La primavera dell'amore: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Il matrimonio fra Emma Shreve e Vincenzo Cardini è naufragato: la passione non è mai mancata, ma il destino ha voluto allontanarli fra litigi e incomprensioni. Ora, però, lei non ha altra scelta che chiedere aiuto proprio a lui, ben sapendo che il prezzo da pagare sarà alto. E così è, infatti. Emma si ritrova in Sicilia, a casa di Vincenzo, e nonostante provi a restare impassibile di fronte alle sue avance l'attrazione fra loro è ancora così intensa che li costringe a passare le notti l'uno fra le braccia dell'altra, per poi pentirsene di giorno. Entrambi sanno bene che, se solo avessero il coraggio di lasciarsi alle spalle il passato, il loro amore potrebbe ancora rifiorire.
Sharon Kendrick
Autrice inglese, ama le giornate simili ai romanzi che scrive, cioè ricche di colpi di scena.
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Anteprima del libro
La primavera dell'amore - Sharon Kendrick
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Sicilian Husband, Unexpected Baby
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2008 Sharon Kendrick
Traduzione di Cristina Proto
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-267-6
www.eHarmony.it
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1
Emma avvertì il brivido della paura scivolarle sulla pelle. Osservò l’uomo allampanato in piedi di fronte a lei e fece del suo meglio per tenere sotto controllo la propria espressione: lasciarsi prendere dal panico era l’ultima cosa da fare.
«Ma io non posso permettermi di pagare un affitto più alto, Andrew» gli rispose con calma. «Questo lo sai benissimo.»
L’uomo scrollò le spalle in segno di scusa, ma senza cambiare atteggiamento. «E io non gestisco un ente di beneficenza. Mi dispiace, Emma, ma potrei prendere una cifra quattro volte superiore a quella che riscuoto da te, se rimettessi questo posto sul mercato.»
Come un automa, Emma si limitò ad annuire. Certo che avrebbe potuto. Graziose villette in graziose cittadine inglesi andavano a ruba. Sembrava che tutti volessero vivere in campagna.
Andrew esitò. «Non c’è nessuno che potresti interpellare? Che ti potrebbe dare una mano? Che mi dici di tuo marito?»
Emma si alzò in fretta, stampandosi un sorriso stiracchiato sulle labbra e domandandosi se avrebbe comunque ingannato qualcuno. Il solo accenno all’uomo che aveva sposato aveva il potere di farla sentire debole, ma la debolezza non aveva posto nella sua vita, non più almeno. Semplicemente non poteva permettersela. «È molto gentile da parte tua preoccuparti, però è un mio problema» replicò.
«Emma...»
«Ti prego, Andrew» ribatté lei, cercando di mantenere la voce calma. Non le capitava mai di parlare di Vincenzo, con nessuno. «O trovo i soldi per un affitto più alto, o mi trasferisco in un posto più economico: queste sono le uniche soluzioni che ho.»
Sapeva che ne esisteva una terza, inconfessata: Andrew glielo aveva chiarito molto bene con quel suo stile dolce ed educato, tipicamente inglese. Ma non avrebbe iniziato a frequentarlo solo per mantenere basso l’affitto, e comunque non era in cerca di un fidanzato. Non voleva nessuno nella sua vita; non aveva spazio, né tempo o voglia, per un uomo.
E il desiderio era morto in lei il giorno che aveva lasciato Vincenzo.
Andrew si congedò, sparendo nell’aria fredda di novembre, proprio mentre dalla cameretta arrivava un piagnucolio: Emma si affacciò per controllare il figlio che dormiva.
Aveva già dieci mesi, com’era possibile? Cresceva in fretta, giorno dopo giorno, sviluppando una corporatura robusta e insieme una personalità molto decisa.
Con un calcio si era di nuovo liberato del piumino e ora stava stringendo il suo coniglietto di lana come se ne andasse della sua vita. Il cuore di Emma fu sopraffatto dall’amore, ma anche dalla preoccupazione. Se avesse dovuto pensare solo a sé, allora non ci sarebbero stati problemi. Aveva a disposizione numerosi lavori che le avrebbero garantito una stanza, e lei sarebbe stata felice di prenderne uno qualunque.
Ma non c’era solo lei. C’era suo figlio a cui pensare, e lei gli doveva assicurare il meglio che il mondo potesse fornirgli. Non era colpa sua se si trovava in una situazione difficile.
Si morse il labbro. Sapeva che ciò che Andrew aveva suggerito aveva senso, ma non era così semplice, e Andrew non conosceva i dettagli. Nessuno li conosceva. Poteva davvero soffocare il proprio orgoglio e le proprie convinzioni e rivolgersi al marito, che aveva lasciato, per chiedergli un aiuto economico?
Le spettava forse qualcosa, per legge? Vincenzo era un uomo incredibilmente ricco, e anche se ora la disprezzava e le aveva detto di non volerla vedere mai più, magari le avrebbe concesso una sorta di liquidazione, se gli avesse chiesto il divorzio.
Sentendosi stanca, si strofinò gli occhi. Quale altra soluzione aveva? Non aveva qualifiche per trovare un lavoro che le facesse guadagnare grandi cifre, e l’ultima volta che era uscita di casa per lavorare aveva finito per devolvere il suo misero stipendio alla babysitter. E il piccolo Gino non era sembrato contento.
Così era diventata lei una babysitter. Le era sembrato il compromesso perfetto: lei amava i bambini e quello era un modo per guadagnare un po’ di soldi senza essere costretta a lasciare il suo amato piccolo a chiunque altro. Ma, di recente, quella fonte di reddito si era prosciugata.
Alcune madri si erano lamentate perché la sua villetta era troppo fredda per i loro bambini, e avevano preteso che alzasse il riscaldamento. Due di loro erano arrivate a ritirare direttamente i piccoli, e le altre ne avevano seguito l’esempio. Ora non c’erano più bambini da seguire, né denaro che entrava.
Come diamine avrebbe nutrito se stessa e Gino? Come si sarebbe procurata un tetto, se Andrew alzava l’affitto? Emma sentì il bisogno di piangere, ma sapeva di non potersi permettere quel lusso, e le lacrime non avrebbero risolto proprio niente. Nessuno le avrebbe asciugate, se non lei stessa, e le lacrime erano roba da bambini, anche se Emma era fermamente decisa a far piangere il suo bambino il meno possibile.
Aprendo il cassetto del tavolino del telefono, estrasse un logoro biglietto da visita: la mano iniziò a tremarle non appena fissò quel nome, che le balzò davanti agli occhi simile a un corvo nero che si innalzava nel cielo.
Vincenzo Cardini.
In basso c’erano i dettagli dei suoi uffici di Roma, New York e Palermo - troppo costosi da chiamare - ma anche il numero dei suoi uffici di Londra.
Le faceva male pensare che quell’uomo forse possedeva ancora un lussuoso palazzo nella capitale. Pensare che forse aveva trascorso lunghi periodi di tempo nel suo stesso paese e neanche una volta - neanche una volta - si era scomodato a passare a trovarla, neanche in nome dei vecchi tempi, la mortificava.
Certo che non lo ha fatto, si rimproverò. Non ti ama più, non prova più neanche simpatia per te, lo ha chiarito bene. Ricordati le sue ultime parole, pronunciate con quel suo freddo accento siciliano...
«Esci da qui, Emma e non tornare, perché non sei una moglie per me.»
E, in fondo, aveva già cercato di chiamarlo, non una, ma due volte, e in entrambe le occasioni lui si era rifiutato di parlarle, umiliandola. Che cosa le faceva pensare che questa volta sarebbe stato diverso?
Tuttavia, sapeva di dover provare. Per suo figlio. Gli doveva il diritto di conoscere qualcosa di quel benessere fondamentale a cui ogni bambino dovrebbe avere diritto, e che il denaro di suo padre poteva garantire. Questo non era più importante di ogni altra cosa? Doveva farlo per il bene di Gino.
Rabbrividì, stringendosi il maglione al corpo snello. In genere si vestiva a strati, continuando a muoversi in quel gelido tempo autunnale per tenersi calda. Ma presto suo figlio si sarebbe svegliato e lei avrebbe dovuto accendere il riscaldamento, e altri soldi preziosi sarebbero stati mangiati dalla sua vorace caldaia.
Demoralizzata, si rese conto che non aveva altra scelta che chiamare Vincenzo. Passandosi la lingua sulle labbra improvvisamente secche, sollevò il telefono e con un dito tremante digitò il numero, sentendo il cuore accelerare e un senso di vertigine nella testa.
«Pronto?» La voce della donna che rispose era morbida, e mostrava un lieve accento. Probabilmente era bilingue.
Perché Vincenzo assumeva solo persone in grado di parlare italiano, oltre che inglese, si ricordò Emma. Preferiva anzi che i suoi impiegati parlassero il dialetto siciliano, un vero mistero per molte persone. Perché i siciliani si proteggono a vicenda, le aveva detto una volta. Erano membri di un club esclusivo di cui erano estremamente orgogliosi. In effetti, più Emma ci pensava, più le sembrava sorprendente il fatto che lui avesse scelto di sposarla, lei, che non parlava quasi altro, se non la sua lingua madre.
Ti ha sposato perché si sentiva obbligato a farlo, si ricordò. Non te lo ha forse detto molte volte? Te lo ha chiarito proprio nel momento in cui il matrimonio si è spezzato perché sei stata incapace di mantenere la tua parte dell’accordo.
«Pronto?» ripeté la voce femminile.
«Sarebbe...?» Emma si schiarì la voce. «Ehm, potrebbe dirmi come posso rintracciare il signor Cardini, per favore?»
Ci fu un breve silenzio, come se la centralinista fosse sorpresa che una titubante sconosciuta osasse chiedere di mettersi in contatto con quell’uomo importante e indaffarato.
«Chi parla, prego?»
Emma respirò profondamente. Ci siamo. «Sono... Emma Cardini.»
Ci fu un’altra pausa. «E chiama per...»
Nessun riconoscimento del nome, né del suo status. Neanche rispetto, quindi, e qualcosa nel profondo di Emma si irritò, per il dolore e il rifiuto.
«Sono sua moglie» rispose coraggiosamente.
La donna rimase chiaramente spiazzata: Emma riusciva quasi ad ascoltare i suoi pensieri. Cosa diavolo le dico adesso?
«Attenda in linea, prego» replicò a quel punto l’altra donna.
Emma fu costretta ad aspettare un’eternità, mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte nonostante l’atmosfera gelida della villetta. In silenzio si stava esercitando a ripetere Ciao, Vincenzo nella sua testa per farlo sembrare un saluto neutro, quando alla fine la voce della centralinista interruppe i suoi pensieri.
«Il signor Cardini le manda a dire che si trova in riunione e non può essere disturbato.»
L’umiliazione che avvertì fu simile a un colpo in pieno petto, ed Emma si ritrovò a stringere la cornetta nella mano sudata, come a volerla distruggere. Stava per riappendere, quando si rese conto che la donna le stava ancora parlando.
«Ma dice che, se non le dispiace lasciare un numero dove può essere rintracciata, cercherà di chiamarla non appena ha un momento libero.»
L’orgoglio fece desiderare a Emma di lasciargli il messaggio di andare al diavolo, dato che non aveva tempo per parlare con la donna che aveva sposato.
Ma non poteva permettersi il lusso di avere orgoglio. «Sì, ecco il numero» mormorò. «Ha una penna?»
«Naturalmente» rispose l’altra con