Wentshukumishiteu (Una storia artica)
Di Sabriel
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Info su questo ebook
Thriller - racconto lungo (51 pagine) - L’Artide può essere pericoloso, spietato. Lo sanno tutti. Ma non avete idea quanto. E in quale modo. No: non dovevate far del male a quel cucciolo d’orso.
Artide, missione M.E.S.A.I.C. (Multidisciplinary Expedition for the Study of Arctic Ice and Climate). La rompighiaccio Nordlys, volontariamente incagliata nella banchisa polare, è la base per una missione scientifica impegnata su più fronti di studio. Ander Heskin e Jack Torres, rispettivamente documentarista e ice master, fanno parte della spedizione. Uno dei compiti di Jack è prelevare campioni dal pack e dal Mar Glaciale Artico, per questo lui e Ander si trovano lontano dalla Nordlys, in un campo temporaneo. Tutto regolare, sino a che non ricevono una strana chiamata da un altro team, in un ROV camp non troppo distante. Quando arrivano sul posto, lo trovano distrutto, il pesante ROV rovesciato su un fianco, la banchisa frantumata in piccoli iceberg, buona parte della costosa attrezzatura sparsa o dispersa nelle acque ora libere. Uno dei due scienziati assegnati al campo è in stato confusionale. Dell’altro, nessuna traccia. Nel cercarlo, trovano il corpo massacrato e agonizzante di un cucciolo di orso polare. Cosa è successo? La risposte non tarderanno ad arrivare, purtroppo.
Sabriel è nata in Sicilia, ma ha trascorso la maggior parte della sua vita in giro per l'Italia; è tornata da qualche anno nella sua città natale e sta scalpitando perché non vede l'ora di trasferirsi altrove. Ha frequentato il Liceo Classico: voleva fare l'avvocato, poi il medico, invece è diventata interior designer. Adesso sta studiando Scienze e tecniche psicologiche cliniche e preventive. Ama i cani: il suo partner in crime è un biondino di dieci anni che l'ha seguita in gran parte dei suoi spostamenti. Nutre tutti i gatti randagi che le passano sotto il naso e, probabilmente, finirà come la gattara matta dei Simpson. È una serial killer di piante: è capace di far crepare persino i cactus. Ha quattro blog, tra cui Fantasmagorie, la sua wunderkammer dedicata al Bizzarro, al Macabro, al True Crime e all'Interior Design in chiave fantastica.
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Anteprima del libro
Wentshukumishiteu (Una storia artica) - Sabriel
fantastica.
Prologo
Il cucciolo affondava nell’oscurità, sempre più lontano. Riusciva appena a vedere il suo musetto, gli occhi chiusi, le zampe tese verso di lui.
Una forma immensa, più nera del nero del Mare Artico, risalì dalle profondità, sbocciando come una nube di inchiostro. Ander agitò disperatamente le braccia e le gambe per allontanarsi.
La testolina bianca dell’orso sfumò nel buio, come se quella cosa lo avesse accolto in sé. Con le zampe davanti al muso sembrava che dormisse mentre veniva cullato. Sparì negli abissi.
Ander, scalciò con più forza, sforzandosi nel contempo di controllare l’iperventilazione. Ma sbatté contro una superficie granitica sopra la sua testa e la violenza dell’urto si propagò al collo e alle spalle. Il dolore e la sorpresa gli fecero sfuggire bolle di aria dalle labbra.
Sono sotto il pack!
Prese a pugni il ghiaccio e grattò con le dita, spostandosi alla cieca, i polmoni che bruciavano e si contraevano in cerca di ossigeno.
Non voglio morire!
Gli scarponi ai piedi erano pesanti. E anche il giaccone. E la tuta antivento…
E quella cosa stava tornando. Mentre risaliva, spostava montagne di acqua che lo sollevarono e lo spinsero via, verso dove… non lo sapeva. Venne schiacciato, compresso contro la faccia inferiore della banchisa. Le asperità del ghiaccio gli graffiarono il viso. Strisciò sul lato sommerso del pack, raddoppiò gli sforzi per riuscire a tornare in superficie.
Ma, ovunque si voltasse, intorno vedeva solo un chiarore gelido e azzurrino.
Ripensò alle zanne che si erano chiuse sul cadavere di Lewis.
E che gli avrebbero tranciato le braccia, se Jack non lo avesse tirato indietro per il collo del maglione.
Jack…
Gli piaceva, Jack. Gli piaceva davvero. Forse ne era persino innamorato, altrimenti non gli sarebbe mai passato per la mente di conservare la foto del loro bacio sotto il tramonto polare.
Dio, che freddo. E che stanchezza.
Era prigioniero del mare artico. Sopra di lui, l’algido biancore del ghiaccio. E sotto, il buio. E quella cosa.
Non pensarci! Cerca una via d’uscita!
Non poteva aver nuotato sotto il pack così a lungo, sarebbe già annegato. Si sentì confortato da quel pensiero, ma anche stranamente distaccato. Il lucore del ghiaccio gli riempì la vista, divenne tutto il suo mondo. Un mondo etereo, in cui i pensieri si facevano sempre più rarefatti, la necessità di respirare meno pressante, meno importante. Tutto era meno importante, mentre un flusso anomalo di corrente lo afferrava, giocava con quel corpo estraneo.
Ander sapeva: le zanne stavano arrivando. Venivano per prendere lui, come avevano preso Lewis. Solo che Lewis era morto, non aveva sentito il morso, il sapore del proprio sangue che gli invadeva la gola fino a soffocarlo, il rumore delle ossa spezzate, della carne strappata…
Non voglio morire, non così.
Intrappolato sotto il ghiaccio. Sbranato da quella mostruosità.
Non voglio morire!
Represse a stento l’istinto suicida di aprire la bocca e gridare. Anche se, in parte, sperava di perdere in fretta quel po’ di lucidità che gli restava.
L’acqua stessa sembrava viva, lo afferrava, lo strattonava e lui vagava, accecato dalle bolle d’aria che fuggivano verso l’alto svuotandogli i polmoni, il corpo ormai così insensibile che quasi non si accorse che qualcosa gli stava mordendo un braccio.
Qualcosa di rosso, distorto dall’acqua.
E poi, un’improvvisa esplosione di luce.
1
Missione M. (Multidisciplinary Expedition for the Study of Arctic Ice and Climate)
84°N, 135°E
19.09.2019
Ore 3:35
I colori del crepuscolo artico erano così vibranti che la figura di Jack, solo davanti alla videocamera, sembrava circondata da un alone abbagliante, come se sotto la banchisa scorresse fuoco invece che acqua nera. Il vento sollevava polvere di cristallo dalle creste di pressione alle sue spalle: la luce del sole, basso sull’orizzonte, la faceva sembrare una nebbia lattiginosa che sfumava dal grigio al malva all’arancione, fino alla linea giallo intenso che staccava nettamente il blu della notte. Una nebbia danzante, che si alzava e si posava intorno a Jack – e a lui, dietro l’obiettivo – pungendo loro le guance.
Ander mise in pausa il video e distolse gli occhi doloranti dallo schermo del Mac.
La luce dei due riflettori all’esterno non era sufficiente, anche perché erano puntati sull’attrezzatura e non sulla tenda; e nonostante la torcia da fronte doveva sforzarsi per vedere quello che appuntava sul quaderno che teneva a portata di mano, accanto al ginocchio. Dopo un po’, lavorare in quel modo diventava micidiale. Massaggiò le palpebre per qualche istante, poi aggiunse un’altra nota sotto quelle che aveva già scritto: no color grading. Quei colori incredibili non avevano bisogno di ritocchi. Mosse la schiena per sciogliere i muscoli e allungò cautamente le gambe, attento a non disturbare l’uomo che dormiva al suo fianco, abbozzolato nel sacco a pelo. A quella vista sbuffò una risatina, coperta dal russare di Jack, soffocato e reso sopportabile dagli strati di tessuto e imbottitura. Punto a favore delle notti in tenda sul pack, nonostante i disagi.
Un tremore improvviso, seguito da un cupo brontolio, lo fece sobbalzare.
– ’Fanculo – mormorò a denti stretti.
Da qualche parte,