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All'una e trenta: Un caso per il detective cieco
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E-book275 pagine3 ore

All'una e trenta: Un caso per il detective cieco

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Info su questo ebook

Damon Gaunt è un detective cieco chiamato a indagare sulla morte di un ricco uomo d’affari, molto in vista nell’alta società newyorkese. La famiglia della vittima si rivolge a lui, infallibile nonostante la sua menomazione, perché non ha fiducia nella polizia e teme che un’indagine tirata troppo per le lunghe possa infangare il buon nome della famiglia. L’intreccio è costellato di aringhe rosse, un espediente usato nei gialli per depistare il lettore nella ricerca del colpevole. In questo romanzo, che risale a oltre cent’anni fa, la cecità del detective è un elemento centrale che permette di inscenare un paradosso: mostrare tutti i risvolti del fatto delittuoso con gli occhi di chi non può vedere, grazie all’affinamento degli altri sensi - tatto, udito e olfatto - e a una perspicacia fuori dal comune.
LinguaItaliano
Data di uscita12 feb 2019
ISBN9788894979145
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    Anteprima del libro

    All'una e trenta - Isabel Ostrander

    Colophon

    Titolo originale

    At 1.30

    Prima edizione 1915

    I edizione italiana: gennaio 2019

    © Edizioni le Assassine, 2019

    Tutti i diritti riservati

    Traduzione dall’inglese di Daniela Di Falco

    Progetto grafico copertina e interni: studioquasar

    Copertina: elaborazione da foto Adobe Stock/kanzefar e da illustrazione di W.W.Fawcett

    ISBN della versione e-book 2019

    978-88-94979-14-5

    www.edizionileassassine.it

    info@edizionileassassine.it

    Isabel Ostrander

    All’una e trenta

    Un caso per il detective cieco

    Traduzione di Daniela Di Falco

    Edizioni le Assassine

    Milano

    I

    La morte di Garret Appleton

    Damon Gaunt si alzò dalla poltrona e attraversò la biblioteca fino alla finestra, spalancò i vetri e inspirò avidamente, quasi con voluttà, l’aria afosa del primo autunno, ascoltando con attenzione i rumori familiari della strada. Sebbene nel passare avesse leggermente sfiorato alcuni mobili della stanza con le sue lunghe dita sottili e così sensibili, lo aveva fatto senza esitazione. D’altronde, solo guardando dritto nei suoi occhi castani, profondi e sereni, ci si rendeva conto che era cieco.

    Mentre stava alla finestra, toccando qua e là con dita delicate i rami di edera che si allungavano prepotenti dal fusto e ricoprivano le mura della casa, sospirò profondamente. Nessun uomo amava la vita − il suo pulsare, il suo vibrare − più di Damon Gaunt, né desiderava sperimentarla appieno quanto lui. Eppure mai si era permesso di rimpiangere la vista, che gli era stata negata sin dalla nascita, se non nella sua attività: risolvere delitti.

    La sua condizione e la sua carriera sembravano costituire un paradosso. Come potesse un uomo, privato di uno dei sensi − considerato dalla maggioranza il più importante −, praticare, e con successo, una professione che richiedeva qualità sviluppate all’ennesima potenza, restava un mistero. Eppure Damon Gaunt non aveva mai lasciato un caso irrisolto.

    D’un tratto si voltò dalla finestra e rimase in ascolto, anche se nessun suono − udibile a un orecchio normale − aveva rotto il silenzio che regnava all’interno della casa. Di lì a breve, tuttavia, si sarebbe potuto cogliere un rumore di passi discreti sul tappeto del corridoio; ci fu un momento di esitazione, poi un breve bussare alla porta, accompagnato da un involontario, rispettoso colpo di tosse.

    Damon Gaunt sorrise tra sé. Non era mai riuscito a far abbandonare a Jenkins l’abitudine, per niente necessaria, di preannunciarsi in quel modo.

    Avanti! disse.

    Jenkins entrò tenendo in mano un piccolo vassoio.

    Un biglietto da visita, signore. C’è fuori una persona che chiede di lei.

    Gaunt si avvicinò e prese il biglietto dal vassoio. Gli angoli della bocca espressiva s’incresparono di nuovo. Perlomeno era riuscito a togliere a Jenkins l’abitudine di spingergli le cose nel palmo della mano.

    Le punte delle dita percorsero la scritta impressa sul cartoncino, ma i caratteri erano troppo elaborati per individuarli al tatto. Si girò verso l’ampia scrivania che si trovava in un angolo.

    Signorina Barnes, il nome, per cortesia.

    Una giovane donna alta, spigolosa, dall’aria zelante si fece avanti e prese il biglietto dalla sua mano.

    Signor Yates Appleton.

    Yates Appleton? Come mai quel nome gli suonava vagamente familiare? Oh, sì! Per qualcosa che la sua segretaria, la signorina Barnes, gli aveva letto di recente sui giornali del mattino. L’uomo aveva tentato, senza successo, di impugnare un testamento, o qualcosa del genere. Più tardi avrebbe ricercato la notizia, forse.

    Lo faccia entrare, per favore, Jenkins.

    Sì, signore.

    Senza dire una parola, la signorina Barnes raccolse le sue carte e si spostò in un’altra stanza, mentre Gaunt si accomodò in una profonda poltrona di pelle, in attesa. Di lì a poco, si udì un rumore di passi che si avvicinavano, erano i passi felpati e regolari di Jenkins, intervallati da passettini brevi e nervosi. Entrambi si fermarono davanti alla porta.

    Entri, signor Appleton. Può andare, Jenkins. Se avrò bisogno di lei, suonerò il campanello.

    Il signor Appleton varcò la soglia, si lasciò sfuggire il bastone da passeggio che cadde sul pavimento con un tonfo, lo raccolse e rimase in piedi davanti alla poltrona di Gaunt. Era un uomo sulla trentina, con un collo un po’ taurino e una pancia alquanto pronunciata, aveva anche una leggera calvizie e un viso tondo, roseo e paffuto, con due grandi occhi blu. In quel preciso momento, il suo viso era una maschera di terrore, e gli occhi erano sporgenti e strabuzzati come quelli di un granchio morto, ma di quei dettagli naturalmente Gaunt era all’oscuro.

    Si sieda, signor Appleton, disse con calma e mi dica che cosa posso fare per lei.

    Il signor Appleton posò cappello e bastone sullo scrittoio, tirando nervosamente su con il naso, e si mise a sedere.

    Signor Gaunt, mi trovo qui per una terribile circostanza. Mio fratello, Garret Appleton, è stato trovato morto questa mattina nel suo studio, con una pallottola conficcata nel cuore! È stato assassinato durante la notte!

    Il giovane rabbrividì contraendo le narici, e si passò la lingua sulle labbra secche.

    Assassinato! Qualcuno ha sentito lo sparo?

    No. È l’aspetto più strano dell’intera vicenda, anche se la casa è molto grande e tutta la servitù dorme all’ultimo piano, sopra le stanze della famiglia e degli ospiti, mentre lo studio è al pianterreno, sul retro. È una cosa terribile, signor Gaunt, terribile! Questa faccenda sta quasi uccidendo mia madre… la notorietà, e tutto il resto!

    La notorietà!… E il dolore?

    Oh, sì, il dolore, è naturale. È questo che intendevo. Nel dirlo, inspirò di nuovo rumorosamente, poi si strofinò il naso porcino con il dito guantato.

    L’arma è stata trovata?

    No, certo che no! Come potrebbe? È un omicidio, glielo assicuro, un omicidio! L’uomo, chiunque sia stato, si è portato via la pistola, naturalmente. Il movente non può essere che la rapina: la finestra era aperta e l’orologio, il portafoglio e i gioielli di mio fratello, spariti. Il signor Appleton tirò su ancora con il naso. Mia madre ha voluto che venissi subito da lei, prima che la polizia tentasse di rivangare uno scandalo di famiglia. Ho l’automobile qui fuori…

    Capisco. Molto bene, allora non perdiamo altro tempo. Gaunt si alzò e premette un pulsante nella parete. Prima di andare, però, vorrei darle un consiglio disinteressato. Per il suo bene, s’intende. Nei prossimi giorni avrà bisogno di tutte le sue facoltà mentali e di nervi ben saldi, per cui ci vada leggero con quella cocaina.

    Il giovane Appleton ebbe un violento sussulto e inspirò bruscamente.

    Non capisco cosa intende! esclamò risentito.

    Il suo continuo tirare su col naso e strofinarlo l’hanno tradita spiegò Gaunt con tranquillità.

    Il signor Appleton sembrò incassare il colpo e assunse un atteggiamento remissivo.

    Oh, be’, la mia non è una dipendenza, in ogni caso. Ho cominciato ai tempi del college, e solo per scherzo. Posso smettere in qualsiasi momento, senza il minimo problema al mondo!

    Allora le consiglierei di farlo subito. Jenkins, il mio cappello e il cappotto.

    Mentre l’auto viaggiava veloce verso i quartieri alti della città, Gaunt si rivolse al suo nuovo cliente.

    Signor Appleton, nell’assumere il caso, desidero che sappia che esigo l’assoluta fiducia da parte di chi mi affida un incarico. Non ci devono essere fatti taciuti, né mezze misure. Le mie domande, che sembrino pertinenti o no, devono ricevere risposte sincere ed esaustive. Mi sono spiegato?

    Diamine, sì, naturalmente, signor Gaunt; non è necessario che me lo faccia presente. Noi vogliamo che scopra la verità!

    Di quante persone si compone la famiglia, intendo dire quanti sono i parenti stretti?

    Vuol dire chi vive nella casa? Mia madre, mio fratello e sua moglie, la sorella di sua moglie e io. Tuttavia, mia madre e io abitiamo lì solo temporaneamente, in attesa che finiscano i lavori di sistemazione della nostra casa.

    Nessun altro, a parte la servitù? Niente ospiti?

    Nessuno che alloggi in casa. Ieri sera erano presenti alcuni invitati, vecchi amici di famiglia. La polizia sarà sul posto, adesso, aggiunse con un certo nervosismo e senza alcun nesso con la domanda di Gaunt. Una seccatura infernale, tutta questa terribile faccenda! Mia madre conta su di lei, per limitare il clamore e il disagio che ne derivano.

    Mi trovo costretto a dirle che il clamore e il disagio, come li ha definiti, sono inevitabili in un caso di morte improvvisa e violenta, qualunque ne sia la ragione. Ma, signor Appleton, lei prima parlava della possibilità che la polizia riporti alla luce uno scandalo di famiglia. Di che cosa si tratta?

    Nulla, in realtà. Il signor Appleton rispose inspirando frettolosamente. È solo che non è piacevole che emergano di nuovo piccoli screzi e dissensi di famiglia. Mia madre e io non amiamo molto, voglio dire, non andiamo d’accordo con la moglie di Garret e con sua sorella, e di recente vi sono state divergenze di opinioni − discussioni, se preferite − e la polizia potrebbe cercare di fare di un sassolino una montagna. Tutto qui. In ogni famiglia accadono cose del genere, ma la polizia è così stupida che sarebbe capace di andare a cercare cause inesistenti.

    Capisco perfettamente. Chi ha trovato il corpo, e quando?

    Verso le sei e mezzo di questa mattina disse l’altro, rispondendo prima alla seconda parte della domanda. Katie, la domestica, era scesa a rassettare la stanza e ha trovato mio fratello senza vita; le sue grida hanno svegliato l’intera casa.

    Lei si è svegliato insieme agli altri ed è sceso di corsa?

    Nooo. Il fatto è, signor Gaunt, che ho il sonno pesante, e ieri sera sono stato fuori fino a un’ora piuttosto tarda. È stato qualche tempo dopo il ritrovamento del corpo di mio fratello da parte di Katie che mi sono svegliato per il trambusto, e poi c’è voluto ancora un po’ prima che mi scuotessi dal torpore quanto bastava per rendermi conto che era accaduto qualcosa di insolito. Quando sono sceso al pianterreno, ho trovato tutta la famiglia radunata nello studio, e gran parte della servitù sulla soglia della stanza. Mia madre aveva mandato a chiamare il dottore, ma chiunque avrebbe potuto constatare che non c’era più niente da fare. Natalie, la moglie di mio fratello, era sull’orlo di un collasso e Barbara, sua sorella, si stava prendendo cura di lei. Garret era appoggiato allo schienale della poltrona, il viso deformato e grigio e gli occhi fissi. Sulla camicia era visibile un’enorme macchia di sangue. Non dimenticherò mai l’espressione del suo viso: la più orribile che abbia mai visto… Siamo arrivati, signor Gaunt disse, mentre l’automobile rallentava e si fermava bruscamente. Da questa parte.

    Con passo rapido guidò il detective attraverso due ali di poliziotti, che contenevano inflessibili una folla scomposta di osservatori morbosi, poi salì su per l’ampia gradinata di pietra; infine due massicci battenti d’ingresso si chiusero alle loro spalle. Nella casa immersa nel silenzio aleggiava una tensione sotterranea, contenuta, dominata da un unico pensiero, percepita tuttavia più dai sensi affinati del detective che da quelli ottenebrati dalla droga del suo accompagnatore.

    Arrivati sulla porta dello studio, si fermarono, e il giovane Appleton esitò; il suo respiro si era fatto affannoso e la sua mano afferrò il braccio di Gaunt in una morsa improvvisa e involontaria che esprimeva tutto il suo terrore. Poi in modo altrettanto fulmineo la ritirò.

    Signor Gaunt! Come mai da queste parti? Sono lieto che sia venuto. Il passo di un uomo risuonò nella stanza e una mano grande e forte serrò quella del detective in una stretta calorosa.

    Coroner Hildebrand! L’esclamazione di piacere di Gaunt nel sentire una voce ben conosciuta, mescolata a una nota di sollievo per la presenza imprevista di un amico e antico alleato in più di un caso difficile, fu interrotta dalla voce di una donna: la più fredda e dura che avesse mai sentito.

    Ho mandato io a chiamare il signor Gaunt, coroner disse la voce. Desidero che rappresenti i miei interessi e quelli della mia famiglia in questa faccenda estremamente grave e scioccante. Ci fu un fruscio di seta e la voce risuonò di nuovo, questa volta a fianco di Gaunt. Sono la signora Appleton, la signora Finlay Appleton, la madre… La voce si spezzò in modo strano, seguita da un silenzio teso. Non era un’incrinatura dovuta all’emozione, a un incontrollabile sentimento materno di fronte a una simile tragedia; sembrava più voluta ad arte, come se un pensiero improvviso, un eccesso di cautela, le avesse sigillato le labbra. Eppure non c’era nulla di strano in quel che aveva detto: si era semplicemente presentata come la madre del defunto. Perché si era trattenuta?

    Sono lieto di essere venuto, se posso essere di qualche aiuto, signora Appleton disse Gaunt, dopo aver atteso invano un certo lasso di tempo per dare alla donna la possibilità di riprendere il discorso. Più tardi vorrei avere un breve colloquio con lei, con gli altri membri della famiglia e con la servitù; ma per il momento devo conferire con il coroner. Hildebrand, lei ha già fatto in precedenza uno strappo alla regola per me, allora le chiedo se posso esaminare il cadavere, sempre che non sia un problema.

    Diamine, ma certo, signor Gaunt. Il corpo è ancora lì sulla poltrona. Nulla è stato toccato, se non per un esame medico superficiale; non è stato necessario altro. L’uomo era morto da ore, colpito al cuore.

    Oh, sapevo che il corpo era ancora lì. Gaunt sorrise. La morte ha un certo odore, leggero ma inconfondibile, anche quando è trascorso un così breve tempo dal momento in cui è avvenuta, il che è del tutto evidente a un naso ben allenato.

    Al suo naso, vorrà dire ribatté il coroner, mentre i due uomini si spostavano verso la poltrona e il suo muto occupante.

    Un nuovo suono ruppe il silenzio: era il singhiozzo straziante di una donna, e si protrasse a lungo, come se fosse stato represso oltre i limiti dell’umana sopportazione, per poi salire in un crescendo di incontenibile isteria.

    Il gemito finì in un grido disperato. È orribile… non posso sopportare di più, nemmeno per un solo istante! Diventerò pazza… pazza!

    Natalie! La voce ferma, tagliente dell’anziana signora Appleton cadde come uno scroscio di acqua gelata sul lamento angosciato. Se non hai rispetto per i vivi, cerca almeno di mostrarne un po’ per i morti. Questo non è il momento né il luogo adatto per abbandonarti alle tue sregolate, egoistiche emozioni.

    Oh, calmati, mia cara. Ti prego, ti prego, calmati! Era la voce di una terza donna, sommessa, leggermente rauca, vibrante di profonda tenerezza e di contenuta passione. Se la voce dell’anziana signora Appleton aveva colpito Gaunt per il suo tono freddo e distaccato, quella della nuova arrivata era toccante e delicata, espressione di un animo sincero e leale. Ecco una donna in grado di amare fino in fondo, anche se i suoi toni sommessi e trepidanti sembravano smentirla. Il detective non ebbe difficoltà a collocare mentalmente le due voci: una, che il cedere a un isterico sconforto aveva resa acuta e stridula, l’altra che conservava nella sua cadenza la dolcezza di toni bassi e vibranti. Erano le due sorelle, le persone con le quali l’anziana signora Appleton e il figlio in vita non andavano d’accordo; quella profondamente scossa era la vedova dell’uomo assassinato, e l’altra era la cognata che Yates Appleton aveva chiamato Barbara.

    Ci fu un’inattesa confusione, un fruscio lieve, e qualcosa si lanciò con veemenza tra Gaunt e il coroner, posando una piccola mano gelata su entrambi con fare implorante.

    Oh, vi prego, lasciate che vada nella mia stanza! singhiozzò la voce stridula e lamentosa. Non posso tollerarlo… davvero, davvero non posso! Come potete pretendere che resti qui per un altro istante, con i suoi occhi che mi fissano in modo così orribile?

    Sarà meglio per lei ritirarsi, col vostro permesso, aggiunse la voce dai toni sommessi, vibranti. Vi sono ragioni per cui, al momento, mia sorella non deve approfittare troppo delle sue forze. Sarà mia premura assicurarvi la sua presenza quando vorrete interrogarla.

    E io desidero che mia nuora rimanga. Il suo posto è qui, accanto al corpo di suo marito. Comincia presto, signorina Ellerslie, a dare ordini nella casa di mio figlio! La voce dell’anziana non tremava, ma vibrava per la chiara animosità, come se fosse costituita da fili metallici.

    Questa è ora la casa di mia sorella, signora Appleton. I toni bassi e sommessi, dalla lieve pronuncia strascicata, erano cortesi, ma vi era in essi una traccia di quell’impeto veemente di cui Gaunt aveva avvertito la presenza, anche se tenuto ammirevolmente sotto controllo. Mia sorella è stata torturata abbastanza. Abbiamo il suo permesso di ritirarci, coroner Hildebrand?

    Certamente, signorina Ellerslie. Vorrei che ci lasciaste tutti, prego… lei, signora Appleton e signor Appleton. Desidero ispezionare per bene la stanza insieme al signor Gaunt e all’ispettore. Vi interrogheremo più tardi.

    La signora Finlay Appleton aprì la bocca per protestare, ma, rendendosi conto che avrebbe compromesso la propria dignità con un’ulteriore dimostrazione di scortesia, si avviò con fare altezzoso verso la porta, seguita dal figlio visibilmente sollevato, mentre i servitori esterrefatti, ammassati sulla soglia, si disperdevano al suo passaggio come foglie al vento.

    I quattro uomini rimasero soli: la figura asciutta e pacata di Gaunt, il coroner, più un corpulento ispettore con un impassibile agente, che erano rimasti silenziosi e in disparte per tutto il tempo.

    Ispettore Hanrahan? domandò Gaunt con un rapido sorriso.

    Sì, signor Gaunt. Come sta, signore?

    Credo di aver riconosciuto la marca del suo tabacco… e abbiamo l’agente Dooley, qui? Il suo respiro asmatico non mi è nuovo.

    L’agente Dooley sorrise e spostò il peso da un piede all’altro, come un ragazzo timido.

    Se non perde peso con un po’ di esercizio fisico, Dooley, prima che se ne renda conto sarà troppo grasso per servire nella polizia. Ora mettiamoci al lavoro, coroner. Qualche idea sull’ora della morte di Garret Appleton?

    No, Gaunt. Direi intorno all’una di notte, ma naturalmente non possiamo esserne del tutto certi.

    Gaunt si avvicinò al corpo e cominciò a esaminarlo con attenzione.

    Nessun dubbio sul fatto che il movente sia la rapina? domandò continuando il suo lavoro.

    Oh, no, rispose l’ispettore senza esitazione. Nessun’arma trovata sulla scena del crimine, finestra aperta, tracce davanti alla finestra sul tappeto e sulle tende, gioielli e denaro del signor Appleton spariti.

    Capisco. Gaunt si chinò ad annusare la camicia del morto, annerita dalla polvere da sparo intorno alla ferita. "Sembra che il signor Appleton abbia riconosciuto, o pensato di riconoscere il ladro, perché gli ha permesso di avvicinarsi per sparare

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