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Indiziato numero uno (eLit): eLit
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E-book158 pagine2 ore

Indiziato numero uno (eLit): eLit

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Info su questo ebook

Blue McCoy è un eroe militare che torna al luogo natio dopo dodici lunghi anni, in occasione delle nozze del fratello Gerry con la sua ex fidanzata Lucy Tait. Al suo arrivo la situazione, apparentemente tranquilla, si movimenta in modo esagerato: Gerry inscena una rissa con Blue e dopo poco il suo corpo viene trovato senza vita. Blue sembra essere il maggior indiziato per l'omicidio del fratello e, dulcis in fundo, a Lucy, qualificato agente di polizia, viene assegnato il caso. Cosa scoprirà...?
LinguaItaliano
Data di uscita1 ago 2019
ISBN9788830503274
Indiziato numero uno (eLit): eLit
Autore

Suzanne Brockmann

Statunitense, vive a Boston in una casa dove ama trovarsi con amici dagli interessi più disparati - scrittori, attori, musicisti - e da cui prende spunto per i suoi caleidoscopici personaggi.

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    Anteprima del libro

    Indiziato numero uno (eLit) - Suzanne Brockmann

    Immagine di copertina:

    aurumarcus / E+ / Getty Images

    Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:

    Forever Blue

    Silhouette Intimate Moments

    © 1996 Suzanne Brockmann

    Traduzione di Mariangela Latorre

    Questo volume è stato precedentemente pubblicato

    con il titolo Blue, per sempre.

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 1997 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-327-4

    Prologo

    Il tenente Blue McCoy era l’uomo guida della Squadra Alfa del gruppo SEAL, in quella spedizione nella palude. Si muoveva lento nell’oscurità, tastando il terreno alla ricerca di mine e di trappole nascoste prima di appoggiarvisi con tutto il proprio peso.

    I suoni della notte lo circondavano. La notte. Il mondo di Blue. Un mondo in cui sapeva muoversi senza rumore, senza che neppure i grilli ai suoi piedi avvertissero la sua presenza.

    Avevano impiegato più di un’ora per percorrere il campo aperto. Ancora pochi metri, e avrebbero raggiunto la protezione del bosco.

    Blue tese l’orecchio. Non si sentiva un suono, intorno a lui. Alle sue spalle c’erano altri sei uomini, gli altri membri della Squadra Alfa, ma non un sussurro tradiva la loro presenza. Blue la dava per scontata: nutriva la più cieca fiducia nei loro confronti, sapeva che erano dietro di lui a guardargli le spalle, che sarebbero morti pur di proteggerlo, così come anche lui avrebbe dato la vita per loro.

    Concentrandosi sui suoni della notte, Blue strinse gli occhi per meglio adattarli alle tenebre che lo circondavano.

    Direttamente di fronte a loro, a una trentina di metri di distanza, sorgeva una villetta. E in quella villetta, stando a quanto avevano comunicato loro gli agenti dei servizi segreti, c’era Karen, la figlia quindicenne del senatore Mike Branford.

    Le ultime foto dal satellite a raggi infrarossi rivelavano che quattro dei terroristi che l’avevano rapita erano nella villetta insieme a lei. Altre dieci persone dormivano in una struttura a una quindicina di metri a nordest, e due gruppi di cinque uomini ognuno pattugliavano i boschi circostanti. Pochi minuti prima, uno dei due gruppi era passato a meno di un metro dalla Squadra Alfa, ma senza accorgersi di niente.

    Con i volti dipinti di verde e di nero, e grazie alla disciplina e all’addestramento SEAL, gli uomini della Squadra Alfa erano invisibili.

    Adesso, mentre prendevano postazione tra i cespugli che circondavano la villetta, Blue si girò a guardare il suo comandante, nonché suo migliore amico, Joe Catalanotto. Joe Cat, come lo chiamava lui. Nelle tenebre non riusciva a vedere il suo volto, ma avvertì lo stesso il suo cenno di assenso.

    Era ora di muoversi.

    Con la coda dell’occhio, vide Cowboy, Lucky, Bobby e Wes che si allontanavano verso la seconda struttura per neutralizzare i terroristi che vi soggiornavano. Nel frattempo lui, Joe Cat e Harvard se la sarebbero sbrigata con i quattro terroristi che tenevano prigioniera la ragazza.

    Sotto lo sguardo attento di Blue, Joe Cat tagliò il vetro della finestra da cui si sarebbero introdotti all’interno. Fu Blue il primo a entrare, guardandosi intorno grazie agli speciali occhiali che gli consentivano di vedere nel buio. I quattro terroristi dormivano tutti.

    Blue si tolse gli occhiali, attese diversi secondi per adattare la vista al buio della stanza, poi estrasse dal giubbotto quattro siringhe di sonnifero che iniettò con cautela ai malviventi.

    Adesso non doveva più preoccuparsi di loro. Poteva rivolgere tutta la sua attenzione alla ragazza.

    Karen, si chiamava. Karen Bradford. La poverina era rannicchiata in posizione fetale su un lettino di ferro, con un braccio ammanettato alla spalliera. Aveva i capelli arruffati, il viso e le braccia coperti di sangue coagulato, i pantaloncini e la maglietta lacerati.

    Quei bastardi le avevano fatto del male. L’avevano picchiata, forse anche violentata. E aveva solo quindici anni!

    Blue si sentì soffocare dalla rabbia, ma dovette reprimerla in fretta. In quel momento doveva pensare soltanto a trarre in salvo la povera Karen.

    In silenzio, accese la torcia tascabile, oscurandone il raggio luminoso con la mano, e si inginocchiò accanto alla ragazza.

    Si era accorto che era sveglia. E, a giudicare dal ritmo affannoso del suo respiro, anche terrorizzata.

    «Sono il tenente Blue McCoy, signorina» le disse a bassa voce. «Sono un membro delle squadre SEAL, e sono qui per riportarla a casa.»

    Lei lo fissò a occhi spalancati, senza emettere un suono, senza capire.

    «Sono un soldato americano, Karen» le disse allora lui. «Sono un amico di tuo padre, e sono venuto per portarti via.»

    A quelle parole, un lampo di speranza balenò negli occhi marroni della ragazza. Erano occhi luminosi, pieni di coraggio.

    Blue ne aveva visti di simili in un’altra persona, tanto tempo prima, in un’altra vita. Anche quella persona aveva quindici anni, proprio come Karen...

    Lucy. La piccola Lucy Tait.

    Cristo, era da anni che non pensava a lei.

    Blue si scacciò quel pensiero dalla mente e si affrettò a liberare la ragazza dalle manette. «Sei in grado di camminare?» le chiese.

    Karen balzò in piedi. «Altro che camminare!» esclamò, fiera. «Posso correre.»

    Tanto coraggio gli strappò un sorriso. «Benone. Andiamo, allora.»

    Erano a metà del bosco quando sentirono i primi spari. Era scoppiata la scaramuccia nell’altro edificio. Blue accelerò il passo.

    «No, non da questa parte» gridò Karen dietro di lui. «Non c’è via di uscita, da qui. Ho già provato a scappare, ma ci sono solo dirupi rocciosi. Nessun sentiero per arrivare al mare. Saremo spacciati.»

    Aveva cercato di scappare? Blue non credeva alle proprie orecchie. Quella ragazzina aveva fegato. Proprio come Lucy Tait. Blue era all’ultimo anno di liceo, lei solo al primo, quando l’aveva conosciuta. Era al centro di un gruppetto di ragazzi che la pestavano di santa ragione, ma nessuno di loro era riuscito a strapparle lo sguardo di sfida che sempre le luccicava negli occhi.

    Con un sforzo, Blue si scacciò ancora una volta dalla mente il ricordo di Lucy Tait per concentrarsi sul presente. «No, non saremo spacciati. C’è una barca che ci aspetta, in mare. La raggiungeremo buttandoci con il paracadute.»

    «Con il paracadute? E come?»

    «Fidati di me.»

    Un lampo di incertezza balenò negli occhi di Karen, ma non durò che un istante. «D’accordo» assentì.

    Quando giunsero sull’orlo del precipizio, Blue si mise in contatto radio con la barca ormeggiata al largo. Poi si agganciò a Karen per scendere insieme a lei.

    Sapeva che la prossimità del suo corpo le ricordava le brutalità sofferte negli ultimi quattro giorni per mano dei terroristi, ma in quel momento non poteva soffermarsi su quei pensieri. Doveva concentrarsi soltanto sulla barca che li aspettava nelle tenebre, resa invisibile dalla notte.

    «Tieniti stretta» raccomandò a Karen. E poi, senza perdere altro tempo, si tuffò nel vuoto.

    Blue era sul ponte della Franklin quando gli altri membri del gruppo lo raggiunsero. Scrutando nel buio, fece un rapido conto degli uomini che lo circondavano. Era un riflesso condizionato da quando, tanti anni prima, Frisco era stato abbattuto. Non lo avevano ammazzato, ma forse sarebbe stato preferibile. Gli avevano quasi staccato una gamba, e da allora era confinato su una sedia a rotelle.

    Alan Frisco Francisco era un tipo allegro, alla mano, forse l’unico che se l’era spassata durante quella fase dell’addestramento SEAL che veniva definita la settimana infernale.

    Quando però gli avevano detto che non avrebbe più potuto camminare, Frisco aveva smesso di sorridere.

    Blue scrutò a uno a uno i volti dei compagni di squadra. C’erano tutti, ed erano tutti illesi.

    Joe Cat si mosse verso di lui.

    «Tutto a posto?» gli chiese.

    Lui scrollò le spalle. «Non riesco a togliermi quella ragazza dalla testa. Quattro giorni, Joe! E quei bastardi non hanno fatto altro che brutalizzarla.»

    «Lo so, Blue, e dà fastidio anche a me, ma almeno è viva.» Joe prese fiato. «Ed essere viva è preferibile all’unica alternativa che le restava.»

    Blue trasse un profondo sospiro.

    «Lo so, Joe. Hai ragione. Il fatto è che... quella ragazza mi ricorda una persona che conoscevo a Hatboro Creek. Una ragazza di nome Lucy. Lucy Tait.»

    Joe Cat lo fissò a occhi sbarrati, fingendosi sorpreso. «Tu?!» esclamò. «Ho sentito bene? Conoscevi davvero altre ragazze oltre a Jenny Lee Beaumont? Ero convinto che per te il sole sorgesse e tramontasse con Jenny Lee, e che la sua bellezza offuscasse quella di tutte le altre.»

    Blue ignorò il tono impertinente dell’amico. «Lucy non era una ragazza. Era un’amica.»

    «Forse dovresti passare a trovarla, quando andrai nella Carolina del Sud per il matrimonio.»

    Lui scosse la testa. «No, non credo.»

    Cat lo guardò, insospettito. «Sei proprio sicuro di volere partecipare a questo matrimonio?» gli chiese. «Potrei spedirti in missione, se preferisci evitarlo.»

    «È il matrimonio di mio fratello.»

    «Gerry è il tuo fratellastro» precisò Cat. «E sta per sposare Jenny Lee, l’unica donna di cui tu abbia mai parlato. A eccezione di questa Lucy Tait, si capisce.»

    Blue scosse ancora la testa. «Gli ho promesso che sarei stato il suo testimone.»

    «Già» commentò ironico Cat. «Gli darai la tua approvazione, così lui potrà smettere di sentirsi in colpa per averti rubato Jenny Lee.»

    «Non me l’ha rubata» precisò Blue. «Jenny Lee è sempre stata innamorata di lui, anche quando usciva con me. E la storia con lei, ormai, è acqua passata. Puoi credermi.»

    1

    Quello sarebbe stato il matrimonio dell’anno. E Lucy Tait vi avrebbe partecipato.

    Non che fosse stata invitata, bene inteso. No, vi avrebbe preso parte in quanto membro del servizio d’ordine.

    Lucy si raddrizzò il colletto dell’uniforme di polizia mentre percorreva la via principale della cittadina alla ricerca di un parcheggio nei pressi del bar di Bobby Joe.

    Non si aspettava di essere invitata al matrimonio di Jenny Lee Beaumont. Non aveva mai fatto parte della sua cerchia di amicizie, anche se tanto tempo prima, al liceo, avrebbe pagato tutto l’oro del mondo pur di riuscirci.

    E la ragione di quel desiderio era una sola: Blue McCoy.

    Blue McCoy.

    Correva voce che volesse tornare in città per il matrimonio del fratellastro.

    Blue McCoy.

    Con i capelli biondi e i grandi occhi azzurri era stato la sua ossessione, quando era una ragazzina. Lucy lo aveva sempre considerato un eroe, un lupo solitario silenzioso e pericoloso, capace di qualsiasi cosa, perfino di conquistare Jenny Lee Beaumont.

    Però Jenny Lee non avrebbe sposato lui. Il sabato seguente sarebbe salita all’altare al fianco di Gerry, il fratellastro di Blue.

    Lucy trovò un parcheggio a un isolato di distanza dal bar e si affrettò verso il locale. Era già in ritardo di dieci minuti e Sarah, l’amica che l’aspettava all’interno, non poteva concedersi più di mezz’ora per la pausa per il pranzo.

    Il bar era affollatissimo, come al solito, ma Sarah aveva già occupato un tavolo.

    Lucy la raggiunse in fretta per prendere posto di fronte a lei. «Scusa il ritardo» le disse. «È da stamattina alle sette che non faccio

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