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Tutto rimane nel cuore
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E-book309 pagine3 ore

Tutto rimane nel cuore

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Info su questo ebook

Paola Martucci è una delle conduttrici televisive più famose d’Italia. A causa della morte improvvisa di sua sorella Sara, il passato torna a bussare alla sua porta dopo anni di silenzi e assenze ingiustificate. Paola deve quindi dividersi tra le luci della ribalta e l’affidamento dei suoi tre nipoti, tra responsabilità e sensi di colpa che non l’hanno mai lasciata da quando ha abbandonato la sua famiglia. Grazie a Jacopo, il baby-sitter che assume per farsi aiutare, per la prima volta imparerà davvero ad amare, ma avergli omesso un dettaglio importante della sua vita potrebbe rovinare tutto. Paola Martucci, grazie a nuovi legami, rimorsi, rimpianti, litigi furiosi e passioni travolgenti, riuscirà a ritrovare semplicemente Paola, riscoprendosi fragile, ma pronta a rimediare alle decisioni sbagliate prese in passato e a farsi perdonare.
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2021
ISBN9791220296212
Tutto rimane nel cuore

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    Anteprima del libro

    Tutto rimane nel cuore - Andrea Filocomo

    1

    Sara e Giacomo

    Ti meriti qualcuno che ti guardi

    sempre come la prima volta.

    «È stata una bellissima serata!»

    «Ce la siamo proprio meritata, amore mio».

    «Dovremmo farlo più spesso».

    «Ma con i bambini…»

    «Mamma è felice ogni volta che li portiamo da lei. Si lamenta sempre che li vede poco, così almeno abbiamo una scusa in più per farli stare insieme».

    Risero.

    «Hai ragione, anche noi meritiamo di staccare la spina per qualche ora…»

    «E adesso sai cosa mi è venuto voglia di fare?»

    «Amore, è tardi…»

    «No, non è tardi. Non è mai troppo tardi per noi due».

    Si baciarono, si amarono come non lo facevano da tempo, per via della vita che si erano scelti, e della famiglia che avevano creato e che veniva prima di ogni cosa, prima della voglia stessa, prima del sesso, di un dialogo che mancava perché prima venivano i bambini, sempre loro, prima di ogni cosa appunto. Perché con i piccoli, quei due innamorati ora amanti non lo erano più da tanto, troppo tempo. Una serata diversa, dove si riscoprirono innamorati e desiderati entrambi come un tempo, quando erano due giovani e potenti fuochi, cambiava tutto e riusciva a cambiare, seppur per qualche ora, anche l’equilibrio di quella semplice famiglia. La vita, all’improvviso, stava bussando di nuovo alla loro porta. Ma Sara e Giacomo non erano ancora pronti. Nessuno lo è mai.

    Dopo aver fatto l’amore come non lo facevano più ormai da anni, si ritrovarono sudati e appiccicati in macchina, come due adolescenti alle prime armi, come due amanti clandestini, come due persone che si ritrovano e si incastrano alla perfezione. C’era tanto amore nell’aria quella sera.

    «Ti amo».

    «Ti amo anch’io».

    «Da quant’è che non facevamo l’amore così?»

    «Da quant’è che non facevamo l’amore» aggiunse Giacomo, che la desiderava ancora ardentemente come la desiderava quando si erano conosciuti, quando la incontrò per la prima volta e pensò, in cuor suo, che quella sarebbe stata la donna con cui avrebbe passato il resto della sua vita.

    «Lo sai…»

    «Non voglio litigare, Sara. Voglio guardarti negli occhi e innamorarmi ancora e sempre come sanno fare i ragazzini, perché stasera un po’ lo siamo anche noi, ed è bellissimo così. Voglio accarezzarti la pelle e sentire subito dopo il tuo profumo imprigionato tra le mie dita, in ogni centimetro del mio corpo, come un custode geloso che non vuole far andare via quel profumo che sa tanto di vita, che sa tanto di te e io di te non ne ho mai abbastanza. Voglio farlo ancora e ancora e ancora e averne voglia per altre infinite ore, altre infinite volte, altre infinite vite. Voglio fermare il tempo per qualche ora e fare una magia, facendo diventare queste stupide ore mille anni, mille vite, e ricominciare a dirti quanto sei bella, a sussurrarti che ti amo più della mia stessa vita, a ricordarti che sei tu il mio ossigeno, sei tu l’aria che mi serve per continuare a vivere. Voglio che tu sappia che per te farei qualsiasi cosa, anche morire».

    Anche morire.

    O anche vivere una vita che non volevi. Oppure ancora rinunciare a tutto pur di amare chi ti aveva fatto perdere la testa e battere il cuore a mille all’ora, all’impazzata, come un treno ad alta velocità, che non ti ci fa capire più niente, che più va veloce e più ti senti felice, forte, con l’adrenalina delle prime volte e la consapevolezza che se non finirà, è perché sei stata brava, hai resistito fino alla fine.

    E sì, anche morire.

    Anche morire.

    Insieme.

    2

    Prenditi cura di loro

    Quando meno te lo aspetti, la vita

    stravolge ogni tuo piano e ti ricorda

    chi è che comanda davvero.

    Il pomeriggio dopo

    «Paola, ti vogliono al telefono…»

    «Non vedi che tra due minuti devo andare in onda?»

    «È tua madre».

    «Dille di richiamare alla fine della puntata».

    «È urgente».

    «Sta male?»

    «No…»

    «E allora fatti dire cosa vuole e poi mi riferisci tutto al primo break pubblicitario. Dille che la richiamerò intorno alle sette e adesso levati di torno».

    «Non capisci».

    «Come scusa?»

    «È urgente, Paola».

    «In che senso?»

    «Tua sorella e tuo cognato sono morti».

    Silenzio.

    Dannato silenzio che precede e segue tutto dopo una tempesta, dopo un terremoto arrivato all’improvviso, un’onda altissima che si prende tutto e niente più torna indietro. E niente sarà più come prima.

    Improvvisamente a Paola Martucci non importava più del suo programma, i sessanta secondi che mancavano alla messa in onda, il trucco sbavato per le lacrime che da sole scendevano e inondavano tutto, la scaletta appena arrivata e gettata a terra con un colpo di mano perché non era più importante.

    A Paola Martucci mancava la terra sotto i piedi, stava per svenire, non capiva più niente, non vedeva più nessuno intorno a sé, come una danza scatenata dopo aver bevuto, l’agitazione, l’affanno, la mancanza dei sensi. Adesso attorno a Paola Martucci si erano ammucchiati tutti per vedere come stava.

    «Chiamate un’ambulanza».

    «Non serve».

    Al momento Paola Martucci si stava riprendendo e no, non stava affatto bene. E no, quella notizia proprio non voleva riceverla, come tutte le notizie di cronaca nera che in quegli anni non avrebbe mai voluto dare in diretta, nel suo programma. Eppure la vita, all’improvviso, ti fa un bello scherzo. Anche se non ridi. Anche se non è uno scherzo. Anche se tutto finisce. O ricomincia. Anche se la mente si annebbia e non ci capisci più niente, non sai dove andare, al tuo posto in televisione hanno dato la replica di un vecchio film e tu sbatti contro i muri in ospedale, fai cadere tutto, cadi tu, urli di lasciarti stare, ti chiudi in una stanza vuota. Anche se non serve proprio a niente.

    Quando poi fai finta di essere forte, quando pensi di potercela fare, di sapere che cosa dire, come reagire, come prenderla, è lì che capisci che non sei forte, che forse non ce la farai, che non proferirai parola, che prenderai a pugni il vetro della macchina, che la cosa più importante adesso è dirlo ai bambini, e chissà come la prenderanno.

    In ospedale Paola Martucci si riscoprì fragile, anche perché non c’era più niente da fare, e chiese, anzi pretese, spiegazioni.

    «Mamma…»

    Si strinsero in un abbraccio senza calore, dato solo per consolare, non per aggiustare, anche perché potevano raccogliere solo i pezzi e buttare via tutto. Era ormai troppo tardi.

    «Com’è successo?»

    «Mi aveva lasciato i bambini…»

    E solo a nominarli, sua madre allagò l’ospedale di lacrime e disperazione.

    «Dobbiamo essere forti, mamma».

    Non ci credeva nemmeno lei a quella bugia, a quella stupida frase. Che tutto poteva tranne che dare conforto. Che non ci credeva proprio nessuno. Che essere forti, in certi momenti, non serve proprio a niente. A niente.

    «Una camion li ha travolti…»

    Fu tutto chiaro.

    «I bambini dove sono ora?»

    «A casa di amici».

    Stavolta Paola prese la mano di sua madre e gliela carezzò con un po’ di calore e con la tristezza che piano piano si insinuava in entrambe e che le stava contagiando sempre più, come un virus silente i cui sintomi si rivelano a poco a poco.

    «C’è un messaggio per te, Paola».

    «Per me?»

    «Sara, evidentemente ancora cosciente dopo l’incidente, un attimo prima di morire, ti ha inviato un messaggio che tu ovviamente non hai letto».

    «Cosa c’era scritto?»

    «Prenditi cura di loro».

    Invia messaggio a: Sister

    Prenditi cura di loro.

    3

    Una nuova vita

    Non puoi scappare dal passato, perché fa parte

    di te e prima o poi ci devi fare i conti.

    «Prenditi cura di loro» c’era scritto in quel messaggio rimasto lì, sospeso a mezz’aria mentre tutto il resto accadeva, mentre colei che l’aveva scritto era ormai andata via e non poteva più farci niente.

    «Prenditi cura di loro» c’era scritto in quel messaggio che da lì in poi avrebbe cambiato un po’ tutto. Una vita intera. E la vita di tre bambini che improvvisamente si erano ritrovati orfani.

    «Prenditi cura di loro» era il messaggio che Paola Martucci leggeva e rileggeva mille volte, fuori da quella sala operatoria dove non c’era più niente da fare, dove il destino era già stato scritto, dove la morte aveva preso il sopravvento sulla vita, dove la tristezza stava inondando tutto, non solo la pelle di quelle due donne che, improvvisamente, avevano perso una figlia e una sorella. Avevano perso tutto.

    «Non riesco a dirglielo».

    La madre di Paola Martucci aveva un compito grande, enorme, impossibile: dire a quei tre nipoti adesso orfani di entrambi i genitori, che questi se ne erano andati via per sempre. E avrebbe dovuto usare parole diverse per tutti e tre.

    «Lo faccio io mamma».

    «Te ne sarei grata».

    «Lo faccio io».

    Intanto la notizia della morte della sorella di Paola Martucci stava facendo il giro dei siti web, dei giornali, dei telegiornali e dei programmi alla televisione.

    «Muore in un incidente la sorella di Paola Martucci.»

    «Stop al programma di Paola Martucci per lutto: è morta sua sorella.»

    «Lutto nel mondo della televisione: la sorella di Paola Martucci perde la vita in un incidente stradale insieme a suo marito. Lasciano orfani tre bambini.»

    E tante altre testate che si sarebbero accodate da lì in poi per diffondere la notizia. Perché Paola Martucci era una delle conduttrici più famose della televisione. Perché ogni cosa riguardante Paola Martucci meritava di essere scritta e pubblicata. Sui social, milioni di persone si strinsero al suo dolore. Intanto a casa di Sara, di sua sorella, stava per cambiare tutto.

    «Nonna, zia… che ci fate qua?» chiese Mattia, uno dei figli più piccoli di Sara e Giacomo.

    «Dove sono mamma e papà?» chiese Vanessa, la figlia più grande, che aveva già capito tutto.

    «Che bello rivederti zia» disse Alessandro, l’altro più piccolo, prendendo la rincorsa per andare ad abbracciarla forte, perché immaginava si trattasse di una sorpresa, perché era da troppo tempo che non la vedeva.

    Giovanna, la madre di Paola, non resse e decise di nascondersi in bagno a piangere.

    «Cos’è successo a mamma e papà?»

    «È difficile per me trovare le parole…»

    «Non ti vediamo per anni, piombi in casa nostra all’improvviso senza i nostri genitori e non ci degni nemmeno di una spiegazione?»

    «Vostra mamma e vostro papà…» faceva fatica Paola Martucci a proferire quelle parole che sembravano sassi pronti a rivoltarsi indietro e a farle male.

    «Sono…»

    E ancora altro tempo, e ancora un’altra pausa…

    «Morti».

    E poi per addolcire il tiro per quei due bambini non ancora coscienti aggiunse: «Mamma e papà sono diventati due angioletti, sono in cielo adesso e veglieranno per sempre su di voi».

    «Voglio mamma…»

    Pianse uno.

    «Zia riportaci mamma e papà…»

    Pianse un altro.

    «Cosa stai dicendo?» chiese la più grande, anche se aveva capito tutto. Anche se avrebbe voluto piangere, ma i suoi sedici anni non glielo permettevano, perché lo avrebbe fatto dopo in camera sua, ma adesso voleva solo sapere.

    «Venite qua…»

    Li abbracciò.

    Un abbraccio che poteva durare anche mille inverni, ma che non poteva guarire, non poteva aggiustare. Niente.

    «Prenditi cura di loro».

    Lo avrebbe fatto. Costi quel che costi. Andando contro tutto e tutti. Anche a costo di cadere, farsi male, cambiare vita. Anche a costo di non farcela.

    Ma ce l’avrebbe messa tutta.

    Per sua sorella. Per quella tacita promessa fattale prima di morire. Perché aveva voglia di rimediare. A tutti gli errori del passato, per non esserci mai stata. Per aver sacrificato la propria famiglia per il successo.

    «Prenditi cura di loro».

    Stava per iniziare una nuova vita per Paola Martucci. Anche se non era pronta. Anche se aveva mille cose da fare, tre bambini da proteggere, crescere e non far sentire soli.

    Era difficile, ma non impossibile per Paola Martucci. Che nella vita non si era mai arresa. E non si sarebbe arresa nemmeno adesso di fronte alla sfida più grande di tutta la sua vita.

    «Mi prenderò cura di loro» rispose a quel messaggio immaginario. E anche se sapeva che sua sorella non le avrebbe potuto rispondere, in cuor suo Paola Martucci sapeva che da qualche parte nell’universo era fiera di lei. Finalmente.

    4

    Paola Martucci

    Sii fiera di te, perché hai sopportato

    tanto, ma hai superato sempre tutto.

    Paola Martucci era una donna di successo. Era riuscita, in poco tempo, a diventare una delle conduttrici più famose d’Italia, a farsi rispettare dai colleghi, ad avere l’appoggio dei piani alti e, soprattutto, l’amore del pubblico che la seguiva ogni giorno nel suo programma delle cinque e che era insaziabile di gossip sulla sua vita privata. Tutto quello che Paola Martucci toccava diventava oro: gli ascolti altissimi, la concorrenza annientata, le pubblicità che la rendevano sempre più ricca, le interviste pagate a peso d’oro.

    Paola Martucci era amatissima, ma era così incredibilmente sola. Perché per arrivare dove era arrivata, per raggiungere e mantenere quel successo che tanto faceva gola agli avvoltoi, Paola Martucci aveva dovuto fare delle scelte. E, di conseguenza, delle rinunce. Che pesavano come macigni, che le rendevano la notte insopportabile. Perché di notte, quando tutto taceva e quando tutto moriva, venivano a galla gli errori del passato, le assenze ingiustificate e quell’abbandono che ancora faceva male. Che avrebbe fatto male sempre. Sia a lei che a tutta la sua famiglia.

    Paola Martucci sapeva mascherare tutto molto bene. La gente, però, conosceva solo Paola Martucci, il personaggio e non Paola, la persona. Con tutte le sue fragilità, le lacrime che macchiavano ogni notte un cuscino nuovo, gli sbagli più grandi cui non era più possibile rimediare, la vita che correva veloce come un treno e lei su quel treno c’era salita troppo in fretta lasciandosi alle spalle tutto. Le cose più importanti. Le cose che contano. Le persone che contano. E quelle persone, a volte, hanno bisogno di te. Solo, non lo sai. O forse, lo hai dimenticato. E hai dimenticato chi eri. Chi sei. Da dove sei arrivata.

    La vita di Paola Martucci non era sempre stata rose e fiori. Per arrivare in quell’olimpo dove ormai regnava incontrastata, aveva dovuto sopportare tanto, aveva dovuto attraversare un eterno inverno, un calvario che non si meritava, che nessuno merita di vivere, specie quando sei una ragazzina e non hai niente e di conseguenza non hai mezzi per fare qualcosa a riguardo. Puoi solo scappare e cercare di cambiare vita. Perché alla fame Paola Martucci aveva compensato la fama, diventando un’altra, ma nel cuore rimaneva tutto e lei lo sapeva benissimo. E la vita, all’improvviso o quando ne ha voglia, trova sempre il modo per ricordartelo. Perché è impossibile cancellare dalla mente quello che hai passato, ed è difficile anche fare finta che non sia successo niente. Perché basta un niente e ti ritrovi catapultato a quegli anni. Dove non c’eri, perché avevi fatto una scelta: scappare.

    Paola era diventata un corpo vuoto, senz’anima, perché quella, insieme alla mente, erano già fuggite via, volate chissà dove, per dire basta. Perché in quella gabbia, Paola Martucci non ci voleva stare. Di quel niente, Paola Martucci era piena. Satura. E quell’anima e quella mente volate chissà dove, erano riuscite a portarsela con sé. Non era più solo il loro contenitore adesso. Paola Martucci era diventata complice di se stessa. Ed era andata via. Via da quell’incubo che durava da sempre. Via da coloro che l’avevano messa al mondo e, nonostante tutto, amata. Più di qualunque altra cosa. Ma che non potevano fare nulla per rimediare, che sarebbero rimasti sempre lì, fermi. Ad aspettare una vita che per loro non sarebbe mai cambiata.

    «Un bacio a te, al babbo e a Sara. Me ne vado. Ho voglia di vita. E io qui non vivo. Non preoccupatevi per me, starò bene. Ovunque e dovunque nel mondo, ricordatevi sempre che vi voglio bene.

    Vostra sempre, Paola.»

    Aveva spiccato il volo, Paola Martucci. Destinazione: la vita. Non sapeva dove andare, non sapeva cosa fare, aveva solo qualche risparmio che avrebbe speso da lì a poco. Ma sapeva che qualcosa sarebbe cambiato. Che la vita le doveva ancora tanto, ancora tutto. E lei quel tanto, quel tutto, se l’era andato a prendere.

    Qualche giorno dopo si ritrovò a Milano.

    E da lì era partito tutto.

    C’è voluto tempo, mille lavori, occasioni perse, una svolta, una botta di culo. La fortuna che quando ti accarezza devi afferrarla subito altrimenti va via. Paola l’aveva afferrata in tempo. Subito dopo era diventata Paola Martucci, una delle regine della televisione.

    5

    Io e loro

    Ce la farai, perché è così che

    deve andare, è così che andrà.

    «Mamma tu devi riposare, hai fatto già abbastanza per loro».

    «Non ce la farai mai da sola, Paola».

    «Ce la farò».

    Perché ce l’ho fatta un milione di altre volte, avrebbe voluto dirle. Ce la farò perché quando tutti voi pensavate che mi sarei arresa non l’ho fatto e ho tirato dritto. Perché sono caduta mille volte, mi sono sbucciata

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