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Esperimenti in minigonna (eLit): eLit
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E-book158 pagine2 ore

Esperimenti in minigonna (eLit): eLit

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LA GONNA ACCHIAPPAUOMINI 2

Può una gonna speciale attirare gli uomini come api sul miele? Claire Dellafield, antropologa, spera proprio di no o i suoi studi sul comportamento umano durante il corteggiamento andranno a farsi benedire! E invece è proprio così: scandagliare i bar per single di New York con la gonna addosso può risultare più pericoloso che guadare un fiume zeppo di coccodrilli!
LinguaItaliano
Data di uscita31 mag 2017
ISBN9788858970522
Esperimenti in minigonna (eLit): eLit

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    Anteprima del libro

    Esperimenti in minigonna (eLit) - Kristin Gabriel

    successivo.

    1

    «Bene così» le disse il fotografo guardandola attraverso l'obiettivo. «Inarca la schiena. Ecco... adesso fammi il broncio. Pensa a qualcosa di sensuale.»

    Purtroppo, tutto quello a cui al momento Claire Dellafield riusciva a pensare era come fosse ridicolo per un'antropologa stare appoggiata a un cassonetto in un vicolo di New York. Non era certo così che si era immaginata la sua prima giornata nella città più stimolante del mondo.

    Si staccò dal bidone dei rifiuti. «Senti, io pensavo che avremmo soltanto fatto qualche scatto davanti al night-club. Una foto pubblicitaria che l'università potesse distribuire quando usciranno i risultati della mia ricerca. Ma questo non ha proprio senso» aggiunse indicando il vicolo.

    Il fotografo abbassò la macchina. «Sono Evan Want e non accetto ordini da nessuno. Tu sei la modella, io l'artista. Devi fidarti di me.»

    «Non sono una modella» chiarì lei, tanto per assicurarsi che Evan non avesse frainteso. «Sono una professoressa di antropologia.»

    «Sì, in effetti questo è un problema» rifletté lui guardandola da un'angolazione diversa. «Ma è per questo che mi chiamano l'uomo dei miracoli.»

    Claire soffocò un gemito, rimpiangendo di non avere seguito l'istinto che le suggeriva di rifiutare quel progetto. Ma non aveva potuto permetterselo, perché i sussidi per la ricerca erano pochi e non venivano neppure versati con regolarità. Quando il Penleigh College le aveva proposto di riprendere in mano lo studio intitolato Sconosciuti nella notte che venticinque anni addietro aveva reso famosi suo padre e il college intero, aveva accettato con qualche riluttanza.

    Le malelingue avrebbero continuato ad accusarla di approfittare della fama del padre per farsi strada.

    A volte, si chiedeva se non avessero ragione.

    Claire scostò dal collo i suoi folti capelli, sperando che la brezza riuscisse a infilarsi anche in quel vicolo stretto. Non aveva mai fatto così caldo a Penleigh, Indiana, la piccola città universitaria in cui viveva da sempre. Aveva abitato in un cottage con il padre fino a nove mesi prima, quando lui era morto dopo una lunga battaglia contro una malattia renale. Poi si era fatta carico dei suoi corsi, il che era stato un po' come tenerlo ancora in vita.

    Pensando al padre, un nodo le chiuse la gola. Marcus Dellafield era stato in quello stesso posto venticinque anni addietro. Be', forse non proprio in quel punto esatto. Nessuna foto sexy illustrava il suo studio sugli accoppiamenti che aveva realizzato intervistando i frequentatori del Jungle, un tempo uno dei più famosi bar per single di New York.

    Ma il professor Dellafield non si era limitato a quello. Aveva adottato Claire ancora in fasce e l'aveva portata con sé a Penleigh, crescendola da solo, cosa che aveva attirato l'attenzione della stampa, il professore chiuso nella sua torre d'avorio che aveva dato una vita da fiaba a una bambina abbandonata in culla.

    Ed era stata davvero una fiaba. Il padre l'aveva portata con sé in tutti i suoi viaggi di studio, in posti remoti come il Borneo e la Tasmania. Lei aveva così visto i maori della Nuova Zelanda e in Sudamerica aveva attraversato via fiume l'Amazzonia.

    Ed era stato bellissimo. Negli ultimi mesi della sua malattia, il padre le aveva ripetuto spesso di non avere rimpianti. Non lasciava niente in sospeso e la sua era stata una vita piena.

    Claire intendeva seguirne l'esempio. Solo che non era sempre semplice. Forse una volta completata la ricerca, avrebbe potuto realizzare i propri sogni, fare le proprie scelte.

    «Ho un'idea!» esclamò Evan interrompendo i suoi pensieri. «Approfittiamo del tuo aspetto spontaneo. Voglio un look alla Mary Richards.»

    «Mary Richards?» ripeté lei, confusa.

    «Sai, quella del Mary Tyler Moore Show. Una ragazza single in una metropoli, pronta a entusiasmare il mondo intero con il suo sorriso.»

    «So chi è» ricordò Claire. Al contrario della maggior parte dei genitori, il padre l'aveva incoraggiata a vedere il più possibile film e spettacoli televisivi, perché li considerava uno specchio dei tempi che cambiano, soprattutto le repliche delle sit-com, e quindi valeva la pena studiarli.

    «Ecco qua!» esclamò Evan, togliendo dalla sua cartella un berretto rosa lampone, e glielo passò ordinandole: «Mettitelo».

    Lei si mise il berretto in testa. «Va bene così?»

    «Perfetto! Mi sembra quasi di sentire la sigla della trasmissione.» Evan le posizionò la testa, poi indietreggiò e la inquadrò fra le dita. «Adesso, togliti la camicia.»

    Lei abbassò lo sguardo sulla blusa di cotone giallo, poi scrollando le spalle se la tolse, restando solo con la canotta bianca sopra i calzoncini.

    «Molto meglio» commentò lui mettendosi la macchina in spalla. «Adesso, alzati e appoggiati alla porta. Fingi che sia un uomo con cui stai facendo l'amore.»

    Claire si accigliò alla vista della porta arrugginita. «Non ricordo che Mary abbia mai fatto l'amore con una porta.»

    Lui emise un sospiro. «Al momento, non abbiamo altro. Cerca di collaborare.»

    La porta si aprì all'improvviso, colpendo Claire a un fianco. «Ahi!»

    «Mi scusi» farfugliò un uomo uscendo dall'edificio. Era alto, scuro e senza camicia. Si girò a guardarla, una cassa di bottiglie di birra vuote fra le braccia.

    La vista del suo largo torace nudo le fece venire l'acquolina in bocca. Nonché i capelli nerissimi lisciati all'indietro sulla fronte, l'ombra della barba lunga sulla mascella quadrata e gli occhi di un blu incredibile. Claire deglutì a fatica.

    L'uomo alzò la voce, spazientito. «Mi scusi.»

    Lei scese dal gradino per farlo passare e lui andò a mettere la cassa vicino a una campana del vetro, poi scomparve di nuovo all'interno del night-club.

    «Signore» gli gridò Evan salendo sul gradino. Un attimo dopo, l'uomo ricomparve con un'altra cassa di bottiglie vuote.

    «Potrebbe aiutarci?» gli chiese Evan.

    «Che cosa vi serve?»

    «Io sono Evan e lei è Mary.»

    «Claire» lo corresse lei.

    «Va bene, va bene» replicò Evan infastidito, con un gesto della mano. «E lei come si chiama, scusi?»

    L'uomo esitò un istante, valutando entrambi con lo sguardo. «Mitch Malone.»

    «Bene, Mitch, sto cercando di finire un servizio fotografico con la nostra Mary, voglio dire Claire, ma ha problemi a fare l'amore con la porta. Pensavo che con un vero partner magari se la caverebbe meglio.»

    A quella strana richiesta, Mitch non batté ciglio. «Mi spiace, ma ho altre venti casse da portare fuori.»

    «È perfetto. Proprio quello che ci serve.» Evan posizionò Claire davanti all'uomo. «Lo trovi attraente, no?»

    Lei si schiarì la gola, a disagio sotto lo sguardo di Mitch. Non aveva mai visto occhi così azzurri. «Sono... cioè... sembra simpatico.»

    «Mitch è molto più di simpatico» la corresse Evan riprendendo la macchina fotografica. «È tutto ciò che hai sempre voluto in un uomo. Adesso mostrami fino a che punto lo desideri. Cerca di sedurlo con il linguaggio del corpo mentre lui entra ed esce dalla porta.»

    Claire si voltò verso Evan, rossa in viso. «È proprio necessario?»

    2

    Un'ora dopo, Claire aveva fugato dalla mente sia il servizio fotografico sia Mitch Malone. Scendendo dal taxi a Central Park West, si voltò a guardare il palazzo dalla facciata déco mentre il tassista toglieva le sue valigie dal portabagagli.

    Era lì che viveva la sua madrina, Petra Gerard, e lei era ansiosa di rivederla. Ma prima dovette superare il ragazzo seduto su una sdraio nell'atrio del palazzo accanto a una piscina gonfiabile per bambini. Portava dei calzoncini da bagno blu a pois e occhiali da sole riflettenti.

    Mentre Claire trascinava le valigie oltre la pesante porta di cristallo, lui non alzò nemmeno lo sguardo. Restò immobile a canticchiare seguendo la musica che usciva da una radio portatile.

    Lei fece una pausa per prendere fiato mentre i Beach Boys cominciavano a cantare California Girls.

    «Se non mi dà la password» pronunciò l'uomo d'un tratto, la testa appoggiata a un asciugamano arancione arrotolato, «sarò costretto a fermarla con una presa mortale.»

    «Davvero?» Claire abbassò lo sguardo sul torace pallido e glabro. Poi notò il tatuaggio sul bicipite sinistro. Sembrava uno schnauzer di piccola taglia.

    «Sono Franco Rossi. Aspirante attore, cintura nera di karate e al momento portinaio.» L'altro si appoggiò gli occhiali in cima alla testa, poi seguì la direzione del suo sguardo. «È Totò. Il tatuaggio, non la parola d'ordine. Si dà il caso che io sia un grande ammiratore de Il mago di Oz

    «Capisco» disse lei chiedendosi se fosse per caso mentalmente instabile.

    Il ragazzo sorrise. «Non siamo più nel Kansas.»

    «Io sono dell'Indiana.»

    «Non cambia molto.»

    Claire, infastidita, depose le valigie sul pavimento di marmo. «Sono venuta a trovare Petra Gerard. Mi sta aspettando.»

    «Ah, Petra.» Franco sorrise. «È una delle mie inquiline preferite. Un po' distratta, però.»

    Il che era minimizzare. Petra dava sempre la colpa della sua totale sbadataggine alla meditazione. Ex professoressa d'arte a Penleigh, la madrina di Claire era stata una delle migliori amiche di Marcus Dellafield e frequentava abitualmente la loro casa. Spumeggiante e un po' eccentrica, Petra aveva molta più energia della maggior parte delle persone della sua età.

    A sessant'anni, si era ritirata dall'insegnamento e si era trasferita a Manhattan, iniziando una seconda carriera come scultrice, con notevoli profitti.

    «Le dispiacerebbe avvertirla del mio arrivo? Sono Claire Dellafield.»

    «Volentieri, Claire» disse Franco, «sempre che tu possa pagarmi il biglietto aereo per le Bermuda. Petra è partita una settimana fa e non so quando tornerà.»

    Claire si sentì mancare. «Alle Bermuda?»

    Franco immerse i piedi nell'acqua della piscina. «Partecipa al concorso di Miss Universo, sezione senior. Conoscendola, è probabile che torni a casa con il titolo.»

    Claire scosse la testa. «Petra non può essere alle Bermuda. Dovrebbe presentarmi al signor McLain. Ho preso in subaffitto il suo appartamento per l'estate.»

    Lui sospirò. «C'è già un sacco di gente in attesa dell'asta.»

    «L'asta?»

    «Petra avrebbe dovuto informarti dei dettagli, ma probabilmente ha creduto a Tavish, quando lui ha promesso di non farlo più.» Franco si sporse in avanti e abbassò ulteriormente la voce, anche se erano soli nell'atrio. «Tavish McLain mette all'asta casa sua ogni estate. L'anno scorso se la sono disputata una ballerina bionda e un clone di Madonna. La ballerina ha offerto un incentivo in più, non so se mi spiego. Tavish ha un debole per le bionde, perciò se l'è goduta tutta.»

    Claire si appoggiò alla porta di cristallo, vagamente cosciente del debole odore di spazzatura che ancora emanava dai suoi vestiti. Con Petra all'estero, non aveva nessun altro posto in cui andare e di certo non aveva denaro sufficiente per passare l'estate in un albergo di New York. Chissà se mettere una tenda in Central Park sarebbe stato più

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