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E-book74 pagine57 minuti

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Fantascienza - racconto lungo (49 pagine) - Il suo corpo era stato devastato da un incidente, ma ora aveva davanti una nuova vita. In un mondo virtuale.


Lorenzo è distrutto dal senso di colpa: era lui al volante la notte in cui un tragico incidente ha ridotto Giuliano, il suo migliore amico, a un vegetale. Non ci sono prospettive di ripresa né di guarigione, finché l’azienda per la quale entrambi lavorano propone alla famiglia di Giuliano un controverso esperimento: trasferire la sua coscienza in un mondo virtuale, People, lasciandogli credere di essere vivo e in salute. Tutto sembra andare per il meglio, finché Giuliano non intuisce che qualcosa non torna nel suo mondo perfetto…

Da Barbara Bottalico, già autrice di Il tramonto di Venere, uno struggente racconto che parla di vita e di morte, di libero arbitrio, di amicizia e di lealtà.


Barbara Bottalico è nata nel 1987 a Bari, dove si è diplomata al Liceo delle Scienze Sociali e dove attualmente vive e lavora.

Tre suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie horror Orrore al sole (2016), Orrore al sole (2017) e Z di zombie (2017). Con Futuro Presente ha già pubblicato Il palazzo e Il tramonto di Venere.
Per Delos Digital ha pubblicato anche un racconto presente nell'antologia Dark Graffiti.

Tra le sue tante passioni, c'è l’ascolto di musica per violino: in particolare reels irlandesi e greensleeves.

Amante della lettura e della scrittura fin da bambina, spazia dall'avventura, all'horror, alla fantascienza, ma ama anche il mainstream, e adora Isabel Allende e Anne Rice.

LinguaItaliano
Data di uscita3 nov 2020
ISBN9788825413540
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    Anteprima del libro

    People - Barbara Bottalico

    9788825410563

    Capitolo uno

    People

    Dell’incidente, Giuliano Galimberti ricordava il buio dei suoi occhi che diventavano ciechi. Ricordava il dolore, l’urto della testa con il volante, il sangue che gli copriva il corpo. Ricordava particolarmente bene il crack della schiena e le mani di Lorenzo intorno al suo viso. Non ne vedeva il volto, davanti agli occhi non aveva più nulla. Ricordava però l’odore di dopobarba al pino misto a sangue del petto di Lorenzo.

    E le lacrime che gli bagnavano il viso.

    Non ricordava l’altra auto che era arrivata contro di loro senza che potessero fare nulla per evitarla.

    – Ti giuro – gli disse in ospedale, dov’era ricoverato con entrambe le gambe rotte – ero sicuro di essere morto. – Aveva la testa fasciata e un sorriso sulle labbra. Stava bene, nonostante il dolore non si calmasse nemmeno con gli antidolorifici.

    – Tu sogni – gli disse l’amico. –Però ce la siamo vista brutta – disse mettendogli una mano sulla spalla. A parte un braccio rotto, Lorenzo sembrava non essersi fatto assolutamente nulla.

    Mondo reale

    – Non c’è alcuna speranza – disse la dottoressa Elena Ellari, la chirurga che aveva cercato inutilmente di salvare la vita a Giuliano. – Se mai dovesse svegliarsi, vivrebbe in stato vegetativo. Bloccato nel suo corpo. Senza vedere, senza potersi muovere, senza poter parlare. Vi giuro che ho cercato di fare il possibile. – Era stanca, e sotto gli occhi blu aveva profondissime occhiaie dovute alle diciotto ore di operazione ininterrotte, che avevano coinvolto un’equipe di dodici medici richiamati da tutti gli angoli del mondo e i migliori infermieri d’Italia. Aveva gli occhi lucidi perché, anche dopo dodici anni di lavoro, vedere un ragazzo di nemmeno trent’anni ridotto in quelle condizioni la faceva ancora stare male. – Scusate – aveva detto alla famiglia e a Lorenzo, il migliore amico di Giuliano. – Sono molto stanca.

    Lorenzo e Cristina piangevano di fronte al corpo di Giuliano, tenuto in vita solo da innumerevoli tubi che gli monitoravano le funzioni vitali.

    Per Lorenzo, Giuliano era stato come un fratello minore. Piangeva nel vederlo attaccato alle macchine, il corpo fasciato. Lui stesso non stava bene, eppure in quel momento il dolore delle ferite sembrava non toccarlo minimamente. Lorenzo aveva una gamba rotta in tre punti, tra cui il ginocchio, e sapeva che molto probabilmente non avrebbe più camminato bene come un tempo. Aveva dovuto arrancare fino al corpo di Giuliano appena poche ore prima. Ne aveva posato la testa sulla propria, aveva pianto nei suoi occhi, negli occhi di quello che era un amico fraterno. Il loro sangue si era mischiato quando l’aveva stretto a sé con l’unico braccio sano che gli era rimasto. Era rimasto così fino all’arrivo dei soccorsi, che avevano dovuto staccarlo a forza dal corpo dell’amico e portarli insieme in ospedale.

    Ora Giuliano aveva la testa fasciata. I capelli, fino a poche ore prima fluenti, erano stati rasati. Lorenzo Lambretti, a soli trent’anni, sembrava un vecchio di cento. Piangeva ininterrottamente da diverse ore, abbracciato a Cristina, circondandola con le sue braccia lunghe e forti.

    – È colpa mia. Io guidavo – disse. – Dovrei esserci io al suo posto. È solo colpa mia. Mia. – Il tono era spezzato come il suo cuore, non riusciva a dire una frase senza singhiozzare. – Devo dirlo alla madre. Gesù. È colpa mia.

    – Non è colpa tua. Non potevi prevedere nulla.

    – Dovevo dirgli di allacciare la cintura. Non l’ho fatto, erano solo due chilometri di strada. Non potevo immaginare… e poi quello ci è venuto addosso – riprese a piangere, disperato. I suoi gemiti e quelli di Cristina risuonavano per tutto l’ospedale.

    People

    – Mi fa male tutto, accidenti a me! – disse Giuliano, l’aria felice e svagata come sempre, ma un po’ intontita dai farmaci. – Dovevo mettere la cintura, non mi sarei fatto nulla. Dicono che ho rischiato di volare fuori dal parabrezza. La tua macchina come sta? – Teneva la mano di Cristina, che si era addormentata sulla sedia vicina a lui. Guardò la fidanzata estasiato e preoccupato al tempo stesso. Aveva rischiato di lasciarla da sola. Sospirò di sollievo. Era un bel ragazzo, Giuliano Galimberti. Sulla trentina, gli occhi azzurri e profondi, grandi. I capelli neri erano ricci, ora sporchi, e non vedeva l’ora di entrare sotto la doccia. Era alto, magro, e in quei giorni particolarmente indebolito, visto che non poteva mangiare tutto ciò che voleva. Il cibo dell’ospedale era anche più insipido di quello della mensa dell’ufficio. Cristina, che gli dormiva vicino, era una bellezza con i capelli biondi e ricci e gli occhi blu, piccola e magra, dall’apparenza fragile. –E dire che ho rischiato di perderti – sussurrò carezzandole il viso.

    – Non l’hai persa. È qui con te. State bene tutti e due – rispose Lorenzo, mettendogli una mano sulla spalla per rassicurarlo. – E sto bene

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