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Il suono delle sue ferite
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Il suono delle sue ferite
E-book78 pagine1 ora

Il suono delle sue ferite

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Giallo - racconto lungo (54 pagine) - Certo, il turismo esperienziale può essere interessante, adrenalinico. Ma stavolta ci è scappato il morto. E vedere un uomo divorato da uno squalo di fronte alla sua famiglia non è quello che ci si aspetta.


Una gita in barca nell’Australia meridionale, dove da Port Lincoln si parte alla volta delle Neptune Islands per vedere da vicino gli squali bianchi, è l’inusuale (e, a dirla tutta, anche poco gradito) regalo di compleanno ricevuto dall’ispettore Pardini. Sull’imbarcazione, per questa uscita esperienziale, sette uomini e due donne. Le cose però non vanno come previsto, perché uno di loro cade in mare e viene divorato vivo. Un sfortunato, tragico, incidente? Così sembrerebbe. Ma anche se un omicidio in un luogo così ristretto, alla presenza di tanti testimoni, appare del tutto improbabile, l’ispettore italiano non ne è affatto convinto. E Pardini è un mastino che non molla la presa, soprattutto se motivato dalla sua ambizione.


Cristina Biolcati è ferrarese, ma padovana d’adozione. Laureata in lettere. È autrice di poesie e narrativa. Fra le sue passioni: gli animali, l’arte e la filosofia. Collabora con alcune riviste online, dove scrive recensioni di libri e articoli letterari. Tra i suoi lavori: Nessuno è al sicuro (Edizioni Simple), un saggio sugli attacchi di squalo in Italia dal 1926 a oggi; Ritorna mentre dormo (DrawUp Edizioni), una silloge poetica; L’ombra di Luca (Leucotea Edizioni), una raccolta di racconti brevi; Allodole e vento (Pagine Srl), una seconda raccolta di poesie. Per Delos Digital ha pubblicato il romanzo Le congetture di Bonelli e i racconti Dove dormono le fate, L’uomo di marmellata, Ciclamini al re e Se Robin Hood lo sapesse.

LinguaItaliano
Data di uscita29 giu 2021
ISBN9788825416664
Il suono delle sue ferite

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    Anteprima del libro

    Il suono delle sue ferite - Cristina Biolcati

    Gli uomini sono come gli squali, più si avvicinano e più sono pericolosi.

    Anonimo

    A chi non si accetta, perché è un peccato.

    Parte I

    L’antefatto

    18 aprile 2019, Neptune Islands, South Australia, Indian Ocean

    Pardini guardò l’oceano e pensò che decisamente non faceva per lui.

    La spuma bianca che increspava l’onda, giusto un istante prima di perdere la sua forza, gli aveva sempre dato l’idea di un cedimento. Di qualcosa che subentrava per inquinare, rovinava quel che c’era.

    E gli piaceva ancora meno, quell’acqua intemperante, ora che si era tinta di rosso, e schizzi e carne. Uno spettacolo tremendo, che non avrebbe più dimenticato.

    Erano partiti di buon mattino da Port Lincoln, con una bagnarola che la gente del posto si ostinava a chiamare barca, alla volta delle Neptune Islands. Un tempo qualcuno gliele aveva descritte come nient’altro che due gruppi di isole, piatte, in parte rocciose e con un po’ di verde. Dove le otarie amavano stendersi al sole. E dove, poi, a un certo punto andavano a fare il bagno per cibarsi, incontrando così le fauci dei grandi squali bianchi che notoriamente pattugliavano le acque. A tutti gli effetti, un posticino raccomandabile.

    In coperta, fra le chiazze collose e puzzolenti lasciate dal carburante, dava bella mostra di sé una gabbia anti-squalo che aveva visto giorni migliori. Presentava infatti preoccupanti ammaccature di fondo e ruggine, in più punti.

    Quel pirla di suo cognato aveva avuto davvero la pessima idea di regalare a Pardini, per il suo quarantesimo compleanno, quel che aveva definito con boria un viaggio nel turismo esperienziale. Ah, bella esperienza, niente da dire! Una gita in barca per vedere da vicino lo squalo bianco, pericolosa quindi e anche del tutto fuorimano: in Australia, lo spediva! Gli aveva consegnato la prenotazione quando era andato a trovarlo a casa, insieme alla brochure, tutto tronfio. Certo di avergli fatto il presente della vita.

    Che poi, chi glielo aveva detto che Pardini amava quei pesci insulsi, che in tanti anni non si erano mai evoluti? Quasi che per stare al mondo fossero sufficienti denti e mascelle?

    Purtroppo, il pirla aveva già pagato per intero la quota.

    Mazziato, Pardini aveva dovuto accettare. Primo perché il pirla altrimenti perdeva i soldi (nemmeno ci aveva pensato a una clausola per farseli restituire) e poi chi la sentiva sua sorella? Secondo: perché l’ultima cosa che voleva era ritrovarsi a confessare di avere una paura fottuta di quegli stupidi animali.

    Va detto, però, che quando il festeggiato era arrivato sul posto aveva dovuto constatare che quel tirchio d’un congiunto doveva anche aver lesinato sul prezzo. Quella bagnarola ne era l’ulteriore prova. Ma allora perché mandarlo in culo al mondo, fin nell’Australia meridionale, che ci volevano due giorni solo per raggiungerla, pagando chissà quanto solo di voli? Avrebbe speso meno a pagargli un soggiorno a Gansbaai nel più vicino Sudafrica.

    La mattinata di navigazione era trascorsa in modo tranquillo. Il mare era calmo, poco più di quattro ore e la meta sarebbe stata raggiunta. Il cielo era parzialmente coperto e faceva freschino, dato che in quel maledetto continente era autunno, ma niente che una buona giacca antivento non potesse risolvere, dato che faceva parte della lista delle cose da portare e che bisognava tenere sempre addosso durante la traversata. L’equipaggio, formato da tre persone, si sbracciava per indicare un sacco di attrazioni, tra cui un faro sgarrupato in lontananza e una varietà infinita di pesci e uccelli marini. Pardini se ne stava in disparte, con un cappello di paglia calato sugli occhi, seduto su un seggiolino lercio, il più lontano possibile dal bordo. A un certo punto era uscito il sole e lui si era tolto la giacca. Con indosso una maglietta di cotone e i suoi jeans preferiti si riparava dai raggi molesti, che odiava. L’orologio indicava che c’erano venti gradi esatti, ma lui era un tipo caloroso. Facendo ampi respiri s’illudeva di scongiurare la nausea causata dal mal di mare. Avrebbe dovuto prenderle quelle benedette pastiglie che consigliavano! Un mare che, non per ripetersi, odiava alla stessa stregua del sole. Lui era un uomo di città, tecnologico. Proprio un pirla, suo cognato!

    Quando era venuto il momento del pranzo, un tarchiato mozzo di mezza età aveva servito ai passeggeri dei panini avvoltolati in fogli di pellicola trasparente e una bibita gassata ciascuno. Pardini si era chiesto perché quel compito così delicato fosse stato affidato proprio a quell’energumeno, che tutto poteva dirsi tranne che avesse le mani pulite. E infatti, in un secondo tempo, si era scoperto che egli era altresì incaricato di pasturare davanti alla poppa, cosicché quei bestioni del mare si presentassero ai turisti in tutta la loro possanza. Pardini aveva già chiarito che lui non si sarebbe immerso nella gabbia, perché aveva paura. Che di quei mostri non gliene fregasse proprio niente, fu invece un’informazione che tenne per sé. Evitò così di aggiungere cento euro di extra. Alla faccia del cognato pirla, che non lo avrebbe mai saputo!

    Sulla barca insieme a Pardini, al capitano e ai due uomini dell’equipaggio, c’era una famigliola italiana alquanto fastidiosa, composta da padre, madre e un figlio adolescente. Schiamazzavano per ogni nonnulla e passavano il tempo a farsi foto a raffica. Si facevano sentire e si facevano anche vedere: fisicamente corpulenti, ad

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