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Dietro la facciata (eLit): eLit
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E-book347 pagine5 ore

Dietro la facciata (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Carriage House 1

Si vocifera che in passato quella vecchia rimessa per carrozze sia stata teatro di un delitto, e anche se ora è stata trasformata in casa Tess Haviland, arredatrice e progettista, esita a prenderne possesso. Dopo alcuni mesi però quell'eccentrico regalo di un bizzarro cliente la incuriosisce di nuovo, per questo decide di riesaminarla. Durante la visita conosce anche il vicino, un uomo assai taciturno che pare discenda dalla stessa famiglia cui apparteneva l'assassino. Nonostante l'iniziale diffidenza, tra i due nasce ben presto una forte attenzione, ma quando Tess scopre uno scheletro in cantina, le cose finiscono per complicarsi un bel po'...
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2017
ISBN9788858972045
Dietro la facciata (eLit): eLit
Autore

CARLA NEGGERS

New York Times bestselling author Carla Neggers is always plotting her next adventure, whether in life or for one of her books. Her fertile imagination and curious nature make her ready for anything. It is also these qualities that sparked her love of reading as a child and continue to drive her passion for storytelling today. With her trademark blend of action, suspense and down-to-earth, realistic characters caught up in extraordinary circumstances, her novels never fail to take her readers on an exciting journey. Carla began writing as a youngster, when she'd grab a pad and pen and climb a tree to spin her stories. Growing up in western Massachusetts, she is the third of seven children. Just before she was born, her Dutch immigrant father and Southern-born mother packed up the car with two kids and all their belongings and headed north to start a new life. They settled in an eighteenth-century carriage house on ninety acres and began a long process of renovation. After graduating as valedictorian of her high school class, she went on to major in journalism at Boston University, graduating magna cum laude. She enjoyed a brief stint as an arts and entertainment writer, then turned to writing fiction full-time and now has more than fifty books to her credit. Travel and research both play a large part in Carla's writing. She can often trace the germination of a plot to the exact moment of inspiration. “It's part of the fun of being a writer—you never know what will spark an idea. For example, on a trip to the Netherlands some years ago, we did a tour of a canal-like waterway,” she says. “I kept thinking—what would happen if a dead body floated by? What if it was an American? It's the way my mind works—around me, everyone else was admiring the quaint countryside. I was devising a murder.” Once a plot is hatched, the real researching begins. Her novels have taken her atop the northeast's highest peaks, onto a shooting range with a police academy instructor and across the world as she scouts out locations and seeks the authenticity that imbues her novels. The author's greatest pleasure comes in those moments when she feels she's gotten the story just right—when it all comes together on the pages of her book, exactly the way she's envisioned the tale in her mind. Then, when readers connect with the story, her satisfaction is complete. “Everything comes down to the finished book,” says the author. “When I hear from a reader that the story resonated, and that he or she had a great time reading it, I know I've done my job and done it well.” When she's not working on her next book, Carla enjoys traveling, hiking and kayaking. She's set out to become a “four-thousand-footer” by climbing all forty-eight peaks over four-thousand feet in the New Hampshire White Mountains, and she's always planning the next trip—and the next adventure—either of which just might inspire a new story. Carla lives in Vermont, where she and her husband have recently renovated their mountain house not far from picturesque Quechee Gorge. 

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    Anteprima del libro

    Dietro la facciata (eLit) - CARLA NEGGERS

    successivo.

    1

    Il giorno della sua scomparsa, Ike Grantham mancò un appuntamento con Tess Haviland, una progettista grafica che viveva a Boston, lavorava sodo ed era una delle poche donne che non lo trovassero irresistibile. Non che Ike le dispiacesse: era alto, biondo e bello, di carattere audace e amante del rischio, e ben deciso a non rivestire il ruolo stereotipato del ricco rampollo di un'aristocratica famiglia del New England. A volte, Tess pensava addirittura che oltre a essere privo di ambizioni fosse anche privo di morale, soprattutto per quanto riguardava le donne.

    Tuttavia con lei non aveva mai tentato il minimo approccio. «Ci sono troppi uomini armati nella tua vita» le diceva spesso. «Meglio che me ne stia alla larga.»

    Tess non viveva affatto in mezzo a uomini armati: ma era cresciuta in un ambiente operaio, e suo padre possedeva un pub dove a volte c'era bisogno di calmare un cliente un po' alticcio. Anche Ike aveva i suoi pregiudizi, dopotutto.

    Adesso, a circa un anno di distanza dall'ultima volta che lo aveva visto, Tess pensava a lui perché aveva appena ricevuto la cartella delle tasse per la vecchia rimessa che Ike le aveva dato come pagamento di alcuni lavori. Si trattava di una rimessa per carrozze risalente al 1868, più tardi trasformata in abitazione, situata di fronte all'oceano e a poca distanza da Beacon-by-the-Sea, uno dei più graziosi villaggi della costa settentrionale. L'edificio in sé non era niente di speciale, ma il luogo in cui si trovava era spettacoloso. E questo ne faceva aumentare il valore, e naturalmente l'importo delle tasse.

    Tess guardò il vecchio cimitero di Old Granary, che si vedeva dalle finestre del suo ufficio al quarto piano di Beacon Street. Un gruppo di turisti passeggiava tra le lapidi sconnesse, godendosi l'ombra degli alberi finalmente carichi di foglie dopo il freddissimo inverno di Boston.

    Era stato un inverno pesante e faticoso. Qualche mese prima Tess aveva lasciato un impiego sicuro in una grande impresa per mettersi in proprio, poco dopo l'improvvisa partenza di Ike per chissà quale destinazione. A volte si domandava se non fosse stato proprio lui a contagiarla con il suo senso dell'avventura e il suo amore del rischio, fino a convincerla che il vago desiderio di metter su uno studio indipendente era una cosa da fare subito.

    All'epoca, oltre a seguire alcuni progetti per i suoi datori di lavoro, stava lavorando per conto suo al Progetto Storico di Beacon-by-the-Sea di cui Ike era il curatore insieme con la sorella. Quasi senza rendersene conto, si era licenziata dallo studio e aveva cominciato a lavorare da sola. I primi sei mesi aveva usato il suo appartamento, poi lei e Susanna Galway avevano deciso di affittare un ufficio insieme, approfittando dell'occasione di avere una sede a un indirizzo prestigioso come Beacon Street.

    Tess si voltò a guardare l'amica. Susanna era alta e snella, con capelli nerissimi e occhi verde smeraldo. Era anche un'esperta commercialista e program matrice finanziaria, e Tess le aveva appena parlato delle tasse che doveva pagare.

    «Diavolo, Tess» esclamò Susanna, «voi artisti non avete un minimo di senso pratico! Bisogna sempre farsi pagare in contanti, è la Regola Numero Uno! Se io fossi stata nei paraggi, credi che avrei permesso agli indiani di accettare una manciata di perline in cambio di Manhattan?»

    «Posso sempre venderla.»

    «Non la comprerebbe nessuno. Cade a pezzi, non si può modificarla perché è un edificio storico, ha pochissimo terreno intorno, e soprattutto è strega ta

    «Quelle sono solo voci.»

    «E non dal fantasmino Casper, ma da un assassino e un galeotto!» continuò Susanna.

    Tess si abbandonò contro lo schienale della poltrona ergonomica e fissò la tastiera. Ormai lavorava molto con il computer, ma amava ancora disegnare o dipingere alcuni particolari dei suoi progetti, e quindi teneva accanto alla scrivania un cavalletto, pastelli a olio, pennarelli colorati e acquerelli. La sua metà dell'ufficio era un caos di cartelline, album da disegno, campioni di stoffe e piastrelle, in contrasto con l'ordinatissima parte di Susanna. Loro due erano complementari, diceva spesso Susanna. Per questo potevano lavorare fianco a fianco senza scannarsi.

    «Non fu un omicidio bensì un duello» precisò Tess. «Che solo per caso ebbe luogo nella rimessa. Jedidiah Thorne accusò Benjamin Morse di maltrattare e picchiare la moglie Adelaide, Benjamin lo sfidò a duello e rimase ucciso. Ma poiché i duelli erano illegali nel Massachusetts, Jedidiah fu condannato e andò in prigione. Sarebbe successo altret tanto a Benjamin, se a morire fosse stato il suo rivale.»

    «Stai spaccando il capello in quattro. Fu comunque un omicidio.»

    Ed era successo nella rimessa poco dopo la costruzione della casa a cui era annessa, pensò Tess.

    Jedidiah, il primo della famiglia Thorne ad arricchirsi tramite le spedizioni via mare, non aveva mai avuto modo di abitarci. Dopo essere stato cinque anni in carcere aveva ripreso il mare, e nessuno sapeva come fosse morto. Secondo gli abitanti del villaggio era suo lo spirito che infestava la casa di Tess. Il perché non era chiaro.

    «Comunque io non credo ai fantasmi» dichiarò lei.

    Susanna scosse la testa. «Diciamo che non hai molta scelta. O paghi le tasse e ti tieni la casa, o lasci che l'amministrazione comunale la requisisca e tanti saluti, o cerchi di venderla. La gente di qui è strana, va matta per le vecchie case, può anche darsi che tu trovi un compratore.» Susanna parlava con ironia dei bostoniani perché era nata nel Texas, e si era trasferita a Boston con le due figlie gemelle solo da qualche mese, in attesa del divorzio. Tess l'aveva conosciuta perché abitava a casa di sua nonna, nel quartiere in cui lei era cresciuta.

    «Non so se voglio venderla.»

    «Ma Tess! Se ce l'hai da un anno e non ci hai mai messo piede!»

    «Perché penso sempre che Ike torni e la rivoglia, o mi chieda di pagargliela. O che magari lo faccia sua sorella. Non dimenticare che Lauren Montague è la vera anima del loro Progetto Storico. Non sono nemmeno sicura che Ike le abbia detto che aveva intenzione di darmi la casa.»

    «Ma aveva la possibilità di traferirti la proprietà senza dirle niente?»

    «A quanto pare sì. Io gli dovevo ancora qualche giornata di lavoro e dovevamo discutere i dettagli il giorno dell'appuntamento saltato. E da allora non l'ho più visto.»

    «Non sarà mica morto?»

    Tess trasalì per la brutale schiettezza della domanda. Ike Grantham era sulla quarantina, pieno di vita e di energia. Come poteva essere morto? Eppure molti pensavano che il suo entusiasmo e il suo amore per il rischio lo avessero sopraffatto, e che fosse caduto dalla montagna che stava scalando o fosse annegato in qualche mare lontano.

    «Andarsene a zonzo per mesi e mesi senza dirlo a nessuno è una cosa che ha già fatto altre volte» rispose. «E a quanto ne so la polizia non lo sta cercando, il che vuol dire che sua sorella non li ha allertati.»

    «Be', vivo o morto che sia l'atto di proprietà della casa te l'ha firmato, no? Tanto che adesso ti sono arrivate le tasse da pagare. È ufficiale, la casa ti appartiene. Tocca a te decidere che cosa vuoi farne.»

    «Ho desiderato una casa a Beacon-by-the-Sea per tutta la vita» disse Tess sottovoce. «I miei genitori e io facevamo spesso dei picnic sulla spiaggia, prima che la mamma morisse. Passavamo davanti a quelle vecchie case e lei mi raccontava quel che vi era accaduto. La storia americana l'appassionava parecchio.»

    A quel punto Susanna si alzò e venne accanto a Tess. «In fondo, le decisioni che prendiamo sono sempre dettate dai nostri sentimenti. Mettila così: una casa mezza diroccata infestata dal fantasma di un assassino ti farà passare un weekend molto interessante.»

    Così, Tess decise di andare a dare un'occhiata alla sua proprietà quel pomeriggio stesso. Uscì presto dall'ufficio, salì in macchina, imboccò la superstrada e poi la strada che costeggiava il mare fino a Cape Ann.

    Il sole di maggio faceva scintillare le onde dell'Atlantico, e le ricordava gli ultimi viaggi fatti in macchina con i genitori quando aveva sei anni, seduta accanto a suo padre al volante. La mamma, avvolta nelle coperte, stava sdraiata sul sedile posteriore e raccontava storie meravigliose di balene e delfini con la sua voce già affievolita dalla malattia.

    Dopo l'appuntamento mancato con Ike, Tess era tornata al villaggio due o tre volte sperando di trovarlo, ma inutilmente. E poiché nemmeno la sorella sembrava far caso alla sua assenza, aveva deciso che non c'era da preoccuparsi.

    Adesso era diretta agli uffici del Progetto Storico per ritirare le chiavi di casa sua. La sede principale si trovava in uno degli edifici restaurati nell'ambito del Progetto, una bella costruzione fine secolo a poca distanza dal porto. L'impresa progettata da Ike, sul modello della Fondazione Doris Duke a Newport, acquistava vecchie case sulla costa settentrionale, le restaurava secondo criteri severissimi e le affittava a inquilini accuratamente selezionati. Le case così rinnovate avevano portato nuova vita in molti quartieri degradati, contribuendo allo sviluppo della cittadina. Quando aveva cominciato a lavorare per Ike e per il Progetto, Tess aveva accarezzato l'idea di affittare lei stessa una di quelle vecchie dimore; ma poi lui le aveva regalato la rimessa, spiegandole che non rientrava nei criteri adottati per le altre case perché era posteriore al 1850. Tess non aveva indagato oltre e aveva accettato.

    Entrò negli uffici e trovò l'atmosfera che ricordava, più simile a quella di un'abitazione privata. Le stanze erano arredate con mobili d'epoca, le tappezzerie erano state scelte con cura perché colore e stile fossero il più possibile simili agli originali, e anche le decorazioni floreali erano adeguate al resto.

    Dalla scrivania di noce dietro cui sedeva, una donna anziana e magrissima le domandò sospettosa: «Cerca qualcuno?».

    «Buongiorno, signora Cookson» sorrise lei. «Sono Tess Haviland.»

    «Oh, signorina Haviland, mi scusi. Non l'avevo riconosciuta.»

    «Sono venuta a prendere la chiave della rimessa accanto a casa Thorne. Ho pensato di dare un'occhiata prima di decidere che cosa farne.»

    Muriel Cookson la guardò perplessa. «La rimessa, dice? Non so se...»

    «Non importa, Muriel» disse Lauren Grantham Montague apparendo sulla soglia della stanza comunicante. «La chiave della rimessa ce l'ho io. È un piacere rivederla, Tess. Avrei dovuto chiamarla io, ma non ne ho mai trovato il tempo...»

    «La signorina Haviland lavora di nuovo per noi?»

    Lauren continuò a sorridere, ma i suoi occhi grigi così simili a quelli del fratello sembravano celare un'emozione piuttosto forte. «No, penso che sia venuta a controllare la sua proprietà. Non è così?»

    Tess annuì. «Sì. È venuto il momento di prendere una decisione.»

    Muriel Cookson sembrava sempre più confusa.

    «L'anno scorso, prima di partire, Ike ha trasferito a Tess la proprietà della rimessa Thorne» spiegò Lauren brusca. «Ho sempre pensato di dirglielo, Muriel, ma non ne ho mai avuto l'occasione.»

    La segretaria impallidì ma non disse nulla. Era l'opposto della bella, elegante Lauren, con i capelli biondi ben pettinati e i costosi abiti firmati. Ike aveva spesso descritto la povera Muriel in termini assai poco lusinghieri, ma le sue feroci critiche erano temperate dall'ammissione che il Progetto Storico non avrebbe mai potuto funzionare senza di lei. Ike Grantham era un tipo che amava interessarsi delle persone, soprattutto perché credeva fermamente nella propria capacità di capire quello di cui le persone avevano bisogno.

    «Muriel sogna di morire seduta alla sua scrivania» diceva. «Invece Lauren vuole che sulla sua lapide venga scritto: Filantropa visionaria.» L'aveva affermato il giorno stesso in cui Lauren aveva annunciato il suo fidanzamento con Richard Montague, un esperto di terrorismo che lavorava presso l'Istituto di Studi Strategici.

    Ike aveva un ego talmente sviluppato che, quand'era sparito poche settimane dopo, Tess aveva addirittura pensato che fosse irritato per non aver potuto scegliere di persona il futuro cognato. Forse era stufo del suo Progetto, mentre Lauren vi si dedicava anima e corpo. E a quanto pareva, aveva deciso di tentare nuove avventure che lo interessassero di più. Lauren e Richard si erano sposati due mesi dopo, senza di lui.

    Lauren tornò nella camera adiacente, mentre Tess aspettava un po' a disagio sotto lo sguardo di Muriel Cookson. La donna era evidentemente seccata per non essere stata informata del cambiamento di pro prietà di uno degli edifici del Progetto, anche se regalando la rimessa a Tess Ike aveva fatto un favore a tutti quanti. L'aveva comprata d'impulso cinque anni prima, ma non era mai riuscito a decidere che cosa farne; e Tess aveva capito benissimo che cercava di rimediare al suo errore scaricandola a lei.

    Poco dopo Lauren ritornò e porse a Tess una busta di cartoncino. «Ecco» mormorò. «Qui ci sono due chiavi, entrambe per la porta sul retro. Mi dispiace, ma la porta d'ingresso non ha chiave, solo un chiavistello dall'interno.»

    «Oh, non importa. Grazie molte.»

    «Ma si immagini. Ci faccia sapere se le serve qualcosa. In archivio abbiamo parecchio materiale sulla sua casa, se vuole consultarlo.»

    Tess la ringraziò di nuovo e tastò la forma delle chiavi nella busta. Le sue chiavi, pensò eccitata. La sua casa. Purché Ike non tornasse proprio quella sera e non le dicesse che era stato tutto uno scherzo...

    Salutò le due donne e uscì nel sole. Di fronte agli uffici, un grazioso negozio mostrava una vetrina piena di piccoli mobili dipinti in colori pastello. Accanto c'era un negozio di cioccolatini, poi un fioraio, e in fondo alla strada si vedeva il porto affollato di barche, con le boe di colori vivaci che ondeggiavano al largo.

    Tess inalò il profumo salmastro e sorrise. Per un anno non aveva osato credere che la rimessa le appartenesse davvero. Doveva essere un errore, aveva pensato. Forse i documenti che Ike aveva firmato non erano legali, e se Lauren avesse deciso di contestarli nessun tribunale le avrebbe dato torto. E poi lei aveva preso accordi con Ike per dell'altro lavoro, quindi la casa non le sarebbe appartenuta finché non avesse completato quella parte dell'accordo.

    In seguito, a mano a mano che passavano le settimane e lui non si faceva vivo, Tess si era immersa sempre più nel lavoro e nel compito non facile di mantenersi a galla, e non aveva più pensato alla sua controversa proprietà. Ma adesso era lì, finalmente decisa a occuparsene.

    Salì in macchina e si diresse verso la strada che portava fuori del villaggio. A poco a poco le case si diradarono, poi a fianco della strada apparve una spiaggia disseminata di scogli, e infine una punta rocciosa su cui sorgeva la dimora della famiglia Thorne. La casa rivestita di assicelle di legno dipinte di blu era circondata da un giardino incolto e ombreggiata da meli, querce e un grande noce americano. Poco prima della casa, la strada si biforcava e il viottolo più stretto portava alla rimessa. Trattenendo il fiato, Tess rallentò e svoltò.

    La rimessa era un po' più male in arnese di come la ricordava, rivestita delle stesse assicelle blu e con un piccolo melo nel giardino. Ma quando l'aveva vista la prima volta, nel marzo dell'anno precedente, i lillà non erano in fiore... Adesso, invece, crescevano in due folte siepi da entrambi i lati della casa, e la separavano nettamente dal resto della proprietà del defunto Jedidiah Thorne. Dalla macchina, Tess poteva sentire il loro profumo inebriante misto all'odore salmastro dell'oceano.

    Chiuse gli occhi e inspirò a fondo. E va bene, pensò, forse la casa è infestata dai fantasmi. E con ciò? Piena di fantasia come sei, ne avresti inventato uno tu stessa. Almeno questo ti risparmia la fatica.

    Certo che solo un tipo strambo come Ike poteva pensare di regalarle una casa stregata. E solo una pazza come lei poteva pensare di accettarla.

    2

    Andrew Thorne Guardò Truce Il Cugino Harl, L'unico

    Di Cui Si Fidava Ciecamente, Quando Non Aveva Voglia di strangolarlo.

    «Nella capanna sull'albero non c'è» disse.

    Harley Beckett grugnì. «Starà dando la caccia a quel dannato gatto.» E continuò a lavorare allo scrittoio antico che stava restaurando. Era uno dei migliori restauratori della costa, forse dell'intero New England, ma al momento le sue quotazioni di babysitter erano alquanto in ribasso. Dolly, sei anni, era la vivacissima figlia di Andrew e durante il giorno veniva affidata alle cure di Harl. E il fatto di non trovarla a casa, senza che Harl se ne preoccupasse minimamente, era stata la classica goccia dopo una giornata pesante.

    Finalmente Harl riemerse da sotto lo scrittoio e si sedette sul pavimento immacolato del capannone in cui lavorava e abitava. In fatto di pulizia era scrupoloso fino all'ossessione. Un granello di polvere o un capello, diceva, potevano rovinare un intero processo di restauro. Forse era un po' esagerato, ma dato il suo carattere spigoloso nessuno avrebbe mai osato contraddirlo.

    Harl era un veterano del Vietnam nonché ex poliziotto, e non si era mai dato la pena di fare amicizia con i residenti di Beacon-by-the-Sea. Nemmeno Andrew era un tipo molto aperto, tuttavia riusciva almeno ad andare d'accordo con gli altri meglio di quanto non facesse il cugino.

    Harl si ravviò la coda di cavallo, bianca come la folta barba, e si assestò la camicia con la scritta: Prigioniero di Guerra, che era la sua tenuta abitua le. Poi studiò Andrew con la sua faccia coperta di cicatrici. «Non ha il permesso di uscire dal giardino, e lo sa benissimo» grugnì.

    «Be', non può essere andata lontano» fece Andrew senza convinzione. Non gli piaceva affatto non sapere dove fosse Dolly, e cominciava a preoccuparsi seriamente.

    Harl si alzò in piedi e si grattò la mascella con la mano a cui mancavano due falangi, portate via da una bomba. «Andiamo a vedere. Lo sai com'è... prima che io capisca che ha in mente qualcosa lei l'ha già fatto. Le ho detto di non uscire dai confini non più di cinque minuti fa, giuro.»

    «Tu controlla davanti a casa, io vado sul retro» fece Andrew.

    «Se non la troviamo entro cinque minuti chiamiamo la polizia» rispose l'altro.

    Andrew guardò verso il mare al di là della strada, e il suo stomaco si contrasse. Con un cenno di assenso, girò attorno alla casa.

    La siepe di lillà apparteneva ai vicini, ricordò Tess. Ike gliel'aveva spiegato il giorno stesso in cui le aveva mostrato la casa. Ma forse poteva raccogliere un mazzo... I lillà erano in piena fioritura, un trionfo di boccioli viola e fiori color lavanda dal profumo dolcissimo, ma apparivano trascurati e bisognosi di essere potati e riordinati. In mezzo ai fiori crescevano addirittura degli arbusti infestanti.

    «Qui, micio... micio, micio...» La vocina veniva dai lillà, alla sinistra di Tess. Un attimo dopo la proprietaria sbucò dalla siepe, prima un piede e poi l'intera figura, e si fermò con le mani sui fianchi. Era una bambina sui sei anni, con due codini color rame, un faccino pieno di efelidi e gli occhi blu come fiordalisi. «Dai, Codabianca, fatti vedere!» esclamò senza notare Tess. Pestò un piede a terra con impazienza e aggiunse: «Non ti faccio niente, sono tua amica, non capisci?».

    Tess notò che la bambina portava una salopette di jeans, una maglietta rossa e una corona di finti diamanti a sghimbescio sui capelli. Bella tenuta, pensò osservando il proprio tailleur professionale, una combinazione in stile classico-creativo che lei aveva scelto per suggerire ai potenziali clienti capacità e senso artistico.

    In quel momento la piccola si girò e la vide, ma non si mostrò affatto sorpresa. Era chiaro che la sua missione veniva prima di tutto il resto. «Hai visto il mio gatto?» domandò.

    «No. Sono appena arrivata.» Tess non era abituata ai bambini, tuttavia sapeva che di solito non se ne andavano in giro da soli come quella piccina. «C'è qualcuno con te?» domandò cauta. «La tua mamma dov'è?»

    «In cielo» fece la piccola tranquillamente, come se le stesse dicendo l'ora.

    Tess si ravviò i capelli biondi. Ultimamente aveva avuto un mucchio di pensieri, tra il lavoro e Ike Grantham e tutto il resto, e sentiva di essersi quasi tagliata fuori dal mondo normale. Ma era normale che una donna di trentaquattro anni come lei si facesse intimidire da una bambina?

    «Dove abiti?» domandò ancora.

    «Là» rispose la piccola indicando un punto vago oltre la siepe. «Mi guarda Harl.»

    Non molto bene, pensò lei. «Io mi chiamo Tess. E tu?»

    «Principessa Dolly» dichiarò la bambina con un cenno regale della testa rossa.

    «Sei una principessa? Davvero?»

    «Già.»

    Tess si rilassò. Un bambina che credeva di essere una principessa era qualcosa che capiva già meglio. «E come lo sei diventata?»

    «Harl dice che sono nata così.»

    Chiunque fosse il misterioso Harl, doveva essere lui stesso un po' strano. Tess guardò l'erba alta del suo giardino e pensò che era il nascondiglio ideale per un esercito di gatti. «Dunque hai perso il tuo micino?» si informò.

    Ricordando la sua missione, la principessa Dolly scrollò drammaticamente le spalle. «Sì. Quella Codabianca mi farà impazzire... Deve avere i gattini tra pochissimo, e Harl dice che dovrei lasciarla in pace.»

    Un punto a favore di Harl, pensò Tess. «Dimmi che aspetto ha Codabianca, così se la vedo ti avverto subito.»

    «Oh, è tutta grigia tigrata, ma la punta della coda è più chiara. Per questo l'ho chiamata così.» E scoppiò in una risatina.

    «Certo, mi pare giusto. Ma adesso dovresti andare a casa, sai. Harl ti starà cercando.»

    La piccola alzò gli occhi al cielo. «Oh, lui mi cerca sempre» sbuffò.

    Tess non ne dubitava. «Se vuoi ti accompagno...»

    «Posso andarci da sola. Ho sei anni, sai.» E per ribadire il concetto alzò le dita di una mano accompagnate dall'indice dell'altra.

    «Va bene, allora. È stato un piacere conoscerti, Dolly.»

    «Principessa Dolly.»

    «Sì, certo, principessa Dolly.»

    La ragazzina girò sui tacchi e si infilò nella siepe da dov'era venuta.

    Per quanto sembrasse più matura dei suoi anni, rifletté Tess, principessa Dolly ne aveva solo sei e non sarebbe dovuta andare in giro da sola. Quindi era suo dovere controllare che tornasse sana e salva a palazzo reale, senza perdersi in giro chissà dove.

    Cominciò ad aprirsi un varco nella siepe per seguire la bambina, ma sentì dei passi sulla ghiaia e poi un'indignata voce maschile. «E lei che accidenti sta facendo?»

    Tess si voltò di scatto, ben conscia di apparire come una spiona. «Non stavo facendo proprio niente» protestò. L'uomo era alto, snello, bruno, con l'espressione seria di chi non accettava scherzi. La faccia angolosa, gli occhi blu e l'aria truce erano simili a quelle che lei aveva immaginato per il suo fantasma; ma l'uomo indossava stivali impolverati, jeans e camicia di denim, inequivocabilmente moderni. Meno male, pensò. Una principessa in mezzo ai lillà e un fantasma sul vialetto di casa sarebbero stati decisamente troppo.

    «Sto cercando mia figlia» disse l'uomo. Il tono serio era venato di apprensione. «È partita alla ricerca del suo gatto.»

    Tess sorrise, sperando di allentare la tensione. «Si riferisce a principessa Dolly e a Codabianca, che sta per avere i gattini? Era qui un minuto fa. La principessa, voglio dire, non la gatta. Le ho consigliato di tornare a casa non più di due secondi fa, e lei è passata attraverso la siepe di lillà. Io stavo controllando che fosse arrivata sana e salva.»

    «Allora vado anch'io. Grazie.» L'uomo fece per voltarsi, poi la guardò e disse: «Questa è una proprietà privata, ma raccolga pure un mazzo di lillà se è questo che voleva fare».

    «Veramente no. Mi chiamo Tess Haviland e sono la proprietaria della rimessa.»

    Negli occhi blu passò un lampo di sorpresa. «Capisco. Io mi chiamo Andrew Thorne e possiedo la casa al di là della siepe.»

    «Thorne?»

    «Già. Jedidiah era il nonno di mio nonno. Spero che si trovi bene nella sua nuova casa.»

    E si incamminò lungo la siepe, senza passarci attraverso come aveva fatto sua figlia.

    Un Thorne, pensò Tess. E che maligna soddisfazione doveva aver provato nel dirglielo! Accidenti a Ike, non poteva avvertirla? Ma evidentemente questo non era da lui, come non era da lui avvisare qualcuno prima di andarsene a scalare montagne, esplorare fiumi amazzonici o dormire su un'amaca su una spiaggia esotica. Ike Grantham viveva a modo suo, e in fondo questa era una delle ragioni per cui a Tess era simpatico. Però le sarebbe piaciuto sapere in anticipo che i suoi vicini erano imparentati con il fantasma...

    Usando una delle chiavi avute da Lauren Montague, Tess entrò in casa dalla porta posteriore e si trovò in una cucina risalente agli anni Settanta, completa di pensili, basi ed elettrodomestici verde avocado. Chissà se funzionavano, si domandò. Si potevano fare cose molto divertenti con un frigorifero color avocado.

    Poi si diede mentalmente della sciocca. Che diavolo andava a pensare? Non poteva permettersi di tenere quella casa. Avrebbe già faticato parecchio a pagare le tasse, figuriamoci poi fare un minimo di riparazioni. E non sapeva nemmeno quali erano le spese di elettricità e riscaldamento, probabilmente perché le relative bollette erano state mandate agli uffici del Progetto Storico. Avrebbe dovuto parlarne con Lauren Montague al più presto, che decidesse di tenersi la casa o no.

    Ed era per questo che aveva rimandato la visita alla sua proprietà per più di un anno. Non aveva il tempo o il denaro necessari per occuparsi di una rimessa del diciannovesimo secolo. Susanna aveva ragione. Avrebbe dovuto insistere per essere pagata in contanti.

    Sbuffando, controllò la cucina. I mobili erano solidi, anche se un po' malandati. Sul pavimento di linoleum c'erano escrementi di topi. Il frigorifero era

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