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Diritto Di Nascita: Ivy Granger Detective Psichica
Diritto Di Nascita: Ivy Granger Detective Psichica
Diritto Di Nascita: Ivy Granger Detective Psichica
E-book344 pagine4 ore

Diritto Di Nascita: Ivy Granger Detective Psichica

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Info su questo ebook

Vincitore del BTS Red Carpet Award come Miglior Romanzo e del PRG Reviewer's Choice Award come Miglior Romanzo Urban Fantasy.

Essere una principessa delle fate non è quella gran cosa che dicono.

Ivy deve andare nel regno delle fate, ma il passaggio per la Corte dei Fuochi Fatui si trova a Tech Duinn, la casa di Donn, dio Celtico dei morti. La sua solita fortuna.

Impossibilitata a condividere il suo segreto con Jinx, e con Jenna lontana per affari della Gilda dei Cacciatori, Ivy deve affidarsi a Ceff e Torn perché la conducano alla porta della Morte, letteralmente, e ritorno. E come se non fosse abbastanza rischioso, nessuno sa quali orrori siano in serbo nel regno delle fate. Peccato che la Corte dei Fuochi Fatui sia l’unica pista di Ivy nella ricerca di suo padre… e della sua possibile salvezza.

Forse nascondersi ed evitare assassini sidhe non è poi così male dopotutto…

“Birthright è assolutamente da leggere.”
-My Urban Fantasies

“Non c’è furia peggiore di quella di una principessa dei fuochi fatui adirata.”
-Sapphyria's Book Reviews

“Lo stile è forte, i personaggi genuini, e l’azione rapida e feroce.”
-If You Only Knew

“Fortemente raccomandato ai fan dell’urban fantasy e fantasy per adulti!”
-Rabid Reads

Birthright è il quarto dei romanzi della premiata serie di Ivy Granger scritta da by E.J. Stevens. Il mondo di Ivy Granger, che comprende le serie Ivy Granger Detective Psichica e La Gilda dei Cacciatori, è pieno di azione, mistero, magia, humour nero, strani personaggi, vampiri succhiasangue, demoni lascivi, gargoyle sarcastici, mutaforma sexy, streghe lunatiche, fate psicotiche ed eroine irriverenti.

LinguaItaliano
Data di uscita11 apr 2020
ISBN9781071538210
Diritto Di Nascita: Ivy Granger Detective Psichica

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    Anteprima del libro

    Diritto Di Nascita - E.J. Stevens

    Diritto Di Nascita

    E.J. Stevens

    Edito da Sacred Oaks Press

    Copyright 2015 E.J. Stevens

    Tutti i diritti riservati

    Nota dell’editore

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono il prodotto dell’immaginazione dell’autrice o usati in modo fittizio, e qualunque somiglianza con persone, vissute o viventi, aziende, eventi o luoghi reali è del tutto accidentale.

    La scansione, caricamento online e distribuzione di questo libro via Internet o tramite qualunque altro mezzo senza il consenso dell’editore sono illegali e punibili a norma di legge. Siete pregati di acquistare solo edizioni autorizzate e di non prendere parte a o incoraggiare la pirateria elettronica di materiale soggetto a copyright. Il vostro sostegno dei diritti dell’autore è apprezzato.

    Note di licenza per la versione Ebook

    Questo ebook ti viene dato in licenza per il tuo solo uso personale. Non può essere rivenduto o ceduto ad altri. Se vuoi condividere questo ebook con altre persone, per favore compra una copia aggiuntiva per ognuna di esse. Se stai leggendo questo libro e non lo hai acquistato, o non è stato acquistato per te, sei pregato di acquistarne una tua copia personale. Grazie per il tuo rispetto del duro lavoro di questo autore.

    Diritto Di Nascita

    Autore E.J. Stevens

    Copyright 2020 E.J. Stevens

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Carmelo Massimo Tidona

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Introduzione

    Benvenuti a Harborsmouth, dove i mostri camminano per le strade non visti dagli umani... a parte quelli con la seconda vista.

    Che siate qui per visitare il nostro moderno quartiere degli affari o per esplorare le stradine selciate del Vecchio Porto, godetevi la vostra permanenza. E quando tornate a casa parlate ai vostri amici della nostra splendida città... possibilmente omettendo i dettagli soprannaturali.

    Non temete, molti dei nostri ospiti non vivono mai niente di insolito. Gli Oltremondani, come fate, vampiri e ghoul, sono piuttosto bravi a nascondersi tra le ombre. E molti di loro sanno anche cancellare i ricordi. Potreste svegliarvi urlando nel cuore della notte, ma non ricordereste perché. Siate lieti di non saperlo... siete tra i fortunati.

    Se incontrate qualcosa di innaturale, beh, al momento siete sfortunati. Normalmente vi raccomanderemmo i servizi di Ivy Granger, Detective Psichica. Purtroppo per voi, la signorina Granger è morta di recente.

    Forse potrebbero interessarvi le nostre proprietà immobiliari. Con la signorina Granger morta, è probabile che diventerete uno dei nostri residenti stabili. Siamo lieti di indirizzarvi all’Harborsmouth Cemetery Realty. Non è mai troppo presto per contattarli, dato che la richiesta di mercato per i loro alloggi è in forte crescita. La domanda per i lotti locali è molto elevata... c’è sempre gente che morirebbe pur di trovarvi posto.

    Capitolo 1

    Feci una smorfia davanti ai noodles che mi stavano provocando col loro brodo salato e la consistenza gommosa e spinsi via la ciotola fumante con le mani guantate. Lo stomaco brontolava, ma ne ignorai le lamentele e presi invece una tazza di caffè.

    «Bella, se continui a bere quella melma senza avere cibo nello stomaco, ti stai cercando una brutta bruciatura di budella da caffè», disse Jinx, appoggiando un fianco contro il bancone e puntando un’unghia laccata di rosso nella mia direzione. «Mangia la cena».

    Jinx non era mia madre, ma a volte si comportava come se lo fosse stata. Di solito accettavo la sua prepotenza senza brontolare troppo. Beh, forse brontolando un po’, ma, quando si trattava di mangiare, in genere facevo quello che diceva. Jinx era la mia migliore amica, ed era per quello che eravamo coinquiline e socie in affari.

    Fino a poco tempo prima, Jinx era stata anche l’unica persona della mia vita a cui importasse se respiravo o vivevo... o così pensavo. Quindi quando si interessava a me, segretamente mi sentivo tutta calda e coccolosa dentro. Non ero una persona che amava il contatto fisico, l’avere addosso la maledizione della psicometria se ne assicurava. Nel tempo gli oggetti, persone incluse, raccolgono residui psichici, e tutte quelle forti emozioni, per lo più traumatiche, restano lì ad attendere che qualcuno come me allunghi un mano e stabilisca un contatto.

    Perciò, di norma questo significava che mangiavo quello che Jinx mi metteva davanti, senza fare domande. Non quel giorno. Se avessi mangiato un'altra ciotola di ramen o un piatto di maccheroni al formaggio, avrei vomitato.

    «Preferirei fare la lotta con una regina jincan pulsante e puzzolente», mormorai.

    «Beh, non farai la lotta con le fate nel prossimo futuro», disse lei. «Visto che sei morta e tutto il resto».

    Sospirai, e guardai storto la scodella di ramen, ma ignorare Jinx non rendeva meno vero quello che aveva detto. Per quanto ne sapevano le fate, ero morta. Il mese prima, la corte delle fate aveva inviato i suoi assassini, i Moordenaar, a eliminarmi come punizione per crimini contro le creature fatate. Era contro la legge fatata andare in giro a far sapere al grande pubblico l’esistenza degli Oltremondani.

    Le creature fatate sono immortali, ma potrebbero comunque essere uccise se le masse umane diventassero consce dei mostri tra di loro e decidessero di prendere le armi. Per questo l’abilità di nasconderci con un glamour è così importante.

    Perciò, quando era giunto all’attenzione della corte che stavo infrangendo la loro legge, intenzionalmente o meno, avevano ordinato la mia esecuzione per mano dei Moordenaar. E i Moordenaar sono molto, molto bravi nel loro lavoro. Mi avevano colpito con frecce avvelenate al cuore, in un rene e al fegato e poi lasciata a morire.

    Humphrey era uno dei motivi per cui i miei assassini non avevano aspettato di assistere alla mia morte, e perciò non erano stati lì quando i miei amici mi avevano costretta a mangiare una mela magica che mi aveva riportata in vita. Dovrò ringraziarlo per questo un giorno o l’altro, anche se non mi piace l’idea di avere un debito con un gargoyle. Come stare tra l’incudine e il martello.

    «D’accordo, ti farò una scatola di maccheroni al formaggio», disse lei, alzando gli occhi al cielo. «Ma, tanto perché tu lo sappia, abbiamo finito latte e burro. Probabilmente farà schifo».

    «No, non sprecarla», dissi. «Li mangerò domani».

    Non avevo nessuna intenzione di mangiare un’altra scatola di quella roba il giorno dopo, o mai, ma Jinx non lo sapeva. Per le ossa di Mab, piuttosto sarei morta di fame.

    «Ho una barretta proteica nella mia stanza», dissi alzando una sola spalla.

    «Quella non è una cena», disse lei, socchiudendo gli occhi.

    «Nemmeno questa», risposi, spingendo ancor più lontano la scodella. «Li vuoi tu?»

    Jinx fissò la ciotola, torcendo le labbra.

    «Col cavolo», disse.

    Sbuffai col naso e scossi la testa. Jinx non aveva fatto altro che moine di apprezzamento davanti ai suoi pasti tutta la settimana, ma era stanca di ramen quanto lo ero io. La mia migliore amica era furba in quello.

    «Scintilla!» urlai. «Hai fame?»

    Il piccolo demone si precipitò fuori dal nostro bagno, con la carta igienica che gli pendeva dalle lunghe orecchie, e si arrampicò sulle gambe dello sgabello da bar accanto a me. Con un gioioso squittio saltò sul bancone e si mise a ballare una piccola, contorta giga.

    «Sì, sì, sì, sì!» cantava.

    Allungai la mano verso il pacchetto di posate di plastica che tenevamo a portata di mano per Ceff, il mio ragazzo e re dei kelpie della zona, ma Jinx scosse la testa.

    «Aspetta», disse. Socchiuse gli occhi e puntò un piccolo cucchiaio di legno verso Scintilla. «Che stavi combinando? Stavi di nuovo giocando nel bagno?»

    Forneus affermava che un giorno Scintilla sarebbe cresciuto fino a diventare un enorme signore dei demoni, ma era difficile da credere. Il piccoletto era delle dimensioni di un chihuahua pancione e combinava altrettanti guai. La settimana prima aveva iniziato a gettare tesori nella tazza del bagno perché potessero essere recuperati da Scintilla il grande esploratore speleologo. Purtroppo, uno di quei tesori era stato lo spazzolino da denti di Jinx.

    «Nooooo», disse lui.

    Arrossì e rivolse a Jinx un timido sorriso.

    «Allora come mai hai della carta igienica attaccata alle orecchie come una ghirlanda?» chiese lei, allungando una mano per staccargliela.

    «No bagno, sciocca», disse lui. «Cestino!»

    Mi strofinai una mano guantata sul viso e cercai di non ridere. Scintilla aveva scoperto le meraviglie del cestino della spazzatura del bagno. Che Oberon ci salvasse tutti.

    «Oh mio Dio, bleah!» squittì Jinx, lasciando cadere la carta igienica come se le avesse ustionato le dita.

    «Bleah!» urlò Scintilla, sorridendo mentre la imitava.

    «Se assomiglia al suo gioco con la tazza, forse stava mettendo la carta igienica nel cestino, e non il contrario», dissi. «Molto probabilmente è pulita».

    Significava anche che probabilmente si era avventurato dentro il cestino, setacciando tra chissà cosa con le mani nude. A quanto pareva, Jinx era arrivata alla stessa conclusione.

    «Vai a lavarti le mani», disse, indicando il lavandino della cucina. «E non giocare più nel bagno».

    «Poi cibo?» chiese lui.

    «Poi puoi mangiare i noodles di Ivy», rispose lei. «Ora sbrigati, prima che si raffreddino».

    Scintilla si spostò verso il lavandino. Si sporse per aprire il rubinetto e ben presto stava giocando sotto l’acqua corrente come se stesse correndo vicino all’irrigatore di un prato. Jinx guardò male il macello che il demone stava facendo nella sua cucina, ma io scossi la testa e sorrisi.

    «Lascia che si diverta», dissi. «Possiamo sempre riscaldare il ramen dopo».

    «Non dovresti dargli da mangiare tutto quel sale», disse lei. «Se fosse un cane, ormai soffrirebbe di ipertensione».

    Mi strinsi nelle spalle. Il ragazzo sembrava a posto, non che avrei potuto sapere se aveva o meno la pressione alta. La sua pelle era sempre di colore rosso.

    «È un demone», dissi. «Quel cibo probabilmente ucciderà noi prima di fare qualcosa a lui».

    Guardai la scodella di ramen come se stesse per estendere i suoi tentacoli di noodle e attaccare.

    «Se vuoi davvero mangiare di nuovo del cibo vero, dobbiamo iniziare a guadagnare un po’ di soldi», disse Jinx. «O quello, o attingiamo al fondo per le emergenze. Oh, aspetta, non possiamo. Qualcuno l’ha già speso».

    Sospirai. Non aveva tutti i torti ad avercela con me, ma non avevo avuto scelta.

    «Sai che devo trovare mio padre», dissi. «È l’unica speranza che ho di ottenere il controllo dei miei poteri di fuoco fatuo e riabilitare il mio nome con il consiglio delle fate».

    Finché non fossi riuscita a provare di non essere una minaccia ambulante per la società fatata, dovevo restare morta. Una cosa che avevamo presto scoperto essere un duro colpo per i nostri guadagni. È difficile lavorare ai casi quando si pensa che tu sia due metri sottoterra.

    «Lascia che inizi ad accettare dei casi», disse Jinx. «Io posso fare il lavoro sul campo e tu consulenza da casa. Se mi servisse il tuo tocco magico, so dove trovarti».

    Scossi la testa e agitai le mani.

    «Non esiste», dissi.

    «Ascolta, mi vedrò solo coi clienti e chiederò i dettagli del lavoro», disse. «Se metto l’unguento fatato, sarò in grado di vedere se non sono umani».

    Gli ingredienti per fare l’unguento fatato erano costosi. Se era disposta a usare quello che restava del suo, sapevo che era seria sul fatto di trovare un incarico. Il che rendeva molto più difficile obiettare.

    Non che avessi intenzione di cedere, ancora. Quello che Jinx non sapeva, e che mi era proibito dire a qualunque umano, era che avevo la chiave di uno dei cancelli segreti per il regno delle fate. L’unica strada per quel cancello si rivelava durante il solstizio d’estate, una data che si stava avvicinando alla svelta. Se avessimo accettato un caso in quel momento, sarei stata in grado di aiutarla a lavorarci solo per qualche altro giorno. Dopodiché avrebbe potuto rimanere senza supporto, in via permanente.

    «L’unguento fatato non funziona per i non morti», dissi.

    I vampiri hanno il loro genere di glamour, che l’unguento fatato non riesce a penetrare. Emisi un lungo, gratificante sospiro. Ero certa di vincere quella battaglia.

    «Lavorerò solo durante il giorno», disse lei.

    Cacca. Non ci avevo pensato. Mi schiarii la gola cercando di pensare a un altro motivo per cui la mia migliore amica non avrebbe dovuto mettersi a rischio. Ero piuttosto sicura che dirle il cibo è molto sopravvalutato non avrebbe funzionato.

    «È pericoloso», dissi.

    Lei sollevò il mento, gli occhi luccicanti, le spalle indietro, e si sporse verso di me, con i palmi appoggiati sul bancone.

    «Lasciamelo fare», disse. «Per favore».

    Maledizione. Mi accasciai in avanti e mi presi la testa tra le mani. Fu colpa del per favore. Nell’ultimo mese, Jinx aveva tentato di dimostrare che era ancora la donna tosta che era stata prima di essere aggredita. Il fatto che ora mostrasse un qualche segno di debolezza provava quanto la faccenda fosse importante per lei.

    «Va bene, d’accordo», dissi. «Ma non te lo lascerò fare da sola. Nessun incontro con dei clienti senza di me».

    Avremmo dovuto fare gli straordinari per rispettare la mia scadenza del solstizio, ma non era che non avessi mai lavorato a un caso ventiquattr’ore al giorno prima di allora. Fintantoché Jinx continuava a riempirmi di caffè, avremmo potuto concludere un lavoro prima che mettessi in scena la mia sparizione.

    «Non puoi venire in ufficio», disse lei accigliandosi. «È troppo pericoloso».

    «Allora suppongo che dovremo assicurarci che nessuno mi veda», risposi.

    Capitolo 2

    Mi diedi da sola una gomitata nelle reni e feci una smorfia di dolore. Avevo insistito per accompagnare Jinx alla Private Eye per l’incontro con un cliente. Peccato che il nostro ufficio fosse piccolo e non ci fossero molti posti per nascondersi. Spostai il peso, impigliandomi col sedere in una vite allentata che sporgeva dalla parete del mobile in cui ero al momento raggomitolata. Aggrottai la fronte, sperando che il metallo affilato non mi avesse strappato i jeans. L’ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento era di essere trascinata in una visione.

    Sospirai. Avrei dovuto pensarci un po’ meglio. Ero infilata così stretta che già mi si era incriccato il collo e le gambe mi si stavano intorpidendo. Altri venti minuti così e non sarei più stata in grado di muovermi del tutto, il che significava che se qualche soprannaturale grosso e cattivo fosse entrato di corsa nel nostro ufficio non sarei stata di molto aiuto. Magari il mobile non era l’unico ad avere una vite allentata.

    Mi stavo comportando da paranoica, e lo sapevo. Jinx aveva già incontrato i nostri clienti in passato. Era brava a volare da sola, quella sua vena di prepotenza teneva in riga gli incontri e manteneva un afflusso di denaro regolare nel nostro conto in banca. Ma non l’aveva mai fatto fingendo di gestire lei l’agenzia.

    Era quella la parte che mi preoccupava. Lei era sempre stata la mia socia che si occupava della burocrazia, l’utile assistente amministrativa. Ora si stava mettendo sulla piazza come detective psichica... un lavoro che attirava la sua bella fetta di squilibrati. Calarsi nei miei panni avrebbe potuto metterla in pericolo, cosa che mi faceva desiderare che avesse continuato a rispondere al telefono e darmi ordini. Il cibo era davvero così importante da doverci scambiare il lavoro?

    Il ruolo di Jinx in ufficio non era la sola cosa a essere cambiata di recente. Fino alla scorsa estate, la nostra clientela era stata per lo più umana. Ma, dopo una battaglia contro dei cavalli fatati carnivori al cui confronto i kelpie sembravano i Mini Pony, la nostra base di clienti era cambiata. Ora le creature fatate sapevano che potevo essere una valida alleata, o una potente nemica.

    Purtroppo, pensavano anche che fossi morta. Il che lasciava la mia socia umana in prima linea con alcuni cattivi potenzialmente letali, mostri che pensavano che fosse lì senza supporto. Ero sul punto di districarmi dalla mia prigione autoimposta quando la campanella sopra la porta dell’ufficio suonò.

    Trattenni il respiro e cercai di non muovere un muscolo. Se eravamo fortunate, il cliente di Jinx sarebbe stato qualche umano indifeso venuto a darle un incarico mondano. La campanella aveva suonato una volta sola, il che significava che probabilmente si trattava di un solo avversario, uh, cliente.

    «Benvenuto alla Private Eye...» disse Jinx, e la voce le vacillò. Non riuscivo a vedere niente attraverso la stretta fessura da cui stavo sbirciando, quindi aprii un po’ di più lo sportello del mobile. Spostai il peso, preparandomi ad andare in suo aiuto, o almeno cadere addosso al suo aggressore, quando la parola successiva che le uscì dalla bocca mi fermò di colpo. «Papà?»

    Non avevo mai conosciuto il padre di Jinx ma, da quello che riuscivo a vedere, era un uomo grosso e robusto, con una barba scura e più tatuaggi di sua figlia. Si tolse un berretto da baseball dalla testa, passandosi dita sporche di grasso su una chiazza calva, e sospirò.

    «Mi dispiace disturbarti al lavoro», disse. «Soprattutto dopo quello che è successo. Mi dispiace per la tua perdita, zuccherino».

    Jinx si raggelò e guardò suo padre battendo le palpebre, per una volta rimasta senza parole. Sapevo che nascondermi e diffondere la storia che ero morta sarebbe stato difficile. Quello che non avevo progettato era ciò che tenere quel segreto sarebbe costato ai miei amici e ai miei cari. Jinx impallidì e abbassò lo sguardo sulla scrivania, mettendosi a raddrizzare penne e pile di fogli che erano già allineate con precisione militare.

    Suo padre scambiò il disagio per dolore e ridusse la distanza tra loro, cingendola in un abbraccio. La mia amica rimase lì, il volto che diventava paonazzo, e seppi che dovevo fare qualcosa. Diversamente dalle fate di razza pura, gli umani possono dire bugie, ma ciò non significava che mentire a suo padre le sarebbe stato facile.

    «Uh, va tutto bene», disse lei, allontanando gentilmente il padre e mettendo la scrivania tra di loro. «È per questo che sei qui?»

    Avevo fatto io quel pasticcio. Dovevo fare qualcosa per risolverlo.

    Jinx continuava fissare la sua scrivania e io guardai la porta, chiedendomi dove fosse il nostro cliente. Qualcuno, o qualcosa, aveva chiesto un incontro di mattina. Magari se fossi stata abbastanza veloce avrei potuto rivelarmi al padre di Jinx, dargli una rapida spiegazione, fargli giurare di mantenere il segreto e tornare in quella scatoletta di legno prima che il nostro cliente arrivasse. Va bene, non avevo buone probabilità, ma non potevo semplicemente lasciare lì Jinx appesa a un filo.

    «In realtà, zuccherino», disse lui, «sono il tuo appuntamento delle dieci». Si rigirò il berretto tra le mani e arrossì, il naso che diventava rosso acceso. «Mi serve il tuo aiuto».

    Con uno schianto, rotolai fuori dal mobiletto sul pavimento ai piedi del signor Braxton. Non fu un’entrata aggraziata, ma d’altra parte lui sembrava più preoccupato del fatto che una donna morta fosse appena rotolata fuori da un mobile del nostro ufficio.

    Feci una smorfia e mi alzai su un ginocchio, salutando con la mano il padre di Jinx. Diedi un’occhiata alla grande finestra che si affacciava sulla strada, ma non c’erano mostri in agguato lì, e la scrivania mi teneva per lo più nascosta alla vista. Mi tirai giù il cappuccio della felpa e infilai le mani guantate in tasca, ma tenni il viso girato dalla parte opposta rispetto alla finestra sulla strada.

    «Mi scusi se non le stringo la mano», dissi. «Non è niente di personale».

    «Nessuna offesa», disse lui, la voce tremante. «Mia figlia mi ha parlato della sua... afflizione».

    Bene. se Jinx aveva detto a suo padre che ero una psichica e lui ci credeva, avrebbe potuto essere più ricettivo a quello che stavo per dirgli.

    «Jinx, puoi tirare le tendine e chiudere la porta a chiave?» chiesi.

    «Certo», disse lei, ansiosa di avere qualcosa che la tenesse occupata.

    «Mi dispiace di aver origliato, ma non sapevo chi si sarebbe presentato a questo appuntamento», dissi. «E non potevo lasciare Jinx da sola. Ci sono persone pericolose là fuori, mostri che non danno alcun valore alla vita umana».

    «E questi uomini pericolosi, è per loro che si sta fingendo morta?» chiese lui.

    Annuii, osservando il corpo muscoloso e la tuta macchiata di grasso dell’uomo. Aveva dello sporco sotto le unghie e mani e braccia attraversate da piccole cicatrici. Era un uomo che lavorava con le mani, ma la cosa più notevole in lui era l’intelligenza nei brillanti occhi blu. Immaginai che sarebbe stato facile sottovalutare un uomo come quello, se non lo si guardava negli occhi. A giudicare dalla sua stazza, la maggior parte della gente probabilmente non lo faceva.

    Sorrisi e gli feci cenno di sedersi.

    «Ci sono persone che mi vogliono morta», dissi. «È meglio che credano che il loro desiderio si sia realizzato, almeno per il momento».

    «La gente che la vuole morta di solito la mette così di buonumore, signorina Granger?» chiese lui.

    «No», risposi. «Sono solo felice di conoscere finalmente il padre di Jinx. Venire dove lavora non è mai davvero stata un’opzione. Le cose vecchie e usate hanno la tendenza a mordermi il sedere, per così dire».

    Lui ridacchiò e si sedette, schiaffeggiandosi la coscia grossa come un tronco col berretto.

    «E io che pensavo che semplicemente non le piacessero gli sfasciacarrozze», disse.

    «Solo per le loro complicazioni», risposi.

    Uno sfasciacarrozze pieno dei detriti di centinaia, forse migliaia di vite mi faceva tremare fin dentro gli stivali. C’è chi teme la morte, ma io? Io sono terrorizzata dal potenziale di follia negli oggetti antichi, i ricordi dei loro precedenti proprietari che aspettano di assalire e artigliare la mia sanità mentale.

    «Va bene, papà», disse Jinx, sedendosi dietro la sua scrivania. Aveva chiuso la porta e abbassato le tendine. «Allora perché sei qui? Cosa succede?»

    «Qualcuno è entrato nella discarica», disse lui accigliandosi. «E non credo fosse umano».

    Mi spazzai via la polvere di carta e il toner dai jeans e mi dondolai sui tacchi. Avevamo rimosso in fretta i ripiani e le forniture da ufficio dal mobile quella mattina, ma non ci eravamo prese la briga di pulirlo prima che mi ci infilassi dentro. Guardai storto una chiazza nera sui jeans. Quella macchia di toner sarebbe stata un’impresa da togliere.

    Peccato non fosse l’unica cosa di cui dovevo preoccuparmi.

    Capitolo 3

    «Perché non crede che i ladri fossero umani?» chiesi.

    La domanda era diretta al padre di Jinx ma, mentre lui ci rifletteva, guardai sua figlia inarcando un sopracciglio. Lei mimò zanne e corna con le dita, annuì e si strinse nelle spalle. A quanto pareva, aveva condiviso un po’ della sua conoscenza delle creature paranormali col padre. Anche se avrei potuto lodarla per l’onestà, quel genere di informazioni erano pericolose. La maggioranza delle creature fatate e dei non morti avrebbero fatto di tutto per custodire quel segreto, e molti di coloro che vivevano a lungo non si preoccupavano di cose come morale o coscienza. Avrebbero spezzato il collo di Eben Braxton e si sarebbero dati una pacca sulla spalla per il lavoro ben fatto.

    Dovevo ricordarlo a entrambi, ma per il momento avevo un lavoro su cui

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