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Sacro e profano
Sacro e profano
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E-book205 pagine2 ore

Sacro e profano

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Info su questo ebook

Dinny e Pierre sono i due personaggi che il lettore ritrova più volte in questa storia, che in realtà è un contenitore di più storie, di racconti in prima persona che trattano i temi più vari, dalla guerra al difficile rapporto padre-figli, dalla socialità alle crisi esistenziali.
Nei sei libri che costituiscono Sacro e profano l’autore affonda le unghie nei recessi più nascosti della propria anima, un flusso di coscienza ininterrotto, scandito da una mescolanza di finzione e realismo. Osservazioni sociologiche e riflessioni di natura filosofica trovano spazio in un’opera essenzialmente metaletteraria, senza un inizio e una fine precisi, ma densa di significati e di stimoli per il lettore più disincantato e coraggioso.

Maximilien F., pseudonimo dell’autore, è nato a Maratea nel 1972. Vive attualmente a Trani.
Dopo la laurea in Scienze Politiche a Bari, frequenta ora un corso di laurea in Lettere.
LinguaItaliano
Data di uscita28 feb 2021
ISBN9791220108898
Sacro e profano

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    Anteprima del libro

    Sacro e profano - Maximilien F.

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    Maximilien F.

    Sacro e profano

    (Juvenilia Rudimenta)

    © 2021 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-0663-4

    I edizione febbraio 2021

    Finito di stampare nel mese di febbraio 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Sacro e profano

    (Juvenilia Rudimenta)

    A tutte le persone che mi hanno voluto bene.

    Così le nostre interminabili sedute terminarono mentre trovai in Pierre un vero e sincero amico nonché confidente.

    La sua tristezza mi rasserenava, il suo interesse verso le cose mi incuriosiva, il suo disprezzo per la volgarità mi attraeva.

    Erano periodi in cui andavano di moda un certo permissivismo e un certo malcostume sociale e questo lo rendeva ancor più inquieto, mentre discutevamo degli animali, della loro utilità e della loro adattabilità ad un sistema.

    Trascorrevo i giorni con lui quasi fossi la sua compagna e questo mi faceva sentire più forte, più sicura nelle mie scelte.

    Un certo impressionismo di sinistra rendeva ancor più tristi i nostri incontri, talvolta mi trattava male, mettendomi a disagio e questo mi rendeva tremendamente malinconica.

    Era evidente come mi volesse bene e come teneramente tentasse di alleviare il mio dolore.

    Era funambolico nei suoi gesti, nelle sue trovate, nei suoi punti di vista, ma mi annoiavano i suoi discorsi, non sembrava rendersi conto che la realtà cambiava la nostra vita e non il contrario.

    Se di ogni esame si potesse dare un anno della propria vita a quest’ora sarei vecchia e consunta delle mie presunzioni e delle mie desumibilità.

    È per questo che è doloroso rendersi conto e questo, Pierre, lo sapeva benissimo, di come la lontananza non sempre sia un toccasana o un portafortuna.

    «Le intelligenze sopiscono e poi si destano», così mi diceva.

    «Oh, non sempre Pierre, e se poi si addormentano e non si svegliano più?».

    Dava un colpo alla bottiglia, un altro alla porta e poi spariva.

    Stava anche giorni senza farsi vedere e se ne infischiava se la sua malinconia si arrampicava su un albero, poi si rifaceva vivo con il colletto unto di chissà quale vino.

    Era facile preda degli isterismi altrui e la sua maturità lo aveva portato a rendersi conto di chissà quali schiavitù.

    La sua identità lo portava a chiarirsi le idee con suoi simili.

    «Questo giorno mi ha portato bene», e richiudevo il suo diario.

    Certo che entrare in un mondo in cui la maschilità la fa da protagonista non è facile, il pensiero schiavo di altresì ragioni, di altre vedute, di panorami diversi, ecco tutto.

    Era un po’ restio a concedersi e mi mancavano certe sue uscite che avevano prodotto un certo effetto e una certa riconoscenza.

    Adoravo del resto quel modo di entrare dalla porta senza che alcuno se ne accorgesse e di uscirsene sbattendone i piedi.

    Era allora che mi accorgevo della sua presenza assenza.

    In un gioco di parti in cui ciascuno recita la sua commedia era perdente e questo non lo sopportava.

    Non aveva il benché minimo senso di cosa volesse dire un regalo e i suoi gestacci lasciavano trasparire un’ineducazione giovanile che si era trasformata in trascuratezza.

    Egli però teneva bene il filo dei nostri discorsi accorgendosi tuttavia in ritardo della mia scontentezza, del mio disappunto.

    Di Bordeaux ci piaceva il distacco che essa imprime tra sé e i suoi fiumi.

    Pierre conosceva bene quei luoghi e mi parlava spesso degli abitanti di quella zona.

    Le volte delle cattedrali una volta appartenute a qualche imperatore bizantino, prima dell’ondata coloniale contenevano i nostri discorsi.

    Si notava l’ingenuità delle fanciulle, si parlava delle nostre situazioni personali e i contenitori dei nostri ricordi si riempivano di parole.

    Un uomo che trattava della vendita di pelli si avvicinò e ci chiese in tutta la sua bonaria ignoranza cosa fosse l’amore ingrato.

    Era evidente come scuotesse con la sua domanda degli argomenti a noi poco cari; ci contentammo di volgere sdegnati verso l’uscita.

    Sia io che Pierre conoscevamo bene il significato di quella domanda, quanto vi fosse molto poco di religioso e come la gente di quei luoghi fosse attratta dagli stranieri per cercare quantomeno di infastidirli e di porsi in una situazione di vantaggio in un eventuale litigio.

    Di come è scosceso un percorso umano e di quante piste è battuto il sentiero della vita erano cose di cui mi sarei accorto in seguito.

    Di questo facciamo spesso un travaglio e ci poniamo nelle condizioni più opportune per assecondare i dettami di una scelta.

    Pierre si mostrava contrario a questi discorsi, la sua prima ragazza, così mi raccontava, aveva avuto l’infelice idea di accoglierlo – era molto ricca – e di presentargli l’opportunità di una vita diversa.

    Egli, ragazzo modesto, aveva avuto la sfortuna di incontrare una ragazza che voleva, ben conscia delle proprie possibilità, santificare la vita di Pierre.

    Egli rifiutò e si accorse del rammarico del suo rifiuto.

    Il rifiuto è presto detto, è un’opportunità che ben poche volte la vita ci concede e talvolta ci lascia stupiti del modo in cui ci tratta.

    «Oh, hai visto che roba questi arnesi, sembra che prima o poi te la scardinano una saracinesca», diceva Pierre rivolgendosi a degli studenti intenti a preparare le loro lotte studentesche.

    Io lo assecondavo e mi accorgevo di come dal suo viso esprimesse tanta di quella scontentezza, che gaiamente ceravo di accondiscendere.

    Egli sapeva con arguzia porre il suo fare nelle giuste direzioni e questo lo portava ad essere un saggio conoscitore della vita.

    Lasciai Pierre alle sue intenzioni.

    L’infelicità spesso si suona su una tastiera ed essa delimita ben presto i confini del nostro esperire ed anche se non sempre gaio il motivo entra a far parte dei tuoi giorni; la scontentezza figlia della passione negata la sostiene.

    Far apparire il tutto come una modesta causa di ingiustizia è a parer mio quanto di più difficile possa presumersi da un uomo.

    La mia beatitudine era principalmente quella di non dir nulla ad alcuno dei miei propositi, a nascondere il più possibile i miei segreti e a rendere lontano tutto quanto mi circondasse.

    La gaia pienezza di una vita si esprime anche nei suoi rifiuti.

    Di questi periodi mi sento rinascere il desiderio di una fuga.

    Le lunghe notti insonni trascorse mi insegnavano di come diffidare anche del più amabile essere umano e di come allontanandosi si rischia sempre qualcosa di più che rimanendo.

    È tenue la volizione di uno sconosciuto se rapportata ai nostri desideri, infatti sia io che Pierre avevamo qualcosa da rimuginare sul nostro passato.

    Una ragazza, che avevamo conosciuto anni fa, rimuginava spesso sul fatto che non avesse visite e il fatto che le facemmo noi visita le arrecò un notevole piacere.

    La sua casa così fredda, ella faceva di tutto per renderla accogliente e a noi bastava quella premura, quella lieta accondiscendenza che ogni donna dovrebbe portare con sé.

    «Hai visto che dama del Seicento?», mi diceva Pierre nei rari momenti in cui ella si appartava.

    «È così raro riscontrare tanta gentilezza che anche se non fosse una donna bisogna renderle i giusti riconoscimenti».

    Il desiderio che poi ella volesse fuggire, così mi diceva, mentre riscaldavamo le nostre mani gelide intorno al fuoco rendeva il tutto più misterioso.

    Ella aveva avuto un marito, un uomo molto poco dabbene che faceva di tutto per renderla infelice; dopo numerosi litigi e numerosi tentativi di divorzio, ella si decise a lasciarlo ma il segno di quei momenti scuri rimase e ci accorgevamo attraverso i suoi gesti e i suoi discorsi di come le fosse stata tolta quasi una fetta della sua giovinezza.

    Pierre agitava inquieto le mani davanti al fuoco quasi volesse darmi a mostrare la diversità tra un luogo così freddo e quel calore che istintivamente il fuoco emanava.

    La casa era più o meno uniformemente suddivisa e non aveva alcunché di anormale se non dei drappi vistosi che simboleggiavano delle insegne militari: essa doveva essere appartenuta a qualche ufficiale o a qualche nobile.

    Si distingueva, attraverso la debole luce, che le finestre socchiuse lasciavano entrare dei vasi antichi che davano conferma alle mie ipotesi.

    La ragazza, del resto, si mostrava affabile quando parlavamo dei nostri propositi, insomma di noi, ma piuttosto reticente quando le facevamo domande circa la sua casa, la sua persona.

    Doveva avere molte personalità se era riuscita a disfarsi di quell’uomo davvero così poco dabbene ed era riuscita a ricucire la sua vita.

    Parlavamo tranquillamente delle nostre intenzioni, dei nostri trascorsi, Pierre soleva in questi casi tirar fuori il meglio del suo repertorio e trarre tutta la sua capacità oratoria per incantare e deliziarci.

    Pierre finì ben presto con l’innamorarsi di Dinny che pur mostrandosi contraria a contrarre una nuova relazione si lasciava circuire dalle lusinghe e dai suoi modi.

    Aveva un alcunché di arcaico Dinny nella sua accortezza che da sola bastava affinché non cadesse nell’invadenza.

    Non era, in alcun modo, circoscrivibile l’attenzione della ragazza: ella sfuggiva negli angoli più riposti della disattenzione, della noncuranza, lasciando che Pierre si invaghisse di lei.

    Passammo così le giornate e fra un caffè e una conversazione il ragazzo non mancava di far notare il suo spirito e la sua arguzia.

    «Hai visto Dinny con che faccia ti guarda la gente? Pensi che sia un cattivo uso della discrezione il fatto che noi frequentiamo la tua casa?».

    Ella non rispondeva, faceva ampi gesti con la mano come per dire di lasciar perdere.

    Non era solita permettere intrusioni nella sua vita privata ma il fatto che sia io che Pierre ci incontrassimo a casa sua non le sembrava dare alcun problema.

    «Sai Pierre, un brutto giorno che vorrei cancellare dalla mia vita incontrai un ragazzaccio per via, un amico del mio ex marito; questi erano conoscenti per un affare che li legava. Questo ragazzo mi fermò per strada con la scusa che la macchina non funzionava e mi invitò in un caffè a bere qualcosa».

    Ella doveva essere una donna molto ricca ed anche molto brillante se aveva vissuto questa drammatica esperienza, così mi venne di pensare.

    Erano le undici, era una mattina uggiosa, il cielo era ricoperto di nuvole scure che non promettevano nulla di buono.

    Discendemmo in una strada, la gente passava stanca e non sembrava far caso ai nostri movimenti, ed alla altezza di una piazza in cui si ergeva una statua di bronzo lasciai Dinny e Pierre da soli: avevo una certa premura di incontrare un gentiluomo che mi facesse la cortesia di sbrigare dei lavori in casa.

    Essi continuarono il loro passeggio continuando allegramente a conversare, finché non si sedettero su una panchina disposta su un viale alberato che costeggiava il fiume.

    Data l’ora, il viale era percorso da numerose persone, per lo più gente d’affari o nobiluomini in cerca di una seconda attività.

    Avevano con sé dei libri che parlavano di uomini di legge che avevano segnato con le loro gesta o con la loro vita il periodo in cui avevano vissuto.

    La mattina volgeva verso la fine cosicché Pierre riaccompagnò Dinny a casa e pranzò in un ristorante in cui lasciò una lauta ricompensa per il servizio.

    Egli godeva di grande stima nel suo ambiente, non era l’ultimo arrivato e sapeva con dovizia prendersi cura dei suoi affari.

    La lunga via che essi avevano percorso di mattina era ora affollata di gente e Pierre dovette ripercorrerla per giungere a casa di un suo amico, un uomo che aveva già vissuto gran parte della sua vita a fare affari e a vagabondare per il paese.

    Pierre aveva un modo di fare piuttosto espansivo e questo lo rendeva particolarmente simpatico a chi non lo conosceva.

    Racchiuso nella sua cordialità egli poneva i suoi stati emozionali nel suo guscio e raffigurava ai suoi conoscenti solo i risvolti della sua personalità che egli di volta in volta riteneva opportuno.

    Sbrigò in serata i suoi propositi ed era quasi scesa la penombra quando ci raggiunse in un caffè dove eravamo soliti incontrarci.

    Dinny non aveva ancora deciso su Pierre, ella aveva avuto sempre una giusta opinione su tutto quanto la circondasse.

    Pierre aveva avuto modo durante la mattina di mostrarle forse prematuramente i suoi sentimenti, aveva bensì ottenuto in cambio una promessa di amicizia.

    Ora che eravamo riuniti in un caffè mi sembrò opportuno che Dinny ci esponesse i suoi propositi, non sentendomi tradita ma mantenendo quel certo distacco da quella ragazza che sembrava maneggiasse con tanta facilità gli uomini.

    Pierre non rispose, annuì tacitamente come per dire che avesse compreso il significato di quella domanda e volse lo sguardo stupefatto verso Dinny.

    Mi sorprendeva il fatto di come egli avesse svenduto in quei giorni parecchia della sua dignità per un amore che era prematuramente sbocciato nel prato della sua vita.

    Tuttavia egli finì per guardare la vicenda con più distacco, forse consapevole delle ferite che una negazione gli avrebbe provocato.

    Contrariato e distaccato era il suo portamento, un ulteriore attaccamento gli avrebbe provocato un’inflessione triste che la sua vocazione non gli consentiva.

    Aveva con sé quella tacita approvazione o condiscendenza che spesso finisce per legare due vite umane, altre volte separa e sfinisce.

    Il tutto per avere con sé un risvolto di gaia umanità e di consapevole approvazione nei confronti delle cose che egli faceva.

    «Detesto chi schernisce e mette in gioco la sicurezza delle altre persone».

    Dinny non amava avere visite e i nostri incontri si diradavano anche se Pierre continuava in maniera costante a porgerle i suoi omaggi e ad incontrarsi in casa sua.

    Il calar della luce, l’ostinazione con cui essa permaneva nella stanza e andava via non appena i fuochi della sera si spegnevano.

    L’incostanza è spesso figlia dell’imbroglio e se nasce come un germe non sbocciato si prende gioco di sé.

    La fede, l’attaccamento che Dinny riponeva nelle cose che faceva le conferiva una notevole forza e una dignità superiore anche se ella sapeva ben poco su concetti quali l’onore ovvero ella guardava o riteneva con superiorità quelle cose che una persona distinta dava per acquisite.

    Il prodromo, il succedersi di ogni cosa, ella distingueva nettamente consapevole della brevità di una relazione e della fragilità che i rapporti personali intaccavano.

    Lei che aveva avuto una storia piuttosto travagliata temeva il riaffacciarsi di certe situazioni e temeva che la sua intempestività nuocesse alla sua vita relazionale.

    Del resto quella dose minima di vetustà che in ogni suo gesto ella poneva sulle cose e sulle persone la rendeva ancor più piacevole in compagnia.

    Ella detestava le persone ritenendole spesso a ragione dei giocattoli e per lei era come far uso ora di questo ora di quello.

    Il suo gusto superiore non la opprimeva, anzi rendendola simile agli altri la portava ad essere una buona

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