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Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo
Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo
Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo
E-book148 pagine2 ore

Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo

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Info su questo ebook

Da sempre il viaggio rappresenta la fuga, il desiderio di scoprire se stessi, Omero, Virgilio e tanti altri hanno raccontato le loro peripezie in luoghi burrascosi nel tentativo di far luce sul loro cammino.
Questo non succede alla nostra Autrice Fiorella Gimigliano in Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo la quale nel viaggio non cerca se stessa, ma gli altri, e luoghi che possono appagare la sua insaziabile sete di curiosità. Conoscere gli usi e costumi di un luogo la spinge altrove, oltre Riva del Garda che da sempre ha rappresentato la linea di confine tra lei e il resto del mondo.
Ma non si giunge a tutto questo se non c’è quell’intraprendenza che fa prendere certe decisioni. Fin da bambina mostra un individualismo, che l’accompagna tuttora, che fa rumore anche se non fa nulla per mostrarlo. Il suo modo di essere libera da ogni costrizione imputabile a codici discutibili, di operare una certa selettività e di non preoccuparsi se nello scrivere la sua storia non segue una linea guida, ma linee alternative, con direzioni diverse, è quello che si usa definire “sopra le righe”.
Fiorella è sopra le righe da sempre, e il suo bisogno continuo di sfidare l’infinito la porta costantemente ad affrontare il rischio dell’impresa.

Fiorella Gimigliano nasce a Ravenna il 3 settembre 1967 da papà Pietro e da mamma Lucia.
Frequenta il liceo classico fino al quarto anno. Si rende conto di non essere portata per gli studi universitari e decide di iscriversi all’istituto magistrale da privatista, per conseguirne il diploma e l’attestato per l’anno integrativo. Si iscrive poi, al Magistero, al primo anno di Pedagogia a Urbino, ma con scarsissimo successo, come già aveva immaginato. Non inizia nemmeno a dare un esame.
Abbandona subito l’appartamento preso in condivisione con le altre compagne e torna a Ravenna dal suo amato cavallo Barnaby John. Dopo il conseguimento di un attestato come “segretaria di direzione”, decide di dedicare tutta la sua vita ai cavalli e ai viaggi che intraprende spesso da sola. È mossa da una curiosità talmente forte che la spinge a conoscere e a vivere qualsiasi luogo e situazione di suo interesse. Non interagisce minimamente con la lettura di alcun libro, perché solo il fatto di leggere il nome del paese in cui è ambientato la conduce via da Ravenna. Usa tutti i mezzi a sua disposizione per visitarlo e conoscerne usi e costumi.
Già a nove anni, dopo il primo volo aereo, matura in lei l’idea di non sposarsi, di non avere figli e legami tali da impedirle la scoperta del mondo in tutte le sue forme… ed oggi continua a vivere così.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2021
ISBN9791220108768
Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo

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    Anteprima del libro

    Infanzia di una viaggiatrice compulsiva - Fiorella Gimigliano

    piatto-gimigliano.jpg

    Fiorella Gimigliano

    Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo

    (da bimba ad adulta)

    © 2021 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-0589-7

    I edizione febbraio 2021

    Finito di stampare nel mese di febbraio 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Infanzia di una viaggiatrice compulsiva:

    da Topolino a Mister Magoo

    (da bimba ad adulta)

    Prefazione

    Il testo "Infanzia di una viaggiatrice compulsiva: da Topolino a Mister Magoo" fa riferimento ad alcune esperienze che ho vissuto viaggiando per tutto il mondo spesso anche da sola.

    Ho menzionato vari luoghi per me molto significativi.

    I miei ricordi e le mie avventure costituiscono il nucleo tematico, li ho divisi per episodi tutti diversi in cui la protagonista sono io.

    La mia intenzione è dare un messaggio: quello di prendere la vita e tutte le sue sfumature con più leggerezza, cercare di risolvere i problemi senza drammatizzare troppo, affrontare le situazioni più pericolose con un senso di goliardia, una sorta di sfida nei confronti della sorte.

    Un invito a superare le più disparate situazioni con ironia e con l’ingenuità infantile, che è la via più semplice per soffrire meno, sempre.

    Io sono così.

    Mister Magoo è il personaggio che amavo e amo ancora perché rispecchia, in parte, il mio modo di vivere: attraversa tutti i pericoli senza nemmeno accorgersene e ne esce miracolosamente illeso; io, differentemente, quando incontro le avversità me ne rendo conto e le affronto a muso duro, spesso oltre ogni limite.

    Topolino, invece è… Topolino.

    Il mio zoo

    La mia infanzia è stata davvero degna di una sana e compulsiva viaggiatrice. Ho trascorso quindici serene estati a Lido Adriano, località turistica sulla riviera romagnola. I miei genitori avevano comprato una villetta abbinata con giardino e mia sorella ed io non vedevamo l’ora di trasferirci lì da giugno a settembre perché eravamo libere e in compagnia degli amichetti del quartiere.

    A Ravenna, invece, vivevamo in un appartamento senza cortile in un grande condominio, in cui sono nata, e che sono in procinto di lasciare proprio quest’anno, dopo cinquant’anni.

    In ogni giardino, noi bambini, trovavamo tutti gli anni gatte e gattini a cui ci affezionavamo e che curavamo per tutta l’estate rendendoli domestici e affettuosi. C’era una vera e propria gara a chi aveva il giardino più attrezzato ad accogliere mamma gatta con i suoi cuccioli, dal momento che, lei per partorire, cercava sempre il luogo più congeniale dove allevare i suoi piccoli. Ecco allora che prendevo dai supermercati le cassette in disuso e le trasformavo in cucce, i panni per spolverare diventavano comode coperte, gli asciugamani erano adattati a tetti parasole sorretti dai bastoni delle scope che fregavo a mia madre. Per l’acqua e il cibo utilizzavo le ciotole vuote dei gelati che trovavo in abbondanza al Bagno Isotta e quelle fantastiche capanne spesso venivano scelte dalle micie. Questo mio impero immobiliare scatenava regolarmente vere e proprie gelosie da parte degli altri bambini e così di notte, invece di dormire, facevo la guardia al mio fortino per evitare intromissioni straniere e furti mirati a togliermi la potestà dei miei amici a quattro zampe.

    Non potendoli rubare a me, se li rubavano tra di loro generando sempre litigate perché, se è vero che l’erba del vicino è sempre più verde, ho sperimentato che il gatto del vicino è sempre più bello.

    Naturalmente la refurtiva veniva imboscata in garage di nascosto dalle mamme (per le quali ogni proprio figlio era santo e innocente) che, loro malgrado, difendevano l’amato ladruncolo dalle illazioni degli altri genitori.

    Già, i genitori!

    Travolti dalle marachelle dei figli finivano per improvvisarsi allievi di Sherlock Holmes. Sarebbero stati tutti regolarmente bocciati dall’investigatore perché fallivano ogni tentativo di conciliazione in quanto presi costantemente per i fondelli dai propri figli.

    I novelli gattari nascondevano gelosamente i gattini sistemandoli in punti critici dei garage a prova di mamme. Solo un incendio li avrebbe portati a svelare il furto, dovendo per forza mettere in salvo le bestiole. Quando poi i genitori esaurivano e gettavano la spugna, ci trovavamo tutti, ora a casa di uno, ora a casa dell’altro, a bere aranciata e a mangiare bomboloni e piadine per ristabilire amichevoli rapporti. Proprio in quelle circostanze avveniva l’incredibile. I miagolii dei gatti riportavano tutti all’ordine e mandavano all’aria ogni faticoso tentativo di conciliazione. Ogni buon proposito lasciava spazio al dubbio mai sopito di quel: Chi ha rubato i mici…?.

    E finalmente eravamo di nuovo tutti arrabbiati!!

    Io mi sono tolta di mezzo presto ed ho dovuto vendere la mia gettonatissima attrezzatura per tre sacchetti di caramelle e quattro cioccolate, oltre a cedere i miei amatissimi e coccolatissimi gatti!

    Una non bene identificata orticaria mi aveva trasformata in un albero di Natale illuminato da tante pustole rosse, brillanti come lampadine. Le orecchie si erano gonfiate e notavo forti e preoccupanti somiglianze con il mio amico elefantino Dumbo, mai così amico e simile a me come in quella circostanza. I fazzoletti da naso Etciù improvvisamente incrementarono la loro produzione e vendita. I promoter bussavano alla mia porta e mi corteggiavano per avermi come loro testimonial. E poi, non respirando bene, avevo adottato come amico l’eucalipto invece dei gatti, e questa cosa proprio non andava giù a una capobranco come me.

    Allergia ai gatti e nove anni di vaccini.

    Iniezioni intramuscolari a cadenza settimanale e a dosi variabili.

    Una sentenza terribile, ma accettai decidendo di cambiare animale. Fu così che vinsi un polletto alla Festa de l’Unità del paese. Credendo si trattasse di un maschio lo chiamai Ago perché passava dappertutto e, trattatomi come la sua mamma, chiedeva le coccole saltandomi in braccio e dandomi i bacini con il suo beccuccio. Se io aprivo la mano vi saltava sopra appollaiandosi sul palmo, così mi trovai a girare per Lido Adriano con un pollo che mi seguiva come un cane. I bambini del vicinato erano impotenti di fronte a tale miracolo e si limitavano a farmi largo quando passavo con il mio avicolo, anche perché lui scagazzava ovunque passasse. Le mamme avevano intimato loro di non sporcarsi le scarpe e di starmi alla larga per non pestare antipatiche chiazzette. Il pollo non è un gattino, e non sta da solo in garage, ma piange perché vuole solo me… quindi il pollo non si tocca.

    Ero libera di andare in spiaggia con il mio amico piumato che, mentre prendevo il sole, se ne stava buono buono sotto l’ombrellone.

    Attirava l’attenzione di tutti i bagnanti che volevano scattare foto assieme a lui e pensavo agli addetti del circo che si facevano pagare la foto con la scimmietta o con il leoncino.

    Ho resistito alla tentazione!

    Se qualcuno si avvicinava, starnazzando mi saltava sulla pancia e metteva il becco sotto le mie ascelle perché non sopportava il sole. E come non capirlo!

    Il forno caldo è un triste pensiero se rivolto ai polli!

    Dovevo stare attenta a non farlo scorrazzare troppo per la spiaggia, (vista la propensione a lasciare ricordini non propriamente graditi) altrimenti l’Isotta, proprietaria del Bagno omonimo (che fantasia!) mi avrebbe intimato a lasciarlo a casa da solo a pigolare fino al mio ritorno.

    A tavola il mio Ago aveva la pretesa di assaggiare qualsiasi cibo io avessi nel piatto. Non conoscendo l’uso del cucchiaino, se riusciva ad agguantare un pezzo di torta, lo faceva volteggiare in aria spargendo briciole dappertutto. Ciò non era ben tollerato dalla mamma e né dalla sottoscritta perché avevo il compito di ripulire ogni suo capriccio.

    Amava pane e cioccolato, spaghetti con il pomodoro, gamberetti e insalata, ma guai se trovava un pezzo di carne! Era pronto a invadere la tavola agitando le ali innervosito, trasformando ogni pezzo di pane in briciole di esclusiva proprietà. La notte, quando mia madre non se ne accorgeva, dormiva accovacciato nella sua cuccia accanto al mio letto. Quando sentiva rumori strani diventava un pollo da guardia e ruggiva come un leone.

    Svegliava il vicinato barricandosi dalla paura sopra al lampadario, proprio nei punti irraggiungibili dalla razza umana.

    A Lido Adriano mi conoscevano anche i poliziotti e i finanzieri, così avevo le spalle coperte nel caso qualche malintenzionato decidesse per un istante di farlo al forno.

    Per fortuna non venni mai aggredita anche perché ci sarebbe stato il mio pollo a difendermi.

    La mia bestiola era anche il pezzo forte dello zoo che avevo creato nel mio giardino e per visitarlo facevo pagare il biglietto ai bambini, amici e non.

    Valentina era il nome della mia tartaruga che a dispetto del nome che le avevo dato, smicciava sempre indisturbata. Scavava tunnel sotterranei per infiltrarsi nei giardini dei miei coetanei.

    Questi, gelosi come sempre, non me la restituivano e se la tenevano finché non andavo a riprendermela dietro il pagamento di un sacchetto di caramelle, la nostra moneta corrente.

    La usavamo anche per vendere tra di noi i giocattoli che non volevamo più. Mio babbo ebbe la brillante idea di fare a Valentina un indolore buchino nella corazza con il trapano, così da trattenerla nel nostro giardino, legata con un lungo spago. Non si rivelò una buona soluzione perché quella furbona, tirando tirando, segò lo spago liberandosi definitivamente e sparendo per sempre.

    Dovevo immaginarmelo che sarebbe finita così, perché già da qualche giorno, la vedevo gironzolare con il suo spago rotto in bocca come se fosse un guinzaglio. Si autoconduceva!!

    Dello zoo faceva parte Noris, il mio cagnolino Pincher, che non andava d’accordo con il pollo ma cercava di imitarlo. Avevo un pollo che starnazzava e un cane che ululava, peraltro intonato, che cercava di avere la meglio su di lui.

    Ago, che era il più veloce, scappava prendendolo in giro e facendolo sbattere con il muso da ogni parte. Se infatti il primo, con brevi voletti, riusciva a mettere in crisi il cagnetto depistandolo, quest’ultimo, poco furbo e affannato, nel tentativo di acchiappare il suo nemico numero uno, cozzava sempre contro muretti e sedie che erano i posti preferiti sopra i quali si appollaiava Ago il quale, con un versetto strano, lo derideva facendolo incazzare.

    Avevo una voliera con gli uccellini, per l’esattezza bengalini, regalo da me fortemente desiderato per la Cresima. Questi si erano adattati alla strana situazione e assecondavano le scorribande del pollo. Se lui urlava, loro urlavano, se lui camminava con me, loro ci seguivano camminando sul pavimento della gabbiona. Come orsi, bersagli da colpire con i finti fucili al Luna Park, i bengalini e il pollo camminavano sincronizzati avanti e indietro, indietro e avanti.

    Scoprii che Ago era una gallina quando vidi

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