Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il fantasma di San Michele: La nuova indagine di Sambuco e Dell'Oro
Il fantasma di San Michele: La nuova indagine di Sambuco e Dell'Oro
Il fantasma di San Michele: La nuova indagine di Sambuco e Dell'Oro
E-book173 pagine2 ore

Il fantasma di San Michele: La nuova indagine di Sambuco e Dell'Oro

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Tre giovani seminaristi sono testimoni involontari della morte misteriosa dello scultore Gianni Malatesta mentre, di prima mattina, attraversano il sagrato della Basilica di San Michele Maggiore, a Pavia, avvolto nella nebbia. Ingaggiati dalla moglie del Malatesta per far luce sulla vicenda - e sul passato del marito - Sambuco e Dell'Oro dovranno riannodare i fili di una storia popolata da "fantasmi" del passato e del presente, che si radica molti anni addietro - durante la Resistenza, negli anni '70 e ai giorni nostri - tra l'Oltrepò, la Riviera Ligure e Pavia. Relazioni sospette tra loschi personaggi, atmosfere familiari solo in apparenza tranquille e colpi di scena caratterizzano la nuova indagine di Sambuco e Dell'Oro all'ombra della maestosa Basilica di San Michele.

Alessandro Reali è nato a Pavia il 4 febbraio 1966. Per Fratelli Frilli Editori ha già pubblicato Fitte nebbie. La prima indagine di Sambuco & Dell’Oro (2012 III ed.), La morte scherza sul Ticino. La seconda indagine di Sambuco & Dell’Oro (2013 II ed.), Risaia crudele. Quei giorni dell’inverno del ’45 (2014), Sambuco e il segreto di viale Loreto. La nuova indagine di Sambuco & Dell’Oro (2014), Ritorno a Pavia. Un altro Natale per Sambuco & Dell’Oro (2015), La Bestia di Sannazzaro. Lomellina, inverno di guerra 1917 (2016) e Ultima notte in Oltrepò (2016). Per Ticinum Editore ha pubblicato la raccolta di racconti Il diavolo del Ticino (2017).
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2017
ISBN9788869432392
Il fantasma di San Michele: La nuova indagine di Sambuco e Dell'Oro

Leggi altro di Alessandro Reali

Autori correlati

Correlato a Il fantasma di San Michele

Ebook correlati

Noir per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il fantasma di San Michele

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il fantasma di San Michele - Alessandro Reali

    PROLOGO

    Nervi, inverno 1979.

    Lello, il maître dell’hotel Savoia di Nervi, lasciò la reception e raggiunse il signor Achille, un noto produttore di pipe milanese che, come ogni pomeriggio a quell’ora, sedeva al suo tavolino.

    Le luci giallognole e i tappeti orientali donavano all’ambiente un’atmosfera elegante e al tempo stesso vetusta, come se l’orologio, in questo caso una pendola nera dai ricami dorati, avesse smesso di battere le ore, lasciando che il tempo passasse solo oltre il giardino rigoglioso, una sorta di cinta arborea intorno alla magnifica villa liberty, cimelio di un’epoca tramontata.

    Il signor Achille, ometto arzillo, leggeva il Corriere della Sera, prelevato poco prima dalla bacheca lignea dai pomelli tarmati, posta sotto a un autoritratto giovanile a matita di Modigliani.

    – Il solito caffè? Chiese il maître dalla voce stridula: un sibilo tra i denti serrati.

    Indossava il completo blu scuro con estrema naturalezza. La cravatta era perfettamente annodata. Due gocce di sudore luccicavano sotto il naso aquilino che reggeva la montatura degli occhiali, dorata fine. Un dipendente assolutamente affidabile, recitava la signora Brigitte, la proprietaria di origine svizzero tedesca: prudente e misurato, ossequioso con i clienti abituali, pragmatico con quelli occasionali, senza mai venir meno al buon gusto e alla formalità obbligatoria in certi ambienti.

    – Grazie Lello, doppio senza zucchero. Un po’ di latte caldo a parte e un croissant piccolo alla ciliegia, grazie.

    – Subito – replicò Lello diligente, avvolto in una nuvola biancastra prodotta dalla pipa del signor Achille (una miscela di sua invenzione, Capstan scatola celeste e Amphora Regular), una magnifica boccetta sabbiata nocciola.

    Lello si allontanò a passo felpato. Attraversò il salone e imboccò la scala che immetteva in taverna. Un locale dalle volte a botte, tinteggiate di bianco. Dietro il bancone ligneo operava Aldo, il barman che, prima di approdare al prestigioso hotel, aveva lavorato sulle navi da crociera. Vestiva con flemma elegante una giacca beige dai bordi neri, come la cravatta. Scrutava il mondo ristretto attorno a lui con aria indolente, permeata di rilassatezza tutta genovese, ma era capace di battute al vetriolo, senza mutare mai l’espressione annoiata stampata sul volto dai lineamenti ben pronunciati. Uno dei suoi passatempi preferiti era spettegolare con Mario, il pacioso primo cameriere: sbeffeggiavano i presunti difetti e manie dei colleghi, riservando un’attenzione particolare proprio nei confronti di Lello.

    Da alcuni giorni il signor Cavanna, antiquario astigiano sui trentacinque anni, sembrava essere entrato nelle grazie dell’austero maître. Aldo che, sornione, prestava molta attenzione a tutto quello che accadeva tra le sontuose mura, si domandava come mai un tipo dall’aria compassata e a suo modo elegante, perdesse tempo, la sera, a discutere con Lello che lui e il resto del personale al completo giudicavano quanto meno antipatico.

    – Lo vedi, Mariotto caro? – spifferava all’orecchio del cameriere – tra dieci minuti il signor Cavanna scende al bar a bere il suo scotch con ghiaccio. La figlia della vecchia Degli Esposti, quella rossa in abito lungo che gioca a fare la rivoluzionaria coi miliardi di papi, cerca di attaccare bottone ma lui glissa, sorride timido e sale alla reception a far comunella con il nostro Lello. Ma ti rendi conto? Bene che fa l’antiquario e predilige le cose vecchie, però... io, scherzando, glielo ho detto: guardi che lei, qui, potrebbe avere un certo successo, non so se mi spiego, signor Cavanna... dai, Mariotto, io e Lello ci conosciamo da molti anni. Con suo figlio, poi, non ti dico, per me è come un fratello minore. Però devo riconoscere che il vecchio è davvero uno stronzo. Mai che l’abbia sentito dire una parola buona su qualcuno. Mica come noi che siamo due angioletti.

    Il capocameriere replicava, lisciandosi i baffi, giocondo come pochi quando poteva esibire la sua verve satirica nell’arte del pettegolezzo: un contadino delle colline sopra Recco, rubizzo e a modo suo astuto, pungente, calibrato perfettamente nella giacca bianca che gli vestiva le spalle larghe e il torace massiccio dallo sterno sporgente.

    – Ti dico di più, belìn, la sera escono insieme. Ho visto il Cavanna accompagnarlo fino a casa. Parlano fitto! In verità mi pare che il banco lo tenga sempre Lello.

    – Se lo dici tu, allora, lo confermo io. Li ho seguiti, ieri. Con la scusa di vedere suo figlio, magari. Uno che ha certe idee, diciamo accattivanti. Te ne ho parlato, vero?

    – Sì, lo conosco, ma vai avanti, li hai seguiti, e allora?

    – Sono spariti nell’atrio del palazzo, in via Matteotti. Non oso pensare alla faccia del signor Cavanna quando si è trovato di fronte la vittima sacrificale di Lello: sua moglie, la povera Carla. E la figlia, poi, quella...

    – Oh, la figlia è uno spettacolo, due pere così!

    – Lascia perdere, ti dico che ci ha provato anche con me.

    – Ma no!

    – Ma sì!

    Verso mezzanotte, Lello e il signor Cavanna, si avviarono oltre il cancello dell’hotel. Percorsero il sentiero di ghiaia, silenziosi, fumando una sigaretta. La luna splendeva nel bel cielo blu e la brezza marina portava sentori aspri che si mescolavano con quelli più umidi e dolci dei giardini e del parco adiacente. Non faceva freddo. Dal sottopasso della passeggiata Anita Garibaldi, il celebre lungomare di Nervi, sbucarono un paio di coppiette.

    – Così, le ha parlato di me la figlia del colonnello Voss? So che vive a Torino da molti anni. Sposata bene, gente di rango, ma non poteva essere altrimenti. Ho conosciuto suo padre. Lo ammiravo. Il fatto che sua figlia le abbia fatto il mio nome non può che rassicurarmi sulle sue credenziali.

    – Ovviamente. Conosco la famiglia da anni. Ho avuto occasione di acquistare ottimi dipinti di scuola napoletana, grazie a loro. Tele databili intorno alla fine del ’600, attribuibili quasi certamente al De Mura, tra cui una superba versione di notevoli dimensioni della Rebecca al Pozzo. Sono persone di notevole cultura. Anche il marito. Il colonnello Voss, ho saputo, dopo la guerra ha ripreso la sua attività di maestro di pianoforte. Vive in montagna, nella regione di Salisburgo. Io non l’ho mai visto, però, grazie ad alcuni amici comuni, tutti in qualche modo scampati alle violenze del dopoguerra, sono divenuto intimo della figlia. A legarci è soprattutto il grande amore che entrambi nutriamo, quasi un’ossessione, nei confronti dell’arte antica.

    – Non me ne parli. Sono anche io una vittima, grazie al cielo, in questo senso. L’arte è stata il mio segreto sostegno durante i giorni più difficili. Ancora oggi, al di là di tutte le delusioni, in questi tempi vuoti, assurdi e disordinati, la perfezione degli antichi rapisce quotidianamente la mia mente. Amo il mio lavoro in hotel. Ho la stima della signora Brigitte, una vera regina, come un tempo avevo quella del colonnello. A lei posso dirlo. Lui mi ammirava. Aveva compreso la mia assoluta devozione, il mio rigore, nel servirlo. Ed è solo grazie a lui che stasera le posso mostrare i miei... tesori.

    – Non so davvero come ringraziarla. La figlia del colonnello Voss mi ha raccontato che il padre, durante la ritirata, ha voluto omaggiarla di qualche dono prezioso di cui era venuto in possesso in circostanze particolari. Lui, da buon intenditore, non si faceva scappare certe occasioni.

    – Non lo dica, sa, qui anche i muri hanno le orecchie. Al lavoro, poi, meglio non parlarne proprio!

    – Si riferisce al signor Aldo, il barman, vero? Tipo simpatico ma curioso, molto curioso, direi. Capace di battute al vetriolo sulle clienti più belle.

    – Preferisco non parlare di lui. Lo conosco da molti anni. Per via di mia moglie, che un tempo faceva la sarta ed era diventata amica intima della sua. Un povero inetto, Aldo. Pensi che ha tenuto a battesimo mio figlio. Il ragazzo va più d’accordo con lui che con me. Forse perché da bambino lo portava a Marassi a vedere le partite della Sampdoria. Io odio il calcio. Ancora oggi si frequentano, senza dirmi nulla. Mio figlio, praticamente, con me non parla. È solo interessato al mio stipendio e ai miei tesori. Non ha passione per niente di valore, solo frivolezze. Come mia figlia, del resto – disse Lello, scrutando l’uomo che camminava al suo fianco nella notte, un uomo di sobria eleganza, lo sguardo freddo negli occhi sottili dai riflessi color ramarro.

    Raggiunsero via Matteotti dove furono accolti da un branco di gatti miagolanti. Il maître li squadrò diffidente, mise mano nella tasca del giaccone blu ed estrasse la chiave del portone. Salirono le scale di marmo. Anguste e fresche, con un paio di grandi ficus nei pianerottoli, sotto le grandi finestre dal vetro smerigliato.

    L’appartamento era piccolo, disordinato. Un breve corridoio, dove Lello lasciò la giacca e il signor Cavanna il cardigan, immetteva in cucina. Lì, seduta su una seggiola, una donna a cui era difficile dare un’età, rammendava un paio di calze. Aveva i capelli grigi e arruffati, la punta del naso, grosso, rossa, e gli occhi gonfi, con appena una fessura tra le palpebre.

    Sembra un rospo, pensò il signor Cavanna, incuriosito dall’odore di frittura che intasava l’ambiente.

    – Mia moglie Carla. Carla, questo signore è venuto apposta da Asti per conoscermi. Preparaci il caffè. Servilo in salotto, saremo più comodi. Dobbiamo parlare di affari – disse Lello.

    La donna si alzò, lentamente, come se una zavorra l’ancorasse alla sedia. Aggiustò il grembiule a fiorellini bianchi e neri e si accostò al fornello.

    Raggiunto il salotto i due uomini si accomodarono. Lello analizzò ancora una volta i lineamenti del suo ospite. Levò gli occhiali cerchiati d’oro, li nettò con un lembo della camicia bianca, li ripose sulla lama del naso sudato, sotto l’ampia fronte sfuggente verso il ciuffo di capelli neri dalle scheggiature argentate.

    – Mi odiano sa? Qui, in casa mia. Soprattutto quella donna. Mi rinfacciano di essere tirchio. Anche i miei figli. Sapesse in che razza di Calvario sopravvivo. Quante umiliazioni alla mia intelligenza, alla mia cultura. Disse il maître dell’hotel Savoia, alzando improvvisamente lo sguardo verso la ragazza affacciata alla porta.

    – Mia figlia...

    La giovane fece un cenno col capo. Assomigliava molto a Marcella Bella, la cantante allora in voga. Indossava una minigonna e scarpe rosse a tacco alto. La maglietta scollata metteva in evidenza seni abbondanti, ostentati. Forse per questo, per non guardarli, l’antiquario di Asti abbassò lo sguardo, sulla punta delle scarpe di cuoio nero.

    – Noi usciamo. Poco fa ha chiamato l’usuraio di Brignole, il tuo amico – disse una voce alle sue spalle. Un ragazzo magrissimo, capelli lunghi arruffati, spuntò dietro al capo ricciuto della ragazza.

    – Mio figlio...

    I due se ne andarono, praticamente senza salutare.

    Lello, come volesse scusarsi con il suo ospite, aggiunse:

    – La mia vita è stata tutta una sequenza di errori. Le soddisfazioni più belle, gli attimi più toccanti dal punto di vista intellettuale, li ho vissuti quando prestavo servizio presso il colonnello Voss e il maggiore Hohenneg. Poi le cose sono finite male, per tutti, e tutti ci siamo dovuti arrangiare. Sopravvivere, non vivere, è diventato l’imperativo. Sono certo che lei mi capisce. I miei familiari no, loro mi detestano, mi odiano. Mia figlia non so neppure che razza d’uomini frequenti e mio figlio è... perché dico proprio a lei queste cose? Non lo so. La sua improvvisa comparsa mi ha ricordato che al mondo esistono uomini superiori, seguaci di grandi ideali, che inorridiscono solo al pensiero di mescolarsi con la feccia del popolo che oggi va tanto di moda.

    Il signor Cavanna non diceva niente. Guardava freddo l’uomo che gli sedeva di fronte, visibilmente provato e molto diverso da quello, impeccabile sotto tutti i punti di vista, che operava nei saloni eleganti del Savoia.

    Lello si alzò, uscì dal salotto e poco dopo rientrò reggendo una cassetta di legno. L’aprì con molta cura, era foderata di velluto rosso e rivestita d’un panno bianco felpato.

    – Questi sono solo alcuni piccoli reperti. Ne ho altri, se vuole, possiamo discuterne più avanti. Tutti oggetti di grande valore. Il prezzo è un affare, mi creda. Negli ultimi tempi il bilancio familiare, a causa dei due soggetti che ha visto poco fa, è disastroso. Ma non voglio tediarla con i miei problemi.

    – Non si preoccupi.

    – Ecco, guardi, questa è una fibula aurea a forma d’aquila, datata intorno al V secolo dopo Cristo, ritrovata nelle campagne intorno a Cesena. Questi piccoli guerrieri in bronzo provengono da Tarquinia e questo delizioso avorio ritrae, probabilmente, l’Imperatrice Arianna. Siamo sempre intorno al 500 dopo Cristo. Io sono uno studioso d’arte fin da quando ero ragazzo. La mia passione, insieme allo studio della cultura germanica. Nello studio, ben nascosti, ho anche due indiscutibili capolavori. Sapesse attraverso quali peripezie sono riuscito a conservarli. Sono rimasti nascosti nella cantina di mia madre, dopo la fine della guerra. Sculture policrome, attribuibili a Jacopo della Quercia. Il colonnello Voss ha dovuto liberarsene frettolosamente e me ne ha fatto dono. Non lo ringrazierò mai abbastanza.

    – Doveva avere grande fiducia in lei.

    – Assoluta. Fiducia assoluta! Gli ero devoto. Riconoscevo in lui, finalmente, uno dei migliori esemplari della razza umana. La conoscenza della lingua tedesca mi ha aiutato, oltre alle affinità spirituali e intellettive. Il colonnello, per me, rappresentava l’eccellenza dell’autorità, sopra al magma della volgare plebaglia che oggi ha preso il potere.

    Il signor Cavanna lo guardò

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1