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La sposa di Belhaven
La sposa di Belhaven
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E-book194 pagine3 ore

La sposa di Belhaven

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Info su questo ebook

Alla scomparsa della madre, Anna Preston scopre che il nonno creduto morto è in realtà il ricco e famoso Lord Selwyn Manson, un Pari del Regno che la vuole con sé nella tenuta di famiglia, Belhaven. A comunicarglielo è Alex Kent, attraente rifugiato russo, amico e socio in affari del vecchio gentiluomo, che l'aiuta a realizzare il sogno di frequentare l'università a Oxford e la porta con sé in un viaggio avventuroso alla scoperta della Francia. La giovane Anna non sa resistere al suo fascino esotico, ma Alex resta inavvicinabile, forse perché già legato a un'altra donna. Fra malintesi e litigi, momenti di passione e lunghe separazioni, il loro rapporto diventerà comunque via via più profondo.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mag 2017
ISBN9788858965634
La sposa di Belhaven
Autore

Helen Dickson

Helen Dickson lives in South Yorkshire with her retired farm manager husband. On leaving school she entered the nursing profession, which she left to bring up a young family. Having moved out of the chaotic farmhouse, she has more time to indulge in her favourite pastimes. She enjoys being outdoors, travelling, reading and music. An incurable romantic, she writes for pleasure. It was a love of history that drove her to writing historical romantic fiction.

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    Anteprima del libro

    La sposa di Belhaven - Helen Dickson

    successivo.

    1

    Londra, 1932

    Era una giornata d'inverno umida e fredda a Londra. La pioggia rigava i vetri delle finestre nell'ufficio dell'avvocato Rothwell, un tipo anziano, solido e serio, che presentò ad Anna un uomo di nome Alex Kent.

    Mr. Kent si fece avanti e le porse le sue condoglianze con una voce profonda, dal leggero accento straniero. Doveva venire dall'Europa dell'est, pensò Anna, e aveva un'aria patrizia e arrogante, tipica di chi ha condotto una vita agiata e ricevuto la migliore educazione. In quel momento, però, lei era così nervosa che non gli prestò troppa attenzione.

    La richiesta di presentarsi nello studio legale Rothwell & Rankin per la lettura del testamento della madre aveva provocato in lei confusione e incertezza. Non sapeva cosa aspettarsi, tuttavia si sentiva oppressa da un cupo presentimento.

    L'avvocato Rothwell la fece accomodare in una poltroncina di pelle di fronte alla sua scrivania. Con un brivido di apprensione, Anna si tolse il capello di feltro e sedette composta nella sobria uniforme marrone e oro della scuola, mentre l'anziano avvocato le spiegava i termini del testamento. A parte alcuni oggetti personali della madre, non c'era nulla di valore da ereditare, né denaro né proprietà.

    Quella non era una novità per Anna. La vera sorpresa, invece, arrivò con la notizia che la madre l'aveva affidata alla tutela di Lord Selwyn Manson, il nonno di cui non sapeva praticamente nulla. La madre ne aveva sempre parlato al passato, tanto che lei si era convinta che fosse morto da tempo.

    Anna ascoltò in un silenzio angosciato, con i nervi tesi allo spasimo, poi si decise a parlare.

    «Tutto ciò è una vera sorpresa per me, Mr. Rothwell» ammise sincera. «Mia madre mi ha parlato di mio padre, un artista rimasto ucciso in guerra, ma non mi ha detto niente della sua famiglia. Conosco solo le drammatiche circostanze che l'hanno costretta ad andarsene di casa. Non sapevo che mio nonno fosse ancora vivo e tanto meno che fosse un Pari del Regno.»

    «Lord Manson ha sempre saputo della vostra esistenza, Miss Preston. Sono in contatto con i suoi legali e sono molto grato a Mr. Kent, che è il consigliere e il socio in affari di vostro nonno, per aver trovato il tempo di essere presente qui oggi.»

    Anna continuò a fissare l'avvocato. Sentiva lo sguardo di Mr. Kent, seduto su un divano alle sue spalle, penetrarle nella schiena. «E perché mio nonno non ha mai provato a mettersi in contatto con me?» chiese sconcertata.

    «Vostra madre gliel'ha proibito. Nel suo testamento, però, ha stabilito che, nel caso fosse venuta a mancare, Lord Manson sarebbe dovuto diventare il vostro tutore fino al compimento dei ventuno anni.»

    Anna si sentì invadere da un'ondata di gelido disagio. «Non capisco. Perché mia madre ha fatto una cosa simile? E perché a mio nonno dovrebbe importare di me?»

    «Siete la sua unica erede, Miss Preston, e alla sua morte diventerete una donna ricchissima.»

    In quel momento Anna non era interessata tanto al denaro del nonno quanto allo sconvolgimento che il testamento materno stava causando nella sua vita. «Vuole vedermi?» chiese con voce malferma.

    «Sì, quando avrete completato i vostri studi.»

    «Dovrei prendere tra poco il diploma di scuola superiore e speravo di prepararmi all'esame di ammissione a Oxford; temo però di non avere i mezzi per frequentare l'università, così forse seguirò un corso per segretarie. Dovrò lavorare per vivere, capite?»

    «Mia cara, scordatevi pure del lavoro. Una volta finiti gli esami, vostro nonno desidera che continuiate la vostra educazione in Europa.»

    «E poi?» mormorò Anna, confusa.

    «Poi potrete vivere nella tenuta di Belhaven, nel Buckinghamshire.»

    L'avvocato le descrisse i piani del nonno per il suo futuro: scuola di perfezionamento, soggiorno nella proprietà di famiglia a Belhaven, debutto in società, vita salottiera nel bel mondo londinese. Anna non mostrò il minimo entusiasmo e gli pose soltanto brevi domande, fino a quando la segretaria bussò discreta alla porta e chiese all'avvocato se poteva raggiungerla un momento. Questi si scusò e lasciò l'ufficio.

    Alex Kent, che era rimasto ad ascoltare in silenzio, si alzò e venne verso di lei. A diciassette anni, Anna Preston aveva ancora un che di infantile e verginale, quasi fosse una novizia in un convento. Dietro la sua facciata calma e controllata, però, si avvertiva un'energia repressa pronta a esplodere.

    All'inizio gli era sembrata la tipica ragazzina perbene, fin troppo sussiegosa e pudibonda, ma ora si accorgeva della sua bellezza: Anna aveva un viso delicato, dominato da grandi occhi viola e incorniciato da lunghi capelli neri, legati con un semplice fiocco sulla nuca. Aveva un'espressione tesa e guardinga che Alex conosceva bene: era l'espressione di chi non è mai stato felice e ha paura di concedersi un'emozione troppo forte per timore che le venga portata via.

    «Vostro nonno e io siamo amici da molti anni» le spiegò. «Consapevole dei problemi che avreste dovuto affrontare oggi, mi ha chiesto di essere presente e di occuparmi di voi, una responsabilità che ho accettato volentieri.»

    «Posso chiedere come mai non è venuto di persona?»

    «Soffre di una grave forma di artrite che lo costringe su una sedia a rotelle e ormai esce di rado. Vi interessa saperne di più su Belhaven, su vostro nonno e sul vostro futuro?»

    «No, signore» rispose Anna con franchezza.

    Ricordava ancora l'unica occasione in cui la madre le aveva raccontato piangendo della perdita dell'amato marito e della crudeltà dell'uomo che ora voleva dominare la sua vita. Anna allora aveva sei anni e, sebbene in seguito non ne avessero più parlato, quella scena le era rimasta dolorosamente impressa nella memoria.

    «L'interesse del nonno arriva con diciassette anni di ritardo, Mr. Kent» aggiunse fredda. «Ho studiato molto per passare gli esami, nella speranza di poter proseguire la mia educazione. Ora vi aspettate che getti tutto all'aria per correre da un uomo che pensavo morto, un uomo così spietato da scacciare mia madre solo perché voleva sposare l'uomo che amava?»

    Alex Kent si sedette sull'angolo della scrivania, facendo ondeggiare un piede, e Anna lo osservò con attenzione per la prima volta: doveva avere circa trent'anni e il viso abbronzato faceva pensare a una lunga vacanza nel sud della Francia o in qualche altro posto frequentato dai ricchi. I tratti erano marcati, gli occhi grigio argento penetranti e i capelli neri lucenti come il pelo di una pantera. Sotto la giacca dal taglio perfetto si intravedevano spalle ampie e muscolose. Alex Kent torreggiava su di lei con un'espressione risoluta e la faceva sentire piccola e vulnerabile.

    «Quando vostra madre rimase vedova, il padre le chiese di tornare a casa, ma lei rifiutò. Se ha avuto una vita infelice, doveva prendersela solo con se stessa. Ma voi? Vostra madre faceva la segretaria in un ufficio e viveva in una casa in affitto ad Highgate. Avreste dovuto capire che non guadagnava abbastanza da mandarvi in una scuola esclusiva come l'istituto Gilchrist. Non vi siete mai chiesta da dove prendeva il denaro per la retta?»

    Era vero: l'istituto Gilchrist era frequentato da ragazze dell'alta società. All'inizio Anna era rimasta sconcertata, poi aveva finito per accettare la cosa. «No, ma immagino che tra poco mi sarà tutto chiaro.»

    «Merito di vostro nonno. Vostra madre non era contraria ad accettare il suo denaro per mandarvi a scuola, ma non ha mai voluto altro da lui. Vi ha tenuto nascoste molte cose ed evidentemente voi non le avete mai rivolto troppe domande. Avevate paura delle risposte, immagino» commentò Alex Kent con durezza. «O forse la vostra era una stupida ingenuità.»

    «Se mi considerate una stupida o un'ingenua, perché non mi lasciate in pace, a vivere tra la gente più simile a me?» sbottò Anna.

    «La vostra gente ha sempre abitato a Belhaven» replicò Alex con asprezza. «Siete la nipote e l'erede di uno degli uomini più ricchi d'Inghilterra. Forse un anno in una scuola di perfezionamento per signorine vi aiuterà ad acquisire il fascino e la sicurezza di cui avrete bisogno per muovervi nei circoli più esclusivi. L'istituto Gilchrist sarà anche rinomato per l'educazione accademica fornita alle allieve, ma mi sembra alquanto carente in quanto alle buone maniere necessarie nell'alta società. Vi trovo piuttosto impertinente, Miss Preston» concluse in tono di disapprovazione.

    Abituata a seguire una severa disciplina, lei non si sarebbe mai sognata di mettersi a discutere con un adulto, ma quello in particolare riusciva a provocarla come mai nessuno prima. Inoltre, sapeva un po' troppe cose su di lei e la madre, per i suoi gusti.

    «Con una madre che mi ha sempre ignorato e un padre morto prima che nascessi, senza fratelli e sorelle pronti a tenermi al mio posto, in effetti a volte tendo a essere impertinente» ammise, guardandolo negli occhi. «Allora dovrei essere grata al nonno, Mr. Kent? A dire la verità, la cosa mi costa una certa fatica.»

    La collera di Alex svanì e la sua espressione si addolcì di colpo. «Scusatemi, sono stato troppo duro» mormorò gentile, stranamente commosso dalle parole della giovane. Anna Preston aveva sempre vissuto oppressa da una rigida disciplina e dall'amara infelicità della madre per la morte del marito dopo solo un anno di matrimonio.

    In circostanze normali Anna non avrebbe mai rivelato a un estraneo come stavano davvero le cose tra lei e la madre e ora rimpiangeva la propria schiettezza. «Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo. E comunque non sono affari vostri» aggiunse, abbassando gli occhi.

    «È vero, ma sono un bravo ascoltatore, se vi va di parlare» la sollecitò Alex.

    Lei scosse la testa e Alex non insistette.

    «La preside dell'istituto Gilchrist ha sempre mandato a Lord Manson entusiastici resoconti sui vostri progressi a scuola. Vostro nonno è fiero di voi e contento che il suo denaro sia stato investito bene.»

    «Dunque per lui sono solo un investimento!» esclamò Anna indignata. «Immagino di dovergli qualcosa, in cambio del denaro speso per la mia educazione. E se invece non volessi andare a scuola all'estero e rifiutassi ciò che mi offre?» chiese in tono di sfida. «Non vorrei sembrare ingrata, ma non apprezzo che la mia vita venga decisa da altri. Ho sempre voluto essere auto-sufficiente.»

    «Un atteggiamento che ammiro» puntualizzò Alex. «È uno dei pochi argomenti su cui vostro nonno e io non andiamo d'accordo. Lui è convinto che le donne siano destinate solo al matrimonio e alla maternità e che le signore non debbano lavorare.»

    Quell'inattesa rivelazione fu accompagnata da un sorriso caldo e affascinante, che esprimeva comprensione per la difficile situazione in cui lei si trovava.

    Turbata, subito lei abbassò lo sguardo e lottò per riprendere il controllo.

    «Pregiudizi del genere sono assurdi, al giorno d'oggi» dichiarò, tornando a guardarlo negli occhi. «Uomini e donne devono avere le stesse opportunità. Lo credeva anche mia madre, per questo si è data tanto da fare per la mia istruzione.»

    «Dunque volete andare all'università?»

    «Sì, ma ora temo che dovrò accontentarmi di un lavoro di segretariato.»

    «Non vi vedo a battere a macchina.»

    «Lo farò, se sarà necessario» replicò lei con un'ostinazione che gli ricordò Selwyn.

    «Non sarà necessario» le assicurò Alex. «La fortuna dei Manson vi spetta, non ci sono altri eredi e voi siete l'ultima della casata. Se rifiutate ogni contatto con vostro nonno, alla sua morte la proprietà verrà dispersa insieme a tutti i suoi tesori.»

    Anna rimase in silenzio; si sentiva smarrita e sola, senza nessuno a cui rivolgersi per avere un consiglio imparziale. «Sembra che non abbia altra scelta, se non assecondare i desideri di mia madre e fare ciò che vuole mio nonno» dichiarò senza allegria.

    «Siete la sua erede legittima e vi consiglio di accettarlo. Il fatto che vostra madre abbia inserito nel testamento il desiderio di vedervi a Belhaven mi fa credere che fosse pronta a perdonare il padre, se avesse avuto la possibilità che ora avete voi.»

    «Io non sono mia madre!» si ribellò Anna, scotendo la testa.

    Alex colse nel suo tono l'ostilità che aveva spesso notato in un rivale d'affari costretto a vendere qualcosa a cui non voleva rinunciare e cercò di placarla. «Capisco che siate sconvolta per la perdita di vostra madre, ma dovete considerare anche l'effetto che la sua morte ha avuto su Lord Manson. L'amava molto e ha sofferto terribilmente, quando lei lo ha sfidato per sposarsi contro la sua volontà. Il fatto che sia morta senza poter fare pace con lui gli ha spezzato il cuore.»

    Anna era riluttante a cambiare idea sull'uomo che aveva sempre odiato per la sofferenza inflitta alla madre. «Sopravvivrà» tagliò corto. «E comunque, dovrei fingere che non l'abbia cacciata di casa?»

    «Non siete il suo giudice e dovreste essere sicura dei fatti, prima di emettere una sentenza. Oppure siete pronta a condannarlo senza ascoltare la sua versione?»

    «No...» ammise Anna, turbata. «Ma voi state forse sostenendo che mia madre mentiva, Mr. Kent?»

    «Mi dispiace disilludervi, ma è stata lei ad andarsene da Belhaven. In questa storia c'è ben più di quanto appaia a prima vista.»

    «Ossia?»

    «Tocca a vostro nonno spiegarvelo, non a me.» Alex si alzò, prese il suo soprabito marrone e l'aiutò a infilarlo. «Direi che qui abbiamo finito. Bisogna sistemare ancora parecchi dettagli, ma non dovete preoccuparvene. I legali di Lord Manson contatteranno la vostra preside non appena avranno trovato una scuola adatta, magari in Francia o in Svizzera. Avete qualche preferenza?»

    «No» rispose Anna, incapace di nascondere la delusione all'idea di dover rinunciare all'università. «Sembrate sapere molte cose di me, dunque dovreste essere a conoscenza del fatto che non ho mai viaggiato. In vita mia ho visto solo Londra e la mia scuola nell'Essex.»

    Alex rimase senza parole per lo stupore: nel suo mondo tutti si muovevano di continuo. Era difficile accettare il fatto che quella ragazza intelligente avesse viaggiato così poco. «Ragione di più per completare la vostra educazione all'estero. In seguito vivrete a Belhaven; vostro nonno vuole che frequentiate la buona società e

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