Moglie e amante
Di Penny Jordan
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Penny Jordan
Scrittrice inglese, attiva da parecchi anni nell'area della narrativa romantica, è notissima e molto apprezzata dal pubblico di tutto il mondo.
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Anteprima del libro
Moglie e amante - Penny Jordan
successivo.
1
Come sempre, quando percorreva la strada principale di Woolerton al volante della sua utilitaria, Kate si sentiva felice. Quella di lasciare Londra e di trasferirsi nello Yorkshire era stata la cosa più bella che avesse mai fatto. Adorava quella regione con le sue colline e con quei villaggi dalle case di pietra in cui il tempo sembrava essersi fermato.
Arrestò l'auto davanti alla boutique di cui era proprietaria insieme all'amica Margaret Bowes.
Quando era venuta a rifugiarsi a Woolerton non aveva minimamente pensato che il negozietto piuttosto vecchio che aveva comperato le avrebbe offerto la possibilità di intraprendere una carriera così stimolante come in seguito si era rivelata, una carriera che ora la costringeva a recarsi spesso a Londra e persino a New York per vendere le sue creazioni alle boutique più alla moda. Lei forniva idee e materiali mentre la realizzazione dei capi era affidata a tutta una équipe di donne, vere e proprie fate nei lavori a maglia o all'uncinetto.
Ora stava appunto tornando da uno dei suoi giri nei villaggi vicini dove era andata a ritirare gli ultimi modelli, delle meraviglie, pensò entusiasta mentre scendeva dall'auto.
All'inizio, molte donne si erano mostrate diffidenti all'idea di guadagnare denaro lavorando in casa. Il loro scetticismo, tuttavia, era stato ben presto sostituito da un enorme senso di soddisfazione quando si erano rese conto che le loro creazioni andavano a ruba.
«Oh, eccoti!» esclamò Margaret vedendo l'amica. «Stavo per chiudere.»
«Mi sono fermata a casa di Sarah» spiegò Kate. Sarah Reddy era una delle sue più valide dipendenti e una delle più vecchie. Da quando, due anni prima, i figli e i nipoti erano emigrati in Nuova Zelanda, era rimasta sola nella sua casetta alla periferia di Woolerton.
Alcune pettegole del villaggio dicevano che Sarah era ricca ma Kate non ci credeva. Anzi, aveva l'impressione che la donna facesse fatica a tirare avanti come, del resto, la maggior parte degli abitanti di Woolerton. Vivere lì era piuttosto duro. Kate, tuttavia, per nulla al mondo sarebbe tornata ad abitare nella capitale, neppure per condurre un'esistenza più agiata. Era a Woolerton che aveva ritrovato la pace e la speranza di rifarsi una vita. Si lasciò sfuggire un sospiro nel tentativo di dimenticare gli avvenimenti che l'avevano costretta a fuggire da Londra. Erano già passati due anni da allora, due anni in cui aveva imparato a convivere con le vecchie ferite, anche se il dolore e il senso di fallimento seguiti alla fine del suo matrimonio non erano ancora completamente scomparsi.
Era capitata a Woolerton per caso. Partita da Londra e diretta a nord con l'unico scopo di allontanarsi il più possibile dalla città, l'auto le si era guastata a pochi chilometri da Woolerton e il meccanico che aveva dovuto rimorchiarla le aveva consigliato di passare la notte nell'albergo più vicino, quello appunto che gestiva Meg.
La riparazione della macchina aveva richiesto qualche giorno e, alla fine della settimana, Kate aveva deciso di rimanere in quella vallata. Meg, da poco vedova e per nulla entusiasta di continuare a mandare avanti da sola l'albergo, le aveva proposto di acquistare insieme il vecchio negozio di merceria e di trasformarlo in una boutique di modelli di lana fatti a mano. Kate si era lasciata convincere e, a due anni di distanza, non si pentiva affatto di quella decisione dettata dall'impulso.
«Matt verrà a prendermi tra mezz'ora» disse Meg, togliendole di mano la pila di maglioni. «Guarda che ho messo in forno un pasticcio...»
«Allora sbrigati a prepararti... Penserò io a mettere un po' d'ordine qui.»
Meg sorrise e salì di corsa la scala che portava all'appartamento soprastante che dividevano insieme.
Kate era contenta che l'amica avesse fatto la conoscenza di Matt Wrexlei, un fattore sulla cinquantina anche lui vedovo da poco. Padre di famiglia molto serio... troppo, forse, sembrava sinceramente interessato a Margaret, e Kate sperava di cuore che la loro amicizia sfociasse in un matrimonio.
Chiuse la boutique e salì a sua volta. Margaret aveva lasciato la luce accesa in soggiorno, una grande stanza dalle pareti color albicocca. Quando Kate aveva suggerito quel colore, l'amica aveva fatto una smorfia di disgusto, poi davanti al risultato finale non aveva lesinato i complimenti.
In realtà, era piacevole vivere in quell'ambiente confortevole arredato con mobili di bambù e col pavimento di legno ricoperto da tappeti di pelle di montone.
Mentre Meg era in bagno, Kate entrò in cucina e aprì il forno per controllare la cottura del pasticcio.
Rimasta orfana molto giovane, era stata allevata da una madrina sofisticata e pluridivorziata che trascorreva la vita viaggiando da un posto all'altro trascinandosi dietro la figlioccia durante le vacanze scolastiche. Era stata un'esistenza spensierata finché non aveva incontrato Jake.
Dapprima lo aveva creduto uno degli ultimi amici di Lyla, ma, anche se solo ventenne, aveva infine capito che lui non aveva la malleabilità che la madrina cercava negli uomini di cui solitamente si circondava.
Lyla glielo aveva presentato a Cannes, come il suo caro figliastro, Jake Harvey. Dunque figlio di uno dei suoi tanti mariti... Ma di quale? Del secondo? Del quarto? Del quinto? I mariti di Lyla erano stati talmente tanti....
Kate era arrossita e il suo cuore aveva preso a battere forte sotto lo sguardo insistente di Jake.
«Caro, metti in imbarazzo la bambina!» era intervenuta Lyla e lui aveva sorriso, distogliendo finalmente gli occhi grigi da lei.
Più tardi, aveva pensato ancora a lui. Se il padre di Jake era stato altrettanto arrogante e sicuro di sé, non c'era da stupirsi che il suo matrimonio con Lyla fosse durato tanto poco!, si era detta. Lyla aveva bisogno di sentirsi adulata e di essere circondata da fantocci privi di personalità.
«Kate, sei diventata sorda?»
Kate trasalì alla voce dell'amica. Era talmente assorta nei suoi pensieri che non l'aveva vista uscire dal bagno.
«Come ti sembro?» le chiese Meg, preoccupata.
«Perfetta» la rassicurò Kate.
«Non sono troppo... vistosa con questo vestito?»
Kate scoppiò a ridere.
«Hai soltanto quarantacinque anni, Meg, non novanta! Puoi permetterti di vestirti così.»
«Ricordati che ho abbastanza anni da poter essere tua madre!» le fece presente Meg, con uno sospiro. «Sei tu che dovresti uscire, non io!»
«No, grazie» ribatté Kate, fingendo di darsi da fare con il forno.
«Ho l'impressione che Kevin Hargreaves si sia innamorato di te» disse Meg, riferendosi al medico condotto. «La settimana scorsa ti ha telefonato almeno una decina di volte...»
«Solo per parlarmi della petizione che stiamo organizzando per impedire l'espansione della centrale nucleare» la informò Kate, seria in viso. «Che bisogno c'è di ampliarla?» continuò con amarezza. «Non si rendono conto del pericolo? E non mi riferisco solo a questa valle, ma all'intera nazione.»
«So benissimo come la pensi in proposito, ma a volte bisogna anche rivedere le proprie opinioni. Pensa, per esempio, a tutti i posti di lavoro che questa centrale ha creato nella regione. Ora, per lo meno, i giovani non sono più disoccupati. Senza la centrale, sarebbero stati costretti a migrare verso la capitale.»
Kate si limitò a scuotere la testa. Aveva spesso discussioni del genere con l'amica che non condivideva le sue idee, che si diceva moderna a tutti i costi e che approvava ciecamente ogni nuova scoperta. Fortunatamente, però, Kevin Hargreaves non la pensava come Meg. Era un pacifista e un ecologista convinto, pronto a lottare con tutte le sue forze contro l'estensione della centrale costruita a qualche chilometro da Woolerton.
Dopo aver mangiato e aver lavato i piatti, si sedette alla scrivania con l'intenzione di disegnare qualche modello nuovo per la collezione primaverile. Ma, poco aiutata dalla fantasia, si ritrovò ben presto a pensare a Jake. Non avrebbe mai dovuto sposarlo! Ma a quei tempi era così ingenua. In un primo momento, lui aveva scambiato il suo candore per una posa ma poi, quando aveva scoperto che era genuino, l'aveva trattata con un misto d'indulgenza, d'ironia e di tenerezza.
«Non saresti rimasta così se fossi vissuta a lungo con Lyla» le aveva detto una volta. Poi, con quella voce profonda con cui le parlava quando facevano l'amore, aveva aggiunto: «Sei una bambina... una bambina troppo sensibile...».
Sì, per Jake lei era stata soltanto una bambina, una bambina che gli si era data con la più totale fiducia. Tra le sue braccia perdeva ogni senso della realtà e si lasciava trasportare in un mondo sconosciuto, un mondo magico di cui soltanto lui possedeva le chiavi d'accesso.
Sfortunatamente, però, la luna di miele non era durata per sempre. Jake era ingegnere presso la base missilistica di Greenham e lavorava al perfezionamento di ordigni terribili in grado di distruggere centinaia di migliaia di persone innocenti.
Kate rabbrividì al ricordo di come si era arrabbiato quando, una sera, tornando a casa, l'aveva scoperta immersa nella lettura di un volantino antinucleare che lei aveva trovato nella buca delle lettere. Quella reazione l'aveva gelata e le aveva fatto capire anche che Jake non voleva al suo fianco una moglie con delle idee proprie, ma una bambola, una bambolina disposta a procurargli piacere e nient'altro. Era stato l'inizio della fine. Quella sera lui aveva fatto l'amore con rabbia e lei gli aveva resistito, non con il corpo, perché era impossibile, ma con la mente. Era stato come se tra di loro si fosse aperto un baratro e quel baratro, con l'andare del tempo, era divenuto sempre più profondo. In seguito Kate era entrata a far parte del movimento per la pace e Jake aveva preso la cosa malissimo.
«Se proprio non hai nulla di meglio da fare che sprecare il tempo con quella massa di donne isteriche, ti darò io qualcosa a cui pensare» le aveva gridato. «Un bambino...»
«Un figlio è l'ultima cosa che mi passerebbe per la mente di volere da te» aveva urlato di rimando lei. «Non ho nessuna voglia di mettere al mondo una creatura che un giorno potrebbe essere vittima dell'ossessione di suo padre per le armi nucleari!»
E così era andata avanti per giorni, per settimane, fino al colpo finale che era arrivato qualche giorno prima di Natale, quando erano stati invitati a una festa alla base militare in cui lavorava Jake. Kate aveva dapprima rifiutato, ma suo marito aveva tanto insistito che alla fine aveva ceduto.
Aveva però approfittato di quell'occasione per far conoscere a tutti le sue idee pacifiste, e le sue affermazioni appassionate erano state accolte da un silenzio profondo.
Jake l'aveva riportata a casa e lei si era sentita tremare all'idea delle reazioni che avrebbe avuto. Lui, invece, si era fermato sulla soglia della camera da letto e, guardandola con occhi gelidi, le aveva detto: «Non possiamo continuare così. Ho sposato una bambina pensando che sarebbe cresciuta e sarebbe diventata una donna, ma visto che le cose non sono andate così, ti lascio, Kate. Se mai riuscissi a crescere, sai dove trovarmi, ma non credere che possa rimanere qui ad aspettare».
Senza aggiungere altro se