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Il potere di un bacio: Harmony Destiny
Il potere di un bacio: Harmony Destiny
Il potere di un bacio: Harmony Destiny
E-book173 pagine2 ore

Il potere di un bacio: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Quando il produttore cinematografico Ryan Jackson ricambia il bacio di una sconosciuta per salvarla dalle sgradite attenzioni di un corteggiatore molesto, non sa che si tratta di una sua nuova collaboratrice, né tanto meno che è la sorella di un suo vecchio amico. D'altronde sono passati dodici anni e Jaci Brookes-Lyon è diventata una donna... e che donna! La vita di Ryan è però troppo complicata per lasciarsi coinvolgere in una relazione, soprattutto quando rischia di costargli il prezioso contributo al suo ultimo film. Un finto fidanzamento sembra la soluzione più adatta per risolvere la situazione a meno che non ci si innamori per davvero!
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2017
ISBN9788858960417
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    Anteprima del libro

    Il potere di un bacio - Joss Wood

    successivo.

    1

    Jaci Brookes-Lyon attraversò l'atrio, stile art déco e sontuoso fino all'eccesso, del Forrester-Grantham Hotel, su Park Avenue, diretta alla fila di ascensori fiancheggiati da statue di danzatrici degli anni Trenta. Arrestandosi accanto a una, ne sfiorò la superficie liscia e fredda con la punta delle dita.

    Sospirando, guardò la bionda dagli occhi scuri che la fissava dallo strato riflettente delle porte dell'ascensore. Capelli corti, dal taglio moderno e sbarazzino, abbigliamento formale, trucco perfetto, eleganti scarpe dal tacco alto. Aveva un bell'aspetto, ammise Jaci. Sofisticato, sicuro di sé. Forse un tantino contegnoso, ma si poteva rimediare.

    L'importante era che la maschera fosse al suo posto. Assomigliava alla versione newyorchese migliore e più forte di se stessa, il tipo di persona che voleva essere. Aveva l'aria di chi sa dove andare e come arrivarci. Peccato, pensò Jaci mentre scostava la frangetta da un occhio, che l'immagine avesse ancora la consistenza di un ologramma.

    Uscì dall'ascensore e respirò a fondo mentre attraversava l'atrio verso l'imponente porta doppia della sala da ballo. Ci siamo, pensò. Entrando nell'ambiente, affollato di uomini e donne in vestiti griffati, si ricordò di incollarsi un sorriso sul volto e di tenere la schiena dritta. Nessuno doveva sapere che avrebbe preferito passeggiare nuda per Piccadilly Circus piuttosto che entrare in una stanza piena di sconosciuti. Le sue colleghe della Starfish erano lì, da qualche parte. Fino a poco prima aveva assistito in loro compagnia all'interminabile cerimonia dei premi. Le sue nuove amiche, Wes e Shona, avevano promesso di restare con lei durante il suo primo ricevimento dell'industria cinematografica, e sarebbe andato tutto bene appena le avesse trovate. Fino a quel momento, doveva solo dare l'impressione che si stesse divertendo e che fosse quantomeno felice di essere circondata da uomini belli e donne super sofisticate. Santo cielo, quella non era Candice Bloom, pluripremiata come attrice protagonista? Era scortese pensare che sembrava più vecchia e perfino più grassa vista di persona?

    Jaci prese un calice di champagne da un vassoio che le passò accanto, e se lo portò alle labbra per un sorso. Quindi si ritirò in un angolo della sala, sempre cercando le colleghe tra la folla. Se non le avesse trovate entro venti minuti, se ne sarebbe andata. Aveva passato tutta la vita a fare da tappezzeria alle soirée e ai balli dei suoi genitori, e non aveva intenzione di ripetere il passato.

    «Quell'anello ha tutta l'aria di un ottimo esempio di artigianato georgiano.»

    Udendo quel commento, Jaci si voltò e si trovò a fissare gli occhi castani del tipo che le si era avvicinato. Batté le palpebre alla vista dello smoking color smeraldo che indossava e pensò che assomigliava a una rana. I capelli neri erano pettinati all'indietro e raccolti in una coda untuosa; inoltre sfoggiava un ridicolo pizzetto sotto una bocca dalla linea crudele.

    Jaci Brookes-Lyon, calamita per individui abietti, pensò.

    Lui le prese la mano per esaminare l'anello. Jaci tentò di ritirarla, ma la stretta era sorprendentemente forte. «Ah, come pensavo. Un'ametista di taglio ovale, colore rosa e lilla, incastonata in oro bianco. Squisito. I due brillanti sono della metà del diciottesimo secolo.»

    Jaci non aveva bisogno che quell'uomo le illustrasse le caratteristiche del suo anello. Ritrasse la mano, resistendo alla tentazione di pulirsela sull'abito.

    «Dove ha preso quell'anello?» chiese lui, e Jaci scorse un lampo di denti gialli.

    «È un cimelio di famiglia» rispose, troppo educata per piantarlo in asso.

    «Lei è inglese? Adoro il suo accento.»

    «Sì.»

    «Ho una villa nei Cotswolds. Nel villaggio di Arlingham. Lo conosce?»

    Jaci lo conosceva, ma non glielo avrebbe detto, altrimenti non sarebbe più riuscita a liberarsene. «Mi dispiace, non l'ho mai sentito. Vuole scu...»

    «Ho un ciondolo con un brillante giallo particolarmente bello che sarebbe l'ideale per la sua scollatura. Riesco a immaginarla mentre lo indossa, con un paio di sandali dorati.»

    Jaci rabbrividì e soffocò un conato di vomito mentre lui si passava la lingua sulle labbra. Quella tattica d'abbordaggio funzionava davvero? Gli prese la mano, la scostò dal proprio fianco e si affrettò a mollarla.

    Si rammaricava di non potersene infischiare e mandarlo a quel paese. Tuttavia i rampolli Brookes-Lyon erano cresciuti a base di diplomazia, ed erano maestri nell'arte di mandare le persone al diavolo in un modo tale che i suddetti cominciavano subito a studiare il percorso migliore per arrivarci. Be', Neil e Meredith lo erano. Lei, invece, si limitava a fare scena muta.

    Jaci storse il naso; c'erano cose che non cambiavano mai.

    Se non intendeva essere sgarbata con mister Ricco-ma-Viscido – e non l'avrebbe fatto perché aveva meno carattere di uno spaghetto scotto – allora doveva svignarsela.

    «Se se ne va, la seguirò.»

    Buon Dio, adesso le leggeva nel pensiero? «La prego, non lo faccia. Non sono interessata.»

    «Ehi, io non le ho ancora detto che finanzierò un film o che possiedo un castello in Germania o che sono proprietario di un ex vincitore del Kentucky Derby» piagnucolò lui, e Jaci si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo.

    E io non ti dirò mai che la casa della mia infanzia è una villa del diciassettesimo secolo, che appartiene alla mia famiglia da più di quattrocento anni. Che mia madre è cugina di terzo grado della regina e che io sono imparentata, alla lontana, con la maggior parte delle famiglie reali europee. Se mi lasciano indifferenti loro, allora tu, con tutte le arie che ti dai, non hai la minima possibilità. E, solo un suggerimento, usa un po' del denaro che dici di avere per comprarti un vestito decente, uno shampoo e per farti pulire i denti.

    «Mi scusi» mormorò Jaci, aggirandolo e dirigendosi alle porte della sala da ballo.

    Mentre si avvicinava agli ascensori, congratulandosi con se stessa per essere riuscita a fuggire, udì qualcuno ordinare a una coppia di anziani di togliersi di mezzo e rabbrividì riconoscendo la voce nasale del Rospo. Dando un'occhiata al pannello con i numeri dei piani sopra l'ascensore, si rese conto che se l'avesse aspettato il Rospo l'avrebbe raggiunta, così avrebbe finito per trovarsi intrappolata in quella scatola di metallo con lui. Escludeva che non avrebbe allungato le mani o perfino – puah! – la lingua. Grazie tante, ma avrebbe preferito leccare un lampione. Dando un'occhiata alla sua sinistra, scorse la scritta uscita di sicurezza sopra una porta, e si affrettò a cambiare direzione. Sarebbe corsa giù per le scale; lui non l'avrebbe sicuramente seguita.

    Scale, atrio, taxi, casa e un bicchiere di vino immersa in un bagno di schiuma. Oh, sì, una prospettiva paradisiaca.

    «La mia limousine è proprio fuori dalla porta.»

    La voce alla sua destra la fece sussultare mentre si girava di scatto. C'era una luce crudele in quegli occhi viscidi, come se gustasse l'eccitazione della caccia.

    Buon Dio, non si era nemmeno accorta di averlo alle spalle. Senso del pericolo, zero.

    Jaci fece un passo di lato e guardò, al di sopra della sua spalla, l'area della reception deserta. Accidenti, quello era un incubo... La sua unica alternativa era tornare nel salone. Dalla parte opposta del locale, le porte dell'ascensore si aprirono con un delicato scampanellio e Jaci vide uscirne un uomo alto, con le mani nelle tasche dei pantaloni dello smoking, che si dirigeva verso la sala da ballo. Spalle larghe, vita stretta, gambe lunghe. Capelli scuri, occhi intensi sotto folte sopracciglia e quella che, secondo lei, era una barba di tre giorni. Conosceva quel profilo, quel volto. Ryan?

    Il Ryan di Neil? Jaci allungò il collo per osservare meglio.

    Dio, era la versione cresciuta – e una versione ancor più affascinante – del giovanotto che aveva conosciuto tanto tempo prima. Forte, sexy, potente; un uomo in ogni senso della parola. Jaci sentì che lo stomaco le faceva una capriola e le si chiudeva la gola mentre scintille elettriche le percorrevano la pelle.

    Una subitanea attrazione fisica. E lui non si era nemmeno accorto di lei, non ancora.

    Aveva davvero bisogno che la notasse. Gridò il suo nome, e lui si arrestò di colpo e si guardò in giro.

    «La limousine aspetta qui fuori.»

    Jaci scrutò di sottecchi il Rospo, stupita dalla sua insistenza. Era chiaro che non si sarebbe dato per vinto fino a quando non fosse riuscito a trascinarla nella sua auto e nel suo appartamento. Avrebbe preferito salire a piedi fino alla cima del grattacielo più alto. Vedendo che Ryan si era bloccato, pensò che forse c'era un'altra cosa che poteva fare per togliersi dai piedi quello scocciatore.

    E Ryan non avrebbe obiettato, si augurava.

    «Ryan! Tesoro

    Jaci si spostò di lato e, quasi correndo, si diresse verso Ryan. Mentre gli si avvicinava, sollevò le braccia e gliele mise intorno al collo. Lo vide sbarrare gli occhi per la sorpresa e sentì che le posava le mani sui fianchi. Prima, però, che potesse parlare, lei gli chiuse la bocca con la propria, pregando il cielo che non la respingesse.

    Le labbra di Ryan erano calde sotto le sue, e avvertì che le affondava le dita nei fianchi. Quando gli accarezzò la nuca, sentì il suo corpo fremere.

    Ryan scostò la testa e la guardò con quei suoi occhi penetranti, dove balenava un'emozione che lei non riuscì a identificare. Si aspettava che la respingesse, che le chiedesse cosa diamine credeva di fare, invece l'attirò più vicino e si impadronì di nuovo della sua bocca. Le leccò con la lingua le labbra e lei senza esitare le aprì, permettendogli di assaporarla, di conoscerla. Un braccio muscoloso le cinse la vita e la strinse a sé, facendola premere con i seni contro il suo torace e lo stomaco era in contatto con... assurdo!... la sua erezione.

    La durata del bacio fu di secondi, minuti, mesi o anni, Jaci non ne aveva idea. Quando alla fine Ryan staccò la bocca dalla sua, tenendola ancora tra le forti braccia, tutto quello che riuscì a fare fu appoggiargli la fronte sulla spalla mentre cercava di tornare con i piedi per terra. Aveva l'impressione di essersi staccata dalla realtà, dal tempo e di essere finita in un'altra dimensione. Prima di allora, non era mai stata travolta in quel modo dalla passione, e la sconvolgeva che fosse successo con qualcuno che era poco più di un estraneo.

    «Leroy, è un piacere vederti» disse Ryan, da un punto sopra la sua testa. A giudicare dal tono pacato della sua voce, era abituato a essere baciato da virtuali sconosciute. Uhm.

    «Speravo di trovarti qui. Stavo venendo a cercarti» proseguì il giovane.

    «Ryan» replicò Leroy.

    Sapendo di non poter restare appiccicata a Ryan per sempre – purtroppo, perché aveva la sensazione che quello fosse il suo posto – Jaci sollevò la testa e cercò di districarsi dalla sua stretta. Rimase sorpresa quando lui, invece di lasciarla andare, la tenne incollata al suo fianco.

    «Vedo che hai conosciuto la mia ragazza.»

    Jaci ritrasse di scatto la testa e lo scrutò socchiudendo gli occhi. La sua ragazza?

    La sua...

    Ragazza?

    Rimase a bocca aperta. Perdiana, non ricordava come si chiamava! Non aveva idea di chi lei fosse.

    Il Rospo prese un sottile sigaro dalla tasca interna della giacca e se lo mise in bocca. «Voi due state insieme?» chiese, fissando Jaci.

    Lei aprì la bocca per dire che la smettessero di parlare come se lei non fosse presente, ma la richiuse di scatto quando Ryan le pizzicò un fianco. Era sorpresa e indignata. «È la mia ragazza. Come sai, sono stato fuori città e non la vedevo da un paio di settimane.»

    Settimane, anni... Chi stava contando?

    Leroy non sembrava convinto. «Credevo che lei se ne stesse andando.»

    «Eravamo d'accordo di incontrarci nell'atrio» dichiarò Ryan. Le strofinò il mento sulla testa e Jaci rabbrividì. «È ovvio che non hai ricevuto il messaggio in cui ti avvertivo che stavo salendo, tesoro.»

    Tesoro? Già, era chiaro che non sapeva chi fosse, anche se si comportava con assoluta spontaneità. «Rientriamo» suggerì Ryan, indicando la sala da ballo.

    Leroy scosse la testa. «Io stavo per uscire.»

    Grazie a Dio, e a tutti i suoi angeli e arcangeli, per quei piccoli favori. Senza lasciarla andare, Ryan tese la mano destra a Leroy. «È stato un piacere, e sono impaziente di incontrarti per concludere le nostre questioni. Quando possiamo vederci?»

    Leroy ignorò la mano e squadrò di nuovo Jaci dall'alto in basso.

    «Oh, ho dei ripensamenti a proposito del progetto.»

    Progetto? Quale progetto? Perché Ryan faceva affari con Leroy? Era una domanda sciocca dal momento che lei non aveva idea di cosa si occupasse Ryan, o l'anfibio. Jaci lanciò un'occhiata titubante al suo fidanzato nuovo di zecca. Era enigmatico come al solito, ma intuì che la collera ribolliva sotto una facciata di calma apparente.

    «Mi sorprende sentirtelo dire. Ero convinto che l'accordo fosse ormai concluso» replicò Ryan, in tono quasi annoiato.

    Il sorriso di Leroy era maligno. «Non sono sicuro di esser pronto a consegnare una somma simile a un uomo che non conosco molto bene. Non sapevo nemmeno che tu avessi una ragazza.»

    «Non pensavo che il

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