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E-book353 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Il nemico di Jimmy Wolker in questa ennesima avventura non è una persona in carne e ossa, ma un’entità molto più temibile, il tempo, e in particolare un orario che per lui rischia di trasformarsi in una vera e propria maledizione, alla quale non riesce a sottrarsi: le tredici e quindici.
Nel tentativo di trovare la piccola Elena, Jimmy si trova a rifare i conti con luoghi assurdi e personaggi di ogni sorta, alcuni dei quali sperava di aver per sempre cancellato dalla propria vita. Ma se il tempo è caparbio, Wolker lo è ancora di più e il verbo arrendersi non rientra nel suo vocabolario.
LinguaItaliano
Data di uscita20 set 2020
ISBN9788832144758
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    Anteprima del libro

    Ore 13.15 - Paolo Bulzi

    IV

    Paolo Bulzi

    Maria Patelmo

    ORE 13.15

    Ore 13.15

    di Paolo Bulzi e Maria Patelmo

    © 2020 Aporema Edizioni

    www.aporema.com

    Quest’opera è frutto di fantasia: ogni riferimento a fatti, persone e luoghi, esistiti o esistenti, è puramente casuale.

    Se il mio mondo vi apparirà strano, non giudicatelo;

    prima provate a morire, com e è accaduto a me.

    Jimmy Wolker

    PROLOGO

    Parco di Capodimonte, Napoli.

    «Direi che questo è il posto ideale, Susan.»

    La donna inclinò un po’ il capo, prima a destra e poi a sinistra, per guardarsi intorno con cauta curiosità. Dopodiché replicò:

    «È carino, ma siamo un po’ isolati.»

    «Meglio, no?» le rispose Jimmy, con sguardo allusivo.

    Entrambi di Chicago e in visita a Napoli già da qualche giorno, avevano deciso di trascorrere una tranquilla mattinata a contatto con la natura in uno dei rari parchi cittadini. L’idea era quella di godersi un romantico picnic, per regalarsi un po’ di requie dopo il tour de force all ’insegna della cultura cui si erano sottoposti, scandito da numerose visite a monumenti, musei, piazze e vicoli.

    Si erano sistemati all’ombra di un castagno, posto alle spalle di una grande fontana di marmo sfolgorante di luce, su un manto d’erba che il venticello di primavera faceva ondeggiare quieto.

    «Guarda, un coniglio!» esclamò Susan all’improvviso.

    «Sembrerebbe più un leprotto» constatò Jimmy dopo una veloce occhiata.

    A bbracciò a sorpresa la sua donna e la baciò sul collo. Dopo averle tributato un lungo sguardo adorante, con la chiara intenzione di provocarla, le disse:

    «Un quadrupede in fuga… Un tempo questo parco era il bosco di caccia dei re, dunque non è poi così sorprendente che vi sia sopravvissuta una grande varietà di fauna. E anche io sono a caccia, oggi: ho già afferrato la mia preda e l’ho ingabbiata senza scampo tra le mie possenti braccia.»

    «Sciocco e inesperto Cupido, dov’è la tua freccia? Non la sento schioccare » r ispose la donna, abbozzando un sorrisetto dispettoso.

    Detto questo, gli premette con forza l’indice sulle labbra per impedirgli qual siasi tentativo di replica.

    «Dai» riprese a dire Susan, «stendi la coperta a terra; diamo un senso territoriale al nostro amore.»

    Jimmy eseguì ubbidiente, mentre lei apriva il cestino di vimini in cui aveva archiviato tutto l’occorrente per la scampagnata: panini farciti col prosciutto e la buona mozzarella locale, acqua, birra, frutta di stagione, fazzoletti. Q ualcosa però la disturbò prima che potesse tirar fuori altro.

    «Guarda quei due. Ci stanno filmando?»

    Jimmy alzò gli occhi e vide arrivare due tizi. Il primo, sulla sessantina, indossava un’elegante giacca ner a lunga fino alle ginocchia; l’altro, basso, scapigliato e in tenuta più semplice, lo seguiva puntando una cinepresa in direzione del castagno.

    La coppia di turisti di Chicago bloccò ogni altra attività, distratta dall’approssimarsi dei due strani personaggi, i quali avevano accelerato il passo, per superare la fontana e portarsi a pochi metri dalla coperta stesa da Jimmy.

    «Stai riprendendo, vero, Biagio?» chiese l’uomo elegante al suo accompagnatore.

    «Ce rto, capo, non ci stanno problemi.»

    «Bene… Buongiorno. Voi siete il signor Wolker, giusto?» d omandò allora l ’uomo in giacca .

    Jimmy non rispose subito. Si prese un paio di secondi per studiare la fisionomia dei due nuovi arrivati e scrutare tra le intenzioni nascoste nei loro occhi. Sollevò il sopracciglio sinistro, stupito dal fatto che lo sconosciuto potesse conoscere il suo nome.

    «Perché quello riprende?» ribatté infine. Era scocciato più che incuriosito. Il suo dito, puntato contro l’obiettivo della cinepresa, tremava leggermente per il nervoso.

    «Sta documentando l’evento» gli rispose il tizio con la giacca, facendo vibrare due impeccabili baffetti che sapevano di vetusta eleganza.

    «Quale evento?»

    «Voi siete Jimmy Wolker… Tutti i giornali parlano di quanto vi è accaduto a Venezia, della vostra storia e del fatto che vedete i morti.»

    A quelle parole Jimmy credette di capire cosa stesse succedendo e volle perciò liquidare il tipo con il tono più secco e sgarbato di cui era capace:

    «Non sono io, se ne vada!»

    «Suvvia, n on mi mentite! Ho qui l’articolo con la vostra foto in evidenza; non ho dubbi sulla vostra identità» disse l’altro, estraendo un ritaglio di giornale da una tasca interna della giacca.

    Jimmy non lo degnò di mezzo sguardo. Era sempre più seccato dal fatto che stessero continuando a riprenderlo. Non capiva quali fossero le loro intenzioni.

    «Insomma, si può sapere che cosa volete? Ora mi state davvero rompendo le scatole. Andate via.»

    «Ho bisogno di voi, chiedo venia, e mi rimando alla vostra gentilezza, sperando che vogliate perorare la mia causa.»

    «Di cosa si tratta?» chiese allora il turista americano con uno sbuffo di impazienza.

    Anche Susan sembrava parecchio infastidita. Il loro idilliaco progetto di romantico relax nel parco napoletano pareva oramai fallito.

    «Vorrei che tornaste indietro nel tempo» fece il misterioso signore. «Per la precisione, dovreste trovarvi per me alle ore tredici e quindici di un determinato giorno dell’anno scorso, in un luogo prestabilito.»

    Jimmy era ora indeciso se ridere o arrabbiarsi sul serio. Rimase incredulo per qualche altro istante, mentre ripensava alle parole appena ascoltate; quando fu sicuro di aver bene inteso, la sua replica fu una grassa risata. Pensò subito a uno scherzo e, sghignazzando un po’ irritato, commentò:

    « Vivace umorismo napoletano, non è così?»

    «Biagio, lo sapevo che non mi avrebbe creduto. Direi di non perdere altro tempo» disse l’uomo baffuto al suo amico.

    «Ok, potete procedere, professore.»

    Subito dopo, il cameraman fece qualche passo indietro, per allargare il campo della sua inquadratura. Nel frattempo, l ’ u omo che era stato appellato come professore estrasse con tragicomica disinvoltura una rivoltella da sotto la giacca e sparò un colpo dritto al petto di Jimmy, che in uno spasmo di dolore si piegò su stesso, privo di vita.

    Susan lanciò un urlo di disperazione. Noncur ante della salvezza della sua stessa esistenza, si chinò su di lui e tentò di rianimarlo. Il suo amato però non dava cenni di vita. Lei cercò comunque di rintracciare il battito del cuore appoggi andogli la testa sul petto, ma non lo trovò; poi salì al la bocca, nella speranza di udire una fievole traccia di respiro. Niente da fare! S i arrese con disperazione davanti a quella spaventosa evidenza.

    «Jimmy, amore mio!»

    Curva sul cadavere di colui che aveva amato più di ogni altra cosa al mondo , Susan conti nuava a ripetere il nome del suo compagno e a versare lacrime, quasi dimentica della presenza dei due sicari che ora osservavano con gelida curiosità la scena.

    «Non piangete, signorina» disse a un certo punto l’uomo con i baffetti. La sua voce era fredda e i suoi occhi comunicavano una spietata tranquillità. «Ormai non ci sta più niente da fare… se volete, potete pure chiamare le forze dell’ordine, l’esercito e persino il Papa! Il vostro Jimmy è morto e per lui non c’è più futuro. »

    «Mio Dio, mio Dio! Perché, perché?»

    In un’esplosione straziante di lacrime, la povera Susan invocò il Signore dei cieli e prese poi a baciare il volto senza vita di Jimmy. Non si accorse nemmeno che i due strani individui si erano già allontanati.

    1 - DÉJÀ-VU

    Parco di Capodimonte, Napoli.

    «Cosa c’è, Jimmy? Mi sembri disturbato» disse Susan, ri lev ando sul volto del suo uomo una strana smorfia di smarrimento.

    Il viso di Wolker era infatti già da qualche istante perso in un’insolita fissità. Un’espressione dolente designava con cupa evidenza la presenza di un pensiero triste e profondo.

    «Non ca pisco, Susan… mi è sembrato di essermi perduto, di essere stato assente. E adesso c’è un vuoto nella mia mente.»

    Strane sensazioni gli obnubilavano la testa, ora alle prese con emozioni mai provate, ricordi offuscati di un avvenimento che non sapeva mettere a fuoco né illustrare alla sua compagna.

    «In che senso?»

    «Non so come spiegarti; ho come l’impressione di essermi trovato, per un certo periodo, in un luogo diverso, in un angolo asettico e privo di colori.»

    «Spiegati meglio, non riesco a seguirti » lo incalzò Susan incuriosita dall’argomento, ma anche un pochino divertita.

    «Non saprei. Hai presente i racconti delle persone che si risvegliano dal coma, con il cavolo di tunnel e la luce bianca? Be’, mi è sembrato di sperimentare qualcosa di simile, anche se nel mio caso non si trattava di un tunnel, visto che non ricordo pareti. Ero in un luogo dominato da un’abbacinante luce bianca. Chissà! Forse, in qualche modo, ho fatto antic amera al Paradiso.»

    «Smettila» gli rispose lei, ridendo di gusto.

    Resosi conto dell’assurdità della sua affermazione, Jimmy forzò un sorriso e si guardò intorno. Provava ora a rilassarsi sfruttando il benefico refrigerio di respirare un ’aria più pura, non corrotta dallo smog cittadino .

    «Direi che questo è il posto ideale, Susan.»

    Anche la donna si guardò bene intorno.

    «È carino, ma siamo un po’ isolati.»

    «Megli o, no?»

    «Guarda, un coniglio!»

    « Sembrerebbe più un leprotto… Un semplice quadrupede in fuga… Un tempo questo parco era il bosco di caccia dei re, dunque non è così sorprendente che vi sia sopravvissuta una grande varietà di fauna. E anche io sono a caccia, oggi: ho già afferrato la mia preda e l’ho ingabbiata senza scampo tra le mie possenti braccia.»

    «Sciocco e inesperto Cupido, dov’è la tua freccia? Non la sento schioccare » disse lei, posandogli un dito sulle labbra. «Dai, prima metti la coperta a terra; diamo un senso territoriale al nostro amore.»

    Jimmy si girò per afferrare la coperta e stenderla sul prato; Susan, invece, era già con le mani nel cestino di vimini per recuperare l’occorrente per un picnic. Lo sguardo della donna si concentrò poi su due strane figure in movimento, che sembravano avanzare proprio verso di loro.

    «Guarda quei due…»

    Neanche il tempo di rendersi conto di cosa stesse succedendo, che il loro angolo di pace fu violato dall’arrivo di un tizio anziano, elegante, con dei baffi novecenteschi, e di un altro uomo dal volto inespressivo e i capelli spettinati.

    «Buongiorno, signor Wolker» disse il più vecchio della coppia.

    «Buongiorno» gli rispose Jimmy con cortesia, nonostante la sorpresa di essere stato chiamato per cognome da uno sconosciuto .

    «Posso disturbarvi per farvi vedere un breve filmato?» gli domandò mostrando una cinepresa.

    Il professore la maneggiò per qualche istante e poco dopo sul display comparve un video. Wolker scosse la testa, confuso. Il tizio, invece, cominciò a sorridere. La sua era la classica espressione compiaciuta di chi si aspetta da un momento all’altro di scoprire nell’interlocutore una reazione di stupore e sentirsi inondare da un inarrestabile fiume di domande.

    Quando Jimmy si vide in quel filmato non riconobbe subito il contesto e non riuscì a capire il momento in cui fosse stato ripreso.

    «Quello sei tu. Oh, guarda… ci sono anche io!» esclamò Su san.

    «Mi scusi, mi può spiegare?» domandò Wolker al professore, senza però riuscire a staccare gli occhi dalle immagini in riproduzione.

    «A dopo le domande. Seguite il video adesso.»

    Di fronte alla sua morte in diretta, Jimmy reagì dapprima inquietandosi poi con un’incontrollata esplosione di ostilità . Sul principio, pensò a uno scherzo di pessimo gusto, ma poco dopo la sua mente f u invasa da una miriade di supposizioni contraddittorie, tra le quali non riusciva più a orientarsi.

    «Che razza di macabra cretinata è questa?»

    «Ho la vostra attenzione adesso, signor Wolker?» dom andò il professore con un fastidiosissimo ghigno di soddisfazione.

    2 - IL PENTAGONO

    A quel punto Jimmy non aveva altra scelta che accettare l’invito del professore a recarsi in casa sua, al fine di approfondire la questione. Moriva dalla voglia di conoscere tutti i retroscena legati al video mostratogli da quell’insolito interlocutore e di capire quali fossero le sue intenzioni. Non ebbe dunque problemi a d assicurare che lui e la sua donna avrebbero onorato l’appuntamento. Si segnò l’indirizzo sullo smartphone e salutò il professore e il suo scagnozzo con il massimo della gentilezza.

    Prima di recarsi al l’inquietante incontro, dovette però passare dall’hotel per recuperare Penny, sua sorella, anche lei in visita a Napoli. La ragazza, infatti, non era andata con Jimmy e Susan al parco di Capodimonte, giacché aveva pensato che sarebbe stato carino lasciarli un po’ soli. Per abitudine e per ragioni sentimentali, Jimmy non si separava mai dalle sue due muse. Uniti, nelle gioie e nelle avversità, quei tre avevano imparato a condividere tutto. Le due donne, entrambe belle ma diversissime per carattere e tratti somatici , erano legate da un sincero affetto e, come di rado capita fra cognate, andavano d’amore e d’accordo.

    Il professore abitava in periferia, in una zona agricola alle pendici del Vesuvio, molto lontana per estetica e atmosfera ai luoghi che Jimmy e le sue accompagnatrici avevano avuto modo di ammirare nel centro di Napoli e sulla costa. L’abitazione, parecchio isolata, ricordava in piccolo il Pentagono di Washington: rimarcava la medesima struttura geometrica del quartier generale del Dipartimento della Difesa degli USA, anche se poi, per quanto riguardava i materiali, aveva tutta l’aria di un edificio rustico, eretto in tufo e piperno.

    Dopo essere stati ricevuti e fatti accomodare in salotto, i tre ospiti rimasero per qualche minuto in imbarazzato silenzio, in attesa di conoscere il tema dell’incontro .

    Jimmy si era seduto su una p oltrona imbottita, mentre Susan e Penny avevano scelto un divanetto. Erano circondati da un arredamento in stile barocco, con mobili costipati di ninnoli in porcellana, suppellettili di argento e rame e pareti riempite da quadretti e oggettini d i antiquariato di dubbio gusto. Il professore e il tizio chiamato Biagio sedevano invece a braccia conserte su due sgabelli più defilati, dai quali riuscivano a inquadrare bene i tre invitati. C’era da dire che gli occhi del padrone di casa sembravano molto interessati alle lunghe gambe accavallate delle signore. E forse era proprio quella distrazione la causa principale del suo indugio nell’aprire il discorso che aveva motivato l’incontro.

    «Insomma, professore. Mi vuole dire perché siamo qui? Che cosa significa quel video?» domandò Wolker, impaziente.

    Il tizio con i baffi socchiuse gli occhi, quindi si soffermò un attimo a osservare il volto del suo ospite. Gli piaceva studiare le persone ed era convinto di poterne scovarne i punti deboli con un’occhiata. Un solo sguardo per carpirne il carattere e la psicologia … Be’, con Jimmy partiva avvantaggiato: quotidiani e settimanali avevano già parlato con dovizia di particolari della sua storia; si era tanto discusso, per esempio, della sua infanzia difficile e del passato da piccolo delinquente, e tanti cronisti si erano spesi per magnificare o criticare le sue imprese mirabolanti al di là del noto, dai suoi incontri con i morti alle avventure in giro per il mondo che avevano eccitato gli appassionati di esoterismo. Eppure, ciò che ora il professore ri leva va con maggiore chiarezza in quell’uomo era un’indole da simpatica canaglia.

    Jimmy intuì l’intenzione di quegli occhi che insistevano su di lui per scavare nel suo intimo e fissò di rimando il professore con uno sguardo di eloquente insofferenza, affinché si decidesse a parlare .

    «Mi dispiace avervi recato tanto disturbo, ma ho proprio bisogno di voi, signor Wolker» esordì il padrone di casa.

    Biagio si alzò per recuperare un vassoio con delle bevande da offrire agli ospiti.

    «Va bene, ma andiamo al punto, professore . A proposito, il suo nome mi è ancora sconosciuto» disse Jimmy gonfiando il petto e mettendo in evidenza il fisico asciutto .

    «Russo, mi chiamo Valentino Russo. Non ho segreti né motivo per nascondervi chi sono o cosa voglio. Sarò breve: ho inventato una macchina del tempo, partiamo da qui.»

    Le due donne si guardarono a vicenda faticando a trattenere le risate. Susan aveva infatti scommesso con Penny che l’incontro di quel pomeriggio si sarebbe risolto in una farsa. Da un po’ di tempo il povero Jimmy veniva contattato da un sacco di svitati e invasati.

    Il fatto che il professor Valentino avesse spiattellato quella comunicazione con tanta naturalezza e con una esplicita dose di compiacimento sortì una reazione d i irritato divertimento anche in Jimmy, la cui guancia si sol levò per esprimere incredulità.

    «Buon per lei, professor Russo. Se avessi una macchina del tempo, me ne andrei subito nel futuro per annotarmi cinque numeri del lotto vincenti» commentò poco dopo l’ospite, mentre afferrava un bicchierino di limoncello offerto da Biagio.

    «Io rimarrei sempre giovane, tornando ogni dieci anni indietro nel tempo» si esaltò Pe nny, per poi mostrare il suo punto di forza: un sorriso dolce e al contempo accattivante.

    «Spiacente, signorina» replicò secco il padrone di casa, «vi trovereste in un tempo diverso, ma la vostra bella presenza rimarrebbe tale, con tutti i segni dei vostri anni attuali. E, tutto sommato, sarebbe davvero un peccato ringiovanirvi dal momento che, a quanto suggerisce la vostra apparenza, vedo che avete l’età giusta per definirvi perfetta.»

    «Che fregatura! Allora, per quanto mi riguarda, è proprio un’invenzione inutile» sentenziò Penny rivolgendosi a Susan, la quale , contagiata dall’allegria generale, sghignazzò compiaciuta.

    Entrambe bevvero un sorso del liquore offerto. Non avevano mai assaggiato nulla del genere. Era un distillato profumato di limone, freddo e forte, tanto alcolico, dolce sulla punta e acido sulla base della lingua.

    L a complicità tra le due donne non sfuggì a Valentino, che di nuovo si era attardato con lo sguardo sulle loro gambe.

    Susan vestiva con eleganza. Un rossetto rosso fuoco evidenziava il bel disegno delle sue labbra. Era alta, ben formata e premiata in termini di intensità da occhi penetranti di un misterioso verde scuro e da capelli mossi e nerissimi. Penny, invece, aveva i capelli biondi, di una tonalità più scura rispetto a quelli del fratello, lunghi e mossi sulle punte. Due grandi occhi marroni da cerbiatta sapevano comunicare al contempo tempo forza, dolcezza e sensualità.

    Il professore sorrise, piacevolmente colpito dallo spettacolo umano che stava ospitando in salotto, e ribatté:

    «Il vostro buon umore mi riempie di gioia! E vi confesso di essere stato ammaliato dai vostri splendidi sorrisi, capaci di addolcire e nobilitare gli attributi già così affascinanti d e lla vostra prorompente presenza. »

    «La smetta di fare il cascamorto e arriviamo al sodo» si inserì Jimmy, senza troppa gentilezza. Non gli piaceva per niente quel tipo con i suoi modi affettati e le strane cose che diceva.

    Senza offendersi, Valentino alzò le braccia al cielo in segno di resa.

    «E sia. Essendo stata collaudata in via definitiva due anni fa, la mia macchina del tempo può viaggiare nel passato soltanto in questi ultimi ventiquattro mesi, o nel futuro nei due anni successivi, ma questo solo se si parte dal passato. È chiaro fino a qui?»

    «Si viaggia solo nei due anni appena trascorsi, ho capito. Guardi che non sono stupido. Diciamo che il mio problema rispetto al suo discorso è di natura più generale... Non riesco a credere a quanto ci ha appena raccontato. Come saprà, caro professor Russo, i viaggi nel tempo non sono possibili. »

    « In relazione ai due anni, ve lo confermo: avete capito. Per quanto riguarda invece il vostro scetticismo generale, sappiate che vi ricrederete presto. Quando vi sarà data la possibilità di osservare da vicino la macchina del tempo, stimato signor Wolker, non avrete di sicuro alcuna remora a collaborare … »

    «Collaborare?»

    «Sì. Userete la mia macchina, per ritrovarvi il sette maggio dello scorso anno, alle ore tredici e quindici , in questo salotto.»

    Tutti tacquero.

    Il ticchettio dell’orologio a pendolo che scandiva i secondi era l ’ unico rumore percepibile all’in terno della grande stanza. Dopo qualche istante di disorientamento, Jimmy domandò: «E per quale motivo dovrei tornare indietro nel tempo? E perché proprio il sette maggio?»

    «Voi parlate con i morti, signor Wolker, è giusto? Bene, il sette maggio dello scorso anno, in questa casa, apparve mia moglie, che purtroppo è morta suicida. Mi sto riferendo al suo spettro, ovviamente, il quale si presentò qui per parlare con suo fratello Annibale in merito a un evento inquietante, del quale devo assolutamente venire a conoscenza .»

    «Non farebbe prima a parlarne con questo Annibale?»

    « Impossibile. Perché subito dopo quell ’ apparizione il caro Annibale è impazzito. Da allora parla molto poco. E quando lo fa, vaneggia. Poverino, non c’è mai stato troppo con la testa, voglio dire che ha sempre evidenziato dei lievi problemi mentali, più o meno tenuti sotto controllo con cure specialistiche e farmaci. Dopo aver udito le parole di sua sorella, però, la situazione è precipitata.» I l professor Russo fece una pausa, durante la quale Jimmy si grattò la testa, perplesso. «Quel giorno sembrava così tranquillo quando, a un certo punto, lo vidi agitarsi. Mi accorsi che stava parlando con qualcuno, ma con lui c ’ero solo io… Allora capii che si stava rivolgendo a un’entità inesistente! Non riuscii a intendere subito cosa stesse succedendo, finché Annibale non cominciò a ripetere con particolare enfasi il nome di sua sorella: Anita, Anita, Anita. Parlava con lei! Ne sono sicuro.»

    «Se dice, però, che suo cognato soffriva già allora di lievi problemi mentali, può darsi che si sia trattato solo di un’allucinazione.»

    Valentino si prese qualche attimo per sorseggiare il suo bicchiere di limoncello, che era più capiente di quelli già serviti agli altri, poi replicò:

    «No, in quel momento mio cognato era presente a se stesso. Non fu un’allucinazione, posso metterci la mano sul fuoco. Stava parlando con uno spirito. Io ero lì e ho assistito alla scena. In base a ciò che ho compreso, ho motivo di pensare che in quell ’ occasione Anita gli abbia rivelato dove ha nascosto mia figlia, la mia piccola Elena» t erminò la frase con il magon e. Un a lacrima gli era già scivolata giù per il viso.

    «Mi scusi la franchezza, professor Russo, ma io non ho capito granché di quello che ha appena raccontato. Non dico di non crederle, ma i temi in questione sono un tantino sconcertanti e inusuali» replicò Jimmy.

    Il professore si alz ò di scatto e, nervoso, cominciò a passeggiare avanti e indietro per il salotto.

    «Il sette maggio di un anno fa, in questa sala c’eravamo io e Annibale: lui era su quella poltrona dove adesso siete seduto voi, era assorto nei suoi pensieri, tranquillo ; io mi dilettavo nel leggere un libro scientifico, la mia passione. A un certo punto mio cognato si alzò e cominciò a parlare con qualcuno. Discuteva animatamente con questa presenza e la chiamava Anita, che è il nome della mia ex moglie, morta suicida, come ho già detto . Lui le chiedeva più volte: Dov’è, dov’è Elena?, riferendosi a mia figlia, scomparsa da poco più di un anno. Era troppo agitato, il caro Annibale, e pronunciava di continuo, quasi con disperazione, il nome di sua sorella. La stava implorando ! Dopo qualche attimo lo sentii gridare: No! No! In quel frangente gli domandai che cosa stesse combinando e lui mi rispose: Ma come, non vedi tua moglie? e poi … è impazzito.»

    «Be’, e io cosa diavolo c’entro in tutta questa storia ?» ribatté Jimmy, ancora più titubante.

    Dopo essersi bloccato, Valentino cambiò espressione e umore . Cominciò a sorridere, dunque fissò Wolker con aria di sfida .

    «Da marito ferito e da padre distrutto dal dolore, voglio appurare la verità! Devo sapere che cosa è successo» si mise quasi a gridare. «Io sono un uomo di scienza e non ho mai creduto a storie di spettri e di apparizioni, ma adesso la mia prospettiva è cambiata. Voi, signor Wolker, vedete i morti, siete una specie di autorità in termini di fenomeni paranormali e io voglio dunque che torniate alle tredici e quindici del sette maggio di un anno fa. Vi ho dimostrato con il video che avete visto la funzionalità della mia macchina del tempo! E ora sta a voi verificare l’andamento dei fatti. In questo modo, se le mie supposizioni dovessero rivelarsi campate in aria, ci faremo quattro risate; ma se al contrario voi doveste davvero vedere Anita, sapremmo dove ha nascosto la mia bambina.»

    «E questo Annibale dov’è adesso?»

    «In una camera di sicurezza.»

    C’erano davvero molti punti oscuri in quella faccenda. Jimmy si perse in una lunga riflessione mentre guardava a terra con

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