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Il Morso Del Veltro: Ivy Granger Detective Psichica, #5
Il Morso Del Veltro: Ivy Granger Detective Psichica, #5
Il Morso Del Veltro: Ivy Granger Detective Psichica, #5
E-book325 pagine4 ore

Il Morso Del Veltro: Ivy Granger Detective Psichica, #5

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Info su questo ebook

Ivy Granger pensava di essersi lasciata alle spalle il peggio delle creazioni di Mab quando era fuggita dal regno delle fate. Pensava male.

Per un crudele scherzo del destino, Ivy ha scatenato una potente orda di bestie della Corte d’Inverno sulla sua città, trasformando il suo ritorno a casa in un potenziale massacro di innocenti. Ora dovrà radunare i suoi alleati per combattere una forza inarrestabile… la Caccia Selvaggia.

L’addestramento ricevuto alla corte di suo padre le sarà sufficiente per salvare la sua città, o Harborsmouth sarà costretta a inginocchiarsi davanti al Signore della Caccia? Ivy è disposta a rischiare la propria vita, ma alcuni sacrifici hanno un costo peggiore della morte. Quando un alleato viene morso da uno dei segugi della Caccia Selvaggia, Ivy deve affrontare la possibilità che vincere questa battaglia possa uccidere l’unica persona che è giunta ad amare più di ogni altra.

Il morso del veltro è il quinto romanzo della premiata serie urban fantasy di Ivy Granger scritta da E.J. Stevens. Il mondo di Ivy Granger, che include le serie Ivy Granger Detective Psisica e La Gilda dei Cacciatori, è pieno di azione, mistero, magia, umorismo nero, personaggi bizzarri, vampiri succhiasangue, demoni farfalloni, gargoyle sarcastici, mutaforma sexy, streghe irascibili e pungenti eroine.

La serie Ivy Granger ha vinto numerosi premi, incluso il BTS Red Carpet Award per il miglior romanzo, l’Imadjinn Award per il miglior racconto breve, l’Independent Audiobook Award per il miglior racconto breve, il PRG Reviewer's Choice Award per il miglior romanzo fantasy paranormale, miglior romanzo urban fantasy, e finalista per la migliore serie urban fantasy.

LinguaItaliano
Data di uscita4 gen 2021
ISBN9781071582572
Il Morso Del Veltro: Ivy Granger Detective Psichica, #5

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    Il Morso Del Veltro - E.J. Stevens

    Il Morso Del Veltro

    E.J. Stevens

    Edito da Sacred Oaks Press

    Copyright 2016 E.J. Stevens

    Tutti i diritti riservati

    Nota dell’editore

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o sono utilizzati in maniera fittizia, e qualunque somiglianza con persone, viventi o vissute, eventi o luoghi è del tutto accidentale.

    Scansione, caricamento e distribuzione di questo libro tramite Internet o qualunque altro mezzo senza il permesso dell’editore sono illegali e punibili dalla legge. Siete pregati di acquistare solo edizioni elettroniche autorizzate e non partecipare a o incoraggiare la pirateria elettronica di materiale protetto da copyright. Il vostro sostegno all’autrice è davvero apprezzato.

    Edizione Ebook, Note sulla licenza

    Questo ebook è licenziato per il solo utilizzo personale. Non può essere rivenduto o ceduto a terzi. Se volete condividere questo libro con altri, siete pregati di acquistare una copia aggiuntiva per ogni altra persona. Se state leggendo questo libro e non lo avete acquistato, o non è stato acquistato per il vostro uso, siete pregati di acquistarne una copia. Grazie del vostro rispetto per il duro lavoro dell’autrice.

    Il Morso Del Veltro

    Autore E.J. Stevens

    Copyright 2020 E.J. Stevens

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Carmelo Massimo Tidona

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Capitolo 1

    La notte fu infranta da ululati che mi fecero scendere gelidi artigli lungo la spina dorsale.

    «Che diavolo era quello?» chiesi, le mani guantate che si allungavano verso i pugnali.

    Ceff alzò le mani con aria dispiaciuta, la bocca che si sforzava di dar forma alle parole in un modo che non mi avrebbe infastidita. Riuscivo a vedere il suo disagio nella postura rigida e nella tensione della pelle attorno agli occhi.

    Torn non aveva simili preoccupazioni per i miei sentimenti.

    «Non avrai pensato di poter entrare nel regno delle fate senza conseguenze, vero, Principessa?» chiese con un ghigno derisorio.

    Tanti saluti all’amicizia. A quanto pareva, tornare a Harborsmouth aveva fatto riemergere il lato pungente del gatto sidhe.

    Le porte del regno delle fate erano state sigillate da Mab, Titania e Oberon quando erano spariti oltre un secolo prima. I sentieri del regno non conducevano più alle terre d’Estate e d’Inverno. Per mia fortuna, avevo trovato una chiave di una porta secondaria segreta.

    Almeno, quella chiave mi era sembrata un colpo di fortuna all’epoca. Avevo bisogno di un modo per entrare nel regno delle fate, nella corte dei fuochi fatui, che mi prometteva indizi sull’attuale posizione di mio padre. Non che il mio viaggio fosse stato facile. Niente per cui valga la pena lottare lo è mai.

    La possibilità di smettere di nascondermi? Per quella valeva la pena lottare. Ero stanca di sgattaiolare tra le ombre della mia città.

    Il problema era che, anche se ero stata cresciuta come umana, i doni soprannaturali che avevo ereditato da mio padre, Will-o’-the-Wisp, continuavano a crescere come un incendio boschivo, bruciando me nel farlo. Senza nessuno a insegnarmi come controllarli, avevo infranto l’unica regola che tutte le creature fatate rispettano. Avevo usato i miei poteri in pubblico, senza un glamour, e rischiato di svelare il segreto della nostra razza agli umani... un crimine punibile con la morte.

    Non c’era voluto molto ai parrucconi fatati a mandare una squadra di assassini fatati per eliminarmi. I Moordenaar, un gruppo di assassini di élite, mi avevano riempita di frecce avvelenate. Ero morta. Per fortuna, avevo una mela magica nella manica... una mela che resuscitava i morti, e non in un inquietante e delizioso modo da zombie.

    Quindi, già, ero morta, ma ora stavo meglio. Prendete questo, assassini fatati. Ivy Granger: 1, Fate assassine: 0.

    Con le creature fatate convinte che fossi morta, avevo usato la chiave di mio padre per entrare nella corte dei fuochi fatui. Come ho detto, non era stato facile. Avevo fatto cose lì che di certo mi avrebbero causato gli incubi, più di quanti già non ne avessi, ma ero stata stupidamente convinta che il peggio fosse passato.

    Sopravvivere a un viaggio attraverso la terra dei morti fino al regno delle fate e ritorno, con tanto di parenti omicidi e tutto, mi aveva lasciata speranzosa. Avevo imparato come controllare i miei poteri. I miei amici erano sopravvissuti. Cavolo, ero tornata solo da pochi minuti e già ero riuscita a guarire i fuochi fatui che vivevano nello sfasciacarrozze del padre di Jinx dal loro avvelenamento da ferro. Stava iniziando a essere una buona giornata.

    Avrebbe dovuto sembrarmi strano, in effetti.

    Ma avevo tanti motivi per essere ottimista. Stavo tornando a Harborsmouth dopo aver dimostrato il mio appena acquisito controllo alla Corte d’Inverno. Le fate al governo avevano deciso che non ero più una minaccia per la loro esistenza. Questo significava niente più nascondersi. Per una volta, nessuno stava cercando di uccidermi. Perfino la mia relazione con Ceff era a un buon punto. La mia vita avrebbe dovuto tornare alla normalità.

    Un altro famelico ululato lacerò la notte, e feci una smorfia.

    «Non è il momento per i giochetti, Torn», dissi. Ottenere una risposta da un gatto sidhe era come seguire la pallina metallica nel gioco Trappola per Topi. Ero piuttosto sicura che Torn fosse allergico alle risposte dirette, ma io ero stanca di giocare a fare il topo. Il nostro viaggio nel regno delle fate era stato spossante, ed ero al limite della pazienza. Prima avessimo combattuto il grosso mostro cattivo che ci stava venendo incontro, prima avrei potuto tornare a casa e buttarmi a letto. «Abbiamo svegliato il Mastino dei Baskerville, o cosa?»

    Ceff e Torn si scambiarono un’occhiata carica di significato, i volti cupi. Rivolsi a Ceff un ghigno, sperando di alleggerire l’atmosfera, ma lui scosse la testa.

    «Torn ha ragione», disse. «Sembra che il nostro viaggio nel regno delle fate non sia stato privo di conseguenze».

    «Quali conseguenze?» chiesi, gettando in aria le mie mani attrezzate di pugnali. «Uno di voi intende dirmi cosa c’è là fuori? Un preavviso potrebbe rendere un po’ più facile uccidere il mostro ululante. La conoscenza è potere, yada yada».

    «Ti serviranno più che mere lame per combattere questo nemico», disse Ceff.

    Digrignai i denti mentre pugnalavo nella mente una foto del mio criptico fidanzato con le mie mere lame.

    «Stai dicendo che dovremmo scappare?» chiesi, le sopracciglia alzate. «Perché dovresti conoscermi meglio di così».

    «Quello che sta dicendo, Principessa, è che hai risvegliato qualcosa di troppo grosso perché noi tre possiamo sconfiggerlo da soli», rispose Torn.

    Quello mi fece riflettere. Avevamo combattuto regine delle fate, demoni piromani, una negromante malata d’amore e una lamia psicotica, solo per nominarne alcuni. Potevo anche non essere uscita da quelle battaglie illesa, o con tutte le viscere ancora dentro, ma alla fine della fiera avevamo vinto. Con i miei amici al mio fianco, e un nuovo arsenale di poteri da fuoco fatuo a portata di mano, mi sentivo quasi invincibile.

    Guardai Ceff, sperando che avrebbe afferrato il suo tridente e si sarebbe unito a me per una veloce pulizia di mostri. Potevo anche non essere di turno in questo caso, ma non avrei lasciato che una creatura fatata affamata si aggirasse per le strade di Harborsmouth. E se Torn aveva ragione, in qualche modo ero stata io a lasciare che ci seguisse fuori dal regno delle fate. Non esisteva che me la dessi a gambe, poco importava quanto fossi stanca.

    Ma Ceff non prese l’arma.

    «Ci servono alleati», disse.

    «E armi più grandi», aggiunse Torn con una strizzata d’occhio.

    Il gatto sidhe sembrava eccitato, il che era un indizio che non mi sarebbe piaciuta la risposta alla mia prossima domanda.

    «E contro quale mostro abbiamo bisogno di radunare i nostri alleati e le nostre armi?» chiesi.

    «Non l’hai ancora capito, Principessa?» chiese lui, un luccichio negli occhi. «Non stiamo affrontando solo una belva ululante».

    Ceff si girò verso di me, riducendo la distanza tra noi. Alla luce della luna, riuscivo a vedere il mio riflesso nelle pozze scure dei suoi occhi da kelpie... occhi tesi per la preoccupazione.

    «Cosa sono?» chiesi.

    La voce di Ceff era bassa e riverente, sfumata da una macchia di paura.

    «La Caccia Selvaggia».

    Capitolo 2

    Avevo scatenato la Caccia Selvaggia.

    «È vero quello che dicono, che la Caccia Selvaggia è guidata da Herne il Cacciatore?» chiesi, cercando di dare un senso alla nostra situazione e fallendo miseramente.

    Delle risatine presero scomoda dimora in una gola che era diventata livida e secca.

    Si potrebbe pensare che dopo aver appreso che mio padre era Will-o’-the-Wisp, re dei fuochi fatui, e mia madre era Mab, Regina dell’Aria e dell’Oscurità, avrei accettato più facilmente il fatto che la Caccia Selvaggia fosse reale. Mi ero seduta a prendere il tè col signore della morte celtico e la sua amante Morrigan, per l’amor di Mab. Immagino ci siano cose che non smettono mai di farti girare la testa e accelerare il cuore, non importa quanto disillusa e provata dal mondo diventi.

    Potrebbe non essere un male. Avevo il fastidioso sospetto che il giorno in cui mi fossi abituata alla comparsa improvvisa di dei e nobiltà fatata nella mia vita sarebbe stato il giorno in cui avrei fatto una brutta fine.

    «Sì, Principessa», rispose Torn, leccandosi le labbra. «Ma il Cacciatore è la minore delle nostre preoccupazioni».

    «Abbiamo qualcosa di cui preoccuparci più che di un semidio pagano?» chiesi.

    La cosa non faceva che migliorare.

    «È vero, anche se Herne non è un uomo da sottovalutare», disse Ceff, fissando l’oscurità dietro lo sfasciacarrozze. «Gwynn ap Nudd, come era noto Herne il Cacciatore prima che Mab vi affondasse i suoi uncini, è sempre stato un formidabile condottiero in battaglia».

    «Come ti pare, Alito di Pesce», disse Torn, agitando una mano. «Non sto dicendo che Herne sia una mammoletta, quello che sto dicendo è che dovremmo progettare il modo migliore per affrontare la sua squadra di cacciatori».

    «Suppongo che non stiamo parlando di qualche bevitore di birra in gilet arancione», dissi.

    «No, la Caccia Selvaggia è molto più interessante di così», rispose Torn.

    «E con interessante intendi pericolosa», dissi.

    «Deliziosamente letale, in effetti», ribatté lui con una strizzata d’occhio.

    Splendido, davvero splendido.

    «Allora che stiamo aspettando?» chiesi.

    Sapevo bene che non era il caso di mettersi a scappare da una squadra di cacciatori fatati. Me lo sentivo nelle ossa. Ma starcene lì come delle prede facili non era molto meglio. E poi, Ceff e Torn avevano detto che avevamo bisogno di rinforzi.

    Suonò un corno, unendosi all’abbaiare dei segugi e strappandomi via l’aria dai polmoni. Dopo essermi presa un istante per obbligare il mio corpo a ricordarsi di respirare, mi voltai e vidi Torn sorridere.

    «Questo, Principessa», disse. «Stavamo aspettando questo».

    «Che sarebbe?» chiesi.

    «La chiamata alle armi», rispose Ceff.

    «Uno squillo del corno segnala al gruppo di cacciatori di Herne di andare da lui per ricevere gli ordini», disse Torn. «Radunerà la sua schiera letale e, quando sarà pronto, suonerà il corno tre volte».

    «E che significano tre squilli?» chiesi, strofinandomi le braccia per un gelo improvviso.

    Ceff rivolse il viso verso il mio, e seppi che mi sarei pentita di averlo chiesto.

    «L’inizio della caccia».

    Col suono del corno che ancora riverberava il suo squillo di morte sulla mia città, ci voltammo e corremmo.

    Capitolo 3

    «Dove stiamo andando?» chiesi.

    Conoscevo Ceff e Torn. Anche se le loro motivazioni erano diverse, nessuno dei due avrebbe avuto interesse a scappare dalla Caccia Selvaggia. Non senza una buona ragione. Il senso dell’onore di Ceff era fin troppo forte, e Torn era fin troppo curioso per fuggire da un nemico interessante come quello. Supposi che fossimo sul punto di radunare quei tanto necessari alleati.

    Speravo solo che ne avessimo ancora.

    Quando ero andata via da Harborsmouth, non ero stata così sicura della nostra sopravvivenza. Non avevo neppure avuto la libertà di dire a Jinx cosa stessimo facendo. Non importava che fosse la mia migliore amica. Jinx era umana, e quello significava che parlarle di una porta segreta per il regno delle fate, e della chiave di mio padre per aprire quella porta, avrebbe dipinto un bersaglio sulle schiene di entrambe.

    Ero già stata uccisa dai Moordenaar. Non intendevo trovarmi dalla parte appuntita delle loro frecce un’altra volta, mai più.

    Ma al momento ero più preoccupata di affrontare l’ira di Jinx. Se avesse scoperto che le avevo mentito ed ero partita per il regno delle fate senza neppure dirglielo, i Moordenaar non sarebbero stati gli unici arcieri di cui preoccuparmi. Jinx era maledettamente brava con la balestra.

    Purtroppo, non avevo idea di quanto a lungo fossi stata via. Il tempo passa diversamente nell’Oltremondo, e avevamo passato del tempo sia a Tech Duinn sia nel regno delle fate. Non ero sicura di cosa significasse per un potenziale ritorno a casa.

    Dal nostro punto di vista, eravamo andati via da oltre un anno, ma i fuochi fatui che avevo guarito al nostro arrivo erano ancora vivi. Quando Eben Braxton mi aveva assunta, e avevo scoperto i fuochi fatui avvelenati dal ferro nel suo sfasciacarrozze, avevo supposto che non restasse loro molto da vivere. Ma non ero un’esperta.

    «Devo tornare al porto e far arrivare la notizia al mio popolo e ai nostri alleati, i selkie e le sirene», disse Ceff. «Vi scorterò fino all’Emporio. È di strada».

    «E io credo che mi aggregherò e vedrò cosa ha da dire la tua strega in merito a un’orda di barghest nella sua città», aggiunse Torn.

    «Un’orda?» chiesi. «Inteso come plurale?»

    «Sì, Principessa», disse lui, carezzandosi un orecchio sbrindellato. «Certo che sai come fare un’entrata trionfale».

    Gemetti e accelerai il passo per mettermi in pari con le lunghe falcate del signore dei gatti sidhe. Mi scendeva il sudore lungo la schiena, e non aveva niente a che fare col nostro passo svelto.

    Anni prima, un barghest randagio aveva minacciato Harborsmouth, e numerosi utilizzatori di magia e Cacciatori della gilda locale erano morti nella battaglia che era seguita per abbatterlo. Una strega era sopravvissuta, e avevo l’orrenda sensazione di sapere come stesse per reagire alla notizia che avevamo portato un mucchio di quei segugi infernali nella sua città.

    Se Jinx non mi avesse uccisa, ero certa come la morte che lo avrebbe fatto Kaye. Aggrottai la fronte, ma mi affrettai verso il cancello dello sfasciacarrozze. Non era il momento di farsi venire i piedi freddi. Kaye era una dei nostri alleati più potenti, e avevo la responsabilità di fare tutto il possibile per salvare gli innocenti abitanti di Harborsmouth. Speravo solo che non avrebbe deciso di trasformarmi in un rospo in cambio.

    Capitolo 4

    Stavo immaginandomi Kaye che mi trasformava in un rospo quando Jinx sbucò fuori da dietro il telaio bruciato di un’auto. Il mio sussulto di sorpresa fu subito rimpiazzato da un latrato di risate nervose quando lei sollevò la balestra e me la puntò al petto.

    «Dove sei stata?» chiese.

    «In vacanza... con Ceff... e...» balbettai.

    «Non propinarmi quell’aria da innocentina, Ivy», disse lei. «Sparisci per giorni, senza portarti dietro quasi niente a parte le tue armi, e non rispondi a nessuno dei miei messaggi. Forneus si innervosisce ogni volta che menziono te o Ceff, e quando ho cercato di usare tutti i miei poteri di persuasione per scoprire cosa sapesse mi ha riempito le orecchie di legalese».

    «Stai uscendo con un avvocato demoniaco», dissi. «Nervosismo e legalese dovrebbero essere la norma».

    «Ha rifiutato il sesso e ha lanciato una palla di fuoco contro Scintilla quando gli si è avvicinato senza che lo notasse», disse lei. La balestra tremò appena.

    «Scintilla è a posto?» chiesi.

    «Scintilla sta bene, ha pensato che lo spettacolo di luci fosse uno sballo», rispose lei. Tirò indietro le spalle e la sua mano smise di tremare. «Perciò, te lo ripeto: che diavolo sta succedendo?»

    Un ululato lacerò la notte, e Jinx spalancò gli occhi.

    «Anche se odio interrompere questa piccola riunione, specie considerato che include una donna attraente che impugna un’arma letale, dovremmo davvero muoverci», disse Torn.

    «Torn ha ragione», confermai. «Puoi spararmi più tardi se devi, ma al momento dobbiamo darci una mossa».

    Jinx abbassò la balestra, ma non se la rimise nella borsa. Ragazza intelligente. Con dei mostri ululanti alle calcagna, dovevamo tenere le armi pronte.

    «Tuo padre è qui?» chiesi mentre correvamo verso il cancello.

    Eben Braxton mi aveva assunta per indagare su eventi misteriosi nel suo sfasciacarrozze. Mi sarei sentita responsabile se lo avessi lasciato lì ad affrontare un’altra minaccia soprannaturale, soprattutto una che in qualche modo avevo portato lì io stessa dal regno delle fate.

    «No, ha ascoltato il tuo consiglio di dare la settimana libera ai suoi uomini», rispose lei. «Poi l’ho incoraggiato a farsi una gita a nord per pescare».

    «Bene», dissi, la mente che galoppava. Eravamo stati assenti da Harborsmouth meno di una settimana. Quella notizia avrebbe potuto rallegrarmi per il sollievo, se non avessimo avuto un’orda di bestie fatate da gestire. «Ceff, puoi portarci al Vecchio Porto?»

    «Posso provarci», rispose lui.

    Aveva la pelle livida, ma annuì. Era probabile che assumere la sua forma di cavallo kelpie sarebbe stato difficile lì, in una discarica piena di ferro e tanto lontano dalle acque del porto, ma era un rischio che dovevamo correre.

    Ceff gemette, e cadde in ginocchio, strappandosi gli abiti dal corpo mentre degli spasmi di dolore gli contorcevano il volto. Di solito, faceva sembrare facile il cambiamento, coi vestiti che apparivano e sparivano a volontà. Il fatto che si stesse artigliando la camicia e i jeans era un segno di quanto fosse difficile quella particolare trasformazione per lui.

    Strinsi i denti e battei le palpebre per scacciare delle stupide lacrime mentre gli voltavo le spalle con la scusa di fare la guardia mentre si trasformava. Anche Torn si girò dall’altra parte, gli occhi che scrutavano la notte in cerca di minacce.

    «Potrei portarvi io», disse Jinx, facendo tintinnare un mazzo di chiavi tra le dita. «Mio padre ha preso il suo furgone, ma mi ha lasciato prendere in prestito la sua macchina, per poter tenere d’occhio il posto in sua assenza».

    Scossi la testa. La prossimità con così tanto ferro nello sfasciacarrozze stava già esigendo un prezzo da Ceff, ed ero piuttosto sicura che il sudore che impregnava la mia maglietta non dipendesse dalla nostra corsetta fino al cancello. Mio padre, nel tentare di proteggermi da Mab, mi aveva alterata magicamente da bambina, rendendomi parzialmente umana per nascondere il mio sangue nobiliare, ma, proprio come la maturità aveva iniziato a causare crepe nei vincoli che aveva usato per offuscare i miei ricordi, entrare nel regno delle fate mi aveva cambiata, facendomi pagare un prezzo.

    Non mi erano mai piaciuti gli stretti confini del veicolo di un estraneo, troppo rischio di visioni indesiderate, ma ora avevo l’impressione che quell’opzione mi fosse stata portata via del tutto. Se la sensazione untuosa che mi vorticava nelle viscere era un’indicazione, non sarei sopravvissuta a un viaggio verso il quartiere del Vecchio Porto chiusa dentro una bara di ferro semovente. Ero molto più fata di quanto non lo fossi stata quando avevo usato la chiave di mio padre per entrare nel regno delle fate.

    Un altro ululato lacerò la notte, scatenando un familiare dolore tra le mie scapole. Non ero certa di quali fossero i limiti dei miei nuovi poteri ora che ero tornata nel mondo degli umani, e non ero del tutto pronta a rivelare tutti i miei segreti a Jinx, ma ciò non cambiava il fatto che delle ali simili a quelle di una libellula anelassero a erompere dalla prigione della mia carne.

    Non per la prima volta, dovetti chiedermi quanta umanità, se ancora ne avevo, mi fosse rimasta.

    Un movimento alle mie spalle mi riscosse dai miei pensieri e girai sui tacchi mentre Ceff si alzava, sbuffava una volta e colpiva il terreno con gli zoccoli. Mi feci avanti, mi sporsi per avvicinarmi di più e gli sussurrai all’orecchio: «Riesci a portarci? Jinx può venire in macchina e incontrarci all’Emporio, ma preferirei non dividerci».

    Ceff annuì e si chinò verso terra, le intenzioni chiare. Mi tirai i guanti e mi assicurai che la giacca fosse ben abbottonata prima di saltargli sulla schiena. Il risveglio del mio sangue nobile aveva avuto alcuni vantaggi. Anche con gli inizi di avvelenamento da ferro, ero più veloce e agile di prima.

    Ovviamente, anche il brutale addestramento di mio zio e la mia incessante ricerca dei rapitori di Ceff e Torn avevano affinato i miei talenti, ma non c’era nulla del mio periodo alla corte dei fuochi fatui che non fosse legato a dolore e sofferenza, perciò la mia mente si ritrasse dai ricordi e si concentrò sulla mia amica umana mentre si sforzava di salire in groppa a Ceff senza spezzarsi il collo.

    Non fu affatto aggraziata come lo ero stata io, ma riuscì ad arrampicarsi dietro di me con l’aiuto di Torn. Mi irrigidii quando si aggrappò alla mia giacca per tenersi su, ma non era un contatto di pelle, perciò non giunse alcuna visione. Solo un’amica imbronciata che sembrava pronta a sparare a Torn, le cui mani si erano trattenute sui suoi fianchi.

    «Andiamo, Torn», dissi aggrottando la fronte. «Dacci un taglio. Non abbiamo tempo per i tuoi giochetti e, per quanto amerei vedere Jinx spararti, non possiamo permetterci il ritardo».

    «Hai una mente perversa, Principessa», disse lui, alzando le mani. «Stavo solo cercando di aiutare».

    «Aiutare il mio culo», mormorò Jinx.

    «Esatto», disse lui con un occhiolino esagerato.

    Sospirai e Ceff colpì il terreno con gli zoccoli.

    «Andiamo», dissi. «Sali. Dobbiamo muoverci».

    «Credevo non me lo avresti mai chiesto», rispose Torn con un sorriso lascivo.

    Saltò su dietro Jinx, e dallo squittio di lei e dalle fusa di lui supposi che stesse usando l’occasione per farle la mano morta. Quando Ceff si lanciò in avanti a velocità inumana, sussurrai una minaccia al vento, sapendo che le orecchie fatate di Torn avrebbero sentito ogni parola. Lui ridacchiò, ma le sue risate vennero interrotte

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