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Royal Hearts Academy: Jace
Royal Hearts Academy: Jace
Royal Hearts Academy: Jace
E-book475 pagine5 ore

Royal Hearts Academy: Jace

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Info su questo ebook

Voglio ferire Dylan.
No. Più che ferirla.
Voglio torturarla, fino a quando non proverà una piccola frazione del dolore che ha causato a me e alla mia famiglia.
Fino a quando non riuscirà più a sopportarlo e tornerà da qualsiasi posto sia venuta.


***

Mi chiamo Dylan Taylor e non avrei mai pensato di tornare a Royal Manor.
Tuttavia, eccomi di nuovo qui, per frequentare l’ultimo anno alla Royal Hearts Academy.
Ritroverò Jace Covington: il mio primo amico, il mio primo amore, il mio primo bacio.
La persona che sono stata costretta a lasciarmi alle spalle.
Il nuovo Jace, però, è tanto crudele quanto stupendo, e sembra determinato a rendere la mia vita un inferno, insieme alla sua famiglia e alla sua cerchia di amici.
Io non so perché il ragazzo che amavo mi odi così tanto, ma... se Jace Covington vuole che me ne vada dovrà impegnarsi di più, perché non sono mai stata il tipo di ragazza che gioca secondo le regole.
LinguaItaliano
Data di uscita3 apr 2021
ISBN9788855312530
Royal Hearts Academy: Jace

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    Anteprima del libro

    Royal Hearts Academy - Ashley Jade

    Capitolo 1

    Dylan

    Dylan,

    Spero che il tuo volo sia stato piacevole. Io e lo zio Wayne dovremmo essere di ritorno da Parigi domani mattina. Nel frigo c’è del cibo e la tua camera da letto è pronta. Oakley può farti vedere dov’è tutto quanto. Non vedo l’ora di abbracciarti.

    Saluti e baci, 

    Zia Crystal


    PS: Ti farò avere una tua chiave, ma fino ad allora puoi usare quella di scorta sotto lo zerbino.


    Sento crescere l’irritazione mentre fisso il Post-it rosa brillante attaccato alla porta d’ingresso. Un semplice messaggio sul cellulare per dirmi dov’era nascosta la chiave di scorta sarebbe bastato.

    E sarebbe stato molto più sicuro.

    Non che Royal Manor sia una città pericolosa, tutt’altro.

    In effetti, è proprio per il basso tasso di criminalità e l’ottimo distretto scolastico che i miei genitori volevano crescermi qui.

    Se non fosse stato per la morte di mia madre, quando avevo otto anni, e per la nuova moglie di mio padre, che aveva voluto trasferirsi in un posto persino più lussuoso, sulla West Coast, quando ne avevo compiuti quattordici...

    No, oggi non ci devo pensare.

    Domandarmi come sarebbe la mia vita se la mamma fosse ancora viva e desiderare che le cose fossero andate diversamente non cambierà il passato.

    Con un sospiro sposto i bagagli sul portico e recupero la chiave da sotto lo zerbino, per entrare in quella che per il prossimo anno sarà la mia casa.

    Ho appena messo piede sul parquet in ciliegio quando il mio cellulare inizia a squillare.

    Dovrei fare un favore a entrambi e lasciar partire la segreteria telefonica, e invece premo il tasto verde.

    Sono ferita, arrabbiata... E non sono ancora pronta per parlare con lui.

    Comunque, non mi faccio problemi a essere meschina.

    «Ha una chiamata a carico del destinatario da parte di Brian Taylor, dall’Oak Creek Correctional Center. Per accettare la chiamata, prema il tasto cinque. Se non desidera accettare la chiamata, prema il tasto zero.»

    Premo in fretta lo zero e riaggancio.

    Vaffanculo, papà.

    Grazie a un altro Post-it, capisco qual è la camera che zia Crystal ha liberato per me.

    Anche se liberato è un eufemismo. Oltre a un letto matrimoniale con un copriletto viola, una scrivania vuota e l’ennesimo bigliettino con cui promette di portarmi a fare shopping durante la settimana, la stanza è spoglia.

    Non che m’importi. Sono riuscita a infilare tutta la mia vita in una sacca da viaggio e una valigia di medie dimensioni. Questo spazio senza fronzoli mi si addice.

    Meno roba a cui affezionarsi.

    Apro l’anta dell’armadio per appendere un po’ di vestiti, ma tre gonne in tartan, tre camicette bianche e tre blazer blu scuro attirano la mia attenzione.

    L’emblema della Royal Hearts Academy sopra il taschino sinistro dei blazer mi schernisce.

    Non ero nella posizione per fare richieste, considerando che mia zia e suo marito sono stati tanto gentili da accogliere una nipote allo sbando. Ho insistito solamente per poter andare alla scuola pubblica locale invece della Royal Hearts Academy. Mio padre mi aveva costretta a frequentare una scuola privata alle elementari e alle medie, ed era stata una delle peggiori esperienze della mia vita.

    Mi si stringe il cuore. Tranne che per l’aver conosciuto Jace.

    Com’è ovvio, l’unica cosa che volevo è anche la sola su cui il marito di zia Crystal non è stato disposto a transigere, dato che quello sarebbe stato anche l’ultimo anno di liceo di mio cugino –tecnicamente acquisito – e lui frequenta la rha.

    Lo zio Wayne è convinto che andare a scuola con suo figlio Oakley sarà un bene per me, così avrò qualcuno a farmi da guida.

    Purtroppo, è chiaro che il caro vecchio zio non è un gran osservatore. Ho incontrato Oakley solo una volta, quattro anni fa, al matrimonio della zia, ma mi è bastata una rapida occhiata alla sua pagina su Instagram per capire che mio cugino è utile quanto un pesce rosso a un concerto di Bob Marley.

    E con utile intendo strafatto.

    Il che spiega anche perché non mi sia venuto a prendere all’aeroporto, come avrebbe dovuto fare, o perché ancora non si sia fatto vivo, nonostante io sia qui da tutto il pomeriggio e gran parte della serata.

    Gli mando l’ennesimo messaggio, ma, come con gli altri dieci che gli ho inviato oggi, non ricevo risposta.

    La mia curiosità prende il sopravvento, perciò esco dalla mia nuova stanza per avventurarmi nel lungo corridoio. La zia ha detto che nella casa ci sono sei camere da letto, ma, dopo aver bussato a diverse porte, diventa evidente che Oakley non è in nessuna di esse.

    Soffoco un brontolio e scendo lentamente le scale per andare in cucina. Come il resto della casa, è spaziosa e sembra tutto molto costoso, ma, al di là del prezzo, è abbastanza comune: elettrodomestici in acciaio, un tavolo di vetro e una grande isola in granito al centro.

    E niente Oakley.

    Dopo aver controllato il soggiorno, l’ufficio dello zio Wayne e il bagno al primo piano, scendo le scale che portano al seminterrato.

    L’odore di marijuana mi invade immediatamente le narici.

    Non sono una guastafeste e non ho problemi con chi fuma, sono infastidita solamente dalle persone che si sballano al punto da dimenticarsi delle cose importanti.

    Come, per esempio, rispondere ai messaggi sul cellulare o andare a prendere la propria cugina acquisita all’aeroporto.

    Il grande schermo di un televisore, su cui due ragazze nude si stanno strofinando l’una sull’altra al ritmo di un terribile mumble rap, illumina abbastanza il piano interrato da permettermi di vedere lo schienale di un divano in pelle. A giudicare dal fumo che si alza verso la ventola sul soffitto, ci sono buone probabilità che ci sia Oakley dall’altra parte.

    Non so se ridere o scuotere la testa quando giro l’angolo e lo trovo svenuto, con una mano dentro i pantaloni e l’altra stretta su quella che ha tutta l’aria di essere una canna fumata per metà.

    Il cappello da baseball che indossa gli nasconde la maggior parte della faccia, ma sembra che dorma da un po’. È un mistero come non abbia mandato a fuoco tutta la casa.

    Sto per sfilargli la canna ancora accesa dalla mano, per buttarla via e tornare al piano di sopra, quando parla.

    «Ehi, piccola.»

    Uh. Suona un po’ strano ma, considerando che sono stata chiamata in modi peggiori da sconosciuti, decido di stare al gioco.

    «Ehi.»

    «Mi stavo chiedendo quando saresti arrivata» mormora lui, con la voce arrochita dal sonno.

    Soffoco la tentazione di ribattere che sarei arrivata anche prima se fosse venuto a prendermi in aeroporto, come avrebbe dovuto fare.

    Passeremo insieme il prossimo anno e sgridarlo è un pessimo modo per iniziare un rapporto.

    Apro la bocca per chiedergli se più tardi vuole andare a mangiare un boccone, ma lui riprende a parlare.

    «Cazzo, quanto sei sexy.»

    Bene, la situazione si è fatta ufficialmente imbarazzante.

    «Ehm. Grazie...»

    Prima che io riesca a finire la frase, si abbassa i pantaloni della tuta e...

    Oh. Mio. Dio.

    Mi sale la bile in gola mentre lui si stringe in mano l’uccello scoperto.

    «Andiamo, bellissima» geme. «Smettila di stuzzicarmi e siediti qui sopra.»

    Sono convinta che il fumo passivo mi abbia dato alla testa, non c’è altro modo per spiegare perché il mio cazzo di cugino acquisito mi stia invitando a sedermi sul suo pene.

    «Che schifo. Ma che problema hai?»

    Coprendomi gli occhi con le mani tento di allontanarmi, ma vado a sbattere così forte contro il tavolino da caffè che vedo le stelle.

    «Maledizione» strillo, stringendomi il polpaccio dolorante.

    «Tu non sei Hayley.»

    Che ovvietà.

    «Ma non mi dire, genio.» Faccio l’enorme errore di alzare lo sguardo. «Oh, mio Dio, amico. Potresti mettere via il pisello, per favore?»

    «Certo» risponde il pervertito, alzandosi dal divano. «Non appena mi avrai detto chi diavolo sei e perché sei in casa mia.»

    Mi prende in giro.

    «Dici sul serio?» Mi indico. «Sono Dylan.»

    Piega la testa di lato, come se faticasse a capire perché il mio nome dovrebbe avere un qualche significato per lui.

    «Tua cugina» chiarisco a denti stretti, e lui sbianca.

    Eureka.

    Esalo un respiro di sollievo quando si tira su i pantaloni.

    «Non dovevi arrivare prima di sabato.»

    «È sabato» lo informo, e Oakley sgrana gli occhi.

    «Beh, cazzo.» Si porta lo spinello alle labbra e fa un tiro. «Questa roba è meglio di quanto pensassi.» Tossisce e me la porge. «Ne vuoi un po’?»

    Gli sorrido sarcastica. «Apprezzo l’offerta di pace e tutto il resto, ma passo.»

    Non sembra affatto offeso. «Non c’è problema.» La sua espressione si fa seria mentre spegne la canna dentro una lattina di soda. «Senti, apprezzerei se non dicessi ai miei che ho cercato di scoparti, okay? Ultimamente mi stanno dando il tormento.»

    Non si deve preoccupare. Non dirò a nessuno che ha cercato di scoparmi.

    Gli faccio un cenno affermativo.

    Lui me ne fa uno di risposta.

    E poi rimane solo un imbarazzante silenzio.

    Il nostro è uno scambio davvero avvincente.

    «È sabato sera» dichiara all’improvviso, stendendo le braccia sopra la testa con uno sbadiglio. «Christian dà una festa di fine estate, prima che inizi la scuola.»

    Non so chi sia questo Christian, ma non mi dispiacerebbe andarci. In effetti, incontrare un po’ di gente e riprendere i contatti con i vecchi amici, prima dell’inizio dell’anno scolastico, mi renderebbe forse le cose più semplici lunedì.

    Il mio cuore ha un sobbalzo. Magari ci sarà anche Jace.

    Ho così tante cose da dirgli.

    E ancora di più da chiedergli.

    Tipo, per quale motivo ha bloccato il mio numero. O perché non ha mai risposto alle decine di messaggi che gli ho mandato sui social media dopo la mia partenza.

    «Una festa mi sembra divertente. Posso essere pron...»

    «Non aspettarmi alzata» dichiara Oakley, oltrepassandomi.

    Beh, quindi è così. La testa di cazzo di mio cugino supera le dimensioni di quello che ha nei pantaloni.

    «A proposito» aggiunge dalle scale. «Gli amministratori scolastici sono degli stronzi. Dubito che ti lasceranno tenere quella roba blu sui capelli.»

    Mèches. Si chiamano mèches.

    Mi sale un sorriso sulle labbra. Spero che detestino i miei capelli blu tanto da rifiutare la mia ammissione, così non mi resterebbe altra scelta che frequentare la Royal Manor High.

    Capitolo 2

    Dylan

    «I tuoi capelli» esclama la zia mentre mi stringe in un abbraccio il mattino seguente. «A me piacciono, ma la Royal Hearts non li apprezzerà. Vedo se riesco a prenderti un appuntamento in giornata con la mia parrucchiera.»

    Oakley alza lo sguardo dalla colazione che sta divorando. «Te l’avevo detto.»

    Gli lancio un’occhiataccia e la zia mi abbraccia più forte.

    «Santo cielo, non riesco a capacitarmi di quanto tu sia cresciuta.»

    Mio cugino sorride. «Come un puffo alto.»

    Mi piaceva di più quando era svenuto sul divano.

    Quando ci separiamo la zia è accigliata. Come me e la mamma, zia Crystal ha capelli biondissimi, occhi blu scuro e un metabolismo mostruosamente veloce che ci fa apparire molto più in forma di quanto non siamo.

    A volte è anche molto perspicace.

    Ha un’espressione cauta, sembra preoccupata che io possa andare in pezzi. «Come te la stai cavando?»

    Ignoro la fitta al petto. Se cedo e crollo ora, non avrò nessuna possibilità di superare i prossimi dodici mesi.

    Se anche mi lasciassi andare, mio padre sarebbe lo stesso in galera per aver sottratto denaro all’azienda multimilionaria per cui lavorava come direttore finanziario.

    Tutto per colpa della mia avida matrigna.

    Perché non voleva perderla.

    Perché, a un certo punto, quella donna è diventata più importante di me.

    «Sto bene.» Mando giù il groppo che ho in gola. «Un po’ stanca per il jet lag, ma a parte quello sono a postissimo.»

    Sono sicura che il mio tentativo di eludere la domanda sia fallito, ma per fortuna arriva lo zio a risolvere la situazione.

    «Perché il seminterrato odora d’erba?»

    O forse no.

    Zio Wayne non è un uomo imponente, il figlio lo sovrasta, ma c’è qualcosa di tremendamente minaccioso in lui.

    Forse è per questo che in tribunale lo definiscono uno squalo, ed è uno dei migliori avvocati difensori del Paese.

    Gli sguardi di tutti convergono sul principale sospettato.

    Per un momento mi dispiace per lui, ma poi mi torna in mente che è un bastardo.

    Oakley si infila in bocca una forchettata di uova, cercando di guadagnare un po’ di tempo prima di rispondere.

    Forse, in fondo, mio cugino non è così stupido come sembra.

    «Non ne ho idea.» Scrolla le spalle con innocenza prima di indicarmi. «Io sono stato da Christian tutta la notte. Blu è rimasta a casa.»

    Ecco, me lo rimangio. È più stupido di una gallina. Non solo per il soprannome orrendo, ma anche perché pensa che la zia potrebbe credere a quell’insinuazione.

    «Già» rispondo con tono sarcastico. «Mi avete scoperta. Dopo essere scesa dall’aereo e aver preso un Uber per venire a casa, ho disfatto le valigie e festeggiato la mia nuova vita accendendomi una canna in cantina.»

    Oakley si alza in piedi. «Visto?» Guarda i suoi genitori. «Dovreste stare più attenti a chi invitate a vivere qui.»

    La zia rotea gli occhi. «Dylan non fa uso di droghe.» Mi lancia un’occhiata. «Vero?»

    Io annuisco. «Non fanno per me.»

    Lo zio si stringe l’attaccatura del naso. «Cristo. Ne abbiamo parlato, Oak. Se ti vuoi rovinare la vita, non lo farai in casa mia.»

    Cheech – o somiglia più a Chong? – mette il piatto nel lavandino. «Non mi sto rovinando la vita, papà. Che cazzo, qui adesso è legale

    «Legale per gli adulti, non per gli adolescenti.»

    «Io sono...»

    «Hai compiuto diciassette anni un mese fa» urla lo zio Wayne, tanto forte da far tremare i vetri. «Consideralo il tuo primo e ultimo avvertimento. Se fumerai di nuovo quella merda a casa mia, ti porterò via tutto quello che ti ho comprato e poi ti spedirò in un collegio militare.»

    Oakley sembra sinceramente scosso. Non posso biasimarlo. Qualcosa mi dice che zio Wayne non è il tipo che fa minacce a vuoto.

    «Papà...»

    «Fine del discorso.» Il suo tono di voce non lascia spazio a discussioni.

    Mia zia aggrotta le sopracciglia. «Perché hai preso un Uber per arrivare qui?»

    Sto per dare una mano a Oakley, ma non faccio in tempo.

    «Perché il tuo figliastro era talmente fatto che probabilmente si è dimenticato di andarla a prendere» tuona zio Wayne prima di voltarsi verso di me. «Mi scuso per mio figlio, che è un completo disastro, Dylan.»

    Cacchio. È un po’ severo.

    A quanto pare, la zia sta pensando la stessa cosa perché la sua espressione si addolcisce. «Wayne...»

    «Fanculo.» Prima che chiunque riesca a parlare, Oakley afferra le sue chiavi dal tavolo della cucina.

    Suo padre stringe gli occhi. «Dove credi di andare?»

    «Da Jace» replica lui in modo brusco, oltrepassandolo. «Sempre che per voi vada bene, vostra altezza

    Il mio stomaco fa le capriole. Oakley è amico di Jace? Del mio Jace?

    Il tempismo è terribile, ma devo scoprirlo.

    «Jace Covington?» domando con voce stridula.

    «Non sono affaracci tuoi, spiona.» Mentre se ne sta andando si ferma per lanciarmi un’occhiataccia. «Vuoi un consiglio? Domani farai meglio a essere pronta, testa di cazzo, perché hai appena perso l’unico alleato che avevi. La Royal Hearts ti mangerà viva.» Ridacchia con scherno, diretto verso la porta. «Ma non preoccuparti, dirò a Jace che hai chiesto di lui.»

    Capitolo 3

    Jace

    «Ho mandato un assegno alla tua scuola.» Mio padre sospira pesantemente, spingendo via il suo piatto di porridge. «Dovrebbe sistemare qualsiasi potenziale questione che tu e tuo fratello causerete quest’anno.»

    Con questione, intende problema.

    Dall’altra parte del tavolo, le labbra di Cole si incurvano all’insù. «Co...»

    Qualsiasi cosa stia per dire cade nel dimenticatoio quando arriva Bianca... con indosso un abito striminzito, di due taglie troppo piccolo.

    Sorridendo tra sé e sé, prende una mela dal vassoio e ci fa un occhiolino. «E sorella.»

    Io e Cole ci scambiamo un’occhiata.

    Papà avrebbe dovuto mandare più denaro alla Royal Hearts. Ho come l’impressione che quest’anno avremo un sacco di questioni, ora che Bianca è al primo anno della rha.

    Mio padre distoglie lo sguardo, borbottando qualcosa sottovoce.

    Come la maggior parte delle persone che incontra, Bianca se lo rigira come vuole.

    In parte la colpa è di mia madre. Era una star di Bollywood... fino a quando papà non è andato in India con suo padre per un viaggio d’affari, l’ha vista, si è perdutamente innamorato di lei e l’ha portata in segreto negli Stati Uniti, per vivere per sempre felici e contenti.

    Rumi Covington era la donna più bella del mondo. Senza alcun dubbio, non c’è storia.

    Ma a differenza di Cole, che ha preso da papà, con i suoi occhi verde chiaro e la carnagione pallida da irlandese, o di me, che sono più o meno a metà, con un misto delle caratteristiche di entrambi i miei genitori, Bianca è tale e quale a lei.

    Inutile precisare che era tutto molto più semplice quando era nella fase del brutto anatroccolo... prima che si togliesse l’apparecchio e si mettesse le lenti a contatto. Insieme ad altre cose a cui preferisco non pensare.

    Stringo forte la forchetta. Quello che mio padre dovrebbe fare è dirle di filare subito al piano di sopra a cambiarsi... ma non lo farà.

    Jason Covington è un campione nell’evitare ogni genere di scontro con i suoi figli.

    Il che è ironico considerando che è il proprietario della Trust Pharmaceuticals, una delle più grandi case farmaceutiche al mondo, e non ha nessun problema ad alzare polveroni quando si tratta di ottenere ciò che vuole sul lavoro.

    È un peccato che non riesca a usare metà di quell’energia per occuparsi dei suoi stessi figli, ma ha smesso di impegnarsi molto tempo fa.

    Cacchio, è come se invitasse me e i miei fratelli a mettergli i piedi in testa.

    «Non puoi vestirti così» dico a mia sorella, mentre la porta si apre e il mio amico Oakley ci raggiunge in veranda.

    O, almeno, ci prova. Il bastardo inciampa sui propri piedi a metà strada verso il tavolo, perché le sue pupille iniettate di sangue sono incollate su Bianca.

    Fisso mia sorella con gli occhi stretti. «Sembra che tu abbia fatto shopping al discount delle zoccole.»

    Lei dà un morso alla sua mela. «Forse perché il vestito è preso in prestito da una delle tue ragazze.»

    Oakley e Cole scoppiano a ridere, ma io lancio loro un’occhiata d’avvertimento e poi riporto l’attenzione su di lei.

    «Vai a cambiarti.»

    Bianca apre la bocca per protestare, ma io sbatto un pugno sul tavolo. Oggi non sono in vena di tollerare le sue cazzate né quelle di nessun altro. «Giuro su Dio che se non porti il culo al piano di sopra...»

    «Va bene, come ti pare» sbuffa lei. «Non vedo l’ora che tu vada all’università, l’anno prossimo, razza di bullo.»

    Cole agita le sopracciglia mentre Bianca si allontana sbattendo i piedi. «Non entusiasmarti troppo, io sarò ancora qui a tormentarti.»

    Lei gli getta in testa la mela mezza mangiata prima di sparire.

    Gli occhi di Cole scintillano per l’indignazione mentre si strofina la testa. «Stronza.»

    «Ehi» sbotta mio padre. «Non dare della stronza a tua sorella.»

    Ma guarda un po’. Non solo Jason ha partecipato a una conversazione, ma è quasi sembrato un genitore.

    Come al solito, succede sempre dopo che io ho risolto la situazione.

    Oakley si lascia cadere sulla sedia libera accanto a me. «Come va?»

    Prima che se ne renda conto, gli sferro un pugno sul braccio.

    «Cristo. Ma che cazzo?» grugnisce lui, stringendosi la spalla. «Questo è il mio braccio delle seghe.»

    «Se guardi di nuovo la mia sorellina in quel modo, te lo stacco e te l’infilo su per il culo. Sono stato chiaro?»

    Lui sussulta. «Non avevo capito che fosse lei. È così...»

    «Amico» interviene Cole. «Piantala finché sei in tempo.» Ci indica. «Mi risulta che tu abbia due braccia, e noi siamo in due. Le probabilità non sono a tuo favore.»

    Oak alza le mani. «Dovete entrambi darvi una calmata. Non voglio creare problemi né provarci con la piccola Covington. Credetemi, ho già un sacco di pensieri.»

    Io e Cole ci scambiamo un’altra occhiata. Oakley è uno a posto, ma è noto per fare di un sassolino una montagna, finendo per combinare un sacco di cazzate.

    Come quando ha chiamato il 911 nel bel mezzo di una festa, perché qualcuno gli aveva rubato l’erba.

    Mi appoggio alla sedia, riflettendo se valga o meno la pena di irritarmi per scoprire cosa lo sta infastidendo.

    Immagino abbia a che fare con la grande festa che Christian ha dato ieri notte. Stavo per andarci, ma Britney Caldwell aveva altri piani.

    Piani che prevedevano succhiarmi il cazzo durante il viaggio fino a lì, e poi supplicarmi di fermare l’auto perché potessi metterglielo nel culo.

    Dato, però, che un po’ di distrazione mi farebbe piacere, decido di assecondare il mio amico. «È successo qualcosa ieri notte?»

    «Nah, non proprio.» Si mordicchia una pellicina ma poi si interrompe, sembrando assorto nei suoi pensieri. «Beh, mi sono quasi scopato mia cugina prima di andare alla festa.»

    Mio padre si strozza con il suo caffè.

    Cole si raddrizza sulla sedia. «Che vuol dire che ti sei quasi scopato tua cugina

    Papà spinge la sedia all’indietro e si alza. «Scusate, ragazzi. Devo fare una telefonata importante.»

    Scuotendo la testa, torna dentro casa. In ogni caso la sua assenza non fa molta differenza. Ci siamo tutti abituati.

    Con un sospiro profondo, Oakley si passa una mano sulla testa. «Amico, non sapevo che fosse lei. Era tutto il giorno che fumavo e mi facevo le seghe. Sono crollato per un po’ e ho pensato che Hayley fosse venuta a occuparsi di me.»

    Hayley è la ragazza con cui si lascia e si riprende di continuo. Anche se di solito si lasciano più di quanto si riprendano. Eppure, a prescindere da quante volte si mollino, lei torna sempre da lui.

    Sostiene di odiare i drammi causati dalla sua relazione con Oakley, ma io sono abbastanza sicuro che ne sia dipendente.

    Cazzo, tutti alla rha lo sono. In pratica, adorano i drammi.

    Cole prende un sorso della sua bevanda. «Va bene, quindi eri strafatto e svenuto. Questo però non spiega come tu abbia quasi fatto sesso con lei.» Sorride. «A meno che tu non voglia sostenere che ci stava.»

    Oak spalanca le braccia. «È esattamente quello che è successo.» Si allunga verso la ciotola dell’uva e se ne infila un chicco in bocca. «Era entusiasta... fino a quando non mi sono abbassato i pantaloni.»

    Stringo le labbra. «Probabilmente quella poveretta si era dimenticata la lente di ingrandimento.»

    «Oh, fottiti, Covington. Non sei l’unico che ce l’ha grosso come un cavallo.» Si colpisce il petto. «Credimi. Il tuo amico qui è uno stallone.»

    Non so se sia più inquietante il fatto che sappia quanto è grande il mio uccello, o che senta il bisogno di difendere il suo con tanta energia.

    Mordicchia il raspo dell’uva. «Quella stronzetta dai capelli blu mi sta già rovinando la vita. Non so come sopravvivrò un intero anno con quella rompipalle dentro casa mia e anche alla rha.»

    Cole ha la mia stessa espressione stupita: questa è la prima volta che Oak ci parla di una cugina dai capelli blu venuta a vivere da lui, e che frequenterà la nostra scuola.

    Non mi piacciono i nuovi arrivati. Specialmente quelli che portano rogne.

    «Okay, torna indietro. Perché cazzo vive con te?»

    «E soprattutto,» aggiunge Cole «è sexy?» Il divertimento gli appare sul viso. «Ripensandoci, che importa? A una tipa disposta a farsi il cugino devono piacere delle robe perverse, e poco ma sicuro io ci starei.»

    Non sono sorpreso. Mio fratello si è scopato quasi ogni gonnella alla rha. Incluse le insegnanti.

    Oakley scuote la testa. «Nah. Non credo che sia un tipo perverso. Solo una gran rizzacazzi.» Si prende uno spinello da dietro l’orecchio e l’accende. «Una sexy rizzacazzi, ma pur sempre una rizzacazzi.»

    Mio fratello rotea gli occhi. «Quelle sexy lo sono sempre.»

    Oakley gli batte il pugno. «Parole sante, fratello. È dura trovare una bella fica con un gran fisico che ti lasci ingranare la marcia e partire subito in quarta.» Mi guarda, soffiando una nuvola di fumo. «A meno che non ti chiami Jace Covington. Il bastardo di cui tutti hanno paura, ma che ogni ragazza desidera. Valle a capire, cazzo.»

    Non si sbaglia. Ma, a differenza sua e di mio fratello, io sono molto selettivo riguardo a chi mi scopo. Non mi accontento della stessa passera mediocre a cui ogni altro ragazzo ha accesso illimitato... io scelgo il meglio.

    Non che rifiuti sempre la fica facile. È bello inzuppare il cazzo ogni volta che ne ho voglia. È per questo che ho Britney.

    Ma anche lei sta iniziando ad annoiarmi. Per una volta, vorrei una sfida.

    «Quanto sono grosse le sue tette?» chiede mio fratello, interrompendo i miei pensieri.

    Oakley sospira. «Un po’ piccole, ma belle sode...»

    «Come si chiama?»

    Questi due continuerebbero così, analizzando il suo corpo per tutta la giornata, ma io preferisco partire dalle basi.

    Oak dà un tiro allo spinello. «Dylan.» Strizza gli occhi. «E la tua reputazione deve precederti, perché mi ha chiesto di te.»

    Mi si rizzano i peli dietro il collo. Conosco solo una ragazza con quel nome.

    Cole fa una smorfia. «Come farebbe tua cugina a...» Si interrompe a metà frase, spostando di colpo lo sguardo su di me. «Be’, cazzo. È piccolo il mondo, eh?»

    Troppo piccolo. Che cazzo ci fa di nuovo in città? E a casa di Oakley, per di più.

    Visto che non sa rinunciare al gossip, Oak non si preoccupa di nascondere il suo rinnovato interesse. «Mio padre ha detto che un tempo viveva a Royal Manor. Suppongo che abbiate avuto una storia.»

    Cole sbuffa. «Più che altro c’era della chimica.»

    Calcio la sua sedia con tanta forza da farlo cadere all’indietro. «Chiudi il becco.»

    Mio fratello sa dannatamente bene che questo non è uno scherzo. Lui sa cosa ha fatto lei. Di cosa è responsabile.

    La rabbia mi ribolle nello stomaco. Non so perché sia tornata, e non mi interessa.

    Dylan Taylor deve andarsene da Royal Manor... per sempre, cazzo. Quella stronza ha già causato abbastanza problemi a me e alla mia famiglia.

    Non ho intenzione di darle l’opportunità di farlo di nuovo.

    La confusione si dipinge sul volto di Oakley. «Ha lasciato la città molto tempo fa... cosa è...»

    «Non importa.» Gli strappo lo spinello di mano e faccio un lungo tiro. «Non rimarrà qui a lungo.»

    Me ne assicurerò io.

    Capitolo 4

    Dylan

    Passato...


    Una brezza delicata mi accarezza il viso, mentre il mio sguardo vaga verso la piccola figura seduta sotto una gigantesca sequoia.

    Jace Covington

    Tutti gli altri ragazzi stanno giocando, durante la ricreazione, ma come al solito lui se ne sta sulle sue.

    Immagino che il suo essere introverso sia dovuto al fatto che è nuovo, essendosi trasferito nella mia scuola di recente, e per di più alla fine della quinta elementare. Comunque sia è qui già da due mesi e non ha fatto amicizia con nessuno.

    Non che io lo giudichi. Ho trascorso tutta la vita a Royal Manor e ancora non mi sono abituata. Non credo che lo farò mai.

    La psicologa ha detto a mio padre che sono asociale perché ho perso così presto la mamma. A sentir lei, aver perso una persona tanto importante mi rende difficile connettermi con gli altri.

    Ma si sbaglia. Io non ho problemi ad andare d’accordo con la gente.

    Solo che preferisco non avvicinarmi troppo.

    Meno ti affezioni alle persone... e meno sarai ferito dalla loro futura assenza.

    Sentendomi fuori dal mio elemento, faccio qualche passo verso di lui, ma poi mi fermo.

    Non sono certa che andare là sia una buona idea. Dà l’impressione di preferire la solitudine, che è una cosa che capisco.

    Mi si stringe il cuore. Sembra così triste. Così solo in un cortile pieno di ragazzini.

    Lascialo in pace.

    Ma non posso.

    C’è qualcosa di pericoloso ed enigmatico in Jace Covington.

    Ha spigoli taglienti come vetri rotti... che impediscono a chiunque di avvicinarsi troppo.

    E mentre la maggior parte delle persone si allontanerebbe per paura di tagliarsi... io voglio unire i miei pezzi rotti ai suoi. Vedere che tipo di alleanza formerebbero i nostri strani frammenti frastagliati.

    A testa alta, marcio verso di lui. Jace ancora non lo sa, ma è il mio nuovo migliore amico.

    Il mio unico amico.

    «Ciao.»

    Incrocio le braccia sul petto quando lui non ricambia il mio saluto.

    «Sono Dylan.»

    Silenzio.

    Eccomi qui, avventurata ben fuori dalla mia zona di comfort, e Jace mi ignora.

    Irritata, sbatto un piede a terra. «Sei molto maleducato.»

    Niente.

    Con le mani sui fianchi, lo guardo di traverso. «Proviamo di nuovo. Ciao, mi chiamo...»

    «So come ti chiami.»

    Occhi cupi e tenebrosi mi fissano e, anche se le sue labbra sono curvate in un cipiglio, vedo l’accenno di un sorriso che minaccia di salire in superficie. E se lo farà, che Dio mi aiuti, perché mi stanno già cominciando a tremare le ginocchia.

    La cautela gli guizza sul viso. «Che cosa vuoi, Dylan

    Sbatto le palpebre, incerta su come rispondere. «Niente.» Indico il posto a terra accanto a lui. «Posso sedermi?»

    «No.» Il suo cipiglio si accentua. «Vattene via.»

    Deglutisco con forza. È stato di certo un errore.

    Giro sui tacchi per tornare al mio posto isolato vicino alla recinzione.

    «Aspetta» mi chiama non appena ho fatto qualche passo. «Ho cambiato idea.»

    Lui ha cambiato idea?

    Mi volto per guardarlo. «Che peccato. Forse non voglio più sedermi insieme a un cattivone come te.»

    E poi succede.

    Quelle labbra piene si aprono in un ampio sorriso, rivelando un paio di profonde fossette.

    Il cuore comincia a battermi all’impazzata, frullando nella mia cassa toracica come un animale selvatico.

    Come fa qualcuno tanto bello a essere così crudele? È un totale paradosso.

    «Quanti anni hai, sei? Chi dice cattivone

    Mi lascio cadere accanto a lui. Non permetterò al mio nuovo migliore amico di bullizzarmi.

    «Io lo faccio.» Mi concentro sulla cosa pastosa che è dentro il suo porta-pranzo

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