Graffiti: Harmony Destiny
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Graffiti - Candace Schuler
successivo.
1
Ancora scritte sul muro, brutte chiazze di vernice rossa che deturpavano l'intonaco bianco e i pannelli di noce al di sotto!
Era passata quasi una settimana dall'ultimo incidente e Andrea cominciava a sperare che quell'assurda vendetta si fosse esaurita. Ma evidentemente si era trattato solo di una pausa. Questa volta l'anonimo pittore non si limitava a insultarla, ma metteva anche in atto una minaccia: Trema, strega!, diceva la scritta. Per un attimo Andrea ebbe paura.
Si guardò intorno, ansiosa, chiedendosi se l'autore di quel vandalismo fosse nascosto in qualcuna delle grandi stanze al piano di sopra. Era sola in quella vecchia casa da ristrutturare e i suoi dipendenti non sarebbero arrivati prima di un quarto d'ora. C'era tempo per darle un'eventuale lezione!
Poi scacciò quel pensiero e fece appello alla forza e al buonsenso che l'avevano sostenuta in tutti quegli anni. Gli uomini che scrivono minacce sui muri di rado hanno il coraggio di affrontare direttamente la loro vittima: quella era una tattica da vigliacchi, intesa a spaventarla e intimidirla, ma Andrea Wagner era ben decisa a non farsi più spaventare e intimidire da nessuno.
Non era la prima volta che si trovava in difficoltà e non sarebbe stata l'ultima; molti impresari edili non apprezzavano il successo di una donna in un campo fino ad allora riservato agli uomini e non si facevano problemi a esprimere la loro opinione. Nei nove anni da quando aveva intrapreso quel lavoro, Andrea ne aveva viste e sentite davvero di tutti i colori.
Le difficoltà erano cominciate non appena si era presentata alla sede del sindacato che riuniva gli impresari edili per l'esame di ammissione a un corso per idraulici. Le sue capacità pratiche erano pressoché nulle, ma aveva ottenuto ottimi voti in matematica; dato il punteggio raggiunto, non potevano escluderla dal corso, ma avevano fatto di tutto per indurla ad andarsene.
Andrea aveva sopportato a denti stretti le battute volgari e gli scherzi crudeli; a volte, la notte, piangeva nel cuscino, chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta, ma aveva tenuto duro, aggiungendo alla qualificazione di idraulico anche quella di carpentiere e di elettricista. Ottenuta la qualifica di operaio specializzato, aveva messo un annuncio sulle Pagine Gialle e atteso i primi clienti.
In quegli anni si era indurita e aveva imparato che spesso il modo migliore di reagire alle molestie era ignorarle. Era convinta che l'autore di quelle scritte minacciose avrebbe desistito non appena si fosse reso conto che non otteneva l'effetto desiderato.
Andrea sospirò, rassegnata, lanciò un'occhiata al grande orologio da uomo che portava al polso, inzuppò uno straccio nella trementina e cominciò a cancellare con cura la vernice rossa. Non incontrò particolari difficoltà con il pannello di noce, ma il muro era un'altra storia: la vernice era penetrata profondamente nell'intonaco appena steso, tanto che l'intera sezione di parete avrebbe dovuto essere rimossa e sostituita, prima di poter continuare il lavoro.
Al momento Andrea poteva solo spargere intorno la pittura, in modo che la scritta non fosse più leggibile. Non aveva senso inquietare i dipendenti per una faccenda da niente come quella.
Tuttavia sobbalzò e si girò di scatto, con lo straccio in mano, quando sentì la porta che si apriva.
«Che spavento mi hai fatto prendere!» esclamò in tono d'accusa, vedendo chi era. «Devi proprio intrufolarti di soppiatto in questo modo?»
«Sono entrata dalla porta, in pieno giorno» obiettò la sorella, posando la valigetta su un ripiano del ponteggio che si innalzava lungo l'atrio alto due piani. «E poi non ci si può intrufolare di soppiatto con il rumore che fanno i tacchi alti» aggiunse, aprendo la valigetta. «È fisicamente impossib...»
Si interruppe di colpo e fissò a occhi sgranati la chiazza di vernice rossa sulla parete.
«Un'altra scritta! Cosa diceva questa volta?» chiese, indignata.
«Il solito» minimizzò Andrea scrollando le spalle.
Si allontanò dal muro e ripulì le mani nello straccio. Avrebbe voluto rendere del tutto illeggibili le parole, ma così avrebbe solo stimolato la curiosità di Natalie.
«Hai delle ciambelle là dentro?» domandò, accennando al sacchetto di carta che si intravedeva nella valigetta aperta. «Stamattina ho bevuto solo una tazza di caffè e sto morendo di fame» aggiunse, sperando di distrarla.
Per quanto avesse tre anni meno di lei, Natalie non si faceva mai sfuggire l'occasione di una predica in tono materno, in particolare sull'alimentazione corretta e regolare.
La sorella le tese due ciambelle, poi si avvicinò al muro con aria concentrata. Andrea le prese, fingendosi interessata solo a riempirsi lo stomaco. Aveva davvero fame e, con la bocca piena, non avrebbe almeno dovuto rispondere alle domande che sarebbero certo arrivate nel giro di due minuti.
Natalie studiò il muro con attenzione, cercando di decifrare le parole. Andrea decise che era ora di tentare un'altra diversione.
«Come stanno papà e i ragazzi?» chiese.
I suoi due figli minori passavano l'estate con il nonno al lago di Moose, nel Minnesota settentrionale, mentre il maggiore, il diciottenne Kyle, si trovava a Los Angeles con il padre e la matrigna numero due. La prima, la segretaria con cui era fuggito, non era durata a lungo.
«Stanno benone. Emily si è innamorata del ragazzo che vende le esche al porto e ha sviluppato un enorme interesse per la pesca» rispose Natalie. «Non preoccuparti» aggiunse. «Lui ha quindici anni e non la degna di uno sguardo.»
«Grazie a Dio. Emily ha solo dodici anni» sospirò Andrea, sollevata.
«Christopher sta imparando ad andare in windsurf» riprese la sorella. «Ti salutano molto tutti e due.»
«E papà?» chiese Andrea incalzante, decisa a distrarla dall'esame troppo ravvicinato della parete.
«Come al solito. Sostiene che il tasso di criminalità di Minneapolis è cresciuto, da quando lui è andato in pensione» raccontò Natalie con un sorriso indulgente.
Poi tornò seria, sfiorò con le dita la chiazza di vernice rossa e si voltò verso la sorella.
«Trema, strega» lesse, preoccupata. «Questa mi pare proprio una minaccia. È una novità.»
«Non direi. Me ne hanno dette di peggio, in questi anni» minimizzò Andrea. «E in faccia, anche.»
Natalie non riusciva a credere che qualcuno potesse definire strega sua sorella, una delle persone più dolci, belle e gentili che conoscesse. Perfino ora, con la tuta chiazzata di vernice e i pesanti stivali da lavoro, pareva una delicata bambola di porcellana.
«Molti concorrenti che ho battuto, ottenendo questo lavoro, mi hanno detto in faccia che ho vinto l'appalto solo grazie alle misure antidiscriminazione, o perché sono andata a letto con qualche membro del consiglio d'amministrazione di Belmont House.»
«Hai vinto l'appalto perché la tua impresa edile ha un'ottima reputazione, soprattutto per le opere di restauro» le ricordò Natalie, indignata. «Rispetti sempre i preventivi e le scadenze e nessuno si è mai lamentato della qualità del tuo lavoro. Possibile che questo non conti?»
«Per alcuni primitivi conta solo il fatto che sono una donna. A proposito di primitivi, come sta Lucas?» domandò, maliziosa.
«Oh, quello» ridacchiò Natalie, gli occhi al cielo.
Le tendenze maschiliste e iperprotettive del marito, un imponente ex marine pieno di tatuaggi, erano una fonte di esasperazione e allo stesso tempo di divertimento per le due sorelle.
«Questo fine settimana lui e papà si sono messi insieme per convincermi a ridurre l'orario di lavoro e a prendermela più calma.»
«Di già? Ma se non si vede ancora niente!» esclamò Andrea, accennando alla figura snella di Natalie.
«Merito del taglio del vestito» replicò lei, accarezzando la lucente stoffa verde. «Domenica ho dovuto mettere una delle camicie di Lucas, per nascondere il fatto che non riesco più ad abbottonarmi i calzoncini. Naturalmente, papà ne ha approfittato per farmi una predica: una donna incinta non dovrebbe andare in giro a giocare all'investigatrice privata, quando ha un marito perfettamente in grado di sostenerla» dichiarò, imitando la voce profonda del padre. «Non come la sua povera sorella che...»
«Non ha un uomo che si prenda cura di lei» finì Andrea all'unisono con Natalie. «Lui sì che sembra uscito dall'età della pietra. Gli ho detto e ripetuto che non intendo risposarmi, ma papà proprio non vuole capirla.»
«Si preoccupa per te» lo difese Natalie. «Come tutti noi, del resto.»
«Non è il caso. So badare a me stessa» replicò Andrea.
«Tu badi a tutti tranne che a te stessa» obiettò la sorella. «Lo hai fatto da quando quello smidollato di tuo marito è scappato in California con la segretaria. Non ti sembra che sia ora di cambiare? I ragazzi sono sistemati per l'estate e tu hai ottenuto un ottimo appalto. Perché allora non dedichi un po' di tempo a te stessa?»
«Per fare che?» chiese Andrea.
Aveva davvero dimenticato cosa significasse avere del tempo libero.
«Andare al cinema, leggere un libro, visitare un museo... Oppure potresti trovarti un amante» suggerì Natalie. «Sarebbe ora, direi. Non c'è niente di male a rilassarsi un po', sai?»
«Non posso permettermelo, almeno fino a che non avrò finito questo lavoro.»
«Ma perché no? Se gli affari vanno bene, potrai pur prenderti qualche giorno libero!» protestò Natalie.
«Per ottenere questo contratto ho offerto i prezzi più bassi e portato al limite le mie risorse. Devo finire i lavori rispettando i preventivi e le scadenze e, per farlo, non posso assentarmi neanche un minuto.»
Natalie fissò la sorella maggiore, divisa tra pietà, orgoglio e ammirazione. Andrea assomigliava a una bambola di porcellana, ma dentro era una donna d'acciaio. Si era sposata a diciotto anni, appena finita la scuola, con un uomo convinto che il suo posto fosse a casa, a occuparsi di lui e dei futuri figli, nonostante le due borse di studio che le erano state offerte. Andrea lo aveva assecondato con entusiasmo, piegandosi a tutti i suoi voleri.
Per undici anni aveva recitato la parte della moglie devota, sottomessa e adorante. Aveva svolto ricerche per il marito e battuto a macchina la sua tesi, organizzato feste per aiutarlo nella carriera, era andata all'opera invece che ai musical e si era vestita come piaceva a lui. Poi, quando il loro terzo figlio aveva poco più di tre anni, lui era fuggito con la segretaria. Andrea aveva perso di colpo tutto ciò che contava: il marito, la casa, il livello di vita a cui era abituata,