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Pelvis in macerie
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E-book130 pagine1 ora

Pelvis in macerie

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Info su questo ebook

Quando George Pelvis andò a richiedere il suo prestito in banca, non si accorse della spada di Damocle che pendeva sulla sua testa.
Da immobiliarista, e appartenente ad una classe borghese ricca, si ritrova nel tempo a dover far fronte alla perdita di valore delle sue  proprietà, all’aumento delle spese ed al calo delle entrate. In una società che cambia le sue priorità e sposta il valore altrove. Mentre il contesto è privato dei valori, e ciò non permette a George di trovare la forza per superare le difficoltà in maniera adeguata.
Nella tempesta della sua vita, George Pelvis, si chinò un po’ in avanti, poi aprì un ombrello.
LinguaItaliano
Data di uscita21 ott 2020
ISBN9791220210324
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    Anteprima del libro

    Pelvis in macerie - Peter Franki

    http://write.streetlib.com

    TEMPESTA

    Quando il vento soffia forte, l’unico modo per non essere spazzati via, pur continuando a camminare, consiste nel rivolgersi perpendicolarmente alla sua direzione, in modo da ridurre l’area d’azione della forza. Successivamente, in questo modo, spostarsi in zone riparate, oppure aspettare che la tempesta si plachi.

    Nella tempesta della sua vita, George Pelvis, si chinò un po’ in avanti, poi aprì un ombrello.

    PESSIMO INIZIO DI GIORNATA

    Non si poteva dire che la famiglia Pelvis non fossero delle persone per bene. E proprio per questo, i fatti di via Chat Rouge erano sulla bocca di tutti.

    Il signor Pelvis amava definirsi un abitante del mondo. Leggeva il giornale ogni mattina. Beveva una tazza di camomilla la sera, e gridava contro ogni politico che sentiva al telegiornale delle venti. La domenica andavano tutti in chiesa. La signora Pelvis, Margie, era una bella donna. Indossava dei tailleur colorati e scarpe col tacco alto. Aveva sempre desiderato una famiglia, e quando George Pelvis la invitò a ballare, alla festa di fine anno del liceo, lei non ebbe dubbi. Lui era di buona famiglia, erano ricchi, e a lei interessava solo quello. O almeno così dicevano in paese.

    Fatto sta che si sposarono, ed ebbero due figli, Mathis e Codette.

    I figli crebbero in fretta. Senza neanche accorgersene, George e Margie, avevano accumulato 48 anni, Mathis e Codette ne avevano già 20.

    George lavorava nella propria società di gestione immobiliare, ereditata dal lungo lavoro di suo padre, arricchitosi di proprietà durante il boom edilizio.

    Il giorno dei fatti di via Chat Rouge, sin dalla mattina, si sentiva di pessimo umore. D'altronde, chiunque sarebbe stato di pessimo umore, se avesse ricevuto la chiamata che aveva ricevuto lui la sera prima. I conti non andavano bene da mesi, le proprietà si stavano svalutando, gli affitti dei negozi non c’erano più, e la banca gli aveva chiesto di rientrare di una bella somma. Niente camomilla quella sera.

    La mattina, George stava facendo un incubo. Si svegliò di soprassalto.

    - Tutto bene? Che succede?

    - Niente... Ho fatto un incubo.

    - Vuoi raccontarmelo?

    - No, decisamente. Meglio di no.

    - Coraggio, lo sai che puoi dirmi tutto. Se ti agita, raccontare ti aiuterà.

    Esitò per qualche secondo. Non era certo di volerle raccontare né il sogno, né la telefonata della sera precedente. Voleva prima rifletterci su.

    George, mentì sul sogno.

    - Ecco... Ho sognato che stavamo andando a cavallo, tu ed io. Ad un certo punto, si è imbizzarrito. Ed io sono caduto battendo la testa s’una roccia spigolosa.

    - Per la miseria George! Non pensavo che avessi così paura di andare a cavallo.

    - In realtà non ho affatto paura di cavalcare.

    - Tranquillo George. Non andremo più al maneggio, così non farai più di questi sogni.

    Disse la moglie con voce rassicurante.

    Era tutto fin troppo insopportabile. Non sarebbe rimasto ad ascoltare altre sciocchezze di lei.

    - Scusami, devo alzarmi. Sai che ore sono? - Chiese George, mettendosi seduto sul letto.

    - Ma sono solo le 06.30... Hai del lavoro così urgente, da sbrigare?

    - Si, ma tu stai tranquilla a letto. Preparo io la colazione. Non serve che ti alzi.

    Non era difficile comprendere che qualcosa non andava. L’ultima volta che si era svegliato, e alzato, a quell'ora , era stato il giorno di Natale di una decina di anni prima. Quando lei lo aveva obbligato a porre i regali sotto l’albero, affinché i bimbi potessero credere che fosse venuto effettivamente Babbo Natale a portarli.

    Forse era successo un paio di altre volte. Quando accompagnarono i ragazzi alla partenza della gita scolastica per Amsterdam. Oppure per qualche battuta di caccia mattutina con quelli del club. In ogni caso, quel giorno, non era prevista nessuna gita, né battuta di caccia. Margie ci pensò su. George era evidentemente agitato, ma lei lasciò che lui si alzasse, e andasse via. ‘Tanto’, pensò lei, ‘non mi parla mai di lavoro. Come sempre, mi considera un’inetta’.

    George andò in cucina a farsi qualcosa di caldo.

    Mentre osservava il caffè cadere nella tazzina, pensò a quanto fosse stato stupido, a fidarsi di quella stronza a cui aveva affittato tre dei suoi locali. I migliori, peraltro. ‘E per farci cosa?’, rimuginò tra sé, ‘un bar e un ristorante. Un maledettissimo bar. In questa città tutti pensano solo ad aprire bar e ristoranti. Come se, improvvisamente, la gente non fosse più in grado di cucinare’.

    La signora che gestiva i due bar ed il ristorante si chiamava Mimì Martin, ed era in evidente difficoltà con la gestione. George provò ad insistere per ottenere i pagamenti che gli spettavano, ma non ottenne molto. Così provo ad indagare sulla sua gestione, ma lei era reticente. Allora, chiese informazioni agli inservienti.

    Niente.

    Costruirono un muro che George non riuscì a scalfire. Osservò per un po’ quanta gente entrasse nei locali. Si rese conto che l’afflusso era costante solo nei fine settimana. Di certo, nessuno si sarebbe arricchito con quella clientela.

    Possedeva anche altri sei locali con vetrina. Uno di questi lo aveva concesso a sua moglie, in passato. Margie voleva aprire la sua attività, in proprio. In linea con i suoi gusti, e la sua personalità, decise che un negozio di profumi fosse la scelta ideale.

    Comprarono i profumi per riempire gli scaffali; e siccome lei non poteva stare tutto il giorno in negozio, da sola, assunsero una commessa, che diventarono due in prossimità delle feste. Perché, si sa, un profumo per Natale lo regalano tutti.

    Purtroppo, l’attività fu un buco nell'acqua .

    Margie era brava a gestire i clienti. Era meticolosa nel fare i pacchi regalo, e, anche nel gestire i conti non aveva mai sgarrato di un cent.

    Loro non eseguivano vendite online, i prezzi non erano tra i più bassi e l’apertura di un grande centro commerciale, dopo nemmeno un anno dalla loro inaugurazione, con annessa la profumeria di uno dei tanti franchising in circolo, fece il resto.

    L’unica nota positiva, di questa stonata melodia, furono le scorte di Terre D’Hermes, il suo preferito, per i successivi tre anni.

    Tuttavia, per questo fallimento, non aveva nulla da rimproverare a sua moglie. Credettero di aver sbagliato scelta. Con questa accettazione delle circostanze, si assunsero tutte le responsabilità; anche se, di fatto, scelte di altri avevano avuto un impatto devastante sulla loro vita. E ne avrebbero avuto anche nei mesi a venire... Dato che, da lì a tre anni, insieme alle scorte di profumo, calavano anche gli affitti dei negozi. Si stavano svuotando, uno ad uno, senza trovare rimpiazzo. Rimase solo l’affitto della farmacia; unica attuale fonte di reddito della famiglia Pelvis.

    Per racimolare qualche soldo in più, mise in affitto il vecchio appartamento che gli aveva lasciato sua nonna. Era un piccolo tre locali, con doppio affaccio, sulla strada e sul cortile interno. L’aveva fatto ristrutturare interamente, affinché potesse presentarsi al meglio. Ci teneva, che facesse bella figura.

    Considerato che i negozi andavano male, pensò che fosse meglio affittare le camere singolarmente, a studenti o lavoratori, che avrebbe selezionato lui personalmente.

    Inoltre, si sarebbe fatto pagare in contanti e senza contratto, per risparmiare qualcosa sulle tasse. Non l’aveva mai fatto, era ligio ai suoi doveri di cittadino. Tuttavia, nello stesso tempo, era cresciuta in lui l’idea e la prospettiva del declino. In questo modo, avrebbe rischiato di più, ma gli sarebbero rimaste più risorse.

    Dopo una prima scrematura iniziale, ragionò che avrebbe dovuto accontentarsi. Allargò le maglie della selezione, accontentandosi di persone senza referenze né posto fisso.

    Incontrava i candidati davanti a casa. Dopo qualche domanda introduttiva, salivano al primo piano per visitare l’appartamento.

    Un giorno si presentò un ragazzo giovane, disse di chiamarsi Nunzio, e che era venuto in città per trovare lavoro come cameriere. Di certo, non aveva un aspetto elegante; la faccia era butterata, ed aveva una brutta cicatrice sulla guancia destra, dallo zigomo alla mascella. Era come se lo avesse morso un cane.

    George cercò di gestire la conversazione.

    - Quindi vorresti lavorare in un ristorante?

    - Questo so fare.

    Aveva un terribile accento italiano.

    - Ok... se vuoi conosco qualche locale, posso chiedere se cercano.

    - Se potesse, le sarei obbligato.

    - Si... da dove vieni?

    - Sicilia.

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