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Demon's angel (eLit): eLit
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Demon's angel (eLit): eLit
E-book414 pagine8 ore

Demon's angel (eLit): eLit

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Info su questo ebook

In una remota fortezza di Budapest, seducenti guerrieri immortali sono legati da un'antica maledizione che nessuno è mai riuscito a infrangere...
Un feroce guerriero coperto di tatuaggi...
Un angelo caduto che rinuncia a tutto per stare con lui...

Per settimane Aeron ha sentito accanto a sé un'invisibile presenza femminile. È Olivia, un angelo incaricato di ucciderlo. Lei sostiene di aver rinunciato all'immortalità perché non sopportava l'idea di fargli del male, ma fidarsi e innamorarsi di lei metterebbe in pericolo tutti i guerrieri della Fortezza. E il suo demone, Ira, non è disposto a permetterlo. Come ha fatto quella mortale dagli innocenti occhi azzurri a scatenare in Aeron una passione così sfrenata?
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2017
ISBN9788858973028
Demon's angel (eLit): eLit
Autore

Gena Showalter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Demon's angel (eLit) - Gena Showalter

    1

    «Stanno per morire, eppure sembra che non gliene importi nulla.»

    Aeron, un guerriero immortale posseduto dal demone dell’Ira, era appollaiato sul tetto di un palazzo nel centro di Budapest e osservava gli umani che passeggiavano sotto di lui nella luce della sera: alcuni facevano compere, altri ridevano e chiacchieravano e altri ancora mangiavano una merendina camminando. Nessuno di loro però pregava in ginocchio gli dei perché gli venisse concesso più tempo in quel fragile corpo né singhiozzava quando la sua richiesta non veniva esaudita.

    Gli umani crescevano sapendo di dover abbandonare tutto ciò che amavano, eppure non esigevano più tempo, un atteggiamento che lo sconcertava. Se avesse saputo che di lì a poco avrebbe dovuto separarsi dai suoi amici, gli altri guerrieri posseduti da demoni che proteggeva da migliaia di anni, Aeron avrebbe fatto qualsiasi cosa – perfino implorare – per cambiare quel destino.

    Perché i mortali non lo facevano? Cosa sapevano che lui ignorava?

    «Non stanno per morire» lo corresse il suo amico Paris. «Vivono finché ne hanno la possibilità.»

    Aeron sbuffò: non era quella la risposta che cercava. «Sono fragili, facili da distruggere, come tu sai bene.» Era un commento crudele, dato che la... come definirla? Ragazza, amante, donna scelta da Paris... era stata colpita a morte di fronte a lui. In ogni caso Aeron non rimpiangeva le proprie parole.

    Paris era il custode del demone della Promiscuità e doveva andare a letto con un’umana diversa ogni giorno, se non voleva indebolirsi e morire. Non poteva permettersi di piangere la perdita di un’amante in particolare, soprattutto quando questa apparteneva alla schiera dei loro nemici, com’era il caso di Sienna.

    Aeron odiava ammetterlo, ma in fondo era contento che la donna fosse morta: avrebbe usato le esigenze di Paris contro di lui, finendo per rovinarlo.

    Lui, invece, aveva giurato di proteggerlo per sempre. Il re degli dei aveva messo Paris di fronte a una scelta crudele: il ritorno dell’anima della sua donna o la liberazione di Aeron da una folle sete di sangue, che lo spingeva di continuo a mutilare e uccidere.

    A causa di quella maledizione Reyes, il custode del demone del Dolore, aveva quasi perso la sua amata Danika. Aeron era stato pronto ad assestarle il colpo fatale, quando Paris aveva scelto di liberarlo, salvando così la vita della donna.

    Una parte di Aeron si sentiva in colpa per quello che era quasi successo e per le conseguenze della scelta di Paris: lui si godeva la sua libertà, mentre l’amico soffriva. Si sentiva in debito nei suoi confronti e Aeron ripagava sempre i debiti.

    Era per quello che si trovava su quel tetto.

    Prendersi cura di Paris, comunque, non era un compito facile: nelle ultime sei notti aveva portato là l’amico senza curarsi delle sue proteste. Paris doveva soltanto scegliere una donna, poi lui avrebbe organizzato le cose perché potessero fare sesso in tutta sicurezza. Ogni notte però la scelta avveniva più tardi. Aeron cominciava a sospettare che l’amico l’avrebbe tenuto là a chiacchierare fino all’alba.

    Se il guerriero avesse evitato quei deboli mortali, come faceva lui, ora non si sarebbe sentito depresso e tormentato dal disperato desiderio di qualcosa che non poteva avere.

    Aeron sospirò. «Paris» cominciò, per poi interrompersi incerto. «Il tuo lutto deve finire.» Bene: una frase diretta e succinta, come piaceva a lui. «Ti sta indebolendo, amico.»

    Paris si passò la lingua sui denti. «Proprio tu mi parli di debolezza? Quante volte sei stato ostaggio del tuo demone? Quando Ira ti travolge, perdi il controllo delle tue azioni, quindi non aggiungere l’ipocrisia alla lunga lista dei tuoi peccati.»

    Aeron non si offese: purtroppo l’amico aveva ragione. A volte il demone assumeva il controllo del suo corpo e lo portava in volo sulla città, spingendolo a uccidere chiunque fosse a portata di mano e godendo del terrore delle sue vittime. Aeron era consapevole di ciò che accadeva, ma incapace di impedirlo. A dir la verità, a volte non lo voleva neanche: alcune vittime meritavano di morire.

    In ogni caso odiava la perdita di controllo sul suo corpo, come se fosse solo un burattino da manovrare o una scimmietta che si metteva a ballare quando il padrone glielo ordinava. In quei momenti detestava il suo demone, ma soprattutto se stesso, perché all’odio si mescolava l’orgoglio.

    «Forse non era tua intenzione, ma hai appena dimostrato che ho ragione: la debolezza è pericolosa.» Nel caso di Paris, la depressione per la perdita di Sienna lo portava a distrarsi e ciò poteva rivelarsi fatale.

    «Cosa c’entra questo con me o con gli umani qua sotto?» chiese Paris sconcertato.

    «Quella gente invecchia e si indebolisce in un batter d’occhio: se ti innamori di un’umana, ammesso che non si ammali o non abbia un incidente, potrai godertela per meno di un secolo, ma sarà un secolo passato a guardarla mentre invecchia e muore. E per tutto quel tempo saprai che ti aspetta un’eternità senza di lei.»

    «Come sei pessimista!» commentò Paris, una reazione che Aeron non si aspettava. «Tu lo vedi come un secolo passato a perdere qualcosa che non puoi preservare. Io invece lo vedo come un secolo passato a godersi una grande benedizione... una benedizione che ti aiuterà a sopportare il resto dell’eternità.»

    Assurdo. Quando perdi qualcosa di prezioso, il ricordo torna a tormentarti, rammentandoti quello che non potrai più avere e distraendoti, invece di rafforzarti.

    Era così che Aeron si sentiva nei riguardi di Baden, custode del demone della Sfiducia e un tempo suo migliore amico. Tanto tempo prima aveva perso l’uomo che amava più di un fratello di sangue e ora, ogni volta che si ritrovava da solo, si raffigurava Baden e si chiedeva come sarebbero andate le cose se non fosse morto.

    Non era quello il destino che augurava a Paris.

    Forse era meglio lasciar perdere i discorsi generali e andare giù pesante. «Se sei tanto bravo ad accettare la perdita, come mai piangi ancora Sienna?»

    Un raggio di luna colpì il viso di Paris e Aeron notò il suo sguardo appannato, segno che aveva di nuovo bevuto. «Non ho passato un secolo con lei. Solo pochi giorni» rispose piatto.

    «Se avessi passato un secolo con lei, ora saresti in pace con la sua morte?» continuò Aeron.

    «Adesso basta!» Paris batté il pugno contro il tetto, facendo tremare l’intero edificio. «Non voglio più parlarne.»

    «Se non ci affezioniamo agli umani, non soffriremo perdendoli» insistette Aeron. «Se induriamo i nostri cuori, non ci metteremo a desiderare l’impossibile. I nostri demoni ce l’hanno insegnato bene, no?»

    I loro demoni un tempo vivevano all’inferno e desideravano la libertà, tanto da lottare per uscirne: alla fine però avevano scambiato una prigione con un’altra, e molto peggiore della prima.

    Invece di sopportare le fiamme degli inferi, avevano passato migliaia di anni intrappolati nel vaso di Pandora, anni di oscurità, desolazione e dolore, privi di ogni speranza in un futuro migliore.

    Se quei demoni fossero stati più forti e non avessero anelato a ciò che era loro proibito, non si sarebbero fatti catturare.

    Se lui stesso avesse avuto una volontà più forte, non avrebbe contribuito ad aprire il vaso, ritrovandosi poi costretto a ospitare nel suo corpo il demone che aveva liberato. Non sarebbe stato scacciato dai cieli, l’unica casa che avesse conosciuto, per passare il resto dell’eternità in quella terra caotica e in continuo cambiamento.

    Non avrebbe perso Baden negli scontri con i Cacciatori, odiosi mortali che detestavano i Signori degli Inferi e li incolpavano di tutti i mali del mondo. Un amico era appena morto di cancro? Colpa loro. Una ragazzina scopriva di essere incinta? I Signori avevano colpito ancora.

    Se fosse stato più forte, non si sarebbe ritrovato coinvolto in quella guerra, combattendo e uccidendo.

    «Hai mai desiderato una mortale?» gli chiese Paris, riscuotendolo da quei cupi pensieri.

    Aeron si lasciò sfuggire una risatina. «Accoglierne una nella mia vita, per perderla il giorno dopo? No, grazie.» Non era così stupido.

    «Chi ha detto che devi perderla?» Paris estrasse una fiaschetta dal giubbotto di pelle e ne prese un lungo sorso.

    Ancora alcol? La sua predica non era servita a molto.

    «Maddox ha Ashlyn, Lucien sta con Anya, Reyes con Danika e ora Sabin ha Gwen. Perfino la sorella di Gwen, la terribile Arpia Bianka, ha un amante, un angelo con cui ho dovuto lottare cosparso d’olio. Va be’, lasciamo stare» aggiunse Paris.

    Già, meglio lasciar perdere. «È vero, stanno insieme, ma ognuna delle donne possiede un’abilità che la distingue dalle altre della propria razza. Sono più che umane.» Questo non significava però che sarebbero vissute per sempre: perfino gli immortali potevano essere uccisi. Era stato lui a raccogliere la testa di Baden staccata dal corpo e a fissare la sua espressione sconvolta irrigidita per l’eternità.

    «Ecco la soluzione» annunciò Paris. «Devi trovarti una donna con un talento che la distingue dalle altre.»

    Già, facile. Inoltre... «Ho Legione e per il momento mi basta e avanza.» Aeron si raffigurò il piccolo demone così simile a una figlia e ridacchiò: quando stava in piedi Legione gli arrivava alla vita, era coperta di squame, aveva due piccole corna sulla testa, denti affilati e una saliva velenosa. I diademi erano i suoi accessori preferiti e le piaceva divorare carne viva.

    Non aveva problemi a viziarla regalandole diademi, mentre stava lavorando sul secondo passatempo.

    Aeron l’aveva incontrata all’inferno, o almeno nel punto più vicino a quella buca ribollente a cui ci si potesse accostare senza sciogliersi tra le fiamme. Lui era incatenato là accanto, inebriato dalla sete di sangue al punto da essere pronto a uccidere i suoi stessi amici; Legione l’aveva raggiunto e la sua presenza gli aveva in qualche modo schiarito le idee, dandogli la forza a cui Aeron attribuiva tanto valore. Legione l’aveva aiutato a fuggire e da allora non si erano più separati.

    Tranne ora. La sua amata bambina era tornata all’inferno, un posto che odiava, perché un dannato angelo osservava Aeron dall’ombra, in attesa di qualcosa che lui ignorava. Sapeva solo che quello sguardo intenso in quel momento non lo scrutava, ma che presto sarebbe tornato. Lo faceva sempre e Legione non lo sopportava.

    Aeron sollevò la testa al cielo trapunto di stelle splendenti come diamanti. A volte, quando anelava anche solo a un’illusione di solitudine, volava fin dove lo portavano le ali e poi si lasciava cadere veloce, rallentando solo a pochi secondi dall’impatto con il suolo.

    Paris ingollò un altro sorso e un dolce profumo di ambrosia si diffuse nell’aria. Aeron scosse la testa: quella era la droga scelta dall’amico, l’unica capace di intontire il corpo e la mente di uomini possenti come loro, ma ormai gli stava sfuggendo di mano e indeboliva quel guerriero un tempo formidabile.

    Con Galen, capo dei Cacciatori e anch’egli un guerriero posseduto da un demone, che dava loro la caccia, Aeron aveva bisogno che il suo amico fosse lucido. Se aggiungeva anche il fattore misterioso costituito dall’angelo, aveva bisogno che Paris fosse in piena forma. Aveva appreso da poco che gli angeli erano assassini di demoni.

    Quell’angelo voleva ucciderlo? Non ne era sicuro e Lysander, il consorte di Bianka, non gliel’avrebbe detto. Comunque non aveva importanza: non appena gli fosse comparso davanti, Aeron avrebbe sventrato quel vigliacco, maschio o femmina che fosse.

    Nessuno poteva separarlo da Legione senza pagarne le conseguenze. In quel momento forse il piccolo demone soffriva fisicamente e mentalmente; a quel pensiero Aeron strinse i pugni fin quasi a fratturarsi le ossa. Gli altri demoni si divertivano a tormentarla per la sua gentilezza e compassione e anche a darle la caccia; solo gli dei sapevano cosa le avrebbero fatto, se l’avessero presa.

    «Per quanto tu le voglia bene...» Paris lo riscosse ancora una volta dai suoi pensieri oscuri, gettò una pietra contro l’edificio davanti a loro e scolò il resto della fiaschetta. «Legione non può soddisfare tutti i tuoi bisogni.»

    Parlava del sesso, era chiaro. Non potevano lasciar perdere l’argomento una volta per tutte?, si chiese Aeron con un sospiro. Non andava a letto con una donna da anni, forse secoli: non ne valeva la pena. A causa di Ira, il desiderio di far loro del male prendeva presto il sopravvento su quello di compiacerle. Indurito da mille battaglie e coperto di tatuaggi com’era, poi, difficilmente suscitava affetto e, anzi, le donne avevano paura di lui. E a ragione. Ammorbidirle richiedeva tempo e pazienza e lui non ne aveva: dopotutto c’erano mille altre cose più importanti da fare, come tenersi in esercizio, sorvegliare la casa, proteggere gli amici e soddisfare ogni capriccio di Legione.

    «Non ho altri bisogni» tagliò corto. In fondo era vero: disciplinato com’era, Aeron si concedeva di rado i piaceri della carne e in genere lo faceva da solo. «Ho tutto quello che desidero. E ora dimmi: siamo venuti qui a parlare o a trovarti un’amante?»

    Paris emise una sorta di ringhio rabbioso e gettò la fiaschetta vuota contro il muro dell’edificio già colpito dalla pietra, sollevando una nuvola di polvere e pietrisco. «Un giorno qualcuno ti affascinerà e incanterà, tanto che lo desidererai con ogni fibra del tuo essere. Spero che ti faccia impazzire e che ti respinga, almeno per un po’, così forse capirai una minima parte del mio dolore.»

    «Se è necessario per ripagarti del favore che mi hai fatto, sopporterò volentieri un destino simile... anzi, implorerò gli dei perché me lo concedano.» Aeron non riusciva a immaginare di desiderare una donna, immortale o umana, al punto da buttare all’aria tutta la propria vita. Non era come gli altri guerrieri, sempre alla ricerca di compagnia: lui era più felice da solo, o meglio, da solo con Legione. Inoltre era troppo orgoglioso per rincorrere qualcuno che non ricambiava la sua passione.

    Per il resto però parlava sul serio: per Paris avrebbe fatto questo e altro. «Hai sentito, Crono?» urlò rivolto al cielo. «Mandami una donna che mi tormenti e mi distrugga.»

    «E se te la mandasse davvero?» chiese Paris ridacchiando.

    Quell’espressione divertita gli fece piacere: era così tipica del vecchio Paris. «Ne dubito.» Crono voleva che i guerrieri si concentrassero sulla sconfitta di Galen: da quando Danika aveva predetto che sarebbe morto per mano sua, quella era diventata la sua ossessione.

    Nella sua qualità di Occhio che Tutto Vede, le profezie di Danika, anche le più infauste, erano sempre accurate. C’era una consolazione, però: almeno in teoria, quelle visioni si potevano usare per sollecitare un cambiamento.

    «E se invece...?» insistette Paris quando il silenzio si prolungò troppo a lungo.

    «Se Crono dovesse rispondere al mio appello, mi divertirò» mentì Aeron con una risata. «E ora basta parlare di me. Facciamo quello per cui siamo venuti qui.» Si sporse a osservare la folla ridotta che passava per strada.

    Quella parte della città era chiusa alle macchine, così tutti andavano a piedi. Era per questo che l’aveva scelta: non gli piaceva tirar fuori una donna da un veicolo in movimento, mentre in quel modo Paris doveva solo compiere la sua scelta. Aeron lo avrebbe portato giù in volo e alla prescelta sarebbe bastato uno sguardo per capitolare. A volte era sufficiente un semplice sorriso per convincerla a spogliarsi in pubblico: chiunque si fosse affacciato nel vicolo prescelto per quell’unione frettolosa avrebbe potuto vederla.

    «Non troverai nessuno» lo scoraggiò Paris. «Ho già guardato.»

    «Che ne dici di... quella?» Aeron indicò una bionda formosa dai vestiti succinti.

    «No.» Nessuna esitazione. «Troppo... ovvia.»

    Eccolo che ricominciava, pensò Aeron preoccupato. «E quella?» provò, indicando un’altra donna. Era alta, con curve perfette e corti capelli rossi e vestiva in modo tradizionale.

    «No. Troppo mascolina.»

    «Cosa diavolo significa?»

    «Che non la voglio. La prossima.»

    Nell’ora seguente Aeron gli indicò potenziali compagne di letto e Paris le respinse tutte, adducendo ragioni ridicole: troppo perbene, troppo trasandata, troppo abbronzata, troppo pallida. L’unico motivo valido era: l’ho già scopata, e per quante donne Paris avesse avuto, Aeron lo sentì spesso.

    «Prima o poi dovrai pur fare la tua scelta! Perché non ci risparmi tutta questa trafila, chiudi gli occhi e ne indichi una a caso?» propose Aeron alla fine. «Sarà quella la fortunata.»

    «Già fatto» ricordò Paris con un brivido eloquente. «No. Non mi va.»

    «E se...» Le parole gli morirono sulle labbra quando la donna che Aeron aveva adocchiato scomparve nell’ombra: non sparì semplicemente dalla vista, com’era normale, ma cessò all’improvviso di esistere. Un momento era là, quello dopo le ombre l’avevano inghiottita. Aeron balzò in piedi. Le ali gli spuntarono subito dalle fessure sulla schiena e si aprirono. «Abbiamo un problema» annunciò.

    «Cosa c’è?» Paris lo imitò. Per quanto barcollasse lievemente a causa dell’ambrosia, era ancora un soldato e aveva già estratto un pugnale.

    «La donna dai capelli scuri. L’hai vista?»

    «Quale?»

    Dunque Paris non l’aveva vista, altrimenti non avrebbe fatto quella domanda.

    «Vieni.» Aeron gli cinse la vita con un braccio e si gettò giù dal palazzo, con il vento che scompigliava i capelli multicolori di Paris. «Cerchiamo una donna con i capelli neri lunghi fino alle spalle, alta circa 1,75, poco più di vent’anni, vestita di nero, probabilmente più che umana.»

    «Dobbiamo ucciderla?»

    «Catturarla. Ho delle domande da farle.» Tipo come aveva fatto a sparire così, cosa ci faceva là e per chi lavorava.

    Gli immortali avevano sempre un’agenda precisa e non facevano niente a caso.

    Aeron sbatté le ali appena prima di schiantarsi al suolo e atterrò con dolcezza. Lasciò andare Paris e subito corsero via in direzioni opposte: combattevano insieme da millenni e ormai sapevano cosa fare senza bisogno di programmare le loro mosse in anticipo.

    Aeron si lanciò nel vicolo alla sua sinistra, dove si era diretta la donna, e ripiegò le ali all’interno delle fessure. Distinse varie persone: una coppia che si teneva per mano, un barbone che si scolava una bottiglia di whisky, un uomo che portava a passeggio il cane, ma nessuna donna dai capelli scuri. Raggiunse un muro di mattoni e si girò: possibile che, come Lucien, fosse capace di trasportarsi da un luogo all’altro con il pensiero?

    Aeron si rimise in moto accigliato, deciso, se necessario, a ispezionare ogni vicolo. A un certo punto però le ombre intorno a lui si addensarono, inghiottendo l’alone dorato dei lampioni e grida mute, di dolore e agonia, parvero filtrare dalle tenebre.

    Si fermò per non andare a sbattere contro qualcosa – o qualcuno – e impugnò due coltelli. Cosa diavolo...?

    Una donna, quella che cercava, sbucò dall’oscurità a poca distanza da lui, l’unica luce in quella vasta distesa tenebrosa. Gli occhi erano altrettanto neri, le labbra rosse come il sangue. La sua bellezza aveva un fascino letale.

    Ira prese a sibilare nella sua testa.

    Per un attimo Aeron temette che Crono avesse ascoltato la sua invocazione, mandando quella donna a tormentarlo, ma mentre la fissava non avvertì alcun calore particolare. Niente di simile a quello che gli altri guerrieri descrivevano al momento di incontrare una donna che dovevano avere.

    Quella era come tutte le altre: facile da dimenticare.

    «Bene, bene, bene. Ma che fortuna!» esclamò lei. «Uno dei Signori degli Inferi è venuto a cercarmi senza che dovessi chiederlo.» La sua voce era aspra e un po’ rauca.

    «Sì, sono uno dei Signori.» Non c’era motivo di negarlo. Gli abitanti della città li riconoscevano subito e alcuni li consideravano angeli. Anche i Cacciatori li riconoscevano, ma li definivano demoni. In ogni caso non era un’informazione che si potesse usare contro di lui. «E sono venuto a cercarti.»

    Lei parve sorpresa da quell’ammissione. «Che onore! E perché mi cercavi?»

    «Voglio sapere chi sei.» O meglio, cosa.

    «Forse non sono poi così fortunata, se il mio stesso fratello non mi riconosce.» Sporse imbronciata le labbra rosse e tumide, come se fingesse di asciugarsi una lacrima.

    Bugiarda. «Io non ho sorelle.»

    Lei inarcò le sopracciglia scure. «Sicuro?»

    «Sì.» Aeron non era nato da una madre e un padre: come gli altri guerrieri, era stato creato da Zeus, re degli dei greci.

    «Che ostinato» sbuffò lei in un tono che gli ricordò Paris. «Avrei dovuto sapere che ci assomigliavamo. Comunque è un piacere trovare finalmente solo uno di voi. Chi sei tu? Furia? Narcisismo? Ho ragione, ammettilo: sei Narcisismo. Per questo ti sei coperto di tatuaggi. Carino. Posso chiamarti Narci?»

    Furia? Narcisismo? Nessuno dei suoi fratelli custodiva dentro di sé quei demoni: Dubbio, Malattia, Desolazione erano i loro compagni. Aeron scosse la testa, per poi ricordare che c’erano in giro altri immortali posseduti da demoni, immortali che non conosceva e che avrebbe dovuto trovare.

    Dato che erano stati loro ad aprire il vaso di Pandora, Aeron e i suoi amici avevano sempre pensato di essere gli unici costretti a ospitare un demone dentro di sé. Di recente però Crono aveva corretto quella falsa credenza, donando ai guerrieri dei rotoli con i nomi di altri immortali uguali a loro. Pareva che ci fossero più demoni che guerrieri e dato che il vaso di Pandora non si trovava più i Greci – gli dei al potere in quell’epoca – avevano collocato i restanti demoni negli immortali prigionieri nel Tartaro.

    Quella scoperta non era di buon augurio per i Signori degli Inferi: in qualità di guardie scelte di Zeus, avevano rinchiuso molti di quei prigionieri e i criminali spesso vivevano solo per vendicarsi, come Ira gli aveva insegnato bene.

    «Ehi? Ci sei?» lo sollecitò la donna.

    Aeron sbatté le palpebre e si maledisse per essersi distratto davanti a un possibile nemico. Che idiota! «Chi sono non ti riguarda» tagliò corto. Quella era un’informazione che poteva essere usata contro di lui, soprattutto da quando Ira si scatenava con facilità, alla minima provocazione, mettendo in pericolo la città e i suoi abitanti.

    Il più grande talento del suo demone era quello di percepire i peccati di chi gli stava davanti. All’improvviso si rese conto che quella donna poteva vantarne una lunga lista.

    «Deduco dalla tua espressione che non sei Narci.»

    «Stai zitta» ringhiò Aeron. Si premette le mani sulle tempie nel tentativo di bloccare il bombardamento mentale in arrivo, un’altra distrazione che non poteva permettersi. Inutile: i peccati della donna gli si affacciarono nella mente, come spezzoni di film. Di recente aveva torturato un uomo incatenandolo a una sedia e dandogli fuoco, sventrato una donna, imbrogliato e rubato. Aveva rapito un bambino e attirato un uomo nel suo letto per poi tagliargli la gola... Violenza... tanta violenza, terrore, dolore e oscurità. Aeron poteva udire le grida delle sue vittime, sentire l’odore della carne bruciata e il sapore del sangue.

    Forse aveva buoni motivi per fare tutto questo, o forse no, ma in ogni caso Ira voleva punirla usando i suoi crimini contro di lei. Prima l’avrebbe incatenata a una sedia e quindi sventrata, per poi tagliarle la gola e darle fuoco.

    Era così che si muoveva il suo demone: prendeva a pugni i picchiatori, uccideva gli assassini e così via. Spinto da Ira Aeron aveva compiuto tutte quelle atrocità molte volte, ma ora strinse i denti e cercò di mantenere il controllo, nonostante il bisogno di punire quella donna fosse più forte del solito.

    «Cosa fai qui a Budapest?» le chiese.

    Lei ignorò la domanda. «Wow! Che controllo!»

    Aveva capito che il suo demone voleva farle del male?

    «Dunque, fammi indovinare.» Si batté un’unghia contro il mento. «Non sei Narci, dunque sei... Maschilismo, giusto? Pensi che un tipino come me non possa reggere la verità, ma ti sbagli. Non importa: tieniti pure stretti i tuoi segreti, tanto imparerai lo stesso. Oh, sì, imparerai.»

    «Mi stai minacciando, donna?»

    Lei lo ignorò un’altra volta. «Gira voce che Crono vi abbia dato i rotoli e che voi abbiate intenzione di usarli per darci la caccia e magari massacrarci.»

    Aeron sentì contrarsi lo stomaco: primo, quella donna conosceva i rotoli, mentre lui e i suoi amici erano appena venuti a sapere della loro esistenza e, secondo, sapeva di essere in quella lista. Il che significava che era un’immortale e una criminale posseduta da un demone.

    Aeron non la riconosceva, dunque almeno non erano stati lui e i suoi amici a imprigionarla. Doveva essere venuta prima di loro, quindi era una dei Titani e costituiva una minaccia ancora maggiore, visto che i Titani erano ancora più crudeli e spietati della loro controparte greca.

    Inoltre erano liberi da poco ed erano al potere, perciò lei poteva forse contare anche su un aiuto divino.

    «Che demone custodisci?» le chiese nel tentativo di usare la sua debolezza contro di lei.

    La donna sorrise divertita da quel tono duro. «Tu non me l’hai detto, dunque perché dovrei darti quest’informazione?»

    Che tipo insopportabile. «Hai parlato al plurale.» Aeron si guardò intorno, aspettandosi che qualcuno sbucasse dalle tenebre per aggredirlo, ma vide solo oscurità e sentì quelle grida soffocate. «Dove sono gli altri?»

    «Se lo sapessi...» Spalancò le braccia mostrando le mani vuote, come se lui non fosse abbastanza pericoloso per affrontarlo armata. «Sono sola, come sempre; preferisco così.»

    Un’altra bugia: quale donna avrebbe avvicinato un temibile Signore degli Inferi senza rinforzi? Aeron non abbassò la guardia e incontrò il suo sguardo. «Se sei qui per farci la guerra, sappi che...»

    Lei scoppiò a ridere. «Guerra, quando potrei uccidervi tutti nel sonno? No, sono qui solo per darvi un avvertimento: richiamate i cani o vi cancellerò da questo mondo. E se c’è qualcuno in grado di farlo, quella sono io.»

    Dopo ciò che aveva visto nella propria mente, Aeron non stentava a crederle: quell’essere attaccava nell’ombra, come un fantasma che non dà preavvisi e commette qualsiasi atrocità, ma questo non significava che lui fosse disposto ad accogliere la sua richiesta. «Sarai anche potente, ma non puoi sconfiggerci tutti. E, se continui con questi avvertimenti, è la guerra che avrai.»

    «Ho detto quello che volevo, guerriero» replicò lei noncurante. «Prega che questa sia l’ultima volta che mi vedi.» Le ombre tornarono a farsi più fitte, avviluppandola senza lasciare alcun segno della sua presenza. «Ah, un’ultima cosa» gli sussurrò all’orecchio. «Questa era una visita di cortesia. La prossima volta non giocherò così pulito.»

    Poi il mondo intorno a lui tornò normale e Ira si calmò. Aeron rimase sul chi vive, pronto a entrare in azione. Le ali si aprirono ancora una volta e lui spiccò il volo, deciso a ritrovare Paris e a tornare alla fortezza. Doveva informare gli altri guerrieri: chiunque fosse e qualunque cosa potesse fare, quella donna crudele e assetata di sangue costituiva una minaccia che andava eliminata al più presto.

    2

    «Aeron! Aeron!»

    Giunto alla fortezza, Aeron urtò con lo stivale il balcone di camera sua. Colto di sorpresa da quella voce sconosciuta, lasciò andare Paris, ma per fortuna ormai erano al sicuro.

    «Aeron!»

    Al terzo, assordante urlo femminile carico di terrore e disperazione, i due guerrieri si girarono verso la collina: gli alti alberi ostruivano la vista, ma loro riuscirono comunque a distinguere una figura bianca sullo sfondo verde e marrone.

    Una figura che avanzava correndo verso la fortezza.

    «È la Ragazza Ombra?» chiese Paris. «Come ha fatto ad arrivare così in fretta e a piedi, per giunta?»

    Durante il volo Aeron gli aveva raccontato gli ultimi eventi. «Non è lei.» Quella voce era più alta e meno sicura.

    Settimane prima, dopo che si erano ripresi dalle ferite inflitte loro dai Cacciatori, Aeron e Paris avevano eretto intorno alla fortezza una cancellata di ferro alta quasi cinque metri, sovrastata da spuntoni aguzzi e filo spinato e percorsa da una corrente elettrica così forte da provocare un arresto cardiaco a qualsiasi umano. Chiunque avesse tentato di scalarla non sarebbe vissuto abbastanza a lungo da raggiungere l’altro lato della cancellata.

    «Pensi che sia un’Esca?» Paris inclinò la testa e la studiò con attenzione. «Magari l’hanno calata da un elicottero.»

    I Cacciatori erano soliti usare belle femmine umane per attirare i guerrieri allo scoperto, distrarli e catturarli, per poi sottoporli a tremende torture. Quella figura sperduta aveva i requisiti giusti, con i lunghi capelli ondulati color cioccolato, una pelle candida come una nuvola e un corpo morbido ed etereo. Aeron non riusciva a distinguere i tratti del viso, ma era sicuro che fossero squisiti.

    Le ali uscirono dalle fessure nella schiena. «Già, è possibile» rispose. Quei dannati Cacciatori avevano proprio un tempismo perfetto: metà dei suoi amici erano partiti per Roma in cerca del Tempio degli Innominabili, da poco sorto dalle acque, nella speranza di trovare indicazioni per rintracciare gli oggetti magici che ancora mancavano. Quattro manufatti che, usati insieme, li avrebbero condotti al luogo dove si trovava il vaso di Pandora.

    I Cacciatori speravano di rinchiudervi di nuovi i demoni, distruggendo così i Signori degli Inferi, visto che nessuno di loro poteva vivere senza il suo demone. I guerrieri volevano soltanto distruggerlo.

    «Ci sono trappole elettroniche laggiù.» Aeron notò un tremito nella voce di Paris: a causa della Ragazza Ombra, come l’amico l’aveva definita, non c’era stato tempo di portarsi a letto una donna e così la sua forza stava scemando. «Se non sta attenta... Anche se fosse davvero un’Esca, non meriterebbe di morire in quel modo.»

    «Aeron!»

    Paris si sporse dal balcone per vederci meglio. «Perché ti chiama?»

    E perché usava il suo nome con tanta familiarità? «Se è un’Esca, là fuori dev’essere pieno di Cacciatori in attesa di una mia mossa. Se l’aiuto, mi attaccheranno.»

    Paris si raddrizzò e la luce della luna illuminò il suo volto segnato da occhiaie violacee. «Vado a chiamare gli altri; ci occuperemo di lei... e di loro.» Si allontanò prima che Aeron potesse replicare e uscì dalla camera da letto, gli stivali che risuonavano sul pavimento di pietra.

    Aeron continuò a osservare la ragazza che correva verso la fortezza e si rese conto che indossava una lunga veste bianca macchiata di rosso sulla schiena.

    Era scalza e quando i suoi piedi nudi urtarono una grossa pietra inciampò e crollò in ginocchio; i capelli color cioccolato, cosparsi

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