Insieme al traguardo: Street Rider 3
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Zombie - romanzo breve (67 pagine) - La piccola Val, appassionata di astronomia e narrativa, vive in un piccolo mondo creato su misura per lei. Un mondo che comincia a starle stretto, fino a soffocarla. È ora di confrontarsi con il resto dell’universo. È ora di affrontare la sua duplice natura di ibrida umana-zombie.
La piccola Val vive nell’osservatorio astronomico sull’altopiano che domina la città invasa dagli zombie. Quel mondo, che fino a meno di un anno prima le sembrava così grande da contenere tutti i suoi desideri, è divenuto improvvisamente angusto. Nuovi bisogni germinano e crescono nel suo essere: le esigenze di una donna.
Ma Val dovrà fare i conti con la sua natura di ibrida umana-zombie: essere umano dentro e mostro fuori. La ragazza speciale affronterà il rifiuto spietato degli uomini e l’orrore che prova per se stessa, determinata a trovare, finalmente, il suo posto nel mondo. E a risolvere il conflitto che la dilania: la lotta tra il mostro predatore che si porta dentro e la sua umanità.
Alberto Tivoli è nato a L’Aquila nel 1973. Ingegnere, vive e lavora a Rieti come Project Manager per un’azienda farmaceutica. Ha pubblicato i romanzi brevi di genere horror zombie Yantra Zombie; Street Rider I: Inizia la corsa; Street Rider II: Il passaggio del testimone e Street Rider III: Insieme al traguardo (Editore Delos Digital, collana The Tube Exposed). Suoi racconti si possono trovare in antologie di autori vari (NASF 11, NASF 12, Bukowski – Inediti di ordinaria follia Vol. IV, I mondi del fantasy VII), sulle riviste Robot (contest I vagoni di Trainville) e Writers Magazine Italia (Speciale Science Fiction del 2016).
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Anteprima del libro
Insieme al traguardo - Alberto Tivoli
9788825413922
I
Proteggere me stessa.
Il plenilunio lavava la breccia del sentiero, ogni sasso riluceva immacolato. Le fronde dei pini scricchiolavano come caramello, i fusti dei rovi si intrecciavano contro i bordi della pista.
Proteggere papà.
Il vento le portò il sentore di un sudore sciropposo, distillato goccia a goccia e intrappolato tra fibre ammuffite, e di un fiato etilico vomitato come i rintocchi di una campana a morto nell’aria resinosa.
Proteggere la nostra casa.
Dal fondovalle risalì un latrato: né di cane né di uomo. I passi, che ruminavano verso di lei, ammutolirono; rimasero nascosti proprio lì, appena dietro l’ultima curva, piantati a terra. Eppure li percepì tremare, come canne secche percosse dal vento.
– Che Dio vi maledica, come ha maledetto noi! – La voce deflagrò da dietro la macchia.
Quella paura divampante la investì come una pioggia di miele, una nevicata di zucchero filato, una grandinata di nocciole glassate di cioccolato. Quasi annegò per l’acquolina che le riempì la bocca. Biasimò se stessa per quella reazione istintiva, ma continuò a recitare il suo credo: Proteggere il nostro modo di vivere.
Superando la curva, imbacuccato in un cappotto stracciato, piegato in avanti per resistere alla salita e al vento, l’uomo apparve sul sentiero. Allora Val poté contare le rughe sul suo viso, dalle più profonde, come ferite che non sanguinavano, alle più lievi, raschi sulla pelle rinsecchita. Le ciglia ispide, sbuffi di peli selvatici dalle orecchie, denti neri e fosse tra quelli mancanti. È vecchio, probabilmente malato
. Ma non importava: il cuore pulsava ancora, il sangue scorreva. Era vivo.
Proteggere il nostro mondo segreto.
Val tirò il cappuccio sulla testa, celandosi completamente all’interno della mantella antipioggia verde scuro. Quindi, mantenendosi bassa sul terreno, sfilò fuori dal cespuglio di agrifoglio in cui si era rintanata, e come nebbia discese la balza erbosa in direzione del sentiero.
L’uomo continuava ad avanzare, ma ogni passo era fiaccato dalla pendenza della pista e dai sussurri insinuanti del freddo. Si fermò ansante, il volto al cielo dominato dalla Luna.
A un paio di metri da lui, nascosta dietro la siepe di rovi, Val lo scrutò. Che cosa ci fai qui da solo?
L’uomo non aveva uno zaino, una sacca, un bastone. Non si trascinava appresso nulla che potesse far pensare che si fosse messo in marcia da tempo, o che volesse raggiungere una destinazione lontana. Da dove vieni?
continuò a chiedersi Val.
Per un attimo il vecchio trattenne il respiro, le orecchie sembrarono palpare l’aria, la testa ruotò impercettibilmente verso la cinta di rovi. Percepiva la sua presenza, ma a livello inconscio. La sudorazione aumentò d’intensità, tracimando da quel corpo su cui la vita aveva scritto e riscritto. Con un grugnito, l’uomo si rimise in marcia, la destra infilata nella giacca, il braccio contratto. Val stirò le labbra scoprendo i denti: l’uomo cercava il contatto rassicurante con la sua arma, lama o fuoco che fosse. Concentrati solo su questo, su una minaccia che non sai nemmeno se sia vera. Pensa solo a ciò che stringi sotto la giacca. Non sentire altro
Val lo esortò mentalmente.
Come una fiamma, Val risalì l’albero accanto a lei, strisciò lungo un ramo che sporgeva sul sentiero e si lasciò cadere sulla breccia come una veste di seta scivola da un corpo morbido e caldo. Il vecchio continuava a mettere una passo di fronte l’altro. Ignaro.
Val socchiuse la bocca e fece vibrare la gola, emettendo un lieve fruscio, più basso del mormorio dei pini, ma il pacchetto di ultrasuoni investì l’uomo a una decina di metri da lei, mettendolo a nudo, scrutandolo nell’intimo.
Esplose di luce bianca nella sua mente, sfocando i contorni bluastri della figura d’insieme: una massa nello stomaco, materia contorta, silente e traditrice. Un corpo alieno, eppure ormai parte di quell’organismo. Un parassita pazzo, che divorava l’ospite che gli assicurava la vita. Sei condannato
stabilì Val. Quindi, la mia, è così una grande colpa? Sono più simile a te o a quel mostro che covi dentro?
Val abbassò il cappuccio. Tutti i muscoli del suo corpo si tesero come bombe innescate. Gli occhi puntati alle grinze della nuca del vecchio. La bocca spalancata a snudare i denti viscidi di saliva. Il mondo precipitò in un pozzo oscuro, solo l’uomo risplendeva come brace, arroventando la sua voglia, ustionando e facendo ritrarre qualsiasi altra volontà.
– Dio, ti prego! Non farmi morire tra queste montagne. Fammelo ritrovare. Vivo o morto, fammelo ritrovare.
Come acciaio al calor bianco immerso nella gelida acqua di tempra, Val si cristallizzò all’istante. I muscoli, pronti a scattare come molle cariche, si rilassarono, rilasciando dolcemente l’energia che avevano accumulato. No. Rimani nascosta, rimani pronta
si ordinò, trattenendo il respiro. Ma poi, travolta dalla curiosità, tornò a celarsi nell’ombra del cappuccio e disse: – Chi cerchi?
L’uomo si girò in un lampo, il volto distorto dall’angoscia, le mani sporte in avanti, la destra che stringeva un coltello a serramanico. Ma allo stesso tempo il vecchio gemette di dolore, piegandosi su un fianco e rovinando a terra, il sedere scavò un cratere nel pietrisco. Con il fiato rotto, continuò a tenerle gli occhi puntati addosso, la lama rivolta contro di lei.
Val avrebbe voluto rassicurarlo, dicendogli che non c’era nulla da temere. Le faceva così pena, caracollato al centro del sentiero, stravolto dalla paura. Ma mentirei. E io ho promesso di essere sempre sincera.
Fece un passo verso l’uomo. – Chi stai cercando?
Il vecchio si umettò le labbra con la lingua, deglutì. La scarica di adrenalina, unita al liquore che aveva trangugiato, doveva avergli arso la gola. Val degustò quella miscela inebriante e avanzò di un altro passo.
– Sei… sei una ragazzina. – Lo sconosciuto sbuffò, storcendo i lineamenti in una smorfia. – Mi sono quasi cagato sotto per una ragazzina! – Si rimise in piedi, continuando a ridacchiare.
Val si sentì a disagio. Non riusciva a comprendere lo stato d’animo che stava provando. Quella sensazione pulsava dentro di lei e le faceva venire voglia di correre a nascondersi. Sotto il ponte, mentre scuoiano marmotte e le fanno a tocchetti da rivendere come pezzi di pollo, Grasso Tommaso e Grosso Tommaso deridono Piccolo Tim.
Val ricordò un passo di uno dei romanzi che amava. Perché sono sicuri che il piccoletto non li denuncerà. Per loro non è un pericolo. Quest’uomo mi sta deridendo. Mi sta prendendo in giro.
L’autore della storia aveva scritto che per la vergogna il Piccolo Tim era stato punto dappertutto da mille aghi incandescenti. Be’, Val era rimasta sveglia fino a notte fonda, sforzandosi di immaginare come dovesse essere provare vergogna, ma di