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Mille rimpianti - II: Il castello di fuoco (1574-1581)
Mille rimpianti - II: Il castello di fuoco (1574-1581)
Mille rimpianti - II: Il castello di fuoco (1574-1581)
E-book428 pagine5 ore

Mille rimpianti - II: Il castello di fuoco (1574-1581)

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Info su questo ebook

Lisbona, marzo 1574: caracche e galeoni salpano verso oriente. Tra i passeggeri che affrontano la perigliosa traversata fino all’India e oltre, c’è il gesuita Alessandro Valignano. Gli è stato assegnato dal Generale della Compagnia l’incarico di Visitador (ispettore) delle missioni in Africa e Asia. Si avvera per lui il sogno di una vita, abbandonato dopo una giovinezza turbolenta e poi riapparso, quasi suo malgrado: varcare gli oceani fino al remoto Japòn.
Oda Nobunaga, il signore della guerra che sta riunificando il paese, protegge i cristiani. Questi però non sono che pedine nel gioco politico/militare dell’epoca e rischiano di essere sacrificati a ogni nuovo sviluppo. Il personaggio più temibile è lo stesso Nobunaga, che lunghi anni di lotta per la supremazia hanno trasformato in un tiranno sanguinario.
Alessandro si prepara all’incontro cruciale con Oda Nobunaga ma proprio in quel momento, il destino aprirà sotto i suoi piedi la trappola di un ricordo.
LinguaItaliano
Data di uscita2 nov 2021
ISBN9788855391719
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    Anteprima del libro

    Mille rimpianti - II - Grazia Maria Francese

    Mille rimpianti - Il castello di fuoco

    EEE - Edizioni Tripla E

    Grazia Maria Francese, Mille rimpianti II. Il castello di fuoco (1574-1581)

    © EEE - Edizioni Tripla E, 2021

    ISBN: 9788855391719

    Collana Grande e piccola storia, n. 24

    EEE -Edizioni Tripla E

    di Piera Rossotti

    www.edizionitriplae.it

    Tutti i diritti riservati, per tutti i Paesi.

    Copertina di Max Delledonne.

    PERSONAGGI

    I protagonisti

    Oda Nobunaga, signore della tenka (potere politico e militare nel Giappone del XVI secolo)

    Alessandro Valignano, Visitador della Compagnia di Gesù nelle Indie Orientali

    I seguaci di Nobunaga

    Hashiba Hideyoshi, chiamato anche scimmia o l’uomo dalle sei dita

    Takenaka Hanbei il gobbo, consigliere di Hideyoshi

    Hayashi, consigliere anziano degli Oda

    Shibata Katsuie, generale di Nobunaga

    Kawajiri Hidetaka, capo dei ninja

    Akechi Mitsuhide chiamato anche kinkan (mandarino)

    Kuki Yoshitaka, il samurai del mare

    Tokugawa Ieyasu, alleato di Nobunaga

    Gamo Ujisato, genero di Nobunaga

    Sen Soeki o Sen-no-Rikyu, l’esperto del tè

    Kicho, prima moglie di Nobunaga

    Onabe, favorita di Nobunaga

    I nemici

    Oichi, sorella minore di Nobunaga

    Asai Nagamasa, marito di Oichi

    Takeda Katsuyori, daimyo di Kai

    Uesugi Kenshin, daimyo di Echigo

    Mori Terumoto, daimyo di Amaguchi

    Araki Murashige, daimyo di Settsu

    Hosokawa Yusai, nobile della corte imperiale

    Kennyo Kosa, abate di Ishiyama Honganji

    Takugen, monaco zen e maestro di Nobunaga

    Tashi, favorita di Araki Murashige

    Ryu, giovane concubina di Nobunaga

    I daimyo cristiani

    Takayama Ukon, daimyo di Takatsuki (Dom Justo)

    Takayama Zusho, suo padre (Dom Dario)

    Omura Sumitada, daimyo di Omura (Dom Bartolomeu)

    Otomo Sorin, daimyo di Bungo (Dom Francisco)

    Arima Harunobu, daimyo di Arima (Dom Protasio)

    I gesuiti

    Oliviero Toscanelli, segretario del Visitador

    Duarte de Sande, missionario

    Organtino Gnecchi Soldi, missionario

    Luis Frois, missionario

    Padre Cabral, superiore del Giappone

    Gli stranieri

    Yasuf o Yasuke, il cafro

    Vasco Fernandes, capitano di Mossambique

    Antonio Barreto, vicerè delle Indie Orientali

    Monsignor Leão Pereira, arcivescovo di Goa

    Gaspar Cortereal, capitano di Malacca

    Lionel da Brito, capitano di Macau

    João Rodrigues, giovane portoghese

    Juan Lortes, mercenario

    RICAPITOLO DEI FATTI

    Italia, anno 1555. Alessandro Valignano, figlio di un nobile abruzzese, è destinato a studiare legge. Il suo sogno però è varcare gli oceani: l’epoca delle grandi esplorazioni sta portando gli europei fino ai confini del mondo. Un astrologo incontrato per caso, Michele di Nostradamus, gli predice che andrà in oriente, verso il misterioso Japòn.

    Completati gli studi, Alessandro entra al servizio di Mark Sittich von Hohenems: un capitano di ventura che, grazie alla parentela con il papa, diventerà il cardinale d’Altemps. Le esperienze come comandante di lanzi, i mercenari tedeschi, gli aprono nuovi orizzonti. Tuttavia non può dimenticare Francesca, una giovane cortigiana conosciuta durante gli studi. Torna a Venezia per rivederla.

    Gli intrighi di Marco Venier, che credeva suo amico, fanno cadere in trappola i due innamorati: Francesca viene ferita al viso, Alessandro è arrestato e rinchiuso nei Pozzi. Ne è liberato grazie all’intervento di Carlo Borromeo, cugino del cardinale d’Altemps.

    Nel frattempo il padre di Alessandro è morto. Costretto a lasciare Francesca, il giovane non ha più fiducia in se stesso. La crisi, arrivata al culmine con la notizia del suicidio della ragazza, lo spinge a entrare in un ordine religioso, la Compagnia di Gesù.

    Sette anni dopo, Padre Valignano sembra essersi liberato dai fantasmi della giovinezza e avere dimenticato i propri sogni. Quasi per caso, chiede di essere mandato come missionario nelle Indie: l’inaspettata risposta del Generale della Compagnia è nominarlo Visitador, ispettore delle missioni gesuitiche nelle Indie Orientali.

    Il 21 marzo 1574 Alessandro salpa da Lisbona. La profezia si sta realizzando.

    Nello stesso periodo il Japòn è frammentato in molti piccoli regni, sempre in guerra gli uni con gli altri. Oda Nobunaga, figlio di un signorotto di Owari, sembra la persona meno adatta a riunificarli. Sostenuto dai suggerimenti del suo maestro, il monaco Takugen, si impadronisce del governo della casata e riesce a sconfiggere in battaglia l’immensa armata degli Imagawa, affermandosi come potenziale dominatore del paese.

    Il suo nuovo motto, Tenka Fu Bu (lo stendardo di un solo guerriero sotto il cielo) raccoglie l’adesione di molti samurai e anche di gente dalle origini oscure: come Tokichiro, un venditore ambulante che, asceso nel favore di Nobunaga fino a diventare uno dei suoi generali, assumerà il nome di Hashiba Hideyoshi (in seguito Toyotomi Hideyoshi).

    Le ambizioni politiche di Nobunaga lo spingono a reinsediare nella capitale lo shogun, che era stato deposto. Questi però si sente sminuito da quel sostenitore troppo potente e comincia a complottare contro di lui, attirando nella sua rete anche il cognato di Nobunaga, Asai Nagamasa.

    Scampato a malapena a un attacco a tenaglia degli Asai e dei loro alleati Asakura, Nobunaga si rende conto che suoi nemici numero uno sono i monasteri buddisti, centri di potere temporale oltre che religioso. Il suo esercito attacca gli antichi monasteri del monte Hiei, legati da sempre alla casata imperiale, riducendoli in cenere.

    L’impresa attira l’esecrazione di tutto il paese. Il leggendario signore della guerra Takeda Shingen attacca le armate di Nobunaga, ma resta ucciso in un misterioso incidente prima di incontrarlo in battaglia. Rimasto privo di alleati, lo shogun viene deposto definitivamente e mandato in esilio.

    Sempre più solo, abbandonato dalla moglie Kicho, circondato da traditori veri o presunti, Nobunaga deve indurire il proprio animo fino a cadere in una sorta di pazzia dai caratteri sadici. Oltre ai nemici, a farne le spese è la giovanissima Ryu, una delle sue concubine.

    Nuove battaglie si profilano, contro il cognato Nagamasa e altri nemici molto più potenti. Il cerchio si stringe attorno a Nobunaga ma anche attorno ai cristiani, da lui protetti come strumento per contrastare lo strapotere dei monasteri buddisti.

    Il Visitador e il signore della guerra, così diversi eppure stranamente affini, vanno verso un incontro dalle conseguenze imprevedibili.

    - I -

    Giappone, fortezza di Sawayama

    1° anno di Tensho, annuncio d’autunno (agosto 1573)

    «Cosa vuoi, tu? Chi sei?»

    Isono Kazumasa, comandante della fortezza, squadra perplesso l’uomo di fronte a lui. Le guardie gli hanno tolto le spade, gli frugano addosso in cerca di armi nascoste, eppure quello continua a chiacchierare come se fosse tra amici.

    «Vi siete dimenticato di me, Isono-san? Sono Hashiba Hideyoshi: ci incontrammo in battaglia, tre anni fa. Quel giorno i vostri uomini sembravano inarrestabili. I miei fecero una pessima figura, invece… oh, ma in seguito li ho addestrati a dovere! Se li doveste affrontare adesso, non ve la cavereste tanto facilmente.»

    Isono ha sentito parlare di questo Hideyoshi, il senza casta che è diventato uno dei generali di Nobunaga, però non ricorda di averlo mai visto. Si è presentato al cancello chiedendo di lui, ha accettato di entrare nella fortezza da solo: davvero strano.

    «Dev’essere un impostore» sussurra il capo delle guardie. «Una spia, venuta a tenderci qualche tranello.»

    «Le mani» risponde lui in un bisbiglio. L’uomo le tiene alzate sopra la testa: entrambe hanno un dito in più sotto l’attaccatura del pollice. Pare che Nobunaga, il suo signore, si rivolga a Hideyoshi chiamandolo sei dita oppure anche scimmia. Il secondo soprannome non è meno azzeccato: la faccia piatta dell’uomo, la sua statura bassa, lo sguardo curioso degli occhietti scuri fanno davvero pensare a un babbuino.

    «Che vuoi?» ripete Isono con diffidenza. «Se hai qualcosa da dire sbrigati, sono molto occupato.»

    «Mi spiace farvi perdere tempo» risponde Hideyoshi con aria contrita. «Mi rendo conto che è una cosa insolita tra chi combatte in schieramenti opposti, ma vorrei farvi un favore.»

    «Davvero?» Isono scoppia a ridere: suo malgrado, trova simpatico quello sfacciato. «Sentiamo cosa ti sei inventato per cercare di ingannarmi.»

    «Non c’è nessun inganno!» protesta l’altro abbassando le braccia: la perquisizione è terminata. «Si tratta di questo: abbiamo conquistato un fortino degli Asai dove c’erano alcuni prigionieri. Tra gli altri una donna, che sostiene di essere vostra madre.»

    Isono trasalisce. Un ordine emanato tempo addietro da Asai Nagamasa faceva i nomi di alcuni vassalli, compreso il suo. Dovevano consegnare in ostaggio un parente stretto, che sarebbe stato crocefisso qualora il vassallo in questione non si fosse dimostrato all’altezza dei suoi compiti.

    «Andrò io» aveva detto sua madre. «Ho vissuto abbastanza.»

    Da allora Isono aveva fatto l’impossibile per evitare che la fortezza fosse presa dai nemici.

    Della madre non aveva più saputo nulla.

    «Non è studiata male» risponde, fingendosi divertito. «Suppongo che in cambio di questa donna, chiunque ella sia, mi chiederai di consegnarti la fortezza: puoi scordartelo, non sono un traditore.»

    L’uomo dalle sei dita apre le braccia. «Isono-san, io non vi ho chiesto nulla! Vi rendo vostra madre senza condizioni.» Abbassa la voce. «La poveretta mi ha raccontato tutto. Possibile? Asai Nagamasa ripaga così il valore che avete mostrato in battaglia? La guerra rende crudeli, ecco: ma non è giusto, non verso un uomo come voi.»

    Dentro di sé Isono è più che d’accordo. Cova rancore per il ricatto di Nagamasa, però non è così sciocco da ammetterlo di fronte a un nemico.

    «Ti sbagli, Hideyoshi. Il mio signore non imprigiona i parenti dei vassalli.»

    «Allora vi chiedo scusa di nuovo» sorride l’altro. «Sarà una stordita che non ricorda più neppure il proprio nome: l’avevano dimenticata lì nei sotterranei, senza acqua né cibo. Mia moglie Nene ha fatto ciò che poteva per lei, ma sono prove molto dure alla sua età.»

    «Frottole!» sbotta Isono. «Non ti credo.»

    «Ah, l’avevo previsto, siete un uomo prudente… se guardate nella borsa che i vostri uomini mi hanno preso, troverete un pettine. Lo avevate regalato a vostra madre quando compì cinquant’anni.»

    «Datemi quella borsa» ordina Isono.

    La rovescia. Tra sacchetti porta amuleti, micce per archibugio e cianfrusaglie c’è davvero l’oggetto, che riconosce subito: un pettine laccato su cui è scritto in argento il nome di sua madre, Masako.

    «In ogni modo basta guardare fuori» aggiunge Hideyoshi in tono amichevole «l’ho portata qui».

    Isono sale di corsa la scala della torretta. A un centinaio di passi dal cancello ci sono gli uomini di Hideyoshi. Tra loro si vedono due donne: una giovane vestita come un samurai, e…

    Sembra davvero lei! Che storia è questa, dannazione?

    «Portate su il prigioniero!» grida. Quando arriva, Isono sfodera il katana.

    «Di’ ai tuoi scagnozzi di lasciarla subito» ringhia. «Deve venire da sola fino al cancello… e se qualcuno si azzarda a farle del male, bada che t’infilzo.»

    «Va bene, va bene! Non c’è bisogno di agitarsi così.»

    Mentre lui lo tiene sotto tiro, Hideyoshi si affaccia dal parapetto e urla: «Fate venire al cancello Masako-san, da sola!»

    Le due donne si rivolgono un inchino, poi la più anziana si incammina verso la fortezza. Con il fiato sospeso, Isono si aspetta che le arrivi una freccia o una pallottola, ma non succede niente.

    «Cosa aspettate?» grida ai suoi. «Fatela entrare, svelti!»

    C’è il rumore del cancello, aperto e subito richiuso. Lui fa cenno a Hideyoshi di precederlo giù: gli sta alle costole con il katana in pugno ma quando arriva nel cortile, rinfodera e le corre incontro.

    «Mamma! Siete proprio voi?»

    «Perché, cosa ti aspettavi, Kazumasa?» chiede la donna con aria stupita. Poi si accorge della presenza dell’altro e si lascia cadere sulle ginocchia malferme. «Grazie, Hideyoshi-dono! Vi sono debitrice, in questa vita e per sempre. Kazumasa, il signore è un tuo amico, suppongo: non hai mai avuto amico migliore, te lo dico io.»

    «Diciamo piuttosto un nemico leale» ridacchia Hideyoshi. «Bene, sono contento di avervi riunita a vostro figlio. Vi auguro di trascorrere ancora molti anni insieme, benché non sia probabile.»

    «Cosa vorresti insinuare, tu?» sibila Isono, sentendo riaffiorare i suoi sospetti.

    La madre gli rivolge un’occhiataccia. «Kazumasa, come ti permetti di parlare così a chi mi ha salvato la vita? Nemico o no, verso di me si è comportato bene: mentre il tuo signore…»

    «Mamma, ne parleremo dopo» bisbiglia lui. Poi si rivolge a quell’essere scimmiesco in tono del tutto diverso. «Perdonate la mia scortesia, Hideyoshi-san. Posso sapere a cosa alludevate?»

    «Stiamo tornando dal nord con la testa di Asakura Yoshikage, il vostro alleato. Gli Asai sono destinati alla sconfitta.» Hideyoshi si inchina alla donna. «Peccato, Masako-san! Se vostro figlio fosse ragionevole, Oda Nobunaga gli assegnerebbe un ricco feudo. Non insisto, Isono-san è un uomo d’onore. Preferisce sacrificare la sua vita, la vostra e quella dei suoi figli, per Asai Nagamasa… tanta lealtà in un vassallo è davvero ammirevole. Posso andare?»

    Infila alla cintura la spada lunga e quella corta, che le guardie gli rendono. Isono gli restituisce la borsa, dopo avere aggiunto al contenuto qualche pezzo d’argento. Hideyoshi ne tira fuori il pettine.

    «Questo appartiene a vostra madre: ecco, Masako-san, credo che sia prezioso per voi.»

    «Datelo alla cara Nene perché si ricordi di me, con tutto il mio affetto» risponde lei commossa.

    «Grazie, lo apprezzerà.» Si rivolge al comandante. «Isono-san, vi prego di tenere segreta questa faccenda: il mio signore non apprezza la pietà verso i nemici. Eppure, come potevo non provarne? Foste stato al mio posto, di certo voi avreste agito nello stesso modo.»

    Il cancello si riapre. Mentre varca la soglia sente gridare alle sue spalle: «Aspettate, Hideyoshi-san! Tornate dentro, vi prego, ho alcune cose da chiedervi».

    Sorride sotto i baffi: è quello che sperava.

    †††

    Castello di Odani, caldo estremo (agosto 1573)

    Dalle terre basse si levano vapori: la roccaforte degli Asai ne emerge come un’isola, svettando nel cielo color blu cupo. Il sole brilla sugli elmi dei generali di Nobunaga, che per una volta ha l’aria soddisfatta.

    «Isono era il migliore tra i vassalli degli Asai e adesso che si è arreso, nelle loro fila ci saranno altre defezioni. Come hai fatto, scimmia?»

    «Mio Signore, Isono ha ceduto la fortezza in cambio di un pettine» risponde serio Hideyoshi.

    Tra i suoi colleghi c’è uno scoppio di risa. Nobunaga aggrotta la fronte.

    «Soltanto il pettine oppure anche la vecchia?»

    «Entrambi, Mio Signore, ma gli ho dovuto promettere che avrebbe avuto un feudo: spero di non avere sbagliato.»

    «No, hai fatto bene.» Si rivolge agli altri. «C’è poco da ridere, Hashiba vi ha battuti di nuovo. Deve avere scovato la madre di Isono ed è così che si è fatto consegnare la fortezza, giusto?»

    «Avete indovinato, Mio Signore» gongola Hideyoshi. «Capite le cose al volo, voi.»

    Nobunaga punta lo sguardo su Niwa Nagahide. «Goro, ti avevo dato il feudo di Takashima. Cedilo a Isono e in cambio prendi il suo castello, tu mi sarai più utile qui.»

    L’interpellato ringrazia con un inchino più profondo del solito, forse per nascondere la delusione: le rendite del feudo che gli era stato assegnato, ammontano a diecimila koku¹.

    Poi Nobunaga addita la mappa posata sul tavolo da campo.

    «Hidetaka, riassumi tu la situazione. Le fortezze secondarie sono state prese tutte, adesso tocca a Odani. Come si può fare?»

    Il capo dei ninja prende una bacchetta e la punta sul centro della mappa.

    «Mio Signore, i fianchi della montagna sono ripidi e spogli, si può vedere anche da qui. In cima ci sono mura di pietra e un fossato, che circondano due bastioni. Quello a sud è la residenza di Asai Nagamasa; in quello a nord abita suo padre e tra i due c’è la casaforte dove tengono le provviste. A quanto pare non gliene restano più molte, perciò...»

    «No, prenderli per fame è escluso. Abbiamo già assediato Odani parecchie volte e abbiamo sempre dovuto andarcene, perché da qualche altra parte sorgevano problemi più urgenti: è ora di chiudere la partita.»

    «Perché non attacchiamo la casaforte?» suggerisce Hideyoshi. «Basta un pugno di uomini che diano fuoco alle provviste: i tempi diventerebbero più brevi, così.»

    «Mi spieghi come lo porti lassù, quel pugno di uomini?» ribatte acido Tsuneoki. «Anziché blaterare per farti bello agli occhi del Signore, pensa a qualcosa di ragionevole.»

    Hideyoshi riesce sempre a farlo infuriare, osserva Nobunaga. In effetti ha una fortuna sfacciata: doveva essere proprio lui a scovare la madre di Isono? Bisogna ammettere però che ha colto l’occasione con entrambe le mani, non si tratta solo di fortuna…

    Lo guarda in faccia con severità. «Cosa rispondi, Hashiba?»

    «Mio Signore, che avete da perdere? Se andrà male vi sarete liberato di me: potrete attuare i piani più ragionevoli che qualcuno avrà preparato.» Fa un sorrisetto. «Però potrebbe funzionare.»

    «Provaci, allora» approva Nobunaga. «Se ti va bene anche questa volta, scimmia, giuro che ti do in premio tutto il feudo degli Asai.»

    «Grazie, Mio Signore!» grida Hideyoshi.

    «Perché non facciamo un tentativo per convincere Nagamasa ad arrendersi?» interviene Hayashi. «Ormai si sarà reso conto di essere in trappola. Mio Signore, si tratta di vostro cognato: non volete offrire una via di scampo…» si corregge, vedendo la faccia di Nobunaga «…almeno a vostra sorella e ai suoi figli?»

    «Sì, cerca di farti consegnare Oichi con i marmocchi, possono ancora tornare utili. Quando sarai lassù, approfittane per guardarti intorno.» Si rivolge a Hidetaka. «I tuoi ninja faranno da rinforzo, ma il responsabile dell’azione è Hashiba: sarà lui a scegliere il momento per attaccare.»

    «Grazie, Mio Signore!» ripete Hideyoshi. «Quanto al momento, basta aspettare la prima notte senza luna… o meglio ancora, di nebbia fitta.»

    Hayashi è il più anziano tra i consiglieri di Nobunaga. Lo assiste fin da quando era un ragazzo scapestrato, che aveva in mente di tutto tranne la guerra. La scalata prodigiosa che l’ha portato a diventare signore della tenka è stata per lui un’immensa sorpresa, però Hayashi resta un uomo di buon senso: così com’è stato conquistato, quel potere potrebbe essere perduto altrettanto in fretta.

    Tra gli entusiasti e gli arrivisti che seguono Nobunaga, il suo ruolo è sempre stato quello di un moderato e non intende cambiarlo. Se un giorno tutto dovesse crollare, chissà che non sia proprio questo a metterlo in vantaggio? Perciò rivolge ad Asai Nagamasa un profondo inchino.

    «Grazie per avere accettato di incontrarmi, signore» esordisce in tono confidenziale. «Spero che vostra moglie e tutta la famiglia siano in buona salute.»

    «Non c’è male, vi ringrazio» risponde asciutto l’uomo. Ha una pessima cera, osserva Hayashi: le occhiaie nel viso smagrito, fanno pensare a notti insonni e viveri scarsi. «Cosa vi porta qui?»

    Hayashi tossicchia. «Nagamasa-dono, io feci da mediatore per le vostre nozze con Oichi-no-kata, di conseguenza mi sento responsabile per voi. Posso parlare in modo chiaro, per non dire crudo? Ormai questo castello non ha scampo. Sono qui per proporvi una soluzione che…»

    L’altro non lo lascia finire. «Non mi arrenderò. Non lo farei neppure se Nobunaga mi garantisse salva la vita: cosa che comunque non intende fare, o sbaglio?»

    Hayashi non risponde. Questo è il punto che l’aveva inquietato fin dall’inizio. Cosa accadrebbe se il signore di Odani accettasse di arrendersi? Nobunaga non ha mai perdonato il tradimento del cognato: non fa che ripetere di volere la sua testa.

    Asai Nagamasa deve averlo capito.

    «Cadere in battaglia è una sfortuna, non una vergogna» mormora. «Io sono pronto.»

    «Signore, ammiro il vostro coraggio» osserva Hayashi «ma non volete che siano risparmiati almeno i vostri cari?»

    L’altro china la testa con aria infelice. «Sì, avete ragione. Mia moglie è sempre stata dalla parte degli Oda, più che da quella degli Asai: la rendo a suo fratello, insieme alle nostre figlie.»

    Hayashi inarca le sopracciglia. «E vostro figlio, Nagamasa-dono? A lui non pensate?»

    «Manpukumaru è morto di febbre tre mesi fa, purtroppo.»

    Dev’essere una bugia, si dice Hayashi indispettito, avrà nascosto il primogenito da qualche parte: ma non gli resta che assentire con aria compunta.

    «Una gran brutta notizia, signore, mi dispiace. Quando consegnerete Oichi-no-kata e le bambine?»

    Il signore degli Asai rialza la testa con orgoglio.

    «Il giorno che avrete vinto, Hayashi» risponde in tono duro. «Se quel giorno verrà.»

    Oichi si aggira nella casaforte dove si tengono le provviste. Ha l’aria smarrita.

    «Non è possibile! Soltanto questo ci rimane, di riso?»

    «Sì, mia signora» conferma l’intendente. «Ce n’era ancora qualche sacco del vecchio raccolto, ma l’avevano guastato i vermi.»

    «Cosa ne avete fatto?»

    «L’abbiamo dato alle galline.»

    «Idiota! Forse si poteva recuperare: bisogna metterlo al sole, poi…»

    «Ci abbiamo provato ma era immangiabile, mi spiace.» L’intendente addita una filza di pesce secco. «In riva al lago ne abbiamo altro: non credo che lo si possa mandare a prendere, vero?»

    «Certo che no! Hai guardato fuori? Il castello è circondato, non so se te ne rendi conto. Si può sapere perché non hai messo da parte un po’ più di provviste?»

    «Non avrei mai creduto che le cose peggiorassero così in fretta» si scusa l’uomo a testa bassa, e prosegue: «Due sacchi di sale, una botte di miso. Tre ceste di tuberi. Quindici sacchi di fagioli…»

    Lei li guarda desolata. Quella parola, fagioli, la fa sentire in colpa.

    Stupida che sono stata! Se non l’avessi messo in guardia, Nobunaga sarebbe morto da un pezzo e non ci troveremmo a questo punto.

    Non ha mai confessato a Nagamasa quello che aveva fatto: mandare al fratello un sacco di fagioli legato a entrambi i capi, come espediente per avvertirlo che sarebbe stato attaccato su due fronti. All’inizio Oichi credeva che Nobunaga sarebbe stato sconfitto comunque, e poi la situazione è diventata così grave che non ha più osato parlare.

    Il marito però deve avere subodorato qualcosa, perché verso di lei s’è fatto sempre più freddo. Perfino con le bambine non è lo stesso uomo di prima.

    Forse è solo preoccupato, poveretto. Lo sono anch’io, queste provviste non bastano neppure per un mese! Quando saranno terminate, cosa mangeremo? Maledetto Nobunaga!

    L’idea che le sue figlie patiscano la fame è intollerabile per Oichi. Potesse le allatterebbe ancora tutte, anche le due più grandicelle: purtroppo però ha svezzato la piccola già da un anno.

    Speriamo che Manpukumaru stia meglio di noi… Nagamasa è stato previdente.

    Quando il marito aveva annunciato che stava per far portare via il primogenito, lei aveva protestato.

    «Sarebbe più al sicuro qui. Dove lo vuoi mandare?»

    «Non c’è bisogno che tu lo sappia» era stata la risposta. Al momento di separarsi dal bambino, Oichi aveva provato l’angosciosa certezza che non l’avrebbe riveduto mai più.

    Basta con i cattivi pensieri! Bisogna razionare i viveri: devo occuparmi di questo, non delle mie paure. Manpukumaru se la caverà. Una delle ancelle è venuta a sapere che il bambino era stato mandato al nord, in un villaggio. Non è riuscita a farsene dire il nome ma ovunque si trovi, i contadini hanno sempre qualcosa da mangiare.

    Trascrive l’elenco delle provviste, ordina all’attendente di chiudere la porta e si affretta verso casa. La cuoca ha preparato un dolce di castagne. Ne darà alle bambine un pezzo per ciascuna, molto piccolo, serbando il resto.

    Mentre sale la scalinata del bastione, Oichi getta un’occhiata ansiosa oltre le mura, ma non riesce a vedere l’accampamento degli Oda: si sta levando la nebbia.

    «Stavolta chiedi troppo, Tokichiro» brontola il boscaiolo. Quell’uomo non si è ancora messo in testa che adesso il suo nome è un altro, ma a Hideyoshi non importa: ciò che conta è convincerlo.

    «Diamine, amico!» obietta con aria fiduciosa. «L’abbiamo fatto anche alla montagna dei fiori d’oro, ti ricordi? È stato facilissimo: voi avete scalato la rupe, avete calato giù le funi e poi...»

    L’altro non si lascia incantare. «Le cose sono un po’ diverse questa volta. Laggiù il comandante della fortezza era un pivello, poi Takenaka Hanbei aveva convinto i nemici ad arrendersi: Asai Nagamasa invece non dev’essere uno stupido, e dei suoi non conosciamo nessuno. Giusto?»

    «Sì, però il premio sarà molto più grosso» sussurra Hideyoshi allettante. «Lo dico solo a te: il Capo ha promesso che mi darà tutto il feudo degli Asai. Giuro sulla testa di mia madre che…»

    «Tua madre?» sghignazza l’uomo. «Già, ho sentito parlare di lei: non è un gran giuramento.»

    «Hidenaga!» chiama lui con voce irritata.

    Un attimo dopo si presenta un giovane samurai. «Sì, fratello maggiore?»

    «Mia madre si è risposata, se lo vuoi sapere» spiega Hideyoshi al boscaiolo. «Ha avuto un altro figlio, eccolo: ti basta, malalingua?» Abbassa la voce. «Malgrado ciò che hai detto non ti porto rancore e se andrà bene, credimi, ti darò un castello. Ci pensi, eh? Tua madre non era meglio della mia, eppure sarai signore di un castello: un’occasione simile non ti capiterà mai più.»

    «Prometti quello che non hai» borbotta l’uomo, ma sembra tentato.

    L’arrivo dei ninja interrompe la conversazione. Sono figure inquietanti, vestite di nero da capo a piedi. Un cappuccio dello stesso colore è calato sulla faccia, con due buchi per gli occhi.

    «Siamo pronti, signore» bisbiglia il caposquadra. «I vostri ordini?»

    Hideyoshi sussurra qualcosa a quel figuro, poi ad alta voce si rivolge al fratello.

    «Hidenaga, aspetta ai piedi della rampa con i tuoi cavalieri. Se sentirai gridare Hashiba! Hashiba! sarà il segnale che il cancello è aperto: precipitatevi su, entrate nella fortezza e uccidete tutti quelli che trovate. Prima però fa’ avvisare il Capo... il Signore, volevo dire, che mandi rinforzi.»

    «Sarà fatto, fratello maggiore.»

    «Ehi, Tokichiro!» protesta il boscaiolo, appena i due si sono allontanati. «Parlavi di appiccare fuoco a un magazzino, ma qui si tratta di conquistare la fortezza: che storia è?»

    «Come, non hai capito?» sogghigna lui. «Saranno i ninja a fare il lavoro sporco: se gli va male, approfittiamo della confusione per svignarcela. Se invece gli va bene, ce ne prendiamo il merito.»

    L’altro lo guarda con ammirazione. «Sei proprio una testa fina tu, niente da dire! Mi hai convinto.»

    «Era ora» sospira Hideyoshi. «Su, sbrigati, fa’ preparare gli altri.»

    Rimasto solo, fa per conto suo qualche preparativo. L’archibugio non serve: lega il katana dietro la schiena, inzacchera l’elmo con il fango di una pozza in modo che non rifletta la luce dei fuochi o delle torce. Poi si passa le mani infangate anche sul viso.

    La nebbia è già abbastanza fitta, ma lo diventerà ancora di più. Oh, se non ci lascio la pelle questa volta, la mia fortuna è fatta per davvero! Vorrei vedere la faccia di quell’idiota, Tsuneoki, quando gli annunceranno che la fortezza è stata presa.

    Neppure questa notte Asai Nagamasa riesce a dormire. Fin dal mattino si sentiva inquieto, ma con il buio una sensazione di pericolo ha cominciato a crescere sempre più dentro di lui, benché le guardie riferiscano che tutto è tranquillo.

    «Però c’è nebbia fitta» avevano detto «i fuochi accesi sulle mura non fanno una gran luce».

    «Perché non accendete delle torce?»

    Gli uomini si erano guardati in faccia, poi uno aveva osato obiettare: «Non ne abbiamo quasi più, signore. Forse sarebbe meglio risparmiarle per i casi d’emergenza.»

    «D’accordo» aveva sospirato Nagamasa «però tenete gli occhi ben aperti».

    Senza togliersi l’armatura si era buttato sul giaciglio, rimuginando su quella brutta situazione. In effetti è disperata: l’annientamento degli Asakura, i suoi alleati, è l’ultimo colpo di una sfortuna che sembra accanirsi contro di lui. Ciò che gli brucia però, è il tradimento dei vassalli.

    Perfino Isono ha tradito, e per colpa mia! Non gli avrei dovuto chiedere di consegnarmi sua madre, ma mi sembrava ingiusto fare eccezioni solo riguardo a lui.

    Nagamasa ha sempre avuto un forte senso della giustizia. Perciò combatte Oda Nobunaga, prima di tutto: quell’uomo calpesta tutte le regole della correttezza e dell’onore.

    La notizia della morte di Shingen, che i Takeda avevano cercato di nascondere, ormai è di pubblico dominio. Si dice che sia stato colpito da un maleficio.

    Nobunaga l’avrà fatto uccidere: non osava affrontarlo in battaglia e si sarà servito di un sicario, o di qualcuno dei suoi sporchi trucchi. Che uomo spregevole! Adesso credo anch’io che mi abbia messo accanto Oichi per spiarmi: mio padre l’aveva sempre sostenuto… dev’essere stata lei a mettere in guardia il fratello, tre anni fa, mandando a monte la sorpresa.

    Non gliene ha mai chiesto conto. La passione che prova verso la moglie non è diminuita e anche se dubita di Oichi, dentro di sé cerca ancora di giustificarla.

    Lei non è una di noi: l’educazione che ha avuto in quella famiglia è mentire, tradire, pugnalare alla schiena. La colpa è solo di Nobunaga! Quell’uomo corrompe tutti quelli che

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