «È finita» dissero le labbra dell'idiota numero tredici.
Kyra gli rispose qualcosa e lui si alzò di scatto.
Michael posò la birra sul tavolo e si diresse lentamente verso l'amica, sperando che non fosse troppo tardi.
«Ah, davvero?» sbottò Holsom, il volto di una spiacevole tonalità di rosso. «E tu a letto sei vivace quanto un pesce lesso!»
La bocca spalancata, Kyra fissò Craig Holsom come se gli fosse spuntata una seconda testa. La stava scaricando. E aveva appena insultato le sue capacità a letto!
Kyra non avrebbe saputo dire cosa la infastidisse maggiormente. Quando poco prima Craig le aveva detto che tra loro era finita, non era riuscita a trattenere l'osservazione che la loro relazione aveva sempre avuto i minuti contati, come d'altronde il sesso con lui. A quel punto Craig si era alzato e l'aveva paragonata a un pesce lesso davanti a tutti.
Kyra chiuse gli occhi. Non poteva succedere davvero. Non dopo tutto quello che le era già accaduto quel giorno. Era stata svegliata dalla voce burbera della padrona di casa, che si lamentava per il volume della sua radiosveglia. Poi a pranzo aveva scoperto che la lavanderia aveva perso gran parte dei suoi vestiti e nel pomeriggio si era accorta di un errore nella contabilità dello studio, che le sarebbe potuto costare il posto se non avesse rimediato al più presto.
La risata sommessa di uno degli avventori del bar la riportò alla realtà. Guardò Craig, la cui espressione era fin troppo soddisfatta.
Kyra arricciò le labbra. Michael aveva ragione, Craig era un idiota. Il problema era che Michael aveva sempre ragione quando si trattava dei suoi partner. Molto irritante.
Con la coda dell'occhio vide la persona in questione che le si stava avvicinando. Caro, dolce, fidato Michael. Avrebbe avuto bisogno di lui per uscire dal locale con un minimo di dignità.
Kyra si alzò dal tavolino per due, le ginocchia talmente molli che temette non la sostenessero. Osservò l'espressione torva di Michael, poi quella soddisfatta di Holsom, tentata di permettere all'amico di far pagare caro quel commento al suo nuovo ex. Solo che venire lasciata da Craig non la turbava particolarmente. Per la verità si sentiva... sollevata. Cosa significava?
Significava che avrebbe dovuto ignorarlo fin dal momento in cui Craig l'aveva avvicinata al supermercato, paragonando la sua pelle a quella di una pesca. Una battuta banale quanto lui.
Kyra si guardò in giro e notò che gli occhi di tutti gli avventori erano su di lei, in attesa della sua risposta.
Inclinò il capo di lato e sorrise all'ex, contenta di cogliere nei suoi occhi un lampo di preoccupazione. «Sempre meglio un pesce lesso che una causa persa, nonostante il Viagra.»
Spinse la sedia sotto il tavolo, colpendo involontariamente la sedia di Craig, che andò a sbattere contro una delle parti strategicamente più importanti del corpo di lui. Craig trasalì, piegandosi in avanti. Lei si portò le mani alla bocca, attonita.
«Mi dispiace tanto, non volevo...»
Sentì delle dita chiudersi intorno al proprio braccio. «Andiamo» le intimò Michael con quella profonda voce da baritono che esigeva sempre la sua attenzione.
Una volta fuori, lei sbatté le palpebre per abituare gli occhi alla luce del tramonto, poi si appoggiò alla porta del locale, mentre il calore delle ultime settimane dell'estate le inumidiva la pelle di sudore. Scorse l'espressione severa di Michael: una ciocca di capelli corvini gli ricadeva sulla fronte, la pelle del colore del miele, di un tono più scura nella luce morente.
Kyra fece segno alle sue spalle con un cenno del capo. «Non volevo colpirlo con la sedia.»
«Peccato, mi è sembrato un gesto assolutamente azzeccato.»
Lei lo guardò sorpresa, mentre le labbra di Michael si distendevano in un sorriso. Era davvero spettacolare quando sorrideva.
«Ti ho già detto che ultimamente sembri andarteli a cercare apposta uno peggio dell'altro?» le domandò arrotolandosi le maniche della camicia, mentre la cravatta ondeggiava leggermente nella brezza.
«Ogni volta che hai potuto.»
«Evidentemente non è bastato. Non riuscirò mai a capire perché lasci che degli idioti come Holsom si approfittino di te.»
«Chi ti ha detto che si è approfittato di me?» gli chiese Kyra sollevando un sopracciglio mentre si dirigeva verso il parcheggio dove si trovavano le loro auto, una vecchia Mustang decappottabile e un fuoristrada ultimo modello con doppio condizionatore.
A ogni passo Kyra sentiva scemare l'allegria scatenata in lei dagli ultimi attimi trascorsi nel locale. Il suo ragazzo l'aveva appena lasciata e, ancor peggio, aveva insultato le sue capacità.
«Ecco che arriva la fase due» commentò piano Michael accanto a lei.
Kyra gli assestò una gomitata nelle costole. «Taci.»
«Vediamo, prima viene il divertimento, perché, ammettiamolo, una rottura tra te e uno dei tuoi boyfriend è sempre una cosa spassosa.»
«Sono lieta che almeno tu ti diverta.»
La smorfia di Michael le rivelò che lui non si stava divertendo per niente. «Poi viene la fase del cordoglio. Per quanto indegno sia il cretino di turno, tu soffri sempre per il suo rifiuto.»
«Direi che in questo caso la parola chiave è rifiuto» ribatté Kyra.
Michael si fermò accanto alla sua Mustang, accettò le chiavi che lei gli porse, aprì la portiera e poi le rese le chiavi. Kyra abbassò immediatamente la capote, andò a sedersi al volante e chiuse la portiera.
«Non ti meritava, lo sai, vero?» le chiese lui.
Lei si raccolse i capelli con il fiocco che teneva legato intorno allo specchietto retrovisore. «Io non ti tormento così quando tu rompi con una delle tue amichette.»
Lui rise piano. «Perché sono loro ad avere bisogno di essere consolate.»
«Capisco» replicò Kyra studiando i suoi lineamenti. Si sentiva meglio anche solo parlando con lui. «Io invece mi trasformo in un mucchio di ormoni femminili singhiozzanti.»
Michael annuì. «Esattamente.»
Lei sorrise, ma proprio in quel momento una dannata lacrima le scivolò lungo la guancia. Kyra sapeva che Craig Holsom non meritava nemmeno una seconda occhiata, ma un rifiuto era sempre un rifiuto.
Michael le posò le dita sotto il mento. «Te la caverai, vedrai.»
Kyra alzò il mento con aria determinata e tirò su con il naso. «Certo.»
Michael le asciugò un'altra lacrima dalla guancia con il pollice. Il suo sguardo parve soffermarsi per un momento sulle labbra di lei, poi si fissò nei suoi occhi. Le sorrise. «Pronta per la nostra solita uscita post rottura?»
«Non aspetto altro.»
Michael socchiuse gli occhi. «Seguimi, allora. Ho scovato un posticino nuovo.»
Kyra lo guardò dirigersi verso