Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il cavallo di fuoco
Il cavallo di fuoco
Il cavallo di fuoco
E-book246 pagine3 ore

Il cavallo di fuoco

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In una notte di tempesta, presso l’allevamento di cavalli del Lago d’ombra, nasce un puledro bianco. La sua nascita nel mondo dei mortali fa svanire il potere del fuoco dal Regno d’ombra e minaccia di mandare in rovina anche l’isola di Seoria. Il “vecchio Grint” tenterà di approfittare di questo momento di debolezza per sottomettere tutto il Regno d’ombra. Moghora, sovrana di Seoria e principessa dei maghi, dovrà ora combattere in entrambi i mondi per conservare il suo potere. Gli abitanti della fattoria e di un vigneto confinante si troveranno costretti a prendere parte alla lotta e alla fine decideranno l’esito del conflitto tra Moghora e il vecchio Grint.C

osa dicono del “Cavallo di fuoco”:
“È un fantasy molto particolare che parla di un cavallo di fuoco, del malvagio Grint, della principessa del Regno d’ombra, di esseri umani e altre creature. Naturalmente il soggetto è come sempre la lotta tra bene e male, ma, rispetto ad altri libri del genere fantasy, viene trattato in un modo meno eroico e bellicoso, bensì più fantastico ed emozionante. La storia non si ispira tanto alla grande epica che caratterizza il “genere Tolkien”, quanto piuttosto ai racconti popolari celtici, in cui in determinate circostanze i portali tra i due mondi, quello umano e quello magico, si aprono e permettono di incontrare gli esseri più diversi rendendo tutto possibile. Il fatto che il fronte dei buoni e quello dei cattivi si evolvano lentamente costituisce il particolare fascino della storia.”

“La storia è molto densa, emozionante e non scivola nei tipici cliché del genere. I confini tra il mondo reale e quello magico sono labili, i personaggi risultano ben definiti e in parte misteriosi. La cosa più bella è però che il lettore viene assorbito dalla storia senza un attimo di respiro. ...

LinguaItaliano
Data di uscita8 gen 2021
ISBN9781005138370
Il cavallo di fuoco
Autore

Annemarie Nikolaus

German free-lance journalist and author.Gebürtige Hessin, hat zwanzig Jahre in Norditalien gelebt. Seit 2010 wohnt sie mit ihrer Tochter in Frankreich.Sie schreibt Fiction und Non-Fiction, in der Regel in deutscher Sprache. Mittlerweile sind einige ihrer Werke in mehrere Sprachen übersetzt worden.Bleiben Sie auf dem Laufenden mit dem Newsletter: http://eepurl.com/TWEoTSie hat Psychologie, Publizistik, Politik und Geschichte studiert und war u.a. als Psychotherapeutin, Politikberaterin, Journalistin, Lektorin und Übersetzerin tätig.Ende 2000 hat sie mit dem literarischen Schreiben begonnen. Seit der Veröffentlichung der ersten Kurzgeschichten schreibt sie Romane, mit besonderer Vorliebe Fantasy und historische Romane. .

Leggi altro di Annemarie Nikolaus

Correlato a Il cavallo di fuoco

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Il cavallo di fuoco

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il cavallo di fuoco - Annemarie Nikolaus

    1

    Silvana scese le scale a tastoni con le scarpe in mano. Attraverso le fessure della porta della cucina vide la luce accesa, segno che suo fratello era ancora chino sui libri contabili. La giovane donna aprì il pesante portone con cautela ma, appena sgusciata fuori, una raffica di vento le strappò la porta di mano facendola sbattere violentemente contro la serratura.

    L’ombra di Doriano apparve alla finestra della cucina, ma non le fece cambiare idea: Silvana corse scalza attraverso il cortile.

    Doriano aprì la finestra. «Silvana! Silvana, torna indietro. Cosa fai là fuori con questo tempaccio?» Si infilò l’impermeabile e si affrettò a seguirla.

    Ancora non pioveva, ma già i tuoni rombavano in cielo e il vento faceva sbattere le persiane e roteare in aria i resti del fieno che al mattino avevano ammassato contro la parete del capanno degli attrezzi. Silvana corse a fissarle.

    Mentre stava per raggiungere la scuderia, un fulmine si abbatté ai margini del campo di mais trasformando il vecchio pino in una torcia fiammeggiante. Dal portone della scuderia entrava un odore di bruciato che faceva fremere nervosamente i cavalli. Miklos e Waltari, i due stalloni, colpivano con gli zoccoli le pareti dei box. Sulla paglia c’era una giumenta nera che la accolse con un lieve nitrito.

    Silvana cercò a tentoni una lanterna e l’accese. «Larissa, tesoro mio! Ci siamo?» Si inginocchiò e massaggiò delicatamente il grande ventre della cavalla, che sbuffava e gemeva.

    Silvana le accarezzò il collo. «Sarà un bellissimo cavallino, vedrai. Tuo figlio porterà in sé il fuoco di tutti i fulmini che stanno cadendo ora. Sarà veloce come la tempesta che infuria sulla scuderia e potente come un rombo di tuono.»

    Si sentì una risatina. Suo fratello era entrato inosservato nella stalla. «È una formula magica per il nuovo puledro?»

    «Ah, Doriano!» Silvana si alzò e prese la lanterna per illuminargli il percorso.

    «Con questa luce i tuoi ricci scomposti sembrano quelli di una piccola strega.» – «O di un’elfa» aggiunse sollevando le sopracciglia. «Come facevi a sapere che Larissa stava per partorire? È troppo presto!»

    «Ha bisogno di aiuto.» Silvana appoggiò la mano sulla testa della giumenta per calmarla.

    «Anche noi. Per salvare l’allevamento avremmo bisogno di un cavallo con il diavolo in corpo.»

    Finalmente, verso l’alba, un puledro fece il suo ingresso nel mondo barcollando sulle lunghe zampe.

    «Un albino» esclamò Doriano perplesso.

    «Ma no, non vedi che ha gli occhi neri?» Con una strizzatina d’occhio, Silvana diede un buffetto alla giumenta. «Larissa, con chi ci hai tradito?»

    «Forse è davvero il cavallo magico che abbiamo desiderato.» Doriano si sedette sulla paglia e le abbracciò entrambe.

    Quando uscirono dalla stalla vennero di nuovo strattonati dalla tempesta, che era ancora nel pieno della sua furia, pur non sembrando più così minacciosa alla luce del nuovo giorno. Sorridendo alzarono il viso verso il cielo esponendolo alle poche gocce di pioggia e saltellarono tra le pozzanghere formatesi durante la notte.

    In quel momento cadde di nuovo un fulmine e dal tetto della casa si alzarono subito delle fiamme.

    I due ragazzi rimasero come paralizzati.

    «Andiamo a spegnerlo, forse facciamo ancora in tempo.» Doriano gridò contro il fischio della tempesta afferrandole la mano.

    Silvana si staccò dalla sua presa. «No, prima i cavalli! Dobbiamo farli uscire prima che il fuoco si propaghi alle scuderie!» Tornò indietro di corsa senza prestargli attenzione.

    Il vento soffiava già ondate di fumo verso la stalla. Gli animali sentivano l’odore del fuoco e nitrivano spaventati.

    Silvana fece uscire per primi i due stalloni tenendoli per la criniera e parlando con voce rassicurante. Mentre usciva, aprì le porte degli altri box, ad eccezione di quello di Larissa e del suo puledrino. I cavalli la seguirono senza opporre resistenza.

    Nel frattempo Doriano corse al pozzo, riempì due secchi d’acqua e si affrettò a raggiungere la soffitta. Dal lato del cortile bruciava già uno dei pilastri di supporto del tetto. L’acqua non era sufficiente a spegnere l’incendio.

    Si precipitò verso uno dei cassettoni facendo cadere tre sedie impilate e da una cassapanca estrasse in fretta vecchie coperte e vestiti. Provò freneticamente a soffocare il fuoco con la stoffa, ma riuscì solo a fare schizzare in giro le scintille. Le fiamme cominciarono a lambire le travi del tetto. Il vento attizzava il fuoco spingendolo verso di lui.

    Corse nuovamente in cortile a riempire i secchi e, di ritorno in soffitta, gettò con tutta la forza l’acqua contro le travi, ma il fuoco continuava a divorarle. Scese le scale di corsa, ormai scoraggiato, gettando, prima di uscire, i secchi in cucina. Da solo non ce la poteva fare.

    Silvana era tornata nella stalla. «Larissa, dobbiamo portare te e il tuo puledro al pascolo. Ce la fai?» Mise una coperta sulla giumenta continuando a parlarle con dolcezza. Larissa era ancora debole, ma la seguì subito, come se capisse la gravità della situazione. Dolcemente spinse in avanti il puledro, che traballava sulle gambe sottili. Molto lentamente, affinché il puledro potesse seguirle, Silvana li portò fuori dalla stalla.

    Mentre si dirigeva verso il pascolo recintato arrivò Doriano. «Silvana, perché non mi aiuti? Non ce la faccio a spegnere il fuoco da solo! Perderemo tutto.» Lacrime di rabbia gli scorrevano sul volto.

    «Non finché abbiamo i cavalli!» esclamò Silvana lo fulminò con il suo sguardo. «Invece di sforzarti invano là sopra, avresti dovuto cercare il modo di proteggere le scuderie.»

    «Vuoi dormire nella stalla da ora?»

    Con uno schianto assordante un altro fulmine si abbatté su un vecchio capanno che si trovava in fondo ai campi, ma ora non potevano certo occuparsene. Nello stesso momento il puledro si infilò tra loro due. Entrambi sorrisero spontaneamente e Doriano lo trattenne, in modo che non si avvicinasse al fuoco.

    Silvana accarezzò la delicata criniera sospirando: «Ah, cavallino mio, se solo piovesse…»

    Una forte raffica di vento infuriò facendo vorticare rami, polvere e pezzi del tetto incandescenti, poi una pioggia torrenziale si abbatté sulla fattoria. Innumerevoli lampi illuminarono il cielo che si era nuovamente oscurato.

    «Doriano! Finalmente! Piove!» Silvana stese le mani leccando le gocce che le scorrevano sulla pelle.

    Improvvisamente il puledro alzò la testa, si levò sulle zampe posteriori e nitrì forte. Tra le nuvole scure apparve la sagoma di un cavallo bianco, che allungò orgogliosamente la testa verso di loro. Poi la figura svanì nel fumo che usciva dal tetto e il fuoco si spense con un sibilo.

    «Hai visto, Doriano?» Silvana e il fratello seguirono affascinati il gioco delle nuvole sul tetto.

    «Fuò» gridò Silvana nel vento. «Si chiamerà Fuò, come il fuoco.»

    2

    Moghora si strinse a Lybios, che con due dita le accarezzò i capelli sussurrando: «Non riesci più a pronunciare i tuoi incantesimi? È solo un piccolo puledro.»

    La principessa del Regno d’ombra gli diede un colpetto nel fianco ridacchiando. «Tatamm Onyx Radadamm Sert...»

    Lybios le morse l’orecchio.

    «Che cosa fai?» Moghora si allontanò da lui ridendo, chiuse gli occhi e ricominciò. «Tatamm Onyx Radamm Sertatium

    In quel momento il fuoco del camino si spense. Le candele sulla credenza cominciarono a fumare e alla fine si spensero anch’esse.

    «No!» Con un grido Moghora lasciò la sfera di cristallo, corse alla finestra della torre e guardò Seoria. Tutte le luci dell’isola si spensero una dopo l’altra. La sottile falce della luna trasformò il suo mondo in una sagoma di ombre grigie.

    Lybios balzò in piedi, prese la sfera e si avvicinò alla principessa. «Moghora, cosa sta succedendo? Perché diventa tutto buio?»

    «Il puledro...!» Lei premette le mani contro le tempie e ansimava. Con le lacrime agli occhi si strinse le vesti sottili, quasi trasparenti, sulle spalle, come se avesse freddo. «Lybios... abbiamo fatto un errore. Il nostro puledro è nato nel mondo dei mortali.»

    «Ma perché?» Lybios girò la sfera magica, ma non vide nulla. Scosse la testa. «È impossibile.»

    «Niente è impossibile!» urlò lei pestando il piede. «Qualcosa è andato storto. La formula magica... era sbagliata. Tu mi hai distratto!» I suoi occhi divennero gialli e mandarono fulmini. «È solo a causa tua che Seoria perirà!»

    «A causa mia? Moghora!» Lybios volle abbracciare la principessa tentando di calmarla.

    Lei lo respinse cercando di organizzare i pensieri mentre si tormentava le mani. «Perché sono stata così irragionevole?» balbettò. «Come ho potuto essere così sconsiderata a causa tua!» Guardò Lybios con gli occhi che lampeggiavano di rabbia. Una ruga le apparve tra le sopracciglia.

    «Moghora!» Lybios le abbracciò le spalle. «Non volevo...»

    «Non volevi? Tutto qui quello che sai dire?» La principessa aprì con violenza la finestra respirando profondamente. «Lo so, è stata anche colpa mia» sussurrò nel vento. Appoggiò la fronte contro il freddo telaio in pietra. «Con l’incantesimo sbagliato e la nascita del puledro nell’altro mondo il fuoco è svanito da Seoria. In inverno il nostro popolo congelerà e morirà, durante la notte i suoi figli piangeranno di paura, i focolari rimarranno freddi e tutti soffriranno la fame.»

    Per confortarla lui la attirò a sé e per un attimo lei stette in silenzio. «Mi dispiace infinitamente, Moghora. Come posso rimediare?»

    «Il puledro non deve assolutamente rimanere con i mortali!» Aggrottò la fronte.

    «Allora vado a riprenderlo!»

    Moghora si mosse nella penombra aprendo una cassapanca decorata a intaglio, da cui prese una piccola borsa di cuoio.

    «Devi metterti immediatamente in marcia per il mondo dei mortali!» Faceva vagare gli occhi sulla sua figura impeccabile. «Io…» Deglutì. Avrebbe preferito trascorrere la notte con lui. Allungò la mano e lo toccò delicatamente sul braccio.

    Lui staccò lo sguardo avido dai suoi fianchi. «Riporterò il fuoco a Seoria!»

    La principessa annuì e gli porse la borsa di cuoio. «Non dobbiamo perdere tempo. Qui troverai tutto il necessario. Custodisci bene queste pietre! Riporteranno indietro te e il cavallo.» Moghora gli porse un amuleto. «E prendi anche questo, sarà l’unico legame tra noi.»

    Lybios lo legò alla cintura. «Non appena avrò il puledro lo porterò qui. E poi...» Sorrise.

    «Ricorda: non siamo gli unici a sapere della sua esistenza. Il vecchio Grint farà tutto il possibile per averlo in suo possesso.»

    «Mi mostrerò degno di te.»

    «Bene!» Lei passò le lunghe unghie d’argento attraverso i suoi capelli neri e sospirò. «Un peccato che non abbiamo ancora un momento per noi. Vorrei...»

    Lybios le diede un bacio sulla guancia. «Quando il puledro sarà a Seoria avremo tutto il tempo che vogliamo.»

    Moghora prese la sfera di cristallo e mormorò un incantesimo.

    Un attimo dopo Lybios si ritrovò nella stalla di Silvana e Doriano, al centro di un cono di luce abbagliante e appena gli occhi si furono abituati alla penombra vide i due fratelli. Erano rannicchiati sul pavimento e si coprivano il volto con le mani. Per Lybios il momento era perfetto. C’era poco tempo, presto i due si sarebbero riavuti dallo spavento.

    Si avvicinò al box del puledro, gli mise un braccio intorno al collo e gli soffiò delicatamente nell’orecchio. Senza emettere un suono Fuò si alzò dalla paglia e seguì Lybios fuori dalla stalla. Presero la strada per il Lago d’ombra.

    Il terreno della foresta si era ammorbidito per la pioggia e Lybios camminava con difficoltà, inoltre doveva aspettare il puledro, che non riusciva a reggere il suo ritmo con le zampe traballanti. In quel momento imprecò contro Moghora. Odiava il mondo dei mortali e lei lo sapeva bene.

    Finalmente raggiunsero le rive del lago. Lybios aprì velocemente la piccola borsa di cuoio e distribuì le pietre sul terreno formando un pentagramma. Fece entrare Fuò, chiuse gli occhi e girò intorno al puledro mormorando un incantesimo.

    «Cosa sta facendo?»

    Lybios trasalì quando Silvana gli gridò queste parole. Non si aspettava che lo trovassero così in fretta.

    «Sparite se volete salva la vita!» Ma qui nel mondo dei mortali nessuno poteva sentirlo. La sua minaccia fu quindi inefficace.

    Rapidamente completò il cerchio intorno al puledro, entrò ed estrasse il pugnale delle cerimonie.

    «No!» Silvana gli si avvicinò minacciosa con gli occhi che balenavano di rabbia. «La avverto, stia lontano dal cavallo.»

    Fuò nitrì, saltò fuori dal cerchio e corse via al galoppo come se si fosse scrollato di dosso l’incantesimo.

    Lybios si premette le mani sulle orecchie, non ce la faceva più. Questi mortali parlavano in una tonalità che gli faceva quasi scoppiare i timpani. In fretta mormorò il resto della formula che gli permise il salto nel suo mondo, nella torre di Moghora. Una nuvola di luce brillante lo portò via con sé.

    ***

    Due mani forti afferrarono Lybios stringendolo brutalmente. Nella sua testa girava tutto.

    Questa non era la torre di Moghora, dove voleva tornare con l’incantesimo; doveva aver sbagliato qualcosa mentre era al Lago d’ombra.

    Gli legarono le mani dietro la schiena. L’odore di carne putrida gli salì nel naso facendogli venire i crampi allo stomaco. Lentamente aprì gli occhi e fissò il volto bitorzoluto di un Tweht, uno dei servi del vecchio Grint. Sulla testa aveva due corna alte come un pollice e le pupille color arancione divampavano di una luce sinistra. Il Tweht gli arrivava solo fino all’addome. Con gli artigli stringeva una lancia affilata che torreggiava su Lybios.

    Lybios deglutì. Era caduto nelle mani del peggior nemico di Moghora e i suoi poteri magici qui non funzionavano, perché nonostante tutti gli sforzi non riusciva a liberare le mani legate.

    «Alzati!» Il Tweht lo tirò in piedi.

    Il bernoccolo sulla testa di Lybios pulsava dolorosamente. Il suo ultimo ricordo era l’urlo stridulo della mortale, che sembrava risuonargli ancora nelle orecchie.

    Ora si trovava in una grotta. L’aria era umida e soffocante e gli riusciva difficile respirare.

    Da dietro, un altro Tweht gli diede un colpo spingendolo avanti. «Forza, muoviti!»

    Lybios incespicò e seguì il Tweht che lo precedette. Percorsero uno stretto corridoio. Perse diverse volte l’equilibrio sul pavimento viscido e dovette stare attento a non scivolare. Dopo un breve tratto il percorso si ramificò e poco dopo arrivarono a un lago sotterraneo. Alle pareti erano appese enormi lucciole, che illuminavano fiocamente la roccia e si riflettevano nell’acqua. Da qui partivano diversi cunicoli, alcuni dei quali erano parzialmente bloccati da massi. Le guardie lo condussero all’interno del labirinto. Lybios osservava ogni diramazione cercando un segno che gli permettesse di memorizzarla.

    I Tweht si muovevano con la massima disinvoltura negli stretti corridoi, mentre Lybios dopo un po’ dovette iniziare a camminare a capo chino per non urtare contro il soffitto. Ogni volta che inciampavano in uno dei tanti cadaveri stesi a terra, scacciavano un paio di Morp che dormivano tra le ossa rosicchiate. Gli animali, simili a ratti, fuggivano via stridendo.

    A un certo punto Lybios notò degli strani simboli che in alcuni punti erano stati incisi nelle pareti di roccia scura e in altri disegnati con colore bianco e giallo. I percorsi divennero finalmente più larghi e Lybios poté procedere nuovamente in posizione eretta. Poi girarono in un corridoio le cui pareti erano costituite da blocchi di marmo color avorio. Riflettevano la luce verdastra delle lucciole e ora si riusciva a vedere molto più lontano.

    Lybios si mise alla ricerca di segni distintivi a cui orientarsi. Invano. Le pareti di marmo non mostravano alcuna irregolarità e non notò nemmeno il più piccolo graffio. Memorizzò il numero di diramazioni, ma dopo aver svoltato in dieci diverse direzioni, perse l’orientamento.

    I Tweht continuavano ad avanzare imperterriti e il suono dei loro piedi artigliati rimbombava attraverso i corridoi. Più penetravano nelle profondità del labirinto, più l’aria diventava rarefatta. Certamente lo stavano portando dal vecchio Grint, che i Tweht servivano da secoli. Lybios sperava tuttavia che lo portassero prima da qualche altra parte. All’interno della città di marmo la sua magia non funzionava e lui dipendeva dall’aiuto di Moghora.

    Girarono un’altra volta fermandosi davanti a una pesante porta di ferro. Dopo aver bussato alcune volte, finalmente qualcuno aprì. Il cuore di Lybios cominciò a martellare.

    «Forza, entra!»

    Lybios inciampò salendo due gradini e sbatté le palpebre. La pesante porta si chiuse dietro di lui con un rumore tranquillo. L’aria fresca della stanza gli alleviò il respiro.

    Alle pareti erano appese alcune lance e due grandi sciabole in foderi d’oro. Accanto alle feritoie c’erano statue di figure femminili in pose provocanti.

    Un uomo, solo leggermente più anziano di Lybios, si alzò da una poltrona posta dietro una pesante

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1