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Demon's game (eLit): eLit
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E-book397 pagine12 ore

Demon's game (eLit): eLit

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Info su questo ebook

I Signori degli Inferi: seducenti guerrieri immortali, legati da un'antica maledizione che nessuno è mai riuscito a infrangere...
Un guerriero che non sopporta di perdere... Una donna che è una sfida continua...

Quella tra Strider, custode del demone della Sconfitta, e Kaia, scatenata Arpia dai capelli di fiamma, sembra una storia destinata al fallimento. Eppure l’attrazione che vibra tra loro è travolgente. E quando lei viene invitata a partecipare ai sanguinari Giochi delle Arpie, la presenza e l’amore dell'orgoglioso guerriero diventano fondamentali per superare la dura prova che l’aspetta: vincere o morire. Perché lui, che lo voglia o no, è la sua anima gemella e dunque l’unico che può aiutarla. Ma forse il premio in palio non è quello che loro credono...
LinguaItaliano
Data di uscita31 ago 2017
ISBN9788858973899
Demon's game (eLit): eLit
Autore

Gena Showalter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Demon's game (eLit) - Gena Showalter

    singhiozzi.

    1

    Oggi

    «Lo voglio.»

    «E questa determinazione quando l’ho già sentita? Ah, sì, il giorno dello sfortunato incidente: mi hai fatto giurare di non parlarne mai e non lo farò, dunque non agitarti. Pensavo solo che a questo punto avessi più criterio quando si tratta di scegliere un uomo.»

    Kaia dei Falchi del cielo fissò la sua gemella Bianka, detta Celestiali Colline, il nomignolo che le aveva affibbiato dopo che si era messa con un angelo. Bianka aveva ricambiato con Scaldaletto dei Signori degli Inferi, visto che si era scopata Paris, l’uomo più promiscuo in circolazione. Purtroppo, però, le Arpie avevano la memoria lunga, così che l’antico appellativo di Kaia la Delusione risuonava ancora in occasione di incontri con un’altra della sua razza.

    Bianka era splendida come sempre, con la cascata di capelli neri e i lucenti occhi color ambra. Al momento stava passando in rassegna i vestiti appesi alle grucce in un grande negozio di abbigliamento.

    «Quello è successo un milione di anni fa» replicò Kaia. «Strider è il primo uomo che... che desidero davvero» aggiunse, prima che la sorella facesse qualche commento sui ragazzi che si erano succeduti nel corso dei secoli.

    «È successo millecinquecento anni fa, ma non stiamo parlando di quella vicenda. E cosa mi dici di Kane, custode del demone del Disastro? Non c’è stato qualcosa tra voi?»

    «Forse il suo demone mi ha vista come uno spirito affine, sperando di alimentare le fiamme di un romanzetto tra noi, ma io non sono attratta da lui.»

    «Perché non cerchi da un’altra parte? Tipo... nei cieli?» propose Bianka. «Potrei presentarti un angelo.» Sollevò un fluente vestito azzurro con il corpetto decorato di lustrini e l’orlo di pizzo a balze. «Che te ne pare di questo?» chiese.

    Kaia ignorò la domanda. «Io voglio Strider.»

    «Non va bene per te.»

    È perfetto per me. «Uno, non appartiene a un’altra Arpia» elencò. «Due, non è uno psicopatico... o almeno non sempre. E terzo, è il mio consorte, lo so.» Ecco, lo aveva detto a voce alta a qualcuno di diverso da se stessa e dall’uomo in questione.

    I consorti erano difficili da trovare e dunque preziosi. Anzi, necessari: le Arpie erano volubili e pericolose e, quando si arrabbiavano, potevano diventare letali per il mondo intero. Solo i consorti riuscivano a calmarle.

    Se solo avesse potuto sceglierlo da un catalogo e farla finita... Invece era l’istinto a decidere e il corpo lo assecondava. Inoltre le Arpie potevano avere soltanto un consorte in tutta la loro lunghissima vita; se lo perdevano, soffrivano in eterno, se prima non si uccidevano.

    Kaia aveva cercato di rubare quello di Juliette, che era rimasta senza il suo consorte, ignorando se era vivo o morto, odiandolo per ciò che aveva fatto, ma avendone pur sempre bisogno. E da allora desiderando vendicarsi.

    Tutto quello copriva di vergogna Kaia, ma cosa poteva dire a sua discolpa? Niente. Aveva disobbedito e liberato quell’uomo, scatenando sulla razza una furia letale.

    Ogni anno mandava a Juliette un cestino di frutta con un biglietto di scuse e ogni anno il cestino veniva rimandato indietro con torsoli marci, bucce di banana annerite e un’immagine dell’Arpia che le mostrava il dito medio, con la frase: Muori, puttana, scritta col sangue.

    L’unico motivo per cui Juliette non l’aveva ancora aggredita era il rispetto per Tabitha, che era ancora ritenuta da alleati e nemici una forza da tenere in debita considerazione.

    Non doveva pensare al passato, si disse Kaia, ma al suo consorte. Strider. Barbaro, cialtrone, idiota. Era un guerriero immortale che tanto tempo prima aveva rubato e aperto il vaso di Pandora, per dare una bella lezione a quegli stronzi degli dei. Loro avevano osato scegliere una semplice donna per fare la guardia a quella stupida reliquia. Grazie a quella mossa geniale, lui e i suoi amici – i famigerati Signori degli Inferi, temuti da tutti tranne che dalle Arpie – erano stati maledetti e costretti a custodire dentro di sé i demoni che avevano liberato.

    Quel bellissimo deficiente di Strider era posseduto dal demone della Sconfitta e non poteva perdere una sfida senza provare un dolore tremendo. Per questo era deciso a vincere sempre, perfino ai videogiochi. Era un vero idiota, ma non esisteva un uomo più bello, più spietato e più deciso a non avere niente a che fare con lei.

    «Be’?» Bianka le scosse il vestito davanti al viso, reclamando la sua attenzione. «Dimmi che ne pensi, possibilmente oggi.»

    Doveva concentrarsi. «Non prendertela con me, ma quella roba ti fa sembrare una stupida reginetta di bellezza che non ha alcuna intenzione di andare a letto con il suo ragazzo alla fine del ballo – perché non ha un ragazzo. È troppo idiota per averlo. Spiacente.»

    Bianka scrollò le spalle noncurante. «Ehi, le reginette di bellezza saranno idiote, ma hanno il sangue bollente.»

    «Va bene, prendi il vestito» la incitò Kaia. «Io ti regalerò un centinaio di gatti per tenerti compagnia, mentre passi da sola il resto dell’eternità cercando di capire quando le cose con l’angelo sono andate storte... senza capire che i problemi sono cominciati proprio stanotte.»

    «Ehi, a me piacciono i cani» le ricordò la sorella. Strinse le labbra rosse, rimise a posto il vestito e si mise in cerca dell’abito perfetto da indossare mentre dava una brutta notizia a Lysander, il suo consorte.

    Povera Bianka: non si era solo scopata un angelo, si era anche legata a lui per sempre. Lysander viveva e lavorava nei cieli ed era così noioso che Kaia avrebbe preferito torturare qualcuno infilandogli schegge di bambù sotto le unghie, piuttosto che passare del tempo con lui. Anzi, quello era un esempio sbagliato: lei si divertiva a infilare schegge di bambù sotto le unghie degli altri e adorava sentire le loro urla di dolore. Musica per le sue orecchie.

    «Kaia, perché sospiri con aria rapita? A cosa stai pensando?» sbottò Bianka.

    «Ai musical.»

    «Ai musical? Mentre io ho un disperato bisogno del tuo aiuto?» si indignò. «Per una volta vuoi ascoltarmi?»

    «Un momento» la fermò Kaia. Un tipo noioso come il consorte della sorella meritava un soprannome altrettanto pesante, tipo... Papa Lysander I. Giusto. Era un angelo guerriero alato, uno sterminatore di demoni e un maschio davvero sexy, ma anche un tipo rigido e moralista che stava eliminando ogni divertimento dalla vita della sorella in modo lento ma inesorabile.

    In effetti l’avversione di Lysander per i furti nei negozi era il motivo per cui avevano abbandonato Budapest, erano tornate in Alaska e si erano intrufolate in quel grande centro commerciale di notte e non in pieno giorno.

    Kaia avrebbe detto al suo uomo di ficcarsi nel culo la richiesta di non rubare davanti agli umani, ti prego. Così metti loro in testa strane idee. Tra l’altro aveva bisogno di qualche brivido per calmare il suo lato oscuro, ma amava la sorella ed era in debito con lei.

    Anche se non parlavano mai dello sfortunato incidente, non aveva dimenticato l’accaduto. Ogni giorno rivedeva la gemella distesa in una pozza del suo sangue, gli occhi vitrei per il dolore e le labbra ferite.

    «E va bene, parliamo dei tuoi problemi, così poi potrai concentrarti sui miei» sospirò Bianka. «Spiegami perché hai scelto Strider come tuo compagno del cuore. So già che muori dalla voglia di elencarmi le sue virtù.»

    «Cos’hai detto? Compagno del cuore?» trasecolò Kaia, certa di aver sentito male.

    «Dev’essere l’influenza di Lysander» ammise la gemella con una risatina.

    «In effetti passi troppo tempo con gli angeli: il tuo quoziente di intelligenza sta precipitando.»

    Bianka tamburellò con le unghie smaltate di azzurro sulla rastrelliera metallica a cui erano appesi gli abiti. «Gli angeli non sono niente male» li difese. «Comunque Strider ti creerà un sacco di problemi. Gli hai detto quello che provi per lui e ti ha respinta» le ricordò. «Se ci riproverai si irriterà e un guerriero posseduto da un demone che si infuria può scatenare un disastro globale.»

    «Lo so.» Se avesse capito prima quanto Strider era importante per lei, non sarebbe andata a letto con il suo amico Paris, custode del demone della Promiscuità, detto Paris il Sessorcista, un maschio così sensuale da far girare la testa a qualunque donna. E se non fosse andata a letto con il Sessorcista, Strider lo Stupido non l’avrebbe respinta.

    Forse.

    O forse lo avrebbe fatto lo stesso. Perché, con grande costernazione – e non rabbia furibonda – di Kaia, lui desiderava un’altra: Haidee, la bella ragazza bionda che ora apparteneva al suo amico Amun, custode del demone dei Segreti.

    Be’, almeno adesso Haidee era fuori questione e lei non doveva preoccuparsi che Strider allungasse le mani. Onore tra i demoni e roba del genere.

    In ogni caso la sola idea che lui guardasse un’altra donna era sufficiente perché le unghie si allungassero e affilassero come artigli, i denti diventassero zanne e il sangue si mettesse a ribollire. È mio, urlava ogni fibra del suo corpo. Kaia avrebbe ucciso qualunque donna osasse fare un’avance a Strider e anche qualunque donna lui avvicinasse. Non avrebbe potuto evitarlo: il suo lato oscuro l’avrebbe spinta a proteggere ciò che le apparteneva.

    «Strider è fortunato a essere ancora vivo e non solo perché vorrei tagliargli via la virilità e darla da mangiare agli animali dello zoo sotto i suoi occhi» continuò Bianka. «Un uomo che non riconosce il tuo valore merita una bella seduta di tortura.»

    «Lo so.» Non perché Kaia fosse speciale – maledizione, un tempo lo era – ma perché nessuno poteva respingere un’Arpia senza conseguenze.

    In realtà la maggior parte delle Arpie si sarebbe presa Strider con la forza, dunque forse la stupida era lei a permettergli di scacciarla. D’altra parte lo voleva consenziente: un rapimento avrebbe significato una sconfitta, e la sconfitta gli avrebbe procurato una sofferenza terribile. E lei non voleva che soffrisse.

    «Lui non ti merita» ribadì Bianka, leale come sempre.

    «Lo so» ripeté Kaia. Questa volta però mentiva: sarebbe sempre stata una disgrazia per la sua tribù. Dunque Strider meritava di meglio, certamente.

    «Però lo vuoi lo stesso.» Era un’affermazione, non una domanda, accompagnata da un sospiro.

    «Sì.»

    «Cosa pensi di fare per conquistarlo?»

    «Niente» rispose Kaia, lottando contro un’ondata di depressione. «L’ho inseguito una volta e non intendo rifarlo.»

    «Ma...»

    «No. Poche settimane fa l’ho sfidato a sterminare più Cacciatori di me.» I Cacciatori erano i nemici giurati dei demoni, dei fanatici pronti anche a uccidere degli innocenti, se intralciavano quella che ritenevano una sacra missione. Avrebbero assaggiato i suoi artigli, se avessero osato avvicinarsi di nuovo a Strider con un’arma in mano.

    Nel corso dei secoli i Cacciatori avevano torturato i Signori degli Inferi, fatto saltare in aria interi edifici e decapitato il custode del demone della Sfiducia. Be’, questo era davvero grave, visto che Strider dopo tanto tempo era ancora sconvolto da quell’episodio.

    A proposito, Haidee aveva contribuito a quell’omicidio. Kaia non lo capiva proprio: se Strider la desiderava nonostante i suoi crimini, perché non voleva lei?

    «Volevo aiutarlo a uccidere gli uomini che lo inseguivano. Volevo fargli vedere com’ero brava. Volevo che ammirasse le mie capacità. E lui l’ha fatto? Nooo. Si è infuriato, lamentandosi di tutti i guai che gli avrei procurato, così l’ho lasciato vincere. E tu sai che io non mi tiro mai indietro davanti a un bello scontro.» Quello era un atteggiamento da deboli e già troppi la consideravano tale. «E per ringraziamento lui mi ha detto di sparire.» Che umiliazione! Meglio cambiare argomento, prima di infuriarsi e radere al suolo il centro commerciale. «Lasciamo perdere. Come vuoi apparire?» chiese, passando in rassegna i vestiti appesi.

    Bianka non fece commenti su quel brusco cambiamento. «Sexy ma sofisticata.»

    «Buona scelta. E questo dovrebbe aiutarti?»

    «Lo spero. Ecco il mio piano: lasciare che Lysander mi strappi il vestito di dosso e mi scopi nel modo più porco possibile e poi, quando starà ancora cercando di riprendere fiato, lasciar cadere la bomba e scappare veloce come un lampo.»

    Era un piano che Kaia avrebbe applicato volentieri con Strider – la parte sulla scopata, almeno – ma sapeva già che lui non avrebbe prestato alcuna attenzione alle sue parole. Lo aveva già dimostrato. «E cosa gli dirai?»

    Bianka scrollò le spalle delicate. «Ecco... non lo so esattamente» ammise.

    «Facciamo una prova: fingi che io sia il tuo angelo consorte disgustosamente innamorato e confessa.»

    «Ok.» Sospirò, raddrizzò la schiena, e fissò la sorella con gli occhi ambrati colmi di trepidazione. «Allora, vediamo...» Si fermò e deglutì. «Amore, io... ehm... devo dirti una cosa.»

    «Che cosa?» chiese Kaia con voce profonda. Appoggiò i gomiti sulla sbarra metallica a cui erano appesi i vestiti. «Sbrigati, perché tra poco devo spargere la mia polverina magica e agitare la bacchetta...»

    «Lysander non sparge nessuna polverina! È un angelo guerriero» esplose Bianka indignata. «In quanto alla sua bacchetta magica...» aggiunse con una risatina maliziosa. «È davvero enorme. Probabilmente più grande di quella di Strider.»

    Kaia non rispose e rimase in attesa.

    La sorella fece un respiro profondo e proseguì. «Amore, devi sapere che per la prima volta da secoli la mia famiglia è stata invitata a partecipare ai Giochi delle Arpie. Mi chiederai perché. Ecco, vedi, la mia sorella gemella una volta ha fatto una cosa così stupida che...»

    «Sono sicuro che su questo esageri» la interruppe Kaia, imitando la voce profonda di Lysander. «La tua gemella è la ragazza più forte e intelligente che abbia mai conosciuto. E ora dimmi qualcosa che valga la pena di ascoltare.»

    «Insomma, non so bene come mai siamo state invitate, ma pochi giorni fa è arrivato un biglietto dorato con la richiesta di partecipare. Non possiamo rifiutare senza coprire di vergogna tutta la tribù: faremmo una figura da vigliacche e, come sai, io non lo sono. Così... parto tra una settimana e starò via per quattro. Un ultimo particolare: le quattro gare previste implicano spargimento di sangue, possibile perdita degli arti e torture varie. Ci vediamo.» Le strizzò l’occhio e attese la sua reazione.

    «Mi piace: hai parlato in modo fermo, particolareggiato e determinato. Non avrà altra scelta, se non lasciarti andare senza fare tante storie.»

    La preoccupazione di Bianka si attenuò. «Lo credi davvero?»

    «No. Darà fuori di matto, iperprotettivo com’è. Che ne dici di questo?» Le mostrò un modello di un tessuto impalpabile, con sottili catenelle d’argento che collegavano i lati.

    «Dico che è perfetto. E che tu sei una vera peste.»

    Kaia le rivolse un sorriso impertinente. «Ma tu mi ami lo stesso.»

    «Come hai detto tu stessa, il mio quoziente d’intelligenza è precipitato.» Bianka si mordicchiò il labbro inferiore. «E va bene, ecco come penso che andranno le cose dopo il mio annuncio: all’inizio Lysander tenterà di fermarmi.»

    «Esatto.»

    «Poi, quando si renderà conto che è impossibile, insisterà per venire con me.»

    «Già. E la cosa ti va bene?» Tutti l’avrebbero presa in giro per essersi messa con un angelo, soprattutto la madre. Tabitha odiava quelle creature perché era convinta che il padre della loro sorellastra più giovane fosse uno di loro. A suo parere la supposta debolezza di Gwen era colpa sua.

    «Sì» rispose Bianka con un sorriso estatico. «Non mi piace stare lontana da Lysander e sono pronta a uccidere chiunque parli male di lui, il che aggiungerà un pizzico di pepe alle mie giornate.»

    «Oltre a decimare la concorrenza, visto che io ti aiuterò» aggiunse Kaia. Come le sarebbe piaciuto portarsi dietro Strider.

    Anzi, no, si corresse subito. Lei non godeva certo di una buona fama tra le Arpie. Sarebbe morta di mortificazione, se lui avesse visto come la trattavano e sentito il suo umiliante nomignolo – Kaia la Delusione. Un soldato come lui apprezzava la forza: lo sapeva, perché anche lei era un soldato.

    Il pensiero successivo la colpì come una mazzata: quella stronza di Haidee era forte. Per quanto in parte umana, aveva sconfitto la morte infinite volte, tornando in vita per combattere i Signori degli Inferi, fino a quando non si era innamorata di Amun.

    Se non avesse adorato tanto Amun, Kaia l’avrebbe spedita nella tomba in modo definitivo. Nessuno poteva suscitare l’attenzione di Strider senza soffrire.

    Magari prima di partire per i giochi avrebbe fatto in modo che le venissero i pidocchi, o qualche altro disgustoso disturbo. Una bella vendetta.

    «Mi stai ascoltando, o ti sei di nuovo persa nelle tue divagazioni?» sbottò Bianka esasperata.

    Kaia si riscosse. «Sì, ti stavo ascoltando. Parlavi di qualcosa di... importante.»

    «Già, certo. Grazie comunque per l’offerta di aiutarmi a punire chiunque insulti Lysander. Sei un vero sostegno.»

    «Anche tu, Bee.» Le cose si sarebbero sistemate presto per la sorella: Lysander l’avrebbe appoggiata e vedendo quant’era inflessibile prima o poi le Arpie si sarebbero tirate indietro. A lei, invece non sarebbe andata altrettanto liscia.

    «Ci sarà anche la nostra adorata mammina» continuò Bianka con falsa noncuranza. «Lei lo odierà, vero?»

    «Sicuro. Comunque ha un pessimo gusto in fatto di uomini. Prendi nostro padre: una fenice mutaforma, la razza peggiore tra gli immortali, sempre pronta a bruciare e saccheggiare. Bisogna essere proprio fuori di testa per mettersi con un tipo simile, dunque mi preoccuperei se alla mamma piacesse Lysander.»

    Se Tabitha aveva gusti tanto disastrosi, cos’avrebbe pensato di Strider?

    Bianka scoppiò in una calda risatina. «Hai ragione.»

    «E comunque chi se ne frega» dichiarò Kaia con una sicurezza che non sentiva affatto. In realtà aveva ancora un disperato bisogno dell’approvazione materna. «E poi magari ha seppellito l’ascia di guerra.» Per gli dei, quel tono infantile e implorante era davvero suo?

    La sorella le batté un colpetto sulla spalla. «Mi spiace deluderti, ma lei seppellirebbe l’ascia di guerra solo nella tua schiena.»

    Kaia cercò di non crollare per il rimpianto. «Vero.» Be’, non se ne curava, davvero. Ma perché nessuno, a parte le sorelle, la considerava all’altezza?

    Un errore, uno solo, e per giunta commesso da ragazzina, e la madre l’aveva cancellata dalla sua vita. Un errore, uno solo, e Strider l’aveva respinta. E non che l’avesse tradito; a quell’epoca erano single tutti e due, non uscivano insieme, non si erano nemmeno baciati. E quando era andata a letto con Paris non sapeva che un giorno avrebbe desiderato Strider.

    Lui avrebbe dovuto riconoscere il suo fascino e tentare di sedurla, dunque in fondo la colpa era sua. O forse del suo demone. Sconfitta doveva ancora rendersi conto che perdere lei era molto peggio che perdere una sfida. Strider avrebbe sofferto senza di lei. Kaia voleva che soffrisse.

    Il demone era legato a lui ed essenziale per la sua sopravvivenza, quindi forse doveva fare qualcosa per portarlo dalla sua parte, se avesse deciso di riprovarci con Strider... cosa da escludere. Quell’idiota aveva perso la sua possibilità. Se ci avesse riprovato, poi, sarebbe sembrata disperata... E in effetti lo era.

    Per gli dei, quella situazione la deprimeva e la faceva infuriare. Come poteva combattere un uomo che desiderava anche proteggere?

    La voce di Bianka la riscosse. «A cosa stai pensando? I tuoi occhi sono quasi del tutto neri, segno che l’Arpia sta per prendere il sopravvento e...»

    «Ehi, cosa fate qui?» gridò qualcuno.

    Kaia si costrinse a respirare con calma e lanciò una rapida occhiata dietro la spalla. Magnifico: stavano arrivando gli addetti alla sicurezza del centro commerciale. «Sto bene, giuro. Ci rivediamo a casa?» Poi buttò il vestito prescelto alla sorella.

    «Ok.» Bianka lo prese al volo e lo infilò sotto la maglietta. «Ti voglio bene.»

    «Anch’io.»

    Corsero via in direzioni opposte.

    «Ferme o sparo!»

    I capelli rossi di Kaia erano come un faro nell’oscurità, così la guardia si lanciò all’inseguimento, chiamando allo stesso tempo rinforzi via radio. Le luci erano spente e il resto del centro commerciale offriva ben poca illuminazione, ma la vista da Arpia le permetteva di muoversi con facilità. Purtroppo la guardia umana conosceva bene la zona e guadagnava terreno.

    Kaia stava per sfrecciare via usando le ali, quando l’uomo la colpì con una scarica della pistola taser, facendola cadere distesa a faccia in giù: era a pochi centimetri dalla porta d’uscita, ma gli spasmi muscolari le impedivano di completare la fuga.

    Avrebbe potuto eliminare la guardia con una pugnalata, ma quella era la sua città natale e preferiva non uccidere i locali. O meglio, non voleva ucciderne più di uno al giorno e aveva già superato il limite.

    Inoltre, perché uccidere la guardia quando in fondo le aveva fornito ciò che desiderava in segreto – un motivo per chiamare Strider?

    Dopotutto qualcuno doveva pur pagare la cauzione e tirarla fuori di prigione.

    2

    Strider aspettava nell’atrio del Dipartimento di Polizia di Anchorage, l’amico Paris al fianco. Avevano già pagato la cauzione di Kaia e ora attendevano che venisse rilasciata. Dai, sbrigati, Rossa. I poliziotti maschi li squadravano torvi e le poche donne presenti li divoravano con gli occhi.

    Certo, erano armati: Strider non avrebbe messo piede in una chiesa in paradiso senza pugnali nascosti da qualche parte – soprattutto da quando sapeva che i cieli erano sorvegliati da spietati angeli guerrieri – figurarsi in un edificio come quello, strapieno di armi e di umani pronti a usarle. Fino a quel momento nessuno aveva fatto commenti. Non che potessero vedere il vero arsenale nascosto sotto il giubbotto, la maglietta e i jeans.

    «Perché è toccato a noi anche questa volta?» si lamentò Paris contrariato. Il custode del demone della Promiscuità era più alto di Strider, ma non altrettanto possente.

    «Le dovevo un favore» rispose, stando attento a non rivelare alcuna emozione. Tipo il fatto che avrebbe preferito affrontare la tortura nelle segrete del nemico che ritrovarsi là. Come il fatto che non voleva rivedere Kaia e non voleva che Paris la rivedesse.

    «Che favore?»

    «Non sono affari tuoi.» Non aveva voglia di parlarne, tanto meno di pensarci. Troppo imbarazzante, come farsi beccare in pubblico con i pantaloni calati.

    No, quello non era un buon esempio: lui faceva un’ottima figura in quella posizione.

    Occhio all’io. Si era ripromesso di smetterla di vantarsi delle sue magnifiche qualità. Non era giusto nei confronti dei cittadini del mondo: dopotutto non era colpa loro se lui era superiore in ogni aspetto.

    «Be’, io non le devo favori.» Paris gli lanciò uno sguardo di un azzurro intenso. La tensione che emanava non diminuiva la sua bellezza: aveva capelli che avrebbero fatto morire d’invidia l’universo femminile, con quelle sfumature dal nero, al castano al miele, e per osservare il suo viso la maggior parte delle donne sarebbe stata pronta a tutto, anche a uccidere.

    Probabilmente Kaia aveva affondato le dita in quei capelli e ricoperto di baci quel viso.

    Strinse i denti. «Sei andato a letto con lei. Devo ricordartelo?»

    «No, ma a pensarci bene questo significa che è Kaia a essere in debito con me. E ora anche tu, visto che mi hai convocato qui per aiutarti, interrompendo la mia ricerca» fu l’acida replica.

    Sienna, la donna che desiderava più di ogni altra, era intrappolata nei cieli, schiava del re degli dei e posseduta dal demone dell’Ira. Paris sperava di trovarla, salvarla e punire chi le aveva fatto del male.

    Strider premette la lingua contro il palato e rimase in silenzio: pur avendo trovato il suo unico amore, come ripeteva spesso, quell’idiota del suo amico era andato a letto con Kaia. Secondo il suo modesto parere, un uomo che aveva trovato l’anima gemella non andava a scopare in giro. Certo, Paris non poteva evitarlo: il suo demone lo obbligava ad andare a letto ogni giorno con una persona diversa, se non voleva indebolirsi e morire. Una parte alquanto meschina di Strider desiderava quasi che avesse scelto quell’alternativa. Non tollerava che avesse toccato l’Arpia.

    Quel pensiero gli procurò un acuto senso di colpa: Kaia non era il suo unico amore, ammesso che una cosa del genere esistesse per lui: competitiva, forte e astuta, gli avrebbe procurato solo guai. Eppure era attratto da lei e, data la sua natura possessiva, non gli piaceva l’idea che andasse a letto con qualcun altro.

    Soprattutto perché lui doveva sempre essere il migliore: a causa del suo demone aveva bisogno di vincere anche a letto. Purtroppo in quel campo Paris aveva più esperienza di chiunque altro.

    Strider non si gettava in un’impresa, se non era sicuro di vincere: niente valeva il tormento fisico e mentale che accompagnava una sconfitta. E a giudicare dai gemiti di piacere provenienti dalle camere d’albergo affittate da Paris nel corso dei secoli, l’amico era davvero imbattibile.

    Il piacere legato a una vittoria... Per gli dei, non c’era niente di paragonabile, neanche il sesso. Per Strider quella sensazione era come una droga da cui dipendeva, come Paris aveva bisogno di ambrosia, la bevanda degli immortali.

    «Allora, cosa ha fatto Kaia di così importante?» chiese Paris riportandolo al presente.

    «Non sono affari tuoi, te l’ho già detto.»

    «È vero, ma pensavo che, se avessi insistito, prima o poi me l’avresti rivelato.»

    «Ti sbagliavi: dovresti sapere che sono molto ostinato. E non sono neanche in debito con te: in cambio dell’aiuto che mi hai dato stanotte, ho acconsentito ad accompagnarti in Titania a cercare Sienna.» Che nome assurdo! Quel pallone gonfiato di Crono aveva cambiato nome all’Olimpo, scegliendone uno che ricordava la sua razza, in spregio ai Greci che vi avevano regnato e ora erano rinchiusi in prigione.

    Il re degli dei era davvero sfrontato. O forse stava compensando qualche carenza. Lui non era così: aveva battezzato il suo amato membro il mostro di Strider, un arnese perfetto per un guerriero perfetto.

    Occhio all’io. Maledizione, quante volte al giorno doveva ripetere quell’operazione?

    «E invece il debito esiste. Hai anche acconsentito a rapire quella testa di cazzo di William e a portarlo con noi» gli ricordò Paris.

    «Vero.» E la cosa gli bruciava ancora: William era un immortale malato di sesso che voleva portarsi a letto Kaia, ma anche l’unico in grado di localizzare Sienna. Lei era morta e lui possedeva la capacità di vedere i morti.

    Inoltre adesso William poteva trasportarsi con il pensiero da un posto all’altro. Per qualche misteriosa ragione, le doti di cui un tempo gli dei lo avevano privato ora stavano ritornando.

    Comunque Strider e i suoi amici avevano appreso di recente che morto non significa per forza scomparso per sempre, né per gli umani, né tanto meno per gli immortali. Le anime si potevano catturare, manipolare e maltrattare: purtroppo Sienna apparteneva all’ultima categoria e Paris era assolutamente deciso a salvarla.

    Il guerriero innamorato passò il peso da un piede all’altro e una donna dietro il banco gemette, come se quel movimento fosse una tortura per lei. «Hai acconsentito ad aiutarmi sapendo che dovrai trovare Sienna, senza curarti di quanto tempo ci vorrà, o delle ferite che potrai subire» gli ricordò.

    A Strider andava benissimo: più tempo restava lontano da Kaia, meglio era. Doveva dimostrare a se stesso che poteva andarsene e dimenticarla. L’aveva già fatto in passato, ma ora la conosceva meglio e l’attrazione nei suoi confronti era più forte.

    «Sei stato nei cieli per settimane senza fare progressi. Avevi bisogno di me.»

    «Sì, mentre non vedo a cosa ti servivo io per una cosa semplice come questa.»

    In realtà, Strider aveva bisogno di vedere Paris e Kaia insieme, di ricordare a se stesso perché non poteva averla e perché doveva smetterla di pensare sempre a lei. Possibilmente prima che il suo demone decidesse che dovevano conquistarla.

    Inoltre aveva bisogno di lasciare Budapest e mettere un po’ di distanza tra se stesso, Amun e la sua nuova ragazza, Haidee. Ci aveva provato, ma lei lo aveva respinto. Certo, l’aveva anche insultata e minacciata, ma aveva le sue buone ragioni: un tempo Haidee era una Cacciatrice, aveva contribuito all’assassinio di Baden, il suo miglior amico, e tentato di distruggere la sua casa.

    Eppure lui continuava a desiderarla e ogni volta che la guardava ricordava il suo fallimento, la sconfitta e il dolore conseguente. D’altra parte era sempre riuscito a resisterle, cosa impossibile con Kaia, se avessero passato un po’ di tempo da soli. Già adesso sentiva l’acquolina in bocca, le mani gli formicolavano dalla voglia di toccarla e la sua appendice favorita si drizzava avida.

    Sì, doveva fuggire molto, molto lontano da quella situazione imbarazzante.

    «Ehi, dove sei finito?»

    Strider tornò al presente a fatica. Quella mancanza di concentrazione era colpa di Kaia e un altro motivo per evitarla. «Non voglio parlarne» borbottò.

    Paris aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse al suono di tacchi alti in corridoio.

    Un attimo dopo Kaia svoltò l’angolo, i

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