Desiderio d'estate: Harmony Collezione
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Info su questo ebook
Kathy West lavora per il signor Joseph da diciotto mesi, ma è solo quando lui ha un attacco di cuore che fa la conoscenza con Bruno Giannella, il figlioccio dell'anziano uomo. L'incontro per la ragazza è sconvolgente. Bruno, nonostante la tratti con alterigia, l'attrae come non le era mai capitato prima, a tal punto che il suo sogno ricorrente è lei avvinghiata a lui mentre si baciano con una passione senza limite.
Anche lui, superato il primo shock nel vedere che l'assistente del patrigno non è un'anziana governante, si ritrova preso nella rete del desiderio. La ragazza sarà sua o non si chiama più Bruno Giannella.
Cathy Williams
Autrice originaria di Trinidad, ha poi studiato in Inghilterra, dove ha conosciuto il marito.
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Anteprima del libro
Desiderio d'estate - Cathy Williams
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
His Virgin Secretary
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2004 Cathy Williams
Traduzione di Raffaella Fontana
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5891-846-3
www.eHarmony.it
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1
Bruno stava per atterrare con un volo da New York e Kathy sapeva che questa volta non le sarebbe stato possibile fare come al solito e tagliare la corda non appena lui fosse arrivato.
Per dirla in parole povere, Bruno Giannella la terrorizzava. Lo aveva conosciuto per la prima volta diciotto mesi prima, durante un colloquio il cui intento era stato quello – puramente formale – di rompere il ghiaccio e di imparare a conoscerla un po’ meglio, visto il ruolo che Kathy avrebbe rivestito nella vita del suo padrino. Si era trattato dell’ora e mezza più faticosa di tutta la sua vita, che l’aveva condotta alla conclusione che l’unico modo per andare d’accordo con quel tizio fosse avere a che fare il meno possibile con lui.
A partire da quel momento, aveva affinato fino alla perfezione l’arte dell’eclissarsi al momento opportuno. Le sue visite al padrino erano rapide, rare e programmate con ampio anticipo. Bruno Giannella – aveva concluso tempo addietro – non aveva un debole per la spontaneità. Non sembrava esserci molto spazio per gli impulsi in una vita pianificata in ogni dettaglio, cosa della quale lei si rallegrava, perché le offriva la possibilità di scandire le sue giornate libere con un tempismo perfetto rispetto alle visite di lui. Riusciva sempre a evitarlo, o tutt’al più a incrociarlo sulla soglia.
In questo frangente, tuttavia, una facile fuga non sarebbe stata possibile.
Joseph, il padrino appunto, era stato portato d’urgenza all’ospedale il pomeriggio prima con un sospetto di infarto.
Era stato uno shock tremendo per lei e non appena aveva iniziato a vederci chiaro, aveva subito contattato Bruno per informarlo dell’accaduto.
Il fatto che avesse dovuto provare una mezza dozzina di numeri prima di essere finalmente messa in comunicazione con lui nell’ufficio di New York la diceva lunga. Per giunta, a giudicare dal tono di sufficienza con cui le si era rivolto, le era risultato evidente che lui ritenesse quella telefonata una semplice perdita di tempo.
Subito dopo aver accennato alle tante telefonate che aveva dovuto fare prima di riuscire finalmente a rintracciarlo, gli aveva spiegato cos’era successo e lui l’aveva informata che avrebbe preso il primo volo per l’Inghilterra e che si aspettava di trovarla a casa al suo arrivo il giorno dopo. Il clic del telefono che interrompeva la conversazione proprio quando lei era a metà di una frase, le aveva ricordato tutte le ragioni per le quali detestava quel tizio.
In ogni caso non c’era modo di opporsi all’ineluttabile, rifletté fissando la strada con la gravità di chi aspetta il boia che gli metterà il cappio intorno al collo.
Si era seduta sulla sedia color ruggine sbiadito davanti alla finestra, quando andare avanti e indietro per la casa aveva rivelato tutta la sua inefficacia nel tentativo di farsi coraggio. A quel punto aveva ritenuto che forse, aspettandolo alla finestra e individuandolo per prima, avrebbe potuto sfruttare il fattore sorpresa.
In ogni caso, il piano naufragò miseramente e, quando il taxi si fermò davanti al cancello, la parvenza di calma che era riuscita a raggiungere svanì in un soffio, lasciandola con dei terribili crampi allo stomaco.
Nelle poche occasioni in cui aveva avuto a che fare con Bruno Giannella, la cosa che le era sempre sembrata terribilmente ingiusta era che nel suo caso, potere, ricchezza e intelligenza fossero integrati in un aspetto tanto affascinante. Meritava una qualche menomazione fisica. O almeno di rientrare nella media. Invece possedeva il fascino sfuggente e oscuro che faceva perdere la testa alle donne. Capelli neri e lucenti, dello stesso colore degli occhi, una bocca generosa e sensuale e una struttura ossea che sembrava scolpita da mani amorevoli e con una tensione verso la perfezione.
Tuttavia, agli occhi di Kathy, quel viso senza difetti era caratterizzato da una freddezza permanente, lo sguardo era distaccato e assente e la bocca crudele e arcigna.
Quando Joseph, dopo poco tempo che aveva iniziato a lavorare per lui, si era vantato del successo che il suo figlioccio riscuoteva presso l’altro sesso, Kathy era rimasta in silenzio e si era domandata se fosse l’unica donna al mondo a essere indifferente al suo leggendario fascino.
Lo osservò furtivamente mentre pagava il tassista, afferrava la valigia firmata e la ventiquattrore e poi si voltava verso la casa con cipiglio. Da lontano sembrava quasi un uomo come gli altri. In carne e ossa. Si muoveva, parlava, faceva soldi a palate, apparentemente era rispettato dai suoi dipendenti. E naturalmente adorava il suo padrino.
Se n’era accorta in quelle rare occasioni in cui si erano ritrovati a casa tutti insieme. In fondo, non poteva essere tanto cattivo.
Un attimo dopo, lo sentì bussare ripetutamente alla porta e le sue illusioni si infransero. Si precipitò ad aprire.
Non appena aveva posato lo sguardo su di lui, aveva avuto la netta percezione di come si sarebbe sentita nei giorni a venire: goffa, a disagio, imbarazzata e perennemente fuori posto.
Infatti, aperta la porta, cercò immediatamente di distogliere lo sguardo da quella figura imponente e virile e si schiarì la voce nervosamente.
«Accomodati, Bruno. Mi... fa piacere rivederti.» Si fece di lato in modo da lasciargli la strada libera e lui le marciò accanto senza degnarla di uno sguardo. «Hai fatto buon viaggio?» Kathy richiuse la porta e vi si appoggiò, bisognosa di sostegno.
Bruno avanzò nell’ingresso. Si concesse qualche istante per assorbire l’atmosfera dell’abitazione – che ovviamente era un tantino vecchia scuola
, visto che il suo padrino era stato un professore universitario – quindi si voltò per osservare la figura aggrappata alla porta.
Se c’era una cosa capace di mandarlo su tutte le furie, era vedere qualcuno che se la faceva sotto in sua presenza. E Kathy West se la stava facendo sotto. I suoi ricci castani le erano scivolati intorno al volto abbassato coprendolo, e se ne stava attaccata alla maniglia come se fosse stata pronta a fuggire a gambe levate da un momento all’altro.
«Dobbiamo parlare» dichiarò meccanicamente, con l’indifferenza di chi è abituato a impartire ordini e a essere obbedito, «e non ho intenzione di farlo qui in piedi. Perciò, perché non ti stacchi da lì e non vai a preparare una tazza di tè?»
Joseph non faceva che tesserne le lodi e lui francamente non lo capiva. Quella ragazza spiccicava a malapena quattro parole. Se era dotata di una personalità spiccata e frizzante, faceva di tutto per tenerla ben nascosta ogni volta che lui era nei paraggi. Esternò la propria irritazione con un sospiro, mentre lei gli scivolò accanto diretta in cucina.
«Allora» esordì non appena l’ebbe raggiunta, «raccontami che cosa è successo. E non tralasciare nulla.» Si lasciò ricadere pesantemente su una delle sedie e rimase a guardarla mentre lei riempiva la teiera ed estraeva due tazze da un armadietto.
Era strano trovarsi in quel posto senza Joseph. La sensazione non era di suo gradimento. Nei mille spostamenti comportati dal suo stile di vita frenetico e molto glamour, tra i tanti appartamenti a sua disposizione, Parigi, Londra, New York, quella casa restava un punto di riferimento per lui, e il suo padrino ne era parte integrante. L’idea che le sue condizioni potessero essere più gravi del previsto gli scatenava un brivido di paura lungo la schiena.
Il che non lo metteva nello stato mentale ideale per cercare di essere gentile con l’imbranata che gli stava davanti e che si stava occupando del tè.
«Quando è... cominciato tutto, esattamente?»
«Te l’ho detto ieri per telefono.»
Kathy non aveva bisogno di guardarlo per sapere che il suo sguardo era incollato su di lei.
«Ti dispiacerebbe guardarmi? Trovo davvero difficile avere una conversazione con qualcuno che si ostina a parlare a una tazza di tè!»
Kathy obbedì e si sentì subito disorientata. «Aveva appena bevuto il tè...»
«Che cosa?»
«Ho detto che Joseph aveva appena finito...»
«No, no, no.» Bruno agitò le mani con impazienza. «Voglio sapere esattamente cosa ha bevuto. Niente che possa avere causato l’attacco? Ha anche mangiato qualcosa? Potrebbe essere un’intossicazione alimentare. Sono proprio sicuri che si tratti di un infarto?»
«È naturale che lo siano! Sono dottori, per l’amor del cielo!»
«Il che non significa che siano infallibili.» Sorseggiò un po’ di tè e poi iniziò ad allentare il nodo della cravatta quel tanto che bastava per slacciare il primo bottone della camicia.
Kathy lo osservò con la morbosità di chi si trova davanti a qualcosa di pericoloso e imprevedibile senza riuscire ad allontanarsene. Come un cobra.
«Non può trattarsi di un’intossicazione alimentare» riprese, cercando di tenere a mente il suo appunto circa il parlare con la tazza di tè e sforzandosi di non alimentare ulteriori critiche. «Ha mangiato solo del pane fatto in casa. Stava bene durante lo spuntino, ma poi ha avvertito un malessere e ha voluto sdraiarsi.» Gli occhi le si riempirono di lacrime al ricordo di quanto era successo. A un certo punto si era portato entrambe le mani al petto, incapace di parlare e la situazione le era apparsa subito delle più sinistre.
«In nome del cielo, non iniziare a piangere! La situazione mi sembra già abbastanza penosa anche senza che ti metta a frignare!»
«Mi dispiace» mugugnò, «è solo che mi sono molto spaventata. È successo tutto così all’improvviso.» Rinunciò alla tazza di tè, di cui in ogni caso non aveva mai avuto voglia, e iniziò a giocherellare nervosamente con le mani raccolte in grembo sotto il tavolo, al riparo dallo sguardo di lui. «Solo il giorno prima avevamo fatto una lunga passeggiata in giardino, nella serra. È così