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Storie
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E-book124 pagine1 ora

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Info su questo ebook

In tutti questi racconti, ambientati in vari periodi storici, l'attenzione è rivolta ai meccanismi che sono alla base di ogni azione.

Queste “storie” intendono mostrare le emozioni come pure le sensazioni, presenti nell’animo delle persone. Tali sentimenti sono generati dagli eventi della realtà in cui si vive: perciò senza tempo.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2020
ISBN9788831659680
Storie

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    Anteprima del libro

    Storie - Marco Polverelli

    sto­rie

    AVVENTURA

    Il so­le na­scen­te, si­mi­le a un di­sco di ra­me, in­co­min­cia­va a spar­ge­re do­vun­que la sua lu­ce. Ma sot­to quel cie­lo di me­tal­lo, qual­sia­si co­lo­re ap­pa­ri­va som­mes­so. Le fo­glie de­gli uli­vi, no­no­stan­te mo­stras­se­ro qual­che luc­ci­chio, sem­bra­va­no asfit­ti­che nell'aria im­mo­bi­le del pri­mo mat­ti­no. Ave­vo l'im­pres­sio­ne che trat­te­nes­se­ro il fia­to an­che gli or­di­na­ti fi­la­ri di vi­ti, i cam­pi, il fiu­me; in­som­ma: la val­le in­te­ra. Mi con­fer­ma­va la sen­sa­zio­ne, il pi­gro in­fran­ger­si del­le on­de sui ciot­to­li del ba­gna­sciu­ga.  L'in­do­len­te scia­bor­dio del la­go e il ra­pi­do ri­chiu­der­si del­le in­cre­spa­tu­re fat­te sul­la sua piat­ta su­per­fi­cie dai re­mi del bar­ca­io­lo, an­nun­cia­va­no l'ar­ri­vo di un'al­tra gior­na­ta cal­dis­si­ma. Pu­re quel qua­ran­ten­ne re­ma­va in­gob­bi­to ver­so l'ap­pro­do. Lui era pro­stra­to dal­la pro­spet­ti­va di do­ver af­fron­ta­re un nuo­vo gior­no tor­ri­do, op­pu­re era pres­so­ché stor­di­to dal for­te odo­re del­le al­ghe mar­ce? Tut­ta­via uden­do: Di qua, da que­sta par­te, quel tra­ghet­ta­to­re ab­ban­do­nò la fiac­ca e scor­gen­do le due brac­cia che si agi­ta­va­no con vi­go­re pre­se a re­ma­re ver­so il pun­to del­la go­ra do­ve l'om­bra dei fol­ti ce­spu­gli di olean­dro, non gli ave­va per­mes­so di ve­de­re i pas­seg­ge­ri in at­te­sa sul de­cli­vio er­bo­so.

    Sor­ri­se ap­pe­na fu da­van­ti a lo­ro, pe­rò im­me­dia­ta­men­te quel sor­ri­so si spen­se: nes­su­no l'ave­va pre­pa­ra­to al­la ma­grez­za spet­tra­le del vec­chio, in pie­di e con la schie­na ap­pog­gia­ta al pi­no. Ri­co­no­sciu­to in quel vec­chio Gu­gliel­mo dis­se (do­po aver ri­dot­to la pro­pria ten­sio­ne, an­co­ran­do la bar­ca al pa­lo con­fic­ca­to al bor­do del­la ter­ra­fer­ma): No­bi­le si­gno­re, è un’in­fi­ni­tà che non c'in­con­tria­mo. Se­gui­tan­do: Quan­do i miei ge­ni­to­ri era­no al vo­stro ser­vi­zio, voi m'in­se­gna­va­te ad an­da­re a ca­val­lo. Ero un bam­bi­no, ep­pu­re quei mo­men­ti me li ri­cor­do an­co­ra

    Nel frat­tem­po il più gio­va­ne gli si era av­vi­ci­na­to, bi­sbi­glian­do: Vi avran­no ri­fe­ri­to che mio zio de­si­de­ra ri­ve­de­re i luo­ghi del­la pro­pria fan­ciul­lez­za. Ades­so, ben­ché ab­bia so­lo cin­quant'an­ni, ciò è pos­si­bi­le sol­tan­to con la bar­ca. Una fe­ri­ta ri­por­ta­ta nel­lo scon­tro con gl'in­fe­de­li, lo sta an­nien­tan­do. E con­ti­nuò: Dun­que voi pren­de­te­lo in brac­cio per ada­giar­lo sul fon­do dell’im­bar­ca­zio­ne, in­tan­to io si­ste­mo lì del­le co­per­te e dei cu­sci­ni. I due ser­vi­to­ri che lo han­no tra­spor­ta­to fin qui con la por­tan­ti­na, ri­pren­de­ran­no il cam­mi­no per tor­na­re in­die­tro

    Sol­le­van­do quel pro­ba­bi­le viag­gia­to­re: pe­sa­va quan­to un bim­bo, gli oc­chi del Bar­ca­io­lo si ve­la­ro­no di la­cri­me. Ma es­se su­bi­to fu­ro­no dis­sol­te dall'im­ma­gi­ne che gli si af­fac­ciò al­la men­te: Gu­gliel­mo pron­to per im­bar­car­si per il San­to Se­pol­cro. 

    L'ar­ma­tu­ra di quell'uo­mo sfa­vil­la­va nel­la lu­mi­no­si­tà del po­me­rig­gio di mar­zo con la ne­ve che ri­ver­be­ra­va i rag­gi del so­le e, in egual mo­do, scin­til­la­va la spa­da che gli pen­de­va dal fian­co de­stro. A si­ni­stra, ag­gan­cia­to al­la sel­la, c'era il gran­de scu­do bian­co cro­cia­to di ros­so. La stes­sa cro­ce ros­sa l'ave­va il can­di­do man­tel­lo che gli scen­de­va dal­le spal­le fi­no a co­pri­re le ter­ga del­lo stal­lo­ne.

    Il por­ta­men­to e lo sguar­do fie­ri di Gu­gliel­mo non fa­ce­va­no pen­sa­re che sa­reb­be ri­tor­na­to qua­si in­ca­pa­ce di muo­ve­re un pas­so. 

    No­tan­do che gli oc­chi gli scin­til­la­va­no co­me al­lo­ra, il Bar­ca­io­lo so­spi­rò tra sé: Que­st'uo­mo che ha at­tra­ver­sa­to mol­te ter­re, mol­ti ma­ri ora si ac­con­ten­ta di un viag­gio di po­che mi­glia. An­zi quel­le po­che mi­glia rap­pre­sen­ta­no, per lui, un un'av­ven­tu­ra. Poi: Com'è pos­si­bi­le? bor­bot­tò spo­stan­do la bar­ca, fin­ché es­sa ven­ne cat­tu­ra­ta dal­la cor­ren­te. Suc­ces­si­va­men­te af­fon­dò i re­mi nell'ac­qua e pre­se a re­ma­re si­cu­ro: il fiu­me era al di sot­to del li­vel­lo esti­vo abi­tua­le, ma lui co­no­sce­va be­nis­si­mo i fon­da­li.

    Ben­ché di po­co so­pra l'oriz­zon­te, il so­le era già una pal­la di fuo­co che ar­ro­ven­ta­va ogni co­sa. Mal­gra­do l'ali­to di brez­za che sa­li­va dal bas­so e dai can­ne­ti, chiaz­zan­ti di ver­de-gial­lo le spon­de, il Bar­ca­io­lo e il gio­va­ne su­da­va­no ab­bon­dan­te­men­te e si sen­ti­va­no sner­va­ti. So­lo Gu­gliel­mo era vi­spo: gi­ra­va la te­sta di qua e di là ri­cor­dan­do gli even­ti le­ga­ti ai luo­ghi che gli sfi­la­va­no di fron­te.

     Per me è un im­men­so pia­ce­re, ami­co sus­sur­rò Gu­gliel­mo ri­vol­to al Bar­ca­io­lo  ma te­mo che per voi sia una fa­ti­ca­ta.

    Oh, no dav­ve­ro ri­bat­té  pron­to l'al­tro, che se­gui­tò: Il fiu­me mi dà di che cam­pa­re. Or­mai vi­vo qui, esta­te e in­ver­no.

    Frat­tan­to ap­pog­gian­do­si al­le gi­noc­chia del ni­po­te ven­ten­ne, che se­du­to die­tro di lui te­ne­va pie­ga­te per sor­reg­ger­gli la schie­na, Gu­gliel­mo era riu­sci­to a im­mer­ge­re le di­ta di una ma­no nel­le ac­que tea­tro del sue pri­me nuo­ta­te e poi­ché con­ti­nua­va­no a bril­la­re i suoi oc­chi so­gnan­ti, il Bar­ca­io­lo bo­fon­chiò: È ve­ro che la fe­li­ci­tà è fat­ta di pic­co­le co­se ma ri­ve­de­re i po­sti do­ve si è na­ti e cre­sciu­ti, può pro­cu­ra­re tan­ta gio­ia? È pro­ba­bi­le che dal­le con­tra­de orien­ta­li, Gu­gliel­mo ab­bia por­ta­to con sé qual­che ma­gia. Si mor­mo­ra che lag­giù ci sia­no ma­ghi ca­pa­ci di tra­sfor­ma­re le pie­tre in oro e di evo­ca­re le ani­me dei tra­pas­sa­ti

    I suoi bor­bot­tii fu­ro­no in­ter­rot­ti da Gu­gliel­mo, che con vo­ce chia­ra e fer­ma: Ri­cor­do be­ne, non è cam­bia­to nien­te. E ag­giun­se, da­to che il pia­ce­re per l'av­ve­rar­si del de­si­de­rio gli ave­va ri­da­to un po’ di for­za: Mi sen­to co­me un fan­ciul­lo di­nan­zi a una va­can­za ina­spet­ta­ta

    Le ri­ve di­ven­ne­ro più al­te e po­po­la­te da gran­di al­be­ri fron­do­si, poi ol­tre l'an­ti­co pon­te ro­ma­no, Gu­gliel­mo af­fer­mò: Non è più tan­to di­stan­te e in­di­can­do con l'in­di­ce: Là. Al di là di quei giun­chi, c'è il ma­nie­ro con in­tor­no le ca­se dei fit­ta­vo­li.

    Al­lo­ra il Bar­ca­io­lo spin­se la prua tra la sab­bia e bal­zò a ter­ra per ti­ra­re in sec­co la bar­ca. Quin­di di­cen­do: Voi re­sta­te qui tran­quil­li, men­tre io sal­go ad av­ver­ti­re del no­stro ar­ri­vo.

    Il cu­gi­no di Gu­gliel­mo: un uo­mo in­tor­no al­la cin­quan­ti­na, sce­se al fiu­me, con due ser­vi e una let­ti­ga im­prov­vi­sa­ta.

    Quel­lo che era cor­so a sa­lu­ta­re, non era il pa­la­di­no di Ge­ru­sa­lem­me ma il com­pa­gno del­le av­ven­tu­re che ave­va­no riem­pi­to la lo­ro in­fan­zia e gio­vi­nez­za.

    Nel­la sua men­te pre­sto i ri­cor­di rie­mer­se­ro e an­che se il Bar­ca­io­lo l'ave­va av­vi­sa­to, lui non sep­pe fre­na­re il mo­to di sgo­men­to al­la vi­sta del­la lar­va uma­na che si tro­vò di­nan­zi.

    Fu ra­pi­do a ri­pren­der­si, ma Gu­gliel­mo che lo no­tò: Non ti aspet­ta­vi di tro­var­mi in que­sto sta­to, ve­ro En­ri­co? Gli an­ni so­no pas­sa­ti e io non so­no in­vec­chia­to be­ne. Ma non pre­oc­cu­par­ti! So­no con­ten­to, fe­li­ce di ri­ve­der­ti in buo­ne con­di­zio­ni e sul­la ter­ra do­ve ti ho la­scia­to tan­ti an­ni fa

    E men­tre En­ri­co lo al­za­va per ada­giar­lo sul­la let­ti­ga, Gu­gliel­mo ag­giun­se: Non vo­glio crear­ti fa­sti­di, ma sol­tan­to re­sta­re a se­de­re un po­co in que­sto po­sto. Con te che mi par­li del­la tua fa­mi­glia e dei po­de­ri.

    Tra­spor­ta­ro­no quel ‘pe­san­tis­si­mo ca­ri­co’ su per il pen­dio e sot­to la gi­gan­te­sca quer­cia del­la te­nu­ta, si­ste­ma­ro­no Gu­gliel­mo con co­per­te e guan­cia­li per le sue fra­gi­li os­sa. In se­gui­to la mo­glie e i fi­gli di En­ri­co, pur in­daf­fa­ra­ti a dis­si­mu­la­re la com­pas­sio­ne per l’ospi­te, die­de­ro ini­zio a un gran via­vai per of­fri­re bir­ra, frut­ta, pa­ne al vi­si­ta­to­re. Frat­tan­to il pa­dro­ne di ca­sa, se­du­to­si sul­la pan­ca sot­to l’al­be­ro, ave­va ini­zia­to a rie­vo­ca­re gli an­ni tra­scor­si e quan­to gli era ac­ca­du­to du­ran­te l'esi­sten­za.

    Gu­gliel­mo ascol­ta­va con un lie­ve e sod­di­sfat­to sor­ri­so, ma par­la­va sem­pre me­no: co­min­cia­va a sen­tir­si stan­co. L’ec­ci­ta­zio­ne del viag­gio si sta­va spe­gnen­do.

    Ti pre­go dis­se ad En­ri­co ora, la­scia­mi so­lo. So­no stan­co e fa­rò un son­nel­li­no

    En­ri­co si era ap­pe­na al­lon­ta­na­to, che gli si pa­rò di fron­te il Bar­ca­io­lo: Nel pri­mo po­me­rig­gio scop­pie­rà un tem­po­ra­le; pe­rò se vo­le­te tor­na­re a ca­sa, è be­ne ri­sa­li­re su­bi­to in bar­ca. La gior­na­ta ap­par­tie­ne a voi, Gu­gliel­mo. Dun­que, toc­ca a voi de­ci­de­re.

    Lui guar­dò il cie­lo: il so­le era al­lo ze­nit e splen­de­va, tut­ta­via a oc­ci­den­te si an­da­va­no am­mas­san­do nu­vo­lo­ni scu­ri, per­ciò: Si, ri­par­tia­mo

    I fi­gli di En­ri­co lo ri­por­ta­ro­no a ri­va.

    Fu En­ri­co stes­so a si­ste­mar­lo sul­le co­per­te di­ste­se sul fon­do del­la bar­ca e a li­be­ra­re l'im­bar­ca­zio­ne dal­la mor­sa del­la sab­bia.  

    Guar­da­va al­lon­ta­nar­si i tre, ras­si­cu­ra­to dal pla­ci­do flui­re del­le ac­que e dal fat­to che a orien­te c'era an­co­ra una lu­ce qua­si ac­ce­can­te.

    Ave­va­no per­cor­so un buon trat­to, quan­do il Bar­ca­io­lo si ac­cor­se che le ac­que del fiu­me s'in­tor­bi­da­va­no e di­ven­ta­va­no sem­pre più tu­mul­tuo­se, men­tre i nu­vo­lo­ni ne­ri si mol­ti­pli­ca­va­no. 

    All'im­prov­vi­so il cie­lo si oscu­rò e la pe­nom­bra li av­vol­se. I tre al­za­ro­no gli oc­chi. Ve­den­do le nu­bi che si era­no am­muc­chia­te so­pra il lo­ro ca­po: "Ver­so mon­te

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