Abbecedario Sonoro
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Abbecedario Sonoro - Francesco Ganassin
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ANTELAO
È domenica sera, 22 ottobre 1961. Allan Lightner, un importante diplomatico statunitense, decide di andare a teatro a Berlino Est con la moglie. All’altezza del Checkpoint Charlie viene fermato dalla polizia della Germania Est, che gli controlla i documenti in maniera molto approfondita. Infastidito, Lightner protesta e riferisce l’accaduto a Lucius Clay, il rappresentante personale a Berlino del presidente Kennedy. Clay è un generale tutto d’un pezzo, piuttosto irascibile. Fa scortare da una pattuglia di militari Lightner e la moglie nel settore orientale di Berlino. È una reazione che Kennedy non gradisce. E la Germania Democratica non la prende bene.
Tre giorni dopo, il 25 ottobre, a metà mattinata, un altro funzionario statunitense viene fermato e controllato meticolosamente dalla polizia orientale in Friedrichstrasse, presso il Checkpoint Charlie. Clay reagisce alla sua maniera e mezz’ora dopo dieci carri armati M48 Patton si piazzano a una cinquantina di metri dal check point. Nel pomeriggio i mezzi si ritirano, dopo che alcune jeep statunitensi hanno sconfinato in Berlino Est e elicotteri americani hanno sorvolato l’area. Tira una brutta aria. Mosca teme che la situazione possa riproporsi e che gli americani possano tentare di demolire il Muro, da poco costruito. Per precauzione la sera del 25 ottobre, carri armati T-55 della Divisione Motorizzata del Gruppo di forze sovietiche in Germania si piazzano nei pressi del Checkpoint Charlie. Il giorno dopo si schierano nuovamente in zona anche dieci carri M48 Patton, alcuni equipaggiati di pale meccaniche, come quelle che montano i bulldozer.
Le foto di quei giorni, scattate in prossimità del Checkpoint Charlie, disegnano uno scenario da far-west, con i carri armati che si fronteggiano sul viale, i cannoni puntati sul nemico. Panzer Konfrontation, il duello dei Panzer. Né Kruscev né Kennedy intendono arrivare ad un confronto armato. Nessuno dei due perde la calma. Ma occorre un gesto di distensione. Nella mattinata del 28 ottobre Kruscev ordina al maresciallo Konev una mossa di rilassamento, che auspica possa generare mosse analoghe da parte degli statunitensi. I carri sovietici lasciano il Checkpoint Charlie e rientrano in aree interne di Berlino Est. Pochi minuti dopo anche i carri americani lasciano Friedrichstrasse. La fase di massima tensione della Crisi di Berlino, uno dei momenti più critici della Guerra Fredda, si chiude. Non so se esistano registrazioni audio di quei momenti. Sarebbe incredibile poter ascoltare ad occhi chiusi il suono, o il silenzio, di quei momenti di folle tensione. Sono bastati un controllo dei documenti ed una reazione poco prudente di un generale a portare il mondo a due passi dal conflitto globale.
Eppure c’è un uomo, un italiano, che riesce a trarre vantaggio dalla situazione così tesa di quegli anni. La stampa arriva a definirlo l’italiano più potente dopo Giulio Cesare. È un personaggio visionario e ambizioso. Immagina per l’Italia una posizione di peso nello scenario mondiale.
Grazie ad Enrico Mattei l’Italia arriva ad insidiare l’oligopolio delle Sette Sorelle, le compagnie dominatrici per trent’anni della scena petrolifera internazionale. Mattei è un uomo dalle intuizioni geniali, rese ancora più mirabili dallo svantaggio evidente da cui parte l’Italia. Mattei è illuminato e fortunato. Nel 1943 prova a cercare il petrolio nella Pianura Padana e a Caviaga, vicino Lodi, finisce per trovare il gas naturale. È così che l’Italia entra nel campo del gas naturale con trent’anni di anticipo rispetto agli altri Paesi europei. È l’inizio del processo di metanizzazione del paese.
Alla scoperta di Caviaga segue, tre anni dopo, quella del giacimento di petrolio di Cortemaggiore. Ma l’Italia ha comunque bisogno di molte materie prime. Fanfani, La Pira, Valletta, a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta sono i primi teorizzatori di un’apertura ad Est. Intuiscono che le forniture sovietiche possono soddisfare le necessità della penisola. Al primo posto delle importazioni vi sono sempre quelle di petrolio e di prodotti petroliferi. E, va detto, la collaborazione con l’Italia è vantaggiosa anche per l’URSS, che può importare dal Belpaese le moderne tecnologie di cui è carente. L’Italia è terra di menti brillanti.
Nel 1958 Mattei firma un accordo per l’approvvigionamento di idrocarburi con l’Unione Sovietica. Nikita Kruscev capisce la portata globale di quella firma, in termini di equilibri tra Est ed Ovest. Il ministro degli esteri dell’URSS, Nikolaj Patolicev, manifesta la sua riconoscenza con un regalo speciale: un orso di nome Misha. Mattei ha uno spazio per quel cucciolo di plantigrado di un anno e mezzo. O almeno può farlo allestire senza pensare di sacrificare il proprio giardino di casa.
Dalla metà degli anni Cinquanta, prima che l’orso Misha debba ancora nascere, Enrico Mattei e l’architetto Edoardo Gellner, con la collaborazione di Carlo Scarpa, concepiscono e realizzano un complesso di oltre centomila metri quadri, il Villaggio sociale Eni di Corte di Cadore, alle pendici del Monte Antelao. Nel Villaggio c’è una grande Colonia vasta trentamila metri quadri, un albergo, un auditorium, la Chiesa di Nostra Signora del Cadore, un Campeggio a tende fisse, 263 villette monofamiliari, un Residence. Vi sono 17 padiglioni collegati da un unico corridoio. Tutte le strutture sono accessibili senza barriere architettoniche.
La realizzazione del Villaggio è un Wild Cat, un gatto selvatico. Così vengono chiamate in gergo petrolifero le perforazioni in aree inesplorate. Eventuali resa e profitto sono imprevedibili. E l’area in cui prende forma il progetto di Mattei, dalla fortissima valenza sociale, non è altro che una sassaia covo di vipere. Per servire la struttura viene realizzata una conduttura idrica di 15 km,