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Colpevole innocenza (eLit): eLit
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E-book384 pagine5 ore

Colpevole innocenza (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Jaywalker 2

Un'Audi invade a tutta velocità la corsia opposta, causando un incidente in cui perdono la vita nove persone...

Tornato alla professione forense dopo un lungo periodo di inattività, l'avvocato Harrison J. Walker - per tutti, semplicemente Jaywalker - riceve una proposta che non può rifiutare: difendere il proprietario dell'Audi assassina. Jaywalker accetta perché lui è sempre attirato dai casi più difficili e controversi. Ma così facendo finisce, ogni volta, per cacciarsi nei guai. Se riuscirà a ribaltare l'accusa, Jaywalker potrà brindare al suo trionfale rientro in aula. Dopo l'assoluzione, però, il ronzio di una vespa potrebbe trasformare uno sfolgorante successo in un colossale disastro con un finale inaspettato...
LinguaItaliano
Data di uscita5 nov 2018
ISBN9788858995440
Colpevole innocenza (eLit): eLit
Autore

Joseph Teller

"Ho passato la mia vita nelle aule di tribunale racconta Joseph Teller ed è lì che è nata la mia voglia di raccontare storie". Avvocato penalista per trentacinque anni nello Stato di New York, ha difeso assassini, spacciatori, ladri ed anche serial killer. "E ho sempre cercato di leggere nella loro anima."

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    Anteprima del libro

    Colpevole innocenza (eLit) - Joseph Teller

    CAPITOLO

    1

    «Allora» disse lei, appoggiandosi su un gomito e sollevandosi sul letto quel tanto che bastava a scoprire un capezzolo, ancora visibilmente turgido. «Che cosa fai nella vita, quando non sei occupato a buttare a terra la gente?»

    Lei era Amanda. O perlomeno quello era il nome che lui era riuscito a farsi dire nell’ora e venti minuti che era passata da quando l’aveva letteralmente gettata a terra per colpa dell’eccessivo impeto che aveva riversato sulla porta girevole della biblioteca pubblica sulla Quarantaduesima Strada. Non che avessero impiegato molto tempo, di quello che avevano trascorso insieme, a fare convenevoli o a conversare. In ogni caso, non certo gli ultimi venti minuti.

    «Sono un avvocato» rispose Jaywalker. «Più o meno.»

    «Più o meno?»

    «In questo periodo non esercito» spiegò lui.

    «Che cosa è successo?» chiese Amanda. «Troppo stress?»

    «No» disse lui. «Mi hanno buttato fuori. Sto scontando un periodo di sospensione di tre anni.»

    «E per quale ragione?»

    «Oh, varie ragioni. Ho inventato scorciatoie. Ho infranto regole stupide. Mi sono esposto a qualche rischio di troppo. Ho fatto arrabbiare qualche giudice idiota. Le solite cose.»

    «Un avvocato viene sospeso per questo?»

    «Così sembra.»

    Lui non aggiunse altro. Non vedeva la necessità di parlarle della più interessante delle accuse, quella di essere riuscito a farsi riprendere da una telecamera di sicurezza su una rampa di scale del tribunale, mentre accettava – o quanto meno non faceva molto per respingere – un estemporaneo gesto di sentita gratitudine da parte di una prostituta per la quale aveva appena ottenuto una sudatissima assoluzione.

    «Come hai detto che ti chiami?» chiese Amanda.

    «Non l’ho detto. Ma mi chiamo Jaywalker.»

    Non si trattava soltanto di un caso di ritorsione, per cui le aveva nascosto una parte del suo nome perché anche lei l’aveva fatto. In realtà, quello era tutto il suo nome. Harrison J. Walker si era contratto anni prima in Harrison Jaywalker e non molto tempo dopo anche l’Harrison era scomparso. Sicché, ormai da anni era conosciuto praticamente da tutti solo come Jaywalker.

    «Allora sei tu!» esclamò Amanda, coprendosi con improvvisa pudicizia il capezzolo con un guanciale. «Sapevo che avevi un’aria familiare. Ti ho visto sulla sesta pagina del New York Post. Frequentavi quella... quella... ereditiera milionaria assassina

    Jaywalker trasalì dolorosamente. Tre anni prima, se qualcuno gli avesse chiesto di descrivere come si immaginava l’inferno, avrebbe senz’altro risposto Apparire in un programma televisivo, oppure, Finire sulla sesta pagina del New York Post. E grazie a una breve, infuocata e non esattamente discreta relazione con una cliente di nome Samara Tannenbaum, era riuscito a raggiungere non uno, ma entrambi quegli onorevoli obiettivi, e nel breve spazio di una sola settimana.

    «Già» ammise rassegnato. «Ero proprio io.»

    Amanda scoppiò in una risata, gettando la testa all’indietro, con il viso incorniciato dai capelli biondi dal taglio corto e ricercato, in quella che sarebbe potuta essere la posa di una modella. Entrambi i seni rimasero scoperti causando una decisa crescita dell’apprezzamento di Jaywalker per lei.

    «E allora dimmi, signor avvocato famoso» riprese Amanda. «Qual è la tua parcella per un caso di guida in stato di ubriachezza?»

    «Zero» rispose Jaywalker. «Sono sospeso, ricordi?»

    «Va bene, ma per quanto tempo ancora?»

    Jaywalker si strinse nelle spalle.

    «Non lo so. Sette mesi. Forse otto.»

    Il fatto era che non stava esattamente contando i giorni. Anzi, negli ultimi tempi aveva cominciato a prendere in seria considerazione l’idea di prolungare la sospensione per altri tre anni. Anche se, per quanto essere escluso dalla professione legale fosse stato piacevole, il suo conto in banca stava rapidamente precipitando verso lo zero, rendendo quella decisione assai difficile.

    «E se non fossi sospeso?»

    Jaywalker tornò a stringersi nelle spalle.

    «Non saprei. In genere chiedevo qualcosa intorno ai duemilacinquecento, tremilacinquecento... una cifra del genere.»

    E nonostante tutto, si ritrovò a esaminare tutte le possibili variabili, esattamente come era abituato a fare. Per prima cosa bisognava stabilire se si stava parlando di un patteggiamento o di un processo. In secondo luogo era importante la sede. Una causa per guida in stato di ubriachezza a Manhattan, nel Bronx o a Brooklyn non era nulla di complicato. Se Amanda era stata sottoposta al test dell’etilometro ed era risultato un valore non troppo alto, ci sarebbero state buone possibilità di patteggiare una condanna per guida in stato di menomazione o forse anche solo di guida imprudente. Un paio di udienze sarebbero bastate. A Queens e Staten Island, in genere, la cosa era più difficile. A mano a mano che ci si addentrava nelle contee vicine – Westchester, Nassau e Suffolk, dove si verificavano meno casi – i procuratori distrettuali diventavano considerevolmente più duri e potevano permettersi di insistere per patteggiare il massimo della pena. Non che facesse molta differenza, comunque. In ogni caso si trattava di una multa o di una sospensione della patente – o, nel peggiore dei casi, il ritiro – della condanna a seguire un corso di guida sicura di un giorno e di un sostanzioso aumento del premio dell’assicurazione. In altre parole una bacchettata sulle dita e un alleggerimento del portafoglio.

    «Sei stata arrestata?» chiese Jaywalker ad Amanda. «E sei stata sottoposta all’etilometro?»

    Non aveva proprio potuto trattenersi dal porre quelle domande.

    «Oh, no» replicò Amanda scuotendo energicamente la testa e trasferendo il movimento ondulatorio anche a... ecco, ad altre parti del suo corpo. «Non si tratta di me.»

    «Ah, no? E di chi stiamo parlando, allora?»

    «Di mio marito.»

    Jaywalker si alzò a sedere, cercando con la mano i pantaloni con gesto quasi automatico. Il suo livello di apprezzamento si era, tutto a un tratto, drasticamente ridotto. Un fatto davvero curioso.

    «Non ti preoccupare» lo rassicurò Amanda. «Non è che lui sia sul punto di entrare e beccarci insieme, o cose del genere.»

    «Come lo sai?»

    «Perché è in prigione. Con una cauzione di cinque milioni di dollari. Ecco come lo so.»

    Jaywalker si rilassò appena.

    «Cinque milioni di dollari» ripeté. «Dev’essere stato un gran brutto caso di guida in stato di ubriachezza.»

    «Infatti» confermò Amanda. «Sono morte nove persone.»

    CAPITOLO

    2

    Questo, ovviamente, cambiò di colpo tutta la situazione.

    Un caso di guida in stato di ubriachezza era soltanto un caso di guida in stato di ubriachezza. A meno che non fosse morto qualcuno. Quando accadeva, il caso degenerava in omicidio colposo. Quando morivano nove persone poteva diventare omicidio vero e proprio, in particolar modo se le vittime erano morte carbonizzate dopo che il pulmino su cui viaggiavano era stato spinto fuori strada, si era ribaltato tre volte ed era esploso.

    Jaywalker aveva sentito parlare dell’incidente. Come tutti, del resto. Aveva monopolizzato i notiziari serali ed era addirittura finito sulla prima pagina del suo adorato New York Times, circa tre settimane prima. Il conducente di un pulmino era stato letteralmente buttato fuori strada da un’Audi sportiva che sopraggiungeva a grande velocità sulla corsia sbagliata. Era accaduto poco a nord di Congers, nello stato di New York, appena prima della confluenza fra la Route 303 e la Route 9W. Un testimone aveva visto tutta la scena dall’interno del suo pick-up. Sulle prime aveva pensato di inseguire l’Audi che si stava allontanando a tutta velocità, ma poi aveva deciso di fermarsi per vedere che cosa poteva fare per le vittime.

    Ma non aveva potuto fare nulla.

    Nel giro di pochi minuti, il pulmino era stato divorato dalle fiamme al punto che le foto sui giornali mostravano solo una parte della scritta dipinta sulla fiancata. Tutto ciò che era rimasto visibile era -MAZ-ESHI- il che aveva fatto rapidamente nascere la voce che gli occupanti fossero terroristi musulmani che si erano fatti esplodere per errore prima di raggiungere il bersaglio che intendevano colpire. Quella voce era stata rapidamente sostituita da un’altra secondo la quale il pulmino era sovraccarico di passeggeri perché trasportava contadini messicani migranti, senza alcun dubbio clandestini.

    I conduttori delle trasmissioni radiofoniche di destra non avevano perso tempo a sfruttare la faccenda. Per loro, e per gli ascoltatori che intervenivano telefonicamente, non faceva molta differenza se le vittime erano terroristi o clandestini; in entrambi i casi l’opinione generale era che si fossero meritati quella fine. Complimenti al tizio con l’Audi!, aveva detto un ascoltatore. Servirà di lezione a questi stranieri criminali e terroristi. Prima della fine del programma, il conduttore aveva già preso a chiamare il conducente dell’auto Il Vendicatore dell’Audi.

    Solamente dopo che i soccorritori erano riusciti a spegnere il fuoco e a liberare i corpi, era venuta a galla la cruda verità. Escluso il conducente, le otto vittime erano bambini la cui età sarebbe poi stata stabilita tra i sei e gli undici anni. Erano tutti studenti della Ramaz Yeshiva, una scuola ebraica situata a una ventina di chilometri dal luogo dell’incidente. Erano diretti alla posa della prima pietra di una nuova sinagoga a Haverstraw.

    E così, il Vendicatore dell’Audi era diventato l’Assassino dell’Audi.

    Se il conducente del pick-up non aveva potuto fare nulla per gli occupanti del pulmino, si era ugualmente reso utile.

    Voltandosi a guardare l’Audi in fuga, non solo ne aveva riconosciuto il modello, ma era riuscito a leggere la targa, e anche se non era stato in grado di memorizzarne per intero il numero, al momento di essere interrogato dalla polizia ricordava chiaramente che le ultime cifre erano 724, che, casualmente, coincidevano con la data di nascita di sua moglie, il 24 luglio.

    Il giorno dopo, mentre i computer si affaccendavano a scandagliare i dati di tutte le Audi, e di tutte le auto che potevano somigliare a un’Audi, nell’area dei Tre Stati, le cui targhe finivano con 724 – sei in tutto, risultò – un uomo, un certo Carter Drake III, si era presentato alla polizia dello stato di New York a Nyack, accompagnato dal proprio avvocato. Drake aveva quarantaquattro anni ed era incensurato. A parte questo, la patente gli era stata sospesa a causa delle troppe multe per divieto di sosta che aveva accumulato nel corso degli anni, e anche l’assicurazione dell’auto era scaduta.

    Congers era una minuscola cittadina nella contea di Rockland, a una mezz’ora di strada a nord del ponte George Washington, dal lato del New Jersey. Il capoluogo della contea era New City, il che significava che i processi per qualunque crimine venivano celebrati là. Ma New City presentava un’altra particolarità. Ospitava la più vasta concentrazione di ebrei ortodossi dell’emisfero occidentale.

    Proprio come sua moglie Amanda, Carter Drake era biondo, di bell’aspetto, decisamente non ebreo, e meno che mai ortodosso.

    Non certo i requisiti migliori per New City.

    «Allora» disse Amanda, «difenderai mio marito? Sono abbastanza sicura che possiamo permetterci di pagare la tua parcella.»

    Jaywalker era abbastanza sicuro che i Drake potessero permettersi ben altro.

    «Dimentichi la sospensione» le rammentò.

    «Niente affatto» gli assicurò Amanda. «Hai detto tu stesso che ti piace prendere delle scorciatoie, infrangere stupide regole e correre dei rischi. Che cosa sarà mai una piccola sospensione, se siamo tra amici? E inoltre, non è forse vero che occorrono mesi e mesi perché un caso arrivi al processo? Per quell’epoca sarai stato riavvocato

    «Reintegrato» la corresse Jaywalker.

    «Come che sia. E Carter non è uno stupido. Può sempre ammalarsi o qualcosa del genere, se c’è bisogno di ritardare il processo. Sai che cosa intendo.»

    Jaywalker annuì. Naturalmente sapeva che cosa intendeva Amanda. Era un genere di espediente per rimandare il processo di cui lui stesso si era servito più di una volta. Un po’ ambiguo, a dire il vero. Ma l’ambiguità era uno dei trucchi del repertorio di Jaywalker. Sicché non era certo il suggerimento di Amanda a infastidirlo, in quel momento. Eppure c’era qualcosa che non andava. Decise che si trattava della persistente sensazione che, da qualche parte, ci fosse una fregatura.

    Il punto era che, ben prima dell’episodio della porta girevole, Jaywalker aveva notato che qualcuno lo seguiva. Non con un’auto. La sua vetusta e scassata Mercury, quella che si era comprato per seicento dollari parecchi anni addietro come premio per aver vinto un breve, ma pericoloso idillio con la bottiglia, stava arrugginendo in un parcheggio sulla Dodicesima Strada. No, lo seguivano a piedi. Qualcuno lo pedinava, indugiando nell’ombra, camminando quando lui camminava, fermandosi quando lui si fermava, attraversando la strada quando lui l’attraversava.

    Se non fosse stato per i suoi trascorsi alla DEA, difficilmente Jaywalker se ne sarebbe accorto. Ma tanti dei suoi colleghi, all’epoca, erano soliti fare delle cose non proprio corrette, che andavano da piccolezze come barare un po’ sul numero di ore registrato nei rapporti giornalieri, fino, addirittura, a rubare e a rivendere le droghe che era il loro lavoro togliere delle strade. In ogni caso stavano sempre attenti a verificare di non avere la coda, come si diceva in gergo. Con il tempo, Jaywalker si era accorto di avere sviluppato anche lui una simile paranoia, prendendo quasi inconsciamente l’abitudine di sbirciare da sopra la spalla e di lanciare continue occhiate allo specchietto retrovisore. Anche dopo avere lasciato quel lavoro, l’abitudine si era rivelata dura a morire, e ora, anni dopo, in certa misura esisteva ancora.

    Sicché, il pomeriggio precedente, quando aveva creduto di aver individuato una persona che lo sorvegliava da dietro gli occhiali scuri fuori dalla vetrina di un negozio di alimentari coreano dove stava comprando pretzel, formaggio e altri generi di prima necessità, Jaywalker aveva deciso di condurre un piccolo esperimento. Si era allontanato per due interi isolati dalla sua strada, prima di schiaffeggiarsi platealmente la fronte, come chi avesse dimenticato qualcosa, e tornare bruscamente indietro.

    Aveva visto giusto.

    Con una certa sorpresa, Jaywalker si era reso conto che a pedinarlo era una donna, una bionda all’apparenza sulla trentina, alta quasi quanto lui. Benché la giornata fosse nuvolosa, portava ugualmente degli occhiali da sole. E non appena Jaywalker aveva guardato nella sua direzione, la donna aveva rivolto lo sguardo altrove, si era voltata e aveva attraversato la strada, per poi svanire in mezzo alla folla di metà pomeriggio.

    Quella mattina Jaywalker aveva tentato di avvistarla nuovamente ed era rimasto deluso di non esservi riuscito. Ma, non molto tempo dopo, lei era riapparsa. Più cauta, questa volta, con un ampio cappello calato sulla fronte, si teneva a maggior distanza, e a un certo punto aveva addirittura preso a pedinare Jaywalker tenendosi sul lato opposto della strada. Ma anche lui conosceva qualche trucchetto. Allo scopo di osservarla meglio, si era fermato di fronte a una cartoleria, fingendo di interessarsi agli articoli in vetrina. Si era posizionato in modo da vedere, riflessa nel vetro, la donna che, sul marciapiede opposto, rallentava il passo e poi si fermava, anche lei con la scusa di osservare una vetrina. Ma non era un gesto credibile. La donna stava guardando le vetrine di un negozio che, come Jaywalker poteva vedere nel riflesso, esibiva il cartello: SI CAMBIANO ASSEGNI. E lei non sembrava affatto il tipo che aveva urgente bisogno di trasformare in contanti l’assegno del suo stipendio.

    Jaywalker avrebbe potuto seminarla subito, se avesse voluto. Ma a quel punto si era incuriosito. Tanto per cominciare, al contrario dei suoi vecchi colleghi della DEA, Jaywalker sapeva che non stava facendo niente di male. Si era attenuto scrupolosamente ai termini della sospensione. Aveva lasciato il suo ufficio, che non era mai stato molto più di una scrivania, un telefono, una segreteria telefonica e un computer, al decimo piano di un palazzo di uffici. Si era tenuto a distanza dal numero 100 di Centre Street, da Foley Square e da tutti gli altri tribunali della città. Aveva smesso di distribuire in giro i suoi biglietti da visita, si era astenuto dall’offrire assistenza legale a quei pochi parenti e amici che aveva e aveva sempre immediatamente corretto chiunque si riferisse a lui definendolo legale, avvocato, consulente, o qualunque altra parola che sottintendesse il fatto che stesse ancora esercitando la professione. Oltre ad aver preso queste precauzioni, conduceva una vita quasi noiosa nel suo ligio rispetto della legge. Con l’auto stabilmente nel parcheggio, non aveva preso multe per eccesso di velocità o divieto di sosta. Privo di entrate, non aveva tasse da evadere. Se proprio aveva in qualche modo infranto la legge, al massimo era accaduto perché, camminando per strada, non prestava molta attenzione a strisce pedonali e semafori. Ma quelli non erano certo il genere di reati per i quali le autorità si mettevano a reclutare una specie di Mata Hari per effettuare controlli segreti su di lui.

    E allora chi era quella bionda che lo stava seguendo, per quanto in modo così poco professionale? Jaywalker era determinato a scoprirlo. Così, guardandosi indietro solo per frazioni di secondo e giusto il numero di volte indispensabile per accertarsi che fosse ancora là, l’aveva condotta fino all’edificio principale della biblioteca pubblica. Là, aveva salito la gradinata esterna e aveva varcato la porta girevole. Una volta all’interno scarsamente illuminato, aveva guardato la donna salire i gradini per seguirlo. Poi, non appena lei aveva messo piede in una delle quattro sezioni della porta, era entrato dalla parte opposta e aveva bloccato il meccanismo con un piede. Solo dopo aver dato alla donna una buona occhiata – e quello che aveva visto gli era piaciuto – aveva dato una vigorosa spinta alla porta per riavviarne il movimento. Purtroppo anche lei doveva averla spinta nello stesso momento, e quando Jaywalker aveva tolto il piede, la somma dei loro sforzi l’aveva fatta cadere a terra. A quel punto Jaywalker, essendo un gentiluomo, non aveva potuto fare altro che avvicinarsi e aiutarla ad alzarsi.

    Il cappello era miracolosamente rimasto al suo posto, ma il contraccolpo della caduta le aveva fatto cadere gli occhiali da sole dal viso. Jaywalker li aveva raccolti e li aveva esaminati attentamente.

    «Non si sono rotti» l’aveva rassicurata.

    In realtà aveva controllato se le lenti erano da vista, e quindi indispensabili anche in una giornata se possibile ancora più nuvolosa della precedente. Non lo erano, il che significava che servivano solo per nascondervisi dietro. Tuttavia attese ancora qualche istante prima di restituirli, approfittandone per dare alla donna un’altra occhiata, anche più attenta della precedente.

    Tutto ciò era accaduto un’ora e mezza prima. La chiacchierata sui gradini della biblioteca, il caffè alla tavola calda lì vicino e la corsa in taxi fino a casa di lei avevano richiesto meno di un’ora. Il resto, come si soleva dire, era storia. Tuttavia, in nessun momento Jaywalker le aveva chiesto conto del fatto che lo aveva pedinato. Anzi, l’aveva assecondata nella finzione secondo la quale si erano incontrati solo perché, casualmente, lui l’aveva fatta cadere.

    Jaywalker si era convinto che Amanda doveva avere saputo fin dall’inizio chi era lui. L’esclamazione: Ma sei proprio tu! era stata una sceneggiata che aveva lo scopo di convincerlo che era stato per puro e felice caso che lei era finita a letto proprio con l’uomo che voleva come avvocato di suo marito.

    Perché aveva scelto un modo così elaborato per incontrarlo? La risposta a quella domanda era ancora dubbia, ma Jaywalker poteva ipotizzare una spiegazione abbastanza soddisfacente.

    Subito dopo la sospensione, aveva lasciato libero il suo ufficio, scollegato il telefono, disattivato l’indirizzo e-mail, e completamente ignorato qualunque cosa apparisse nella sua casella all’ufficio postale. Il numero di telefono di casa non era sull’elenco, e non c’era mai stato. In altre parole, Jaywalker era diventato un fantasma, un uomo molto difficile da rintracciare. Se Amanda Drake – ora sapeva il suo vero nome – avesse usato dei metodi più tradizionali per mettersi in contatto con lui e assumerlo, molto probabilmente non ci sarebbe riuscita. Sicché gli aveva, in un certo senso, dato la caccia, e poi aveva usato il vecchio metodo: Seguilo finché non ti acchiappa lui. Poi lo aveva attirato nel suo letto e, quando avevano ripreso fiato, gli aveva innocentemente chiesto che lavoro facesse. Così i punti che Jaywalker le aveva tolto per la sua scarsa franchezza si era visto costretto a restituirglieli per la sottile intelligenza.

    Una donna fatta apposta per lui.

    Benché fosse abbastanza soddisfatto della propria spiegazione del motivo per cui Amanda lo aveva pedinato, Jaywalker era tentato di chiederglielo direttamente. Non tanto per mettere alla prova le proprie conclusioni, quanto piuttosto per esibire il suo istinto e le sue superiori capacità, che gli avevano permesso di accorgersi di lei. Ma resistette alla tentazione. C’erano carte che era bene giocare subito, altre che era molto meglio tenere da parte. Chissà che non potesse giungere un momento in cui confrontarsi con Amanda avrebbe fruttato di più. Meglio accontentarsi di avere messo le mani sulla sua coda, in più di un senso.

    Perciò tenne la bocca chiusa e prese, invece, in considerazione l’idea di tornare al vecchio lavoro di difendere i criminali... okay, presunti criminali.

    E al rapporto di amore-odio per la sua professione con cui aveva convissuto per anni.

    Per quanto si fosse goduto il lungo periodo sabbatico lontano dal lavoro di avvocato, Jaywalker sentiva l’impulso a tornare in trincea. Gli mancavano i tribunali, quei luoghi sudici con le loro code infinite, gli ascensori rotti e gli odori peculiari. Gli mancavano le persone, i compagni di una vita... avvocati e pubblici ministeri insieme ai quali era giunto alla mezza età; giudici che erano sempre sul punto di cacciarlo per oltraggio alla corte tutte le volte che lui varcava qualche stupida linea che loro avevano tracciato, ma che lo avrebbero ingaggiato nel giro di un minuto – un minuto di New York, notoriamente più breve di ogni altro – se si fossero trovati loro stessi nei guai; funzionari del tribunale, funzionari del sistema carcerario, impiegati, cronisti e traduttori che ormai gli sembrava di conoscere da sempre. Gli mancavano persino gli imputati, spesso, sulle prime, scontrosi o addirittura ostili, invariabilmente autodistruttivi, ma quasi sempre profondamente riconoscenti quando, alla fine, arrivava il momento di salutarsi. Gli mancava la battaglia, il confronto tra intelligenze, quella lotta spietata che si chiamava dibattimento, ma che si poteva definire tranquillamente una guerra. Gli mancavano le dichiarazioni di apertura, i controinterrogatori, le arringhe finali. Gli mancava lo stare seduto sull’orlo della sedia e sentire il cuore battere forte nel petto mentre i giurati rientravano in aula un’ultima volta per il verdetto finale. Gli mancava l’indescrivibile euforia che lo lanciava nella stratosfera ogni volta che otteneva un’assoluzione. E, in un modo tutto particolare, gli mancava perfino la disperazione in cui sprofondava dopo una condanna.

    Per di più, Jaywalker era incuriosito dal caso di Carter Drake. Poteva il semplice atto di guidare un’automobile, per quanto in modo scorretto, se non addirittura avventato, essere sufficiente per una imputazione di omicidio e per una condanna all’ergastolo? Jaywalker apparteneva alla vecchia scuola al punto di pensare che lo stato, prima di accusare un uomo di omicidio, aveva il dovere di dimostrare che l’uomo in questione aveva effettivamente avuto intenzione di nuocere a qualcuno. Era chiedere troppo?

    Ma al di là dell’interesse di Jaywalker per gli aspetti strettamente legali della faccenda, c’erano anche ragioni più prosaiche che alimentavano il suo interesse. E si trattava della peggiore invenzione di tutta la storia dell’Homo sapiens. I soldi. Un caso di omicidio, anche basato sull’utilizzo inadeguato di un veicolo a motore, significava una parcella a cinque cifre. Dio sapeva se gli avrebbe fatto comodo quel denaro, che avrebbe rappresentato il suo primo guadagno da più di due anni. E dal momento che Carter Drake aveva intenzione di fare qualunque cosa fosse necessaria per tirare per le lunghe il suo processo fino al termine della sospensione di Jaywalker, la cosa, in effetti, poteva funzionare. Sarebbe dovuto stare attento, ovviamente. Avrebbe dovuto tenersi alla larga dal tribunale di New City, astenersi dal dire qualunque cosa riguardo al processo che potesse arrivare fino alle pagine dei giornali ed evitare qualsiasi comportamento che potesse anche solo lontanamente assomigliare all’esercizio della professione. E se avesse dovuto intascare del denaro, avrebbe dovuto riceverlo in modo da farlo apparire qualcosa di diverso da una parcella per assistenza legale. Ma era praticamente certo che si potesse fare.

    Poi c’erano anche pro e contro secondari. Sul versante negativo c’era la clamorosa notorietà della faccenda. Rifarsi vivo difendendo Carter Drake avrebbe significato tornare sulla scena delle sue passate trasgressioni con il botto. Appena reintegrato nella professione, avrebbe difeso un imputato di omicidio d’alto profilo, in quello che sarebbe stato un processo avidamente seguito dai media. L’idea di quel genere di pubblicità gratuita avrebbe fatto la gioia di tutti i colleghi di Jaywalker, ma, da quel punto di vista, lui apparteneva a una razza a parte. Anzi, quel pensiero lo portava pericolosamente vicino a vomitare.

    Infine esisteva la possibilità che uno dei vantaggi derivanti dal difendere Carter Drake fosse rappresentato proprio da Amanda Drake. E anche quello sarebbe stato un bel conflitto di interessi. Jaywalker si concesse una risatina sotto i baffi all’idea di una nuova tornata di provvedimenti da parte della Commissione Disciplinare.

    Vedeva già il presidente ringhiare con austera indignazione: E così, avvocato Jaywalker, noi concludiamo che lei abbia agito deliberatamente in modo tale che il suo assistito rimanesse chiuso in carcere il più a lungo possibile così da poter proseguire la relazione con la di lui moglie.

    Be’, quello era un vantaggio a cui forse avrebbe dovuto rinunciare. Ma che peccato.

    Quella sera, nella tranquilla solitudine di casa sua, Jaywalker rifletté attentamente sull’intera faccenda. Diversamente dal triplo appartamento con quattro camere da letto di Amanda, poco distante dalla Quinta Strada, quello di Jaywalker era poco più di una stanza ammobiliata. Infatti si trattava di un monolocale e servizi al quarto piano senza ascensore in quello che gli agenti immobiliari tendevano a descrivere come un quartiere in via di sviluppo, all’incirca nello stesso modo in cui un economista avrebbe potuto riferirsi a un paese in via di sviluppo. Ciò che era implicito in entrambe le locuzioni era che l’oggetto descritto era ancora ben lontano dal poter essere definito sviluppato. Sicché, mentre valutava l’opportunità di farsi coinvolgere nel caso di Carter Drake, Jaywalker si stese sul divano, che serviva anche da

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