Ragazzi, la mamma parte!: Viaggiare da sola con la famiglia a casa
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Info su questo ebook
Un viaggio solitario è tanti viaggi insieme che, a cascata, coinvolgono coloro che ti attendono al ritorno. Percepita come una sorta di strega contemporanea e come una mina vagante, la donna che viaggia sola, soprattutto se con una famiglia a casa, innesca una miriade di interrogativi: che cosa ne pensano tuo marito e i tuoi figli? Non hai paura? Come ti organizzi concretamente? E… soprattutto, perché lo fai?
Questo libro vuole essere, dunque, una storia narrata di emozioni, immagini, luoghi, incontri, sentimenti, consigli pratici e magari lo stimolo per altre viaggiatrici.
“C’era un gatto una sera di fronte al Santo Sepolcro. Eravamo io, lui e un turista rumeno. Da poco la chiesa era stata chiusa. La piazza deserta e il gatto se ne stava lì davanti al sagrato...”
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Anteprima del libro
Ragazzi, la mamma parte! - Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi
RAGAZZI,
la mamma parte!
Viaggiare da sola con la famiglia a casa
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati.
commerciale@giraldieditore.it
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www.giraldieditore.it
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ISBN 978-88-6155-870-0
Proprietà letteraria riservata
© Giraldi Editore, 2021
Edizione digitale realizzata da Fotoincisa BiCo
Tutte le fotografie (in copertina e nella galleria fotografica) sono di Paola Scaccabarozzi
Alla mia famiglia che c’è sempre,
anche quando sono lontana.
È il viaggiatore solitario quello che va più lontano.
(Louis Ferdinand Céline)
Prefazione
di Pierangelo Garzia
Può sembrare paradossale parlare di viaggi proprio ora che siamo relegati in casa o, quantomeno, confinati nel perimetro del nostro comune o paese da ormai molto, troppo tempo. Ma lo siamo solo incidentalmente. Lo siamo perché costretti. Dopo la pandemia riprenderemo a viaggiare ancora e più di prima. Ce lo stiamo dicendo tutti: non vedo l’ora di riprendere a viaggiare
. Perché viaggiare, partire come dice ironicamente il titolo di questo libro, non è semplice ricerca di piacere e di emozioni, no, è anche, soprattutto una esigenza profonda.
La storia lo insegna: l’uomo nasce nomade e diventa stanziale. Prima di fermarsi, di scegliere il luogo adatto in cui vivere, nell’arco di milioni di anni l’uomo ha dovuto cercare collocazioni confacenti alla sopravvivenza, sia dal punto di vista delle coltivazioni che del clima. E del resto, tranne poche eccezioni, l’uomo ha occupato ogni angolo del pianeta. Inoltre, il fenomeno migratorio ci mostra che gli spostamenti umani non hanno mai fine. La Terra è sì una astronave collocata nel cosmo, una piattaforma di lancio verso altre destinazioni, presenti e future, ma è essa stessa luogo di peregrinazioni interne. In lungo e in largo. Sopra e sotto la sua superficie. Da sempre e per sempre.
Viaggiare, spostarsi, incontrare, conoscere, capire, è scritto nei nostri geni. Tanto che cerchiamo di viaggiare, di spingerci oltre i confini della nostra Madre Terra. Verso altri mondi e altri pianeti interstellari. Molta letteratura, perfino del remoto passato, la stessa Odissea, sono racconti di viaggio. Tutta la fantascienza si basa su questa tensione interna verso i viaggi interstellari, la scoperta di nuovi mondi e nuove genti. Per non parlare del cinema. Un film mai realizzato da Federico Fellini, considerato maledetto
, tanto che il sensitivo Gustavo Adolfo Rol sconsigliò il regista dal realizzarlo, è Il viaggio di G. Mastorna e ancora un altro, pure questo mai realizzato dal regista per la stessa ragione infausta, è Viaggio a Tulum. Federico Fellini avrebbe voluto chiudere il suo geniale percorso cinematografico con storie di viaggi soprannaturali, proprio lui che confessava di avere sempre viaggiato molto poco e malvolentieri.
E siamo al punto. Gli umani si dividono in grandi viaggiatori, quanti lo fanno ogni volta che possono, per esigenza interna, per piacere, e umani che viaggiano sporadicamente, per vacanza o per esigenze lavorative, oppure per motivi legati alla salute. Paola Scaccabarozzi appartiene a pieno titolo alla prima categoria, coloro che viaggiano perché non ne possono fare a meno, continuamente, compulsivamente, quasi ossessivamente. Perché lo fanno? Le risposte le trovate in questo libro che è riduttivo definire racconti di viaggio
. Mi viene alla mente una frase tratta dalla tradizione, nel solco della ricerca interiore, pure questo un viaggio, un percorso infinito: Dove vai se in ogni luogo porti sempre te stesso?
Vale a dire: per viaggiare davvero, ti devi spogliare del tuo Io, devi lasciare da parte pregiudizi e confronti. Viaggiare è scoprire. Paola Scaccabarozzi lo dice spesso in queste pagine. Non a caso la stessa Paola è attratta anche dai viaggi della mente, dalle letture tanto narrative che scientifiche, ma pure da quelle della ricerca interiore, come ad esempio quelle di Jiddu Krishnamurti.
Viaggiare risponde a una inquietudine profonda. La vita, che essa stessa è viaggio, ci può presentare molte, diverse possibilità e opportunità. Viaggiare è come vivere molte vite, la nostra e tutte quelle delle persone di altre latitudini che abbiamo la ventura di incrociare. Così come leggere, lo si dice spesso: chi legge vive molte vite. Paola Scaccabarozzi più che di luoghi, è avida di esseri umani, di corpi, di volti, di sguardi, di abbigliamenti, di situazioni, di esperienze. Una sola vita non le basta. Percepisce e sa, Paola, che una sola vita non basta. Troppo poca. Troppo breve. Si possono vivere molte vite tutte assieme. Come? Viaggiando. Lo dimostrano le sue foto. Immagini che fermano uno sguardo, un abbigliamento, un’attività. Paola è sicuramente più attratta dai luoghi antichi, con una lunga storia, dai popoli di natura
che ancora vivono in aree e modalità che alcuni di noi giudicherebbero arretrati o primitivi, più che dalle genti delle metropoli moderne e ipertecnologiche. Perché? Per il motivo che Paola cerca ossessivamente la purezza, il candore, la sincerità dell’esistenza. L’essenza della vita. Forse anche il mistero. Rifugge, Paola, dall’ipocrisia, dalla menzogna, dall’egoismo. Cerca quel sorriso vero, spontaneo, non artefatto, di quel volto, quegli occhi profondi e luccicanti, quel gesto sincero e naturale in giro per il mondo. Paola ha la febbre
del viaggio. O sarebbe meglio dire della fuga
? Anche. Fuggire da cosa, o da chi? Sicuramente dal noto, dal risaputo, dallo scontato, dal logoro. Dall’ipocrisia. Per ritemprarsi. Rinnovarsi. Attingere a nuovi stimoli. E pure qui mi viene in mente una frase dello scrittore britannico Graham Greene, anch’egli grande viaggiatore, che nella sua autobiografia proprio intitolata Vie di fuga dice più o meno: Non so come faccia la gente che non scrive a non impazzire
.
Paola prima di essere una viaggiatrice è una giornalista scientifica e una scrittrice. Tutte attività che hanno a che fare con la ricerca, la scoperta, la riflessione. Scrivere, per non impazzire, è viaggiare con la mente. Incontrare personaggi. Intervistarli. Anche solo per telefono o, eredità della pandemia, in videochiamata. È sempre alla ricerca di qualcuno o qualcosa, che le mostri il miracolo e la meraviglia della vita. Per questo Paola non può smettere di viaggiare. Al di là dell’orizzonte c’è sempre un nuovo volto, un nuovo paesaggio, un’altra realtà da raggiungere. E da raccontare. Con parole e immagini. Il lavoro che ha scelto, tra i diversi che potrebbe fare. Il prossimo? La regista di documentari di viaggio. Lo vedo già all’orizzonte, come ho visto da diversi anni il libro che avete tra le mani.
Di questo libro con Paola parliamo da anni. Quando era ancora molto di là dall’essere ideato. Ma ero già allora più che convinto che sarebbe arrivato, tanto che scherzosamente aggiungevo sempre che ne avrei fatto la prefazione, e Paola stessa altre volte me lo ricordava. In questo libro c’è tutta Paola, sincera, diretta, appassionata per quello che fa. Mai paga di capire, scoprire, comprendere. È una donna coraggiosa, vedrete, una a cui non fa paura l’avventura. E che persino si arrischia. Ma mai in modo sconsiderato. Non sono molte le donne che partono, come lei, per luoghi remotissimi dall’oggi al domani, anche solo per quarantotto ore. E ogni volta torna alla sua amata famiglia, ai suoi adorati figli (che a volte si porta pure appresso, nonostante il titolo di questo libro), con esperienze certo, un sacco di foto sicuramente, ma soprattutto nuovi incontri, nuove amicizie più o meno fortuite, che Paola mantiene nel tempo, tanto da avere ormai una serie di corrispondenti
da varie parti del mondo. Paola parte, ragazzi! E non la fermerà mai niente e nessuno. Ma lo fa per tornare, per riassaporare e per rinnovare il calore della sua casa e dei suoi affetti familiari.
Insomma, per chi commenta Un altro libro di viaggi?
Ebbene sì. Perché chi lo ha scritto è riuscita a mantenere anche da adulta, anche da giornalista, il senso dello stupore. E non è da tutti. Un altro libro di viaggi perché chi conserva e preserva il senso dello stupore viaggia e vede un mondo sempre nuovo, in un certo senso ricrea
il mondo. L’intento di Paola è davvero quello di condividere, come dimostra anche il suo intenso uso dei social. Cercare di fare partecipi gli altri della sua meraviglia e del suo stupore. Come quella sorprendente foto che postò sulla sua pagina Facebook con questo commento: Una volta ero su un aereo che si rifletteva in un arcobaleno
. Paola è capace di catturare questi momenti unici e di farne partecipe il prossimo. Che sia un volto in un luogo remoto nel mondo. La campagna dietro casa. I suoi figli presi di spalle che mano nella mano si incamminano lungo un sentiero. Tutto questo è Paola, in questo libro: la sua vita in viaggio, condivisa con voi che avrete la ventura e la fortuna di leggerlo.
Pierangelo Garzia
Divulgatore scientifico, responsabile dell’Ufficio Stampa dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano
Una sera un gatto davanti al Santo Sepolcro:
voglia di libertà
Come un esploratore solitario che ha perso bussola e mappa.
È questo che significa essere liberi?
(Haruki Murakami)
C’era un gatto una sera di fronte al Santo Sepolcro. Eravamo io, lui e un turista rumeno. Da poco la chiesa era stata chiusa. La piazza deserta, e il gatto se ne stava lì davanti al sagrato. Il turista rumeno era molto impegnato a fotografarlo. Il gatto, appollaiato su un capitello mozzo, sembrava pietrificato tra le pietre. Casualmente aveva lo stesso colore del marmo e la luce serale giocava indubbiamente a favore. Ma lui, il gatto, ci metteva del suo. Era immobile, totalmente incurante dei due, io e l’altro, che ci contendevamo lo spazio per immortalare l’animale in tutte le posizioni possibili.
Una specie di diatriba silenziosa come il silenzio che ci stava attorno perché Gerusalemme deserta è un miraggio. E lo sapevamo entrambi.
Normalmente la città viene presa d’assalto, in tutte le ore del giorno e della notte e, quella zona in particolare, attira costantemente l’attenzione di molti. Pellegrini e fedeli soprattutto all’alba, il pomeriggio clientela mista tra visitatori generici e devoti di ogni sorta, dai cattolici agli ortodossi. La sera di nuovo processioni di credenti, più o meno fervidi.
Quel silenzio era quindi prezioso, così come – e forse solo allora me ne ero resa veramente resa conto – vagare in solitudine. Due parole chiave e in qualche modo accomunate dallo stesso destino. Due senza
: senza meta e senza nessuno. Mancanza di scopo e obiettivi da condividere. Un comune denominatore piuttosto evidente: libertà e assenza totale di vincoli. Nessuna gabbia.
Il viaggio in solitudine, con una famiglia a casa per scelta, è prima di tutto: aria fresca, la tua. Quella che non devi patteggiare con nessuno. Con il voglio dormire di più o di meno. Con a me interessa quello, a me quell’altro. A me interesserebbe, ma… dopo, ora sono troppo stanco. Ho fame, ma io no. Poi ci sono i compiti. Altrimenti, quando li faccio? E quella mail è importantissima. Devo rispondere all’istante. A proposito, qui c’è il wi-fi? Sì, ma è troppo lento. Bisogna trovare un altro posto.
Quel gatto intanto, bando a vincoli di ogni sorta, me lo sono guardato e rimirato infinite volte.
La situazione era veramente unica. E se non fossi stata sola, forse non l’avrei neppure notato. Oppure lui se ne sarebbe andato, disturbato dalle chiacchiere che, inevitabilmente, si fanno quando si è in compagnia.
Quando scegli di viaggiare da sola ti accorgi che il tuo è un grande privilegio a cui difficilmente rinuncerai dopo averlo sperimentato anche solo per una volta. Ti rendi conto che cambia la percezione del mondo, che tutto assume colori e sfumature diverse. E che il tuo sguardo solitario può regalarti emozioni uniche. Dunque non intendi barattare il tuo sagrato vuoto per nessuna ragione. È il motivo principale per cui declini gli inviti di chiunque voglia strapparti alla tua solitudine, magari credendo di farti un favore o addirittura un regalo. E non sempre è facile far fronte alle proposte di condivisione di viaggio. Se ti sfugge un mi piacerebbe andare là, appena possibile
sai di commettere un grave errore. Perché, qualora il tuo interlocutore si proponga come accompagnatore, devi trovare il modo per bloccare la conversazione sul nascere