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Richiesta Speciale
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E-book209 pagine2 ore

Richiesta Speciale

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Info su questo ebook

Andrea Bach, parente del grande compositore tedesco, ha come hobby il dolce far niente.
E' ricco e lo deve alla cospicue entrate musicali del suo avo.
Un giorno qualunque, però, tutto cambia. Improvvisamente.
Andrea, seduto pigramente sul sedile della metropolitana milanese, intento a pensare sul cosa farà il giorno dopo, scopre di poter sentire i pensieri delle persone.
Se in un primo tempo la cosa lo diverte, scopre quasi subito che quel dono gli cambierà la vita.
Andrea si troverà a affrontare, suo malgrado, situazioni paradossali.
La scoperta di un cadavere davanti al portone di casa sua sarà l'inizio di misteriose situazioni.
E da lì, intende capire.
Quando decide di esporsi con una indagine degna del migliore investigatore, scopre, con grande disappunto, quanto siano importanti i soldi per le persone.
Come farli, non importa. Basta farli.
Andrea Bach si rende conto che l'apparenza quasi sempre inganna e perciò cerca rifugio nelle sinfonie di Johann Sebastian e nelle liriche del nonno.
Un nonno che gli rivelerà come e cosa si può ottenere da una richiesta speciale.
LinguaItaliano
Data di uscita4 feb 2015
ISBN9786050349023
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    Anteprima del libro

    Richiesta Speciale - Bruno Zantedeschi

    Bruno Zantedeschi

    Richiesta speciale

    Richiesta speciale

    Bruno Zantedeschi

    Edizione Gennaio 2015

    ISBN 978605034023

    Autopubblicato con Narcissus.me

    www.narcissus.me

    ___________________________________________________

    Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

    ___________________________________________________

    UUID: 9786050349023

    This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com)

    by Simplicissimus Book Farm

    Giovedì.

    Con la mente che vaga, vaga anche il mio corpo tantochè, inaspettatamente, mi trovo sotto il tunnel di una metropolitana qualunque, ad aspettare un treno qualunque, in un giorno qualunque, di una settimana qualunque, di un mese qualunque, di un anno qualunque; ma è primavera.

    A stento trovo un posto a sedere nella carrozza numero tre, mentre la calca si fa sempre più pressante e siamo solo alla prima fermata ; alzo lo sguardo e per arrivare al capolinea ne conto ventuno.

    Chissà, mi dico, come faranno ad entrarci altre persone.

    Ecco lì i vari Giorgio, Marco, Luca, Alessandro, Clara, Simona, Roberta, sono li, sul vagone di un treno qualunque che li porta chissà dove.

    Parlano, parlano e parlano.

    Giorgio, ad esempio, è al suo primo giorno di lavoro.

    E’ alquanto emozionato ma, come riferisce al suo occasionale compagno di viaggio, " sono certo di poter contare sulla collaborazione del capo ufficio: Lo dico in confidenza a lei che non la conosco.

    La dottoressa Agata, la capo ufficio, ha perorato la mia causa solo perché so alcune cose sul suo conto.

    Ad esempio, ho visto una sua fotografia completamente nuda su un giornale per soli uomini; ed è sposata con un marito che fa l’avvocato e con due figli che non assomigliano per niente né al marito né a lei ma come- obietta l’occasionale compagno di viaggio- nessuno si è posto il problema della fisionomia?"

    E’ molto meglio avere il dubbio che la certezza-sentenzia Giorgio- anche perché il dubbio fa rimanere a galla.

    Una considerazione semplice che ritengo logica, anche perché il dubbio, quando si è certi che andando oltre potrebbe esserci il crepaccio, serve a percorrere la propria strada senza procurarsi danni irreparabili. E così …

    Ma la cosa che farebbe esplodere lo scandalo-interviene Giorgio- è che la foto della dottoressa Agata è accompagnata da un testo che dice .cercasi partner occasionale…"

    Clara, un tipetto biondo alta circa un metro e settanta, occhi tra il verde e l’azzurro scuro, con una leggera fossetta che le dona un viso aristocratico, da quando Giorgio ha iniziato il suo racconto con lo sconosciuto , non si è curata minimamente di proseguire nella sua lacrimosa lettura di un Liala formato economico.

    Si vedeva lontano un miglio che l’argomento le interessava.

    Passandosi una mano sui folti capelli color oro e

    girando pigramente una pagina non letta del libro, ha ascoltato tutto il discorso di Giorgio e pensava: che fortunata la dottoressa Agata:

    Ma come, mi dico, non ha aperto bocca e ho sentito cosa ha detto; incredibile, non ho sentito, ho captato il suo pensiero.

    Mi sono dato un forte pizzicotto sulla mano sinistra. Mi sono fatto male.

    Ero sveglio.

    Straordinario.

    RIESCO A LEGGERE NEL PENSIERO.

    Una brusca frenata mi fa sussultare, decido di scendere ad una fermata qualunque e con passo frettoloso raggiungo l’uscita. 

    Indica Duomo.

    Respiro a pieni polmoni l’aria inquinata della mia città.

    E già la mia città.

    Sono confuso, incredulo e allo stesso tempo affascinato.

    Certo, rendersi conto di riuscire a capire i pensieri e le intenzioni della gente ti cambia la prospettiva.

    Non so che cosa mi abbia portato a entrare al bar Zucca, forse l’abitudine di anni passati in cui frequentavo il centro di Milano, il cosiddetto salotto buono.

    Ordino il famoso Rabarbaro servito freddo con seltz e scorzetta di arancia. Sublime. 

    Venerdì.

    Mi alzo di buon’ora, sono confuso, agitato ed eccitato per ciò che mi è capitato il giorno prima nella metropolitana, nella carrozza numero tre.

    Mi chiedo: funzionerà ancora!

    Riuscirò a sentire ciò che pensa la gente!

    Mi precipito nel tunnel della metropolitana, sono trafelato, ho un principio di tachicardia.

    A mano a mano che il treno si avvicina alla stazione la palpitazione aumenta, vado verso la carrozza numero tre.

    E’ stracolma, non riesco a entrare; prendo posto, a fatica, nella carrozza numero cinque.

    Un bambino di circa dieci anni, con un buffo ciuffo biondo, mastica avidamente una cicca e si lamenta con una Signora per non aver fatto in tempo a fare colazione perché si è alzato tardi.

    Disperatamente cerco i volti del giorno prima.

    Un Signore vestito elegantemente in doppio petto blu con tanto di distintivo di appartenenza all’occhiello, mi pare sia di un Rotary, senza colpa mi schiaccia un piede.

    Mi chiede scusa; non riesco a sentire altro.

    Sento solo un forte vociare, data la ressa.

    Mi avvilisco.

    La magia del sentire ciò che la gente pensa è durata un solo giorno e solo sulla metropolitana.

    Scendo alla prima fermata e sconsolato mi siedo sulla prima panca che vedo.

    Cerco di mettere ordine alle cose in un giorno qualunque, di una settimana qualunque, di un mese qualunque, di un anno qualunque.

    Dopo un po’ di tempo trascorso sulla panca, decido di prendere il treno che sta arrivando in quel momento in stazione.

    Distrattamente salgo su una carrozza e mi siedo accavallando le gambe.

    Guarda che maleducato è quel Signore, così facendo può far inciampare chi passa di lì.

    Ma come, mi dico, riesco ancora a sentire ciò che la gente pensa?

    Cosa sarà mai successo?

    Alzo lo sguardo per poter vedere la provenienza dello sfarfallio di luci che turbano per un attimo la mia vista e sulla porta della carrozza c’è il numero tre.

    Sono nella carrozza numero tre.

    " Sono curioso della reazione di Raf; dopo la lite le regalo un intimo sexy.

    Penserà che vorrò farmi perdonare qualcosa? O forse che questo è un modo per farmela piacere come un tempo?

    Pensi quello che vuole ma questo è un regalo che mi piace fare.

    Anche se il tempo passa sono sempre il Gabriele romantico"

    Un po’ frastornato dall’aver potuto captare ancora i pensieri della gente, nella magica carrozza numero tre, sorvolo a ciò che aveva pensato quel Signore che poco prima mi aveva dato del maleducato perché mi ero seduto accavallato le gambe.

    Ho però notato che aveva un pizzetto castano con tonalità grigie bene in vista su un viso scavato e per niente simpatico.

    Portava gli occhiali.

    "Non preoccuparti - rispondeva con tono perentorio al telefonino che aveva annunciato la chiamata con l’inno della fanfara dei bersaglieri – sarò da te tra trenta minuti.

    Via Fornari numero 25 vero?

    Fin che mi ricordo ti lascio anche un altro recapito telefonico: 3413625487.

    Non si sa mai.

    Ciao"

    Aveva una leggera zoppia sulla gamba destra.

    Non lo conoscevo ma mi era antipatico.

    Decido di pensare solo a ciò che farò questa sera. E’ venerdì e in televisione danno l’anticipo di una partita di calcio.

    Forse la guarderò o forse riprenderò la lettura di un romanzo stucchevole che non riesco mai a finire. 

    Sabato.

    Di buon’ora suonano con insistenza al citofono di casa mia.

    Sono talmente assonnato che nell’accendere la luce urto il bicchiere sul comodino e rovescio l’acqua che va a bagnare le pagine dello stucchevole libro che penso non finirò mai di leggere.

    Poco male.

    Racconta di come ci si può sorprendere se si percorre a ritroso il goccio d’acqua che esce dal rubinetto di casa.

    Alzo il citofono e una voce profonda con tono di comando, è un poliziotto, mi chiede se conosco l’uomo che sta accasciato alla porta dove abito.

    Me lo descrive minuziosamente e capisco subito chi è. Non abita qui – dico con voce leggermente in falsetto - non l’ho mai visto .

    Sono turbato e improvvisamente ricordo nitidamente ciò che voleva fare quel Signore.

    Sono le 5 del mattino, non riesco a riprendere il sonno.

    Mi faccio un caffè, più amaro del solito e, inconsciamente, eseguo una manovra che di solito non faccio mai: accendo la radio.

    E’ posizionata su una stazione che trasmette musica sinfonica.

    L’apprezzo e, malgrado la giornata sia iniziata in modo anomalo, riesco a rilassarmi e a concentrarmi.

    Via Fornari, 25.

    Chi doveva incontrare quel Signore dall’aria antipatica.

    E poi, perché regalare quegli indumenti sexi.

    Il citofono riprende a squillare.

    "Signor Bach – dice la voce di prima con tono ancor più perentorio – il medico legale presume che la persona che giace senza vita accasciata al portone è morta tra le tre e le quattro del mattino.

    E che non si tratta di morte naturale ma bensì di morte violenta.

    E’ sicuro di non aver sentito o notato nulla?".

    Come, parla del medico legale, della morte violenta. Sono quasi le otto; manca un quarto d’ora.

    Immerso in numerosi interrogativi non mi sono reso conto che il tempo sia che ci si diverta, sia che ci annoi, fa sempre la stessa cosa: passa.

    Mi chiedo, perché quel poliziotto ha schiacciato il citofono con il mio nome.

    La plafoniera del condominio ne conta altri undici.

    Posso salire- insiste- solo per mettere a verbale ciò che ci siamo detti.

    Nel vederlo faccio fatica a nascondere un certo disagio.

    E’ una persona con cui non andrei mai a bere una birra insieme.

    Sul verbale c’è scritto: uomo di circa 45 anni, con pizzetto, con occhiali, morte presunta tra le tre e le quattro del mattino, privo di documenti.

    Dopo circa 15 minuti e dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua il poliziotto è uscito dal mio appartamento non prima di avermi dato una forte stretta di mano.

    Se le viene in mente qualcosa mi chiami pure.

    Sul bigliettino che mi ha lasciato sul tavolo c’è scritto tenente Ronco con un numero di telefono. 

    Via Fornari, 25. Quel Signore – Gabriele - l’ho visto in metropolitana alle ore diciassette, dopo mezz’ora aveva un appuntamento con una certa Raf e quindi sarebbe arrivato all’appuntamento prima delle diciotto.

    E, da quel momento, sono trascorse circa dodici ore.

    Cosa avrà fatto

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