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Le radici materne dell'economia del dono
Le radici materne dell'economia del dono
Le radici materne dell'economia del dono
E-book541 pagine6 ore

Le radici materne dell'economia del dono

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Info su questo ebook

L’idea di un’economia del dono è diventata importante nel movimento per l’economia alternativa, ma la connessione con le donne, e in particolare con le madri, non è stata ancora compresa. Il convegno “Le radici materne dell’economia del dono”, tenutosi a Roma nella primavera del 2015, ha radunato donne e uomini provenienti da tutto il mondo per discutere su una questione così cruciale. In un momento storico come quello attuale, in cui sembra che i valori del mercato e del patriarcato abbiano trionfato, i valori materni e di cura sono più che mai necessari.
Questo libro esplora molti aspetti del paradigma del dono da una varietà di punti di vista, tenendo conto di teoria e pratica, attivismo e spiritualità, e riportando anche le esperienze di popoli indigeni del Nord e del Sud del mondo, dove i valori materni sono ancora al centro della società sia per gli uomini che per le donne. Perché l’economia del dono rende possibili politiche, pratiche ed esistenze oltre i confini del capitalismo patriarcale, che soddisfano i bisogni e creano comunità e pace.
LinguaItaliano
Data di uscita11 gen 2017
ISBN9788868992958
Le radici materne dell'economia del dono

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    Anteprima del libro

    Le radici materne dell'economia del dono - Genevieve Vaughan

    a cura di Genevieve Vaughan con la collaborazione di Francesca Lulli: Le radici materne dell’economia del dono – VandA.ePublishing

    Le radici materne dell’economia del dono

    L’idea di un’economia del dono è diventata importante nel movimento per l’economia alternativa, ma la connessione con le donne, e in particolare con le madri, non è stata ancora compresa. Il convegno Le radici materne dell’economia del dono, tenutosi a Roma nella primavera del 2015, ha radunato donne e uomini provenienti da tutto il mondo per discutere su una questione così cruciale. In un momento storico come quello attuale, in cui sembra che i valori del mercato e del patriarcato abbiano trionfato, i valori materni e di cura sono più che mai necessari.

    Questo libro esplora molti aspetti del paradigma del dono da una varietà di punti di vista, tenendo conto di teoria e pratica, attivismo e spiritualità, e riportando anche le esperienze di popoli indigeni del Nord e del Sud del mondo, dove i valori materni sono ancora al centro della società sia per gli uomini che per le donne. Perché l’economia del dono rende possibili politiche, pratiche ed esistenze oltre i confini del capitalismo patriarcale, che soddisfano i bisogni e creano comunità e pace.

    La curatrice

    Foto di Genevieve Vaughan

    Genevieve Vaughan è studiosa di semiotica, critica del capitalismo, marxismo, logiche del mercato e dello scambio, teoria femminista, comunicazione. Ha istituito la Foundation for a Compassionate Society, gruppo multiculturale attivo dal 1987 al 2005 con progetti femministi finalizzati al cambiamento sociale; nel 1992 ha fondato il Tempio di Sekhmet a Cactus Springs, Nevada; ha organizzato la rete dell’International Feminists for a Gift Economy, che opera dal 2001.

    Tra le numerose pubblicazioni citiamo: For-Giving (1997), ed. italiana Per-donare (Meltemi, 2005; ed. digitale VandA.ePublishing, 2014); Women and Gift Economy (2007); Athanor: Il dono, The Gift (Meltemi, 2004), un’antologia di scritti di donne sull’economia del dono; Homo donans (VandA.ePublishing, 2015); The Gift in the Heart of Language (2015). Ha pubblicato anche libri per bambini, Mother Nature’s Children (2001), con Liliana Wilson, e Free/Not Free (2007). Gran parte delle sue pubblicazioni sono disponibili gratuitamente in lingua originale sul sito: www.gift-economy.com

    VANDERWOMEN

    Le radici materne dell’economia del dono

    a cura di Genevieve Vaughan

    con la collaborazione di Francesca Lulli

    VandA.ePublishing

    © Genevieve Vaughan

    © 2017 VandA.ePublishing S.r.l.

    Sede legale e redazione: Via Cenisio, 16 - 20154 Milano

    ISBN 978-88-6899-295-8

    Prima edizione digitale: gennaio 2017

    Edizione elettronica: eBookFarm

    Grafica di copertina: Irene Carminati

    Immagine di copertina: Liliana Wilson

    Logo VandA.ePublishing

    www.vandaepublishing.com

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    Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.

    È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    Alla memoria di Maria Luisa Gizzio,

    amica e partigiana del dono

    Sommario

    Presentazione

    di Genevieve Vaughan

    Teoria

    L’economia materna del dono: una giustificazione teorica per la pace

    di Genevieve Vaughan

    Le Signore del dono e dell’abbondanza

    di Luciana Percovich

    La perversione del donare materno – Movimento per la Maternità Matrilineare ORA

    di Mariam Irene Tazi-Preve

    I princìpi materni come alternativa al femminismo dell’uguaglianza, al postumanesimo e al postgenderismo

    di Erella Shadmi

    Filosofia del dono, la voce delle donne

    di Francesca Brezzi

    La cura è un dono?

    di Elena Pulcini

    Recenti contributi alle teorie sul dono: la prospettiva del pensiero della decrescita

    di Alberto Castagnola

    Ricevere ovvero donare

    di Daniela Falcioni

    I fondamenti concettuali dell’economia del dono secondo la teoria del corpo pensante

    di Angela Giuffrida

    La crisi del dono

    di Simone Wörer

    La lingua materna come dono. The Gift in the Heart of Language di Genevieve Vaughan

    di Susan Petrilli

    Pratica

    Nashira, una nuova società matriarcale basata sull’economia del dono

    di Angela Dolmetsch

    Il paese delle meraviglie: un’esplorazione di comunità femministe

    di Lyn Daniels

    Il declino e l’appropriazione dei doni dello stato sociale finlandese. L’impatto di genere delle politiche neoliberali

    di Kaarina Kailo

    L’economia del dono nella maternità e nella nascita

    di Elena Skoko

    Visioni e dono: estetica e relazioni

    di Daniela Degan

    Il dono, le donne e Internet

    di Anna Cossetta

    Pratica nelle realtà non occidentali

    I Moderni Studi Matriarcali e il paradigma del dono

    di Heide Goettner-Abendroth

    I Moso: quando solidarietà, condivisione, reciprocità e amore incondizionato si traducono in doni

    di Francesca Rosati Freeman

    Gli aspetti Madre-Padre della gemellarità del Cosmo

    di Barbara Alice Mann

    Radici materne, radici paterne, radici spirituali

    di Pat McCabe

    Le forme tradizionali di adozione in Africa

    di Coumba Toure

    Adozioni in stile patriarcal-capitalista: la violazione del dono

    di Diem M. Lafortune

    Spiritualità

    Il dono del pane e lo sciamanesimo femminile

    di Morena Luciani Russo

    Il grande dono della medicina sacra indigena

    di Camila Martinez

    Danzare sul respiro delle Yogini. L’oracolo come dono

    di Luisa Spagna

    Il dono naturale della guarigione femminile

    di Vicki Noble

    Le autrici

    Presentazione

    di Genevieve Vaughan

    Sono molto felice di presentare finalmente questo libro, felice esito del convegno che si è tenuto a Roma dal 25 al 27 aprile 2015 sull’economia del dono e sull’ipotesi che il dono sia profondamente radicato nella funzione materna. Il lavoro di raccolta dei testi e di revisione sarebbe stato impossibile senza la collaborazione di Francesca Lulli. Ringrazio molto anche Laura De Micheli, Marilee Karl e le traduttrici Alessandra Lodoli e Valeria Trisoglio, che hanno curato la versione italiana, e Susan Carrington, per la versione inglese. Molte delle autrici ci hanno inviato le loro presentazioni senza modifiche, mentre altre le hanno ampiamente rielaborate o hanno scritto qualcosa di completamente nuovo. Alcuni contributi di relatori (8 donne e 4 uomini) non sono inclusi nel libro per ragioni diverse.

    Grazie al talento e alla competenza di Teresa Punzi per le riprese e all’intelligente montaggio di Teresa insieme a Susanna Scarpa e Silvia Natale, abbiamo inoltre realizzato un video del convegno con sottotitoli in italiano e in inglese, al quale è possibile accedere dal sito www.economiadeldono.org. Il video trasmette la qualità gioiosa e intensa dell’evento, una sorta di festival intellettuale ospitato dalla Casa Internazionale delle Donne, di per sé un dono importante offerto da donne alle donne. Anche se è richiesto un contributo per accedere alle varie attività, i doni e i servizi offerti dalla Casa Internazionale hanno un valore ben maggiore del costo pagato da chi ne fruisce. Una volta una persona molto saggia disse: «Il dono più grande che si può fare alle donne è uno spazio in cui poter prendere la parola». La Casa, che si trova nel quartiere di Trastevere, al centro di Roma, offre proprio questo dono. È un luogo pubblico in cui le idee, l’arte e l’attivismo, il gioco e il lavoro delle donne trovano un loro spazio quotidiano. Il nostro convegno ha occupato l’intera struttura per molti giorni. Diversi eventi, come il seminario del Laboratorio Itinerante della Decrescita e il rito serale con la danza a spirale guidato da Vicki Noble e dalla cantante Julie Felix, hanno avuto luogo nel giardino della Casa, nel cortile centrale, con il suo magnifico albero di magnolia. Il ristorante interno L’una e l’altra si è occupato di servire i pasti per relatori e partecipanti nel giardino. Gli ospiti provenienti dall’estero sono stati alloggiati presso l’Ostello della Casa e in hotel e B&B nelle vicinanze. Ringrazio quindi le organizzatrici della Casa per aver offerto la sede dell’evento e tutto il personale per aver nutrito i partecipanti (circa 250 persone, per la maggioranza donne, ma anche numerosi uomini). Ringrazio inoltre Charito Basa e Letecia Layson per il grande lavoro logistico svolto nell’accogliere tante persone, Laura De Micheli e Francesca Lulli per il lavoro logistico, e Francesca Colombini che ha curato le iscrizioni.

    Il convegno ha testimoniato il fermento intellettuale e l’entusiasmo che orbitano intorno al concetto di dono in Italia e nel mondo, e ha dato voce alle numerose ricercatrici che fanno parte della rete delle Femministe Internazionali per l’Economia del Dono. Questo gruppo, che ha membri di molti paesi differenti, è una sorta di think-tank internazionale costituito in prevalenza da donne, le quali si tengono in contatto via internet e si incontrano periodicamente in occasione di convegni internazionali per condividere le loro idee. La rete si è costituita nel 2001 alla conferenza dell’Università per le Donne in Norvegia. Io ero stata invitata da Berit Aas, parlamentare e professoressa emerita, e dalle sue colleghe per ragionare e disegnare insieme strategie sulla direzione del Movimento delle Donne. Era l’estate delle proteste di Seattle e di Ginevra, poco prima che il mondo cambiasse all’improvviso a seguito dell’attacco al World Trade Center di New York e delle infinite guerre di rappresaglia che sono seguite. La data di quell’incontro mi è sempre sembrata importante: è stato l’ultimo momento di pace. Il pretesto della Guerra Fredda tra due sistemi antagonisti era venuto meno e l’attuale pretesto di guerra al terrorismo individuale non aveva ancora fatto la sua comparsa. Un buon momento per la nascita di una rete di donne.

    Nel 2002 l’incontro in Texas ha formalmente segnato il debutto della rete del dono, che comprende anche alcuni associati alla Foundation for a Compassionate Society, da me fondata qualche anno prima, nonché altre attiviste e accademiche da noi conosciute. Il nostro primo viaggio insieme ha avuto luogo quello stesso anno al World Social Forum di Porto Alegre in Brasile. Nel corso degli anni ci siamo incontrate e abbiamo presentato contributi ad altri social forum a Mumbai, Nairobi e Bamako, e poi alle conferenze mondiali delle donne (Women’s Worlds) a Kampala, Seoul, Calgary e Madrid, alle conferenze della Peace Research Association a Leuven e Calgary, alla American Association of Anthropology a Washington, al Trinity College di Dublino e ad altri eventi in Italia e in altre sedi.

    Il nostro primo convegno sull’economia del dono si è tenuto a Las Vegas nel 2004, e nel 2007 Inanna Press ha pubblicato un libro con articoli tratti da quell’incontro con il titolo Women and the Gift Economy: A Radically Different Worldview is Possible.

    Nel 2003 ho partecipato in Lussemburgo a un evento di grande rilievo sulle società matriarcali organizzato da Heide Goettner-Abendroth. L’analogia fra i temi trattati mi è subito apparsa evidente e da allora le nostre due reti hanno collaborato strettamente, organizzando un convegno sugli studi matriarcali in Texas nel 2005 e partecipando insieme a numerosi convegni negli USA e in Europa. Nel 2009 la rete di Femministe Internazionali per l’Economia del Dono e la rete per i Moderni Studi Matriarcali hanno organizzato a Toronto un evento congiunto insieme alla Association for Research on Mothering (ARM, poi ribattezzata Motherhood Initiative for Research and Community Involvement – MIRCI), A (M)otherworld Is Possible. Sul mio sito www.gift-economy.com sono disponibili diversi video dei contributi presentati ai convegni fin qui elencati. Da allora sono stati organizzati incontri sugli studi matriarcali e sull’economia del dono in Europa, USA e Sud America.

    Anche l’evento di Roma si è tenuto in coordinamento con un convegno del MIRCI che si è svolto nella stessa sede nei giorni precedenti. Inoltre abbiamo ospitato una riunione del gruppo internazionale Giftival, guidato dall’educatore indiano Manish Jain, invitandolo a partecipare al nostro convegno. Infine, molte delle relatrici sono iscritte all’IFGE (International Feminists for a Gift Economy), ma molte altre no.

    Organizzare il convegno a Roma, città in cui vivo part-time, ha permesso sia di presentare la questione delle radici materne dell’economia del dono alla comunità di ricercatori italiani, sia di offrire uno spazio ai pensatori italiani e internazionali che si occupano di dono.

    Negli ultimi decenni sono stati scritti in Italia numerosi libri sul tema dell’economia del dono, alcuni dei quali da autori presenti in questo libro. L’Italia ha una solida base di attivismo di comunità e di volontariato che, oltre a rappresentare un’importante sorgente per la teoria del dono, è anche un’immensa esperienza di pratiche. Si tratta dello stesso paese che ospita il Vaticano, e nel quale molte iniziative sul dono si sono svolte nell’ambito della Chiesa cattolica. Diversi associati alla nostra rete, anche se non tutti, riconoscono la loro spiritualità al di fuori e in opposizione alle religioni patriarcali, e molti partecipano al movimento delle donne per una spiritualità legata alla terra, che richiama epoche e culture pre-patriarcali e pre-capitaliste, movimento che è principalmente guidato dalle donne e non è monoteista.

    Alcuni degli autori qui raccolti concordano con la tesi dell’economia del dono materno, mentre altri hanno scritto sull’economia del dono da punti di vista diversi.

    Il libro si apre con un mio saggio sull’importanza di riconoscere l’economia del dono e le sue radici materne. I contributi di tre associate al network, Luciana Percovich (Italia), Mariam Tazi-Preve (Austria-USA) ed Erella Shadmi (Israele), trattano rispettivamente i temi del grande valore simbolico della funzione materna nel Paleolitico, della sua schiacciante sconfitta nel patriarcato capitalista attuale e la sua aspra critica da parte di vari orientamenti del femminismo contemporaneo.

    Seguono gli articoli delle filosofe femministe italiane Francesca Brezzi ed Elena Pulcini, che diffidano del modo in cui il dono materno viene strumentalizzato per relegare le donne in ruoli di auto-sacrificio e oblatività. Brezzi colloca il dono nel contesto dell’ampio gruppo di filosofi prevalentemente europei che hanno trattato l’argomento, con particolare attenzione al lavoro di Luce Irigaray e della pittrice Barbara e all’enfasi da esse posta sul corpo e sulla relazione placentare. Pulcini esplora il dono in relazione alla recente filosofia femminista della cura diffusa in Europa e negli USA, specificando che «la complessità emotiva della cura» è all’origine «della sua qualità di dono». Come Pulcini, Brezzi invita le donne a essere «soggetti della cura (dono) e non assoggettate alla cura (dono)».

    Alberto Castagnola, un sostenitore della decrescita e unico autore uomo tra quelli pubblicati in questo libro (anche se ai lavori hanno partecipato diversi relatori uomini) presenta alcune riflessioni di economisti italiani sul tema del dono e sottolinea l’importanza delle modalità e dello stile di leadership femminili per la società del futuro.

    Daniela Falcioni analizza una serie di aspetti del dono e utilizza un testo narrativo di Coetzee per illustrare una varietà di sottili differenze, facendo riferimento alle idee di Mauss, Ricoeur, Godbout e Anspach.

    Angela Giuffrida propone una sua lettura delle differenze delle mentalità di genere fondate sulla diversità di conformazione fisica e di ruolo.

    Simone Wörer, che insieme a Mariam Tazi-Preve fa parte del gruppo della filosofa tedesca Claudia von Werlhof per una critica profonda del patriarcato, tratta l’idea di un’alchimia negativa che trasforma il dono della creatività materna in una macchina culturale e tecnologica necrofila.

    Susan Petrilli, filosofa e semiotica italo-australiana, interpreta il mio libro sul dono, che legge come elemento fondante della facoltà del linguaggio.

    Fin dalla creazione della rete Femministe Internazionali le associate non si sono limitate a sviluppare la teoria e a partecipare a convegni per presentare contributi sul dono da un punto di vista femminista. La rete ha anche avviato numerosi progetti. Per esempio Angela Dolmetsch, come racconta nel suo articolo, ha creato in Colombia Nashira, un eco-villaggio diretto da donne e basato sull’economia del dono e sulla filosofia matriarcale moderna.

    Lyn Daniels descrive il tentativo di creare comunità basate sul dono (anche se non utilizzavano questo termine) tra le donne lesbiche a partire dagli anni Settanta. Parla anche dell’annuale Women’s Music Festival in Michigan (1975-2015), un esempio luminoso di dono offerto da donne ad altre donne (anche qui la parola dono non veniva usata). Il Festival, nato diversi anni prima del più noto Burning Man Festival ispirato da Lewis Hyde, si tiene annualmente nel deserto del Nevada.

    A un livello più direttamente socio-politico si pone il contributo di Kaarina Kailo. In Finlandia l’autrice ha lavorato presso il Municipio di Oulu e all’interno del Partito di Alleanza di Sinistra per ottenere il riconoscimento politico del dono, oltre a denunciare la deriva neoliberista contro il Welfare State in atto nel suo paese. Il suo articolo evidenzia come l’ideologia del mercato giustifichi la decimazione di quegli aspetti dell’economia del dono che erano diventati realtà con il Welfare.

    L’italo-croata Elena Skoko, un’attivista che si occupa di nascita e maternità, critica la mercificazione da parte dell’establishment medico dei doni materni quali il travaglio, la nascita, l’allattamento e la cura. Skoko racconta anche come le donne del movimento delle madri cercano di contrastare l’oppressione che il mercato esercita sulle pratiche femminili basate sul dono.

    Daniela Degan è un’attivista del movimento della decrescita. Nel suo intervento espone un approccio basato sul gioco per insegnare e illustrare le economie alternative e il dono. Insieme alla squadra del Laboratorio Itinerante, con cui nel corso del convegno ha presentato un seminario interattivo, viaggia per l’Italia proponendo eventi analoghi e offrendo un contatto esperienziale con le idee socio-economiche.

    Anna Cossetta si occupa della partecipazione delle donne a internet, una cultura del dono dominata dagli uomini, come si evidenzia nella pratica del suo uso. Le donne creano i propri spazi conviviali invece di condividerli soltanto e non sviluppano software gratuiti, un ambito caratterizzato dal dono ma fondato sulla competizione.

    Un altro approccio dedicato alla pratica contrapposta alla pura teoria si fonda sulla descrizione di realtà non occidentali in cui il dono è già dominante perché, nonostante tutto, non è ancora stato assimilato dal mercato. Heide Goettner-Abendroth, la madre tedesca dei Moderni Studi sul Matriarcato, fornisce la sua definizione di società matriarcali come società matricentriche, caratterizzate da un’uguaglianza complementare tra i generi e le generazioni. In questo senso sono società egualitarie rispetto al genere, in cui non esistono gerarchie, classi o sopraffazioni da parte di un genere sull’altro. Queste sono definite sul piano economico come società di mutualità economica, fondate sulla circolazione dei doni.

    La scrittrice e regista Francesca Rosati Freeman ci racconta dei Moso, che insegnano a figlie e figli fin dalla prima infanzia come tutti possono essere materni, anche nel caso in cui non siano padri o madri biologici.

    Barbara Alice Mann (nativa americana dei Seneca) illustra i concetti di maschio e femmina come riflessi di un cosmo bigemino secondo la cosmologia della Lega degli Irochesi, in cui non esiste il sessimo, perché gli esseri umani non sono il punto focale.

    Pat McCabe, donna di nascita Diné e adottata dalla tribù dei Lakota, propone una critica delle metodologie gerarchiche di separazione e afferma che «la premessa economica di una Vita Rigogliosa è fondata sul rispondere». Secondo il suo pensiero, un’economia di scambio non nasce da intrinseci attributi o capacità maschili o femminili ma piuttosto dal negare l’esistenza di un tutto profondamente interconnesso e interdipendente.

    L’educatrice e attivista senegalese Coumba Toure ci mostra come le pratiche tradizionali di adozione nelle comunità africane creino un ambiente materno generalizzato in cui i bambini, in presenza o in assenza dei genitori biologici, vengono comunque accuditi dalla comunità.

    La cantante e poeta canadese Diem Lafortune racconta la sua esperienza di bambina adottata a cui è stato negato il diritto di accesso alle informazioni sul suo lignaggio di nativa americana e quindi alla sua comunità.

    Rifacendosi all’esempio della preparazione, distribuzione e consumo dei pani rituali nel Sud dell’Italia, Morena Luciani Russo illustra come i rituali sciamanici delle donne si fondino su offerte o doni comunitari significativi, in contrapposizione ai rituali degli sciamani maschi patriarcali, che sono più individualisti e orbitano intorno alla personalità o all’ego dello sciamano stesso.

    Camila Martinez parla, in qualità di curandera, dei doni della medicina sacra e, come attivista spirituale, della necessità di proteggere i semi in quanto doni della Natura contro la distribuzione commerciale dei semi OGM.

    Luisa Spagna scrive sui doni oracolari delle Yogini del tempio di Hirapur nello stato di Orissa, in India, e della danza sacra per esprimerli.

    Vicki Noble analizza il ruolo dell’ormone ossitocina nella leadership delle donne e nell’atteggiamento materno del cura e fai amicizia (tend and befriend) rispetto ai comportamenti guidati dal testosterone dell’attacco o fuga (fight or flight). Una spiritualità radicata nella cura materna contribuisce a creare una società pacifica. Le pratiche spirituali, come i rituali su grande scala guidati dalle donne, stimolano l’ossitocina e generano esperienze di guarigione e legame. Passando dalla teoria alla pratica, Noble ha concluso la sua presentazione invitando il pubblico presente a partecipare a uno di questi rituali, invito che è stato accolto con entusiasmo.

    Il convegno sulle radici materne dell’economia del dono ha rappresentato un tentativo di contrastare l’alleanza egemonica tra il patriarcato e il mercato. Si tratta di un’alleanza che scredita il potere delle donne – specialmente delle madri – in quanto fonte di un paradigma alternativo, il paradigma che proprio oggi è tanto necessario per la sopravvivenza umana e planetaria. Molti di noi ritengono che la cultura occidentale degli ultimi 5000 anni sia un errore e che le culture matricentriche del Paleolitico e delle società matriarcali, ancora esistenti, contengano la chiave di una coesistenza pacifica possibile. A ciò va aggiunta la comprensione degli effetti psicosociali del dono della cura materna nel presente continuamente rinnovato dell’ontogenesi, come imperativo bio-sociale, come conditio sine qua non per la propagazione della specie. Dato che i bambini piccoli non hanno la possibilità di offrire un dono in cambio di quanto hanno ricevuto, sono gli adulti a dover prendere l’iniziativa di soddisfare i loro bisogni in maniera unilaterale. Questa offerta unilaterale del dono nel processo della cura dei piccoli rappresenta o è la prima economia per tutti. Sebbene le condizioni di base siano dettate dalla biologia dell’infanzia, il modo in cui si svolgono le cure varia ampiamente sia dal punto di vista storico che culturale. In ogni caso, per i primi due o tre anni di vita ci deve essere qualcuno (genitore, fratello o sorella maggiore, altri parenti, gli abitanti del villaggio o persone retribuite) in grado di donare in maniera unilaterale al bambino se si vuole che questi sopravviva. Questa forma indispensabile di dare-e-ricevere primario rende visibile l’importanza del dono per il resto della vita e gli conferisce tutto il suo potere psicologico. Abbiamo imparato da Freud quanto la prima infanzia sia fondamentale nel plasmare le fasi successive della nostra vita, ed è chiaro che il dono assume il suo potere psicologico proprio in questo primo periodo nel corso del quale abbiamo bisogno di essere nutriti dalla madre (o comunque da altri). Di fatto, l’espressione le radici materne dell’economia del dono potrebbe anche essere impropria. Dovremmo allora forse parlare di radici dell’infanzia, radici che si formano grazie all’accudimento materno, grazie all’interazione con qualcuno che ci nutre in maniera unilaterale. Accudire-essere accuditi è un modello di interazione a cui partecipiamo e da cui dipendono le nostre vite, in cui ci ritroviamo da bambini, in una fase in cui le nostre connessioni neurali crescono alla velocità di decine di migliaia di nuove sinapsi al secondo.

    Il movimento femminista ha rifiutato l’idea che essere madre sia il ruolo specifico delle donne, ma è molto difficile obiettare all’idea che essere bambino/a sia il ruolo dei bambini. Siamo tutti bambini cresciuti e, indipendentemente dal genere, abbiamo tutti ricevuto il modello dell’essere accuditi, un modello da cui siamo stati dipendenti nei primi anni di vita, alcuni più a lungo di altri, secondo le condizioni culturali e di abbondanza o di povertà in cui ci siamo trovati a vivere. Psicologi e psicoanalisti denunciano a ragione i danni che l’abbandono, la trascuratezza e la violenza possono provocare nei bambini, ma resta il fatto che chi sopravvive ha in qualche modo ricevuto nutrimento. Qualcuno deve aver sodisfatto i suoi bisogni fondamentali in maniera continuativa, anche se magari non desiderava farlo.

    Nei bambini che ricevono un nutrimento adeguato da parte di chi si occupa del loro accudimento in maniera come minimo accettabile (good enough care-giver), il dono positivo crea relazioni positive e legami di reciprocità e fiducia. Quando da adulti sosteniamo la pratica di una economia relazionale, stabiliamo una continuità con l’economia del dono della nostra infanzia, consentendo alla logica madre-bambino di fiorire anche ad altri livelli, di espandersi e di progredire.

    Le economie relazionali sono economie materne. Sono quelle in cui una maggiore percentuale di dono e una minore percentuale di scambio consentono lo sviluppo della solidarietà, ossia il formarsi di efficaci relazioni di cura piuttosto che l’isolamento e l’individualismo spinto, tipici della competizione nel mercato patriarcale. La ricerca di un’alternativa economica, attualmente in corso a molti livelli della società, richiede di prestare attenzione a questi elementi per poter superare la cancellazione dell’economia materna e della sua sovrastruttura, a partire dalla comprensione collettiva delle alternative possibili. Tutto questo permetterà che la funzione materna generalizzata a ogni essere umano possa trovare il suo giusto posto di leadership nei movimenti impegnati nella costruzione di un mondo migliore.

    Teoria

    L’economia materna del dono:

    una giustificazione teorica per la pace

    di Genevieve Vaughan

    Una sfida alla visione del mondo

    Vorrei iniziare definendo a grandi linee il tema del dono per come lo vedo io.

    La nostra società attuale è fondata su due economie, e non su una sola economia con delle esternalità. Quella domestica è un’economia del dono che ha come nucleo centrale la pratica della cura materna. L’economia di mercato è sovrapposta all’economia domestica e da essa trae il suo sostentamento, a cui risponde con la distribuzione di pochi beni attraverso lo scambio monetizzato1. Tale caratterizzazione economica fa sì che noi spersonalizziamo e de-romanticizziamo la cura materna/dono in modo da poterli vedere come strutturali, dotati di una logica propria in contrapposizione alla logica del do ut des del mercato. Usando termini marxisti, diremmo che la struttura economica del dono ha una sovrastruttura di valori e idee. Secondo me, ciò che noi consideriamo come i valori morali della cura è la sovrastruttura dell’economia del dono. Questi valori sono difficili da sostenere nella situazione odierna, perché il dono e lo scambio sono imprigionati in un abbraccio parassitario che ha le sembianze di una simbiosi.

    Il processo in tre passi del dare-ricevere-restituire descritto da Marcel Mauss (1923) ha necessariamente inizio con il processo in due passi del dare-ricevere che ha luogo nella vita di ogni essere umano fintanto che i bambini sono troppo piccoli per compiere il terzo passo del restituire.

    Il punto di vista può spostarsi da chi dona a chi riceve, ma la traiettoria del dono resta unilaterale. Possiamo riconoscere uno spettro che va dal dono più pervasivamente unilaterale passando per quello benevolmente reciproco, allo scambio simbolico di doni, alla reciprocità forzata, al dono manipolatorio per ottenere potere sugli altri (si veda per esempio la Mamma Santissima della mafia), fino allo scambio di mercato, in cui i doni vengono trasformati in profitto con la manipolazione e lo sfruttamento. Si tratta di uno spettro che contiene numerose gradazioni alla cui complessità posso qui fare soltanto un breve accenno. Tuttavia, se non abbiamo l’idea del dono unilaterale come primo passo ci perdiamo l’inizio dello spettro e non siamo più in grado di riconoscerne le sfumature, finendo per ritrovarci di fronte a una ridda caotica di doni di tipo diverso che cerchiamo di classificare. Questo è un aspetto importante del riconoscere la radice materna dell’economia del dono. Dall’altro lato, riconoscere il carattere economico della cura materna ci consente di formulare un materialismo maternalista.

    Esistono diversi corollari o ramificazioni del paradigma dello scambio che non riconosciamo come tali: per esempio la violenza individuale e la rappresaglia, gli attacchi militari e i contrattacchi funzionano tutti secondo la logica dello scambio. La giustizia intesa come ripagare un crimine è uno scambio (in contrapposizione alla giustizia riparatoria) e anche la vendetta è ovviamente uno scambio. Perfino sentirsi in colpa è un disporsi nella modalità di scambio, prepararsi a pagare un prezzo. Il mercato del matrimonio e l’idea del capitale umano traducono le potenzialità del dono nel linguaggio del paradigma dello scambio. La mercificazione e il traffico di donne, bambini e organi e il mercato della pornografia2 sono tutte dimostrazioni di come lo scambio parassiti il dono.

    Di fatto, l’intero sistema del capitalismo globale si è sviluppato in maniera parassitaria, saccheggiando le terre native libere delle popolazioni indigene delle Americhe e appropriandosi dei doni forzati del lavoro degli indigeni e degli schiavi africani.

    Alcune caratteristiche del dono unilaterale positivo

    Il dono unilaterale, insieme al suo complemento, il ricevere unilaterale, costituisce una modalità di distribuzione economica benefica per tutti. Si tratta di qualcosa che apprendiamo nella prima infanzia dalle cure di nostra madre. Ogni successiva modalità di distribuzione è un’elaborazione, una complicazione o una contraddizione della logica dei doni gratuiti. Il dono materno è focalizzato sulle necessità del bambino che in maniera creativa (e non passiva) riceve ciò che le:gli è stato offerto3. Ogni bambino che cresce vive per un certo periodo di tempo in questa economia del dono materno, dato che non è in grado di provvedere a se stesso e non può ricambiare con equivalenti di ciò che gli è stato dato. Il dare e ricevere diretti mediano il mondo del bambino, sono gli elementi che creano relazioni di reciprocità e fiducia e costituiscono le basi dell’attaccamento.

    Queste relazioni vengono a costituirsi molto prima dei rapporti di debito e obbligo che sono tipici dello scambio tra adulti. Quando il dono unilaterale viene reiterato e trasmesso agli altri, connette le persone tra loro in una comunità.

    Sia il condividere che il lavorare insieme su progetti comuni richiede la capacità di identificare i bisogni degli altri e di agire per soddisfarli senza attendersi la restituzione di un equivalente. Anche se all’interno della comunità che condivide ci si può aspettare di raccogliere quel che si è seminato (what goes around comes around), l’interazione non viene interrotta da uno scambio alla pari e continua a essere sostenuta dalla logica del dono unilaterale. Quando la reciprocità non è regolata dall’autorità, bensì dai bisogni su diversi piani (materiale, psicologico, simbolico), la logica del dono continua a prevalere.

    Lo scambio segue la logica opposta: il dare allo scopo di ricevere un equivalente cancella il dono orientato all’altro. Lo scopo del dono gratuito è soddisfare il bisogno dell’altro, mentre lo scopo dello scambio è soddisfare il proprio bisogno utilizzando come mezzo la soddisfazione del bisogno dell’altro. La distinzione tra i due termini può apparire semplicistica, ma confondere l’uno con l’altro può dare luogo a molti problemi4. Di fatto, il dono e lo scambio rappresentano due logiche contrapposte, e sono la base di due paradigmi in contraddizione ma anche strettamente intrecciati tra loro.

    Con i loro doni le madri5 creano co-muni-tà a livello fisico, nel senso che mettendo alla luce e nutrendo i loro bambini generano i corpi degli individui che costituiscono la comunità. La stessa cosa avviene a livello sociale, nel senso che nel corso di questo processo le madri creano o co-creano le menti e le identità dei loro bambini e delle loro bambine (e in parte anche le proprie).

    Si potrebbe anche dire che prima dello scambio non esisteva una divisione tra materiale e mentale. Con il passare del tempo è subentrata una comunicazione sul dono a un livello più astratto, informata a quella comunicazione primaria in cui mente e corpo erano ancora integrati6.

    Il fatto che i bambini riescano a sopravvivere implica che ci sia qualcuno che se ne prende cura: una madre o un altro famigliare, un aiuto retribuito o un intero villaggio. È la capacità di sostenere la vita, e quindi di creare relazioni umane positive, che fa del dono materno il processo nucleare della comunicazione fisica e verbale. Il processo di scambio rende la soddisfazione dei bisogni contingente al calcolo dell’equivalenza tra prodotti e richiede operazioni di categorizzazione, quantificazione e misurazione. Dono e scambio sono diversi tra loro almeno quanto una mela lo è da un’arancia, con conseguenze relazionali altrettanto diverse.

    Generalmente i bambini non cominciano nemmeno a capire il mercato, lo scambio e il denaro prima dei 4 o 5 anni di età7. Nonostante ciò, essi evidentemente interagiscono con chi li accudisce e offre loro dei doni che vengono ricevuti in maniera attiva. Anche nella primissima infanzia l’interazione avviene a livello di comunicazione, e i bambini danno e ricevono gesti, sorrisi e suoni in proto-conversazioni ritmiche a turni, che sono state studiate e perfino annotate dai ricercatori su spartiti musicali (Trevarthen 1979). Di fatto, sembra che la proto-conversazione sia un elemento culturale universale, nel senso che le madri interagiscono in questo modo con i loro bambini in tutte le culture in cui il fenomeno è stato studiato. Vorrei far notare che si tratta di interazioni a turno fondate sul dono e sull’imitazione, non sull’obbligo.

    I bambini non praticano lo scambio quid pro quo, essi non possono restituire un prodotto equivalente a fronte di ciò che viene loro donato. Pertanto, le cure nella prima infanzia avvengono all’interno di un contesto che per il bambino è economia del dono offerta e praticata dalla madre. Anche se in alcuni casi chi accudisce (motherer) è un aiuto retribuito per il suo lavoro, per il bambino l’accudimento è gratuito. Il bambino non comprende lo scambio di equivalenti e il vincolo della restituzione, e questo richiede che chi lo accudisce si adegui.

    Il latte materno è il dono originale prototipico: l’allattamento al seno costituisce fin dall’inizio una comunicazione fisica tra corpi che soddisfa un bisogno. È possibile sostituire il seno materno con un biberon in una situazione che implica ugualmente abbraccio e vicinanza. In entrambi i casi il dono dell’allattamento che soddisfa un bisogno evolve nel tempo nel dono di cibo solido; con la crescita del bambino si sviluppano nuove modalità di interazione ed emergono nuovi bisogni di attenzione e cure.

    Perché non calcoliamo queste interazioni come economiche? In parte perché sopravvalutiamo lo scambio e il denaro e li vediamo come elementi economici. Ma se la gratuità è una modalità di distribuzione, anche il flusso gratuito di latte dal corpo della madre è una modalità di produzione. Il problema è che questa modalità economica gratuita non viene generalizzata alla produzione di altre merci e, di fatto, viene acquisita e sfruttata dall’economia fondata sullo scambio quid pro quo.

    Il dono gratuito è transitivo. Il nutrimento fluisce da una persona a un’altra prima nell’utero, attraverso il sangue del cordone ombelicale, e poi all’esterno, dal seno alla bocca del bambino. Ma esistono anche molti altri tipi di lavoro, di mansioni necessarie per il bambino: pulirlo, tenerlo al caldo, nutrirlo con cibi solidi ecc. Il fatto che la madre nutra e curi il suo bambino dà valore al bambino e gli consente di crescere. Io chiamo questo valore che viene attribuito all’altro per mezzo della soddisfazione unilaterale dei suoi bisogni valore del dono. Si tratta di una terza tipologia, oltre al valore d’uso e al valore di scambio, che promuove autostima tanto nel bambino quanto nella madre.

    Man mano che il bambino cresce e necessita di cibo solido, la madre continua a procurarglielo e glielo offre gratuitamente, anche se deve acquistarlo. Il bambino apprende a ricevere in maniera attiva e creativa non soltanto i doni della madre, ma anche i doni percettivi offerti dall’ambiente (quelli che James Gibson (1979) definisce le affordances dell’ambiente) insieme ad altre modalità creative di accoglierli8. Anche i rapporti che il bambino ha con le nicchie sociali e ambientali di appartenenza possono essere interpretati in termini di dare e ricevere percettivamente9.

    Per la maggior parte dei bambini, anche se non per tutti, la prima infanzia è il periodo dell’economia del dono. Dico non per tutti perché crudeltà, povertà, malattie e invalidità possono rendere la vita dei bambini

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