La peste nera e il nuovo Rinascimento
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Dobbiamo risalire al Basso Medio Evo per avere contezza di questo e lo dobbiamo a un Maestro della pittura, Ambrogio Lorenzetti, che per esaudire la richiesta del committente senese, il partito al Governo in quel periodo nella città toscana, ha compiuto una serie di affreschi ancora oggi godibili al visitatore, nella ‘Sala dei Nove’ del Palazzo Pubblico di Siena.
Nel 1337 un toscano aveva già capito e impresso sull’intonaco quali e quanti benefici può comportare, sulla vita di tutti noi, una oculata e onesta gestione politica e amministrativa e quali danni invece può generare l’incapacità o la squallida disonestà.
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Anteprima del libro
La peste nera e il nuovo Rinascimento - Stefano Grossi
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CAPITOLO PRIMO
E se grazie al Covid, si riuscisse finalmente a cambiare….?
Sembra un titolo ad effetto e invece è solo un lamento temperato che si contrappone all’ottimismo renziano tout court.
Io faccio parte di quella borghesia attempata che trova sempre più difficile avanzare tra l’incuria e il pressapochismo di questa nostra amata ‘italietta’. Ho ancora chiara e nitida la domanda di un tassista parigino che, alla fine di una corsa, prima che scendessi dal taxi, davanti al George V, mi aveva chiesto a cosa fosse dovuto il successo della nostra nazione e il suo deciso balzo in avanti che la poneva al 4 posto della classifica mondiale tra le più industrializzate, avendo superato Francia e Gran Bretagna: correvano gli anni 80 e infuriavano gli Yuppies; i manager avevano 40 anni e il fermento si respirava nell’aria, come fosse polline primaverile, ricco di freschezza e di effervescenza. Il tassista francese, prima che chiudessi la portiera, mi aveva sorriso esclamando: …..d’altronde siete maestri nell’arte della Rinascita!
Oggi, ai miei amici stranieri che mi domandano perché siamo finiti così, l’unica cosa che riesco a rispondere è che sono quelli della mia età che non hanno saputo sostenere un nuovo ‘Rinascimento’.
Non aver conosciuto gli orrori della guerra e aver vissuto gli sforzi fatti dai nostri genitori per la ricostruzione ha dato innegabilmente, alla mia generazione, la fortuna di crescere in un mondo in divenire.
E’ cosa risaputa che quando siamo a terra, noi italiani siamo capaci di grandi cose e gli anni 50 e 60 ne sono la conferma ma poi entrano in gioco altri nostri vizi atavici come la furbizia e l’arte del fottere il vicino. Un esempio per tutti: cinque deputati da 12.000 Euro al mese, che hanno fatto richiesta di percepire il bonus di 600 Euro messo a disposizione dal Governo per chi, a causa del Coronavirus, è restato senza reddito perché non occupato stabilmente. Il fatto ancora più grave è che a richiederlo sembrano essere stati tre leghisti e due grillini, i cosiddetti gialloverdi che dovevano mandare a casa i corrotti e liberare l’Italia dal malaffare e dai profittatori legati alla vecchia idea di politica: ma questi cinque evidentemente non erano stati avvisati!
*****
Mio nonno diceva: ‘Un’idea, basta un’idea e saperla coltivare. Crederci fino infondo, questo è il segreto del successo.’
Mio padre che aveva potuto beneficiare della idea del nonno, già diceva con orgoglio latino: L’impegno non deve mai degenerare in lavoro!
Due generazioni e due visioni diverse e io sono cresciuto nella convinzione che: ‘Nihil difficile volenti’ ma senza affaticarsi troppo. Infondo sia mio nonno che mio padre in una cosa erano d’accordo: I soldi sono come le belle donne, più fai loro la corte più ti sfuggono. Se li ignori saranno loro a cercare te
. E così ho fatto. Ho cercato di dar corpo alle idee senza pensare ai soldi ma solo a realizzare le stesse.
In tutti i casi, è stata la mia generazione e i maledetti anni 80 a creare il nostro problema nazionale. E’ il debito pubblico prodotto in quel decennio che ha condizionato il nostro futuro e continua a renderlo incerto.
Quello che però non sapevo e che credevo riguardasse solo la Russia zarista descritta a meraviglia nelle opere di Tolstoi o Dolstoievski è che l’Italia aveva qualche cosa in comune con l’Impero dei Romanoff: la burocrazia.
Gli orpelli e gli ammennicoli, i lacci e i lacciuoli che le lobby stataliste e il potere dei palazzi ha, negli anni, scientemente stratificato su tutte le pratiche e su ogni atto della nostra italica esistenza hanno terribilmente complicato qualsiasi cosa decidi di fare.
Allora è tutta colpa della burocrazia? Fosse vero!
In realtà dobbiamo tenere conto di altri piccoli problemi che influenzano e rendono asfittico il nostro percorso di nazione moderna ed evoluta.
Firenze è l’emblema della rinascita culturale ed economica del 500. E’ il simbolo della voglia di rinnovamento e noi, come nel dopoguerra, è di quello che abbiamo bisogno in questo particolare e difficile momento.
Le piccole botteghe fiorentine dove nascevano artisti e fiorivano idee e scuole di pensiero non erano altro che fucine di nuovi modelli. In una società moderna quelle botteghe sono rappresentate dalle Università e le idee sono il sale della ricerca, quella vera e fondamentale per qualsiasi crescita culturale e sociale. Se ad esse poi associ l’immaginazione allora il cocktail è perfetto. Lo stesso Einstein non diceva forse: Imagination is more important than knowledge
.
Noi purtroppo, negli anni 70 e soprattutto 80 non lo abbiamo capito e, invece di investire in ricerca e Università abbiamo pagato tangenti o con i soldi sottratti all’erario, aperto conti in Svizzera e serve a poco che oggi tutti gli illuminati di turno lo ammettano.
Dagli anni 90 in poi, le risorse pubbliche sono state inghiottite dal debito e dagli interessi che questo genera e spesso, quel poco che rimaneva, oltre a pagare un welfare e dei servizi mediocri, è stato anche distribuito male e ai soliti noti e… allora?
Allora oltre al debito, alla Burocrazia e al senso di Stato che storicamente non ci appartiene, dobbiamo fare i conti anche con la furbizia e con la cattiva gestione della ‘Res Publica’, anche questi mali tipicamente italiani.
Se penso alla politica non posso che considerare il pensiero di Pericle la sua forte esigenza di democrazia. Quella sarebbe la Politica di cui abbiamo bisogno e che ci è mancata per tanto, troppo tempo. All’indomani del fascismo, sulle macerie di una Italia piegata e distrutta, se non ci fosse stato l’intervento della giusta politica e di alcuni personaggi illuminati e onesti, non avremmo potuto godere del benessere degli anni a venire e l’Italia non sarebbe potuta ripartire. Ma se la buona politica e un piccolo gruppo di uomini hanno permesso all’Italia, nell’immediato dopoguerra, di tornare ad essere un grande Paese, i facili arricchimenti, l’ingordigia, l’abuso di potere e quindi la mala politica, frammisti alla ipocrisia e alla pochezza etica di alcuni leader, solo alcuni anni dopo, hanno distrutto l’eccellente lavoro svolto dai padri costituenti della nostra amata patria.
Se quindi, come si fa in una buona ricetta, volessimo citare gli ingredienti per trasformare l’Italia in ‘ l’italietta’, credo che essi siano riassunti in questa piccola e forse inutile analisi appena conclusa.
Come in un qualsiasi ‘Cahier de doléance’, se non si tiene conto di queste premesse, non riusciremo mai a trovare la forza e la volontà di rialzarci.
CAPITOLO SECONDO
Negli anni 80’ gli spunti riflessivi di un certo Catalano, uno dei tanti personaggi resi noti dal grande Arbore, avevano dato vita alle ‘catalanate’ che riuscivano a far apparire monsieur De La Palisse un vero dilettante eppure nascondevano il germe