L’hotel delle cose perdute
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L’intera vicenda si svolge all’interno di una unica stanza, la hall del Grand Hotel Santiago, dove, a fronte di un omicidio avvenuto nella notte si dipanano capitolo dopo capitolo le storie interrotte e ombrose degli ospiti dell’albergo, tutti parimenti sospettati.
Ben presto si palesa che quella dell’Hotel Santiago è una realtà differente dalle altre, una realtà sospesa, dove chiunque si trovi al suo interno non può esserci capitato per caso. È la perdita infatti, in ogni sua più disparata forma – perdita di un figlio, di un amore, di denaro, della ragione, di un’occasione per rivelare se stessi – il filo conduttore che intreccia i destini degli avventori dell’hotel. Quando giunta ormai l’alba l’identità dell’assassino sarà rivelata, ci si renderà conto che la realtà ha molte sfaccettature.
Un romanzo breve, inebriante, che si presta a più di un’ipotesi di lettura.
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Anteprima del libro
L’hotel delle cose perdute - Maria Vittoria Fariselli
così.
1
Il Grand Hotel Santiago se ne stava là, magnificamente decadente, sulla cima dell’alta scogliera a picco sul mare, incorniciato solamente dalla notte e dalla furiosa tempesta che impazzava mischiando il fragore dei tuoni a quello delle onde.
Se qualcuno avesse deciso di avvicinarcisi avrebbe potuto scorgere la sagoma affaticata di un uomo che dopo un lungo viaggio trascinava il suo bagaglio su per gli scalini malmessi, asciugandosi frettolosamente i piedi sulla moquette che li ricopriva.
Quell’uomo si chiamava Gaston Delacroix ed era arrivato la notte stessa da Parigi per svolgere un qualche importante affare in una città vicina, almeno stando a ciò che aveva riferito rispondendo freddamente alle domande dell’autista che stava lasciando il viale dopo averlo scaricato.
Gaston aprì la porta e si presentò con un sonoro colpo di tosse agli ospiti dell’hotel Santiago, che più che ospiti sembravano piuttosto essere parte della struttura stessa dell’edificio: immobili, stanchi, caratterizzati da una bellezza sbiadita e logora.
Tutto in quel posto sembrava aver brillato di una luce ormai spenta da tempo ed essere coperto da una patina di nostalgia quasi banale.
Tutto, dai piccoli divani in broccato arancione stinto, posati su tappeti sbattuti per l’ultima volta troppo tempo prima, al gatto dal pelo ispido e grigiastro che vi dormiva rumorosamente sopra sembrava aver bisogno di riposo, forse a causa del passare del tempo o per via del logorante susseguirsi delle persone e delle loro storie – o quanto meno, aveva bisogno di una dignitosa ripulita.
A ciò non faceva eccezione il proprietario, seduto nella penombra del burò, chino su alcune carte, con lo sguardo concentrato e la faccia stropicciata illuminata per lo più dalla sigaretta che teneva tra le labbra.
Non la facevano l’anziano signore addormentato con la pipa in bocca né il ragazzo accanto alla finestra, con lo sguardo perso verso il mare e indosso vestiti decisamente troppo leggeri per la stagione e per gli infissi di quel posto.
Nessuno di loro si scompose particolarmente all’improvvisa vista di quell’uomo e l’unico suono nella stanza tornò presto a essere quel miscuglio di onde e tuoni.
Fu Gaston a rompere nuovamente il silenzio, scusandosi per il tardo orario e chiedendo una camera per la notte.
Lasciò i documenti sgualciti sul tavolo e senza salutare nessuno si avviò verso la sua stanza. Non sembrava essere disturbato dal sentore di muffa dei corridoi o dalle numerose macchie che ne adornavano i muri al pari dei quadri dozzinali appesi qua e là o forse era troppo stanco per farci caso.
In camera poi, con enorme lentezza e senza alcuna cura, si sfilò i guanti di lana e il vecchio giaccone, sentendo ogni muscolo del corpo tirare, indolenzito e stanco per le tante ore di viaggio ma con la mente che invece già era ripartita verso il domani e tutto ciò che questo domani avrebbe comportato, senza curarsi della pioggia che batteva incessante sul vetro fine della finestra, così rumorosa da zittire in fretta quei ragionamenti noiosi e così avvolgente da cullarne il sonno.
Quel che nemmeno la pioggia riuscì a far tacere fu invece lo scoppio causato dalla pistola che esplose un colpo in quella stessa triste e innocua hall che solo qualche ora prima aveva ospitato quei pochi bizzarri avventori.
Poco dopo, qualcuno bussò alla porta della camera e un intontito Gaston andò ad aprire,