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Gabbia Dorata: In gabbia, #1
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Gabbia Dorata: In gabbia, #1
E-book244 pagine3 ore

Gabbia Dorata: In gabbia, #1

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Info su questo ebook

Orfana ereditiera.

Sono nata in una famiglia ricca, la figlia del re colombiano del caffè. Ma quando i miei genitori sono rimasti uccisi in un incidente, e alcuni anni fa mio fratello è morto in una sparatoria, ho scoperto nel peggiore dei modi che i soldi non comprano la felicità.

 

Reclusa dalla società.

Dopo aver perso la famiglia, ho vissuto in un limbo, facendo la mia comparsa in pubblico per salvare le apparenze e andando poi a casa da sola. Nessuno può spezzarti il cuore se non lo lasci entrare, giusto?

 

Prigioniera ribelle.

Pensavo che la vita me ne avesse già lanciate contro di tutti i colori, ma poi Javier Vega e la sua banda di pericolosi criminali hanno fatto irruzione nella mia esistenza, prendendomi in ostaggio nella mia stessa casa. Credono sia debole, una preda facile, ma si sbagliano. Se andrò a fondo, lo farò lottando.

LinguaItaliano
Data di uscita2 dic 2021
ISBN9781643663401
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    Anteprima del libro

    Gabbia Dorata - Francesca Baez

    Parte I

    Capitolo 1

    Selina


    Bang. Bang.

    Mi sveglio con un sussulto, sudata e ansante. Sono passati mesi dall’ultima volta che ho fatto quel sogno, quello che comincia con una versione felice di me e finisce in una sparatoria. Più che altro un incubo, direi.

    Mi arrotolo i lunghi capelli dietro la testa e li sorreggo con una mano, cercando di rinfrescarmi. Un gesto inutile, nel bel mezzo di un’altra delle torride estati di Atlanta. Dovrò dire a Kate di abbassare l’aria condizionata. Ribatterà dicendo che cerca di farmi risparmiare soldi, sempre la solita storia, ma mi chiedo a cosa serva un’eredità come la mia se non posso nemmeno avere fresco in casa.

    Bang. Bang.

    Il cuore mi sobbalza nel petto. Quel rumore non era un sogno, era reale. Spari, un po’ smorzati, ma di certo vicini. All’interno della proprietà. È un suono che ho già sentito una volta fuori dagli incubi. La gola comincia a serrarsi al ricordo, l’istinto è quello di rannicchiarmi sotto la trapunta di raso e aspettare i soccorsi. Le guardie gestiranno la situazione. Dopotutto, è per quello che li pago. Afferro il cellulare dal comodino e chiamo Eddie. Lui mi dirà cosa fare. Dopo un’eternità, risponde la segreteria. Merda. Che cosa sta succedendo?

    Scatto fuori dal letto, mi infilo le prime scarpe che vedo, le Louboutin nero lucido che avevo a cena, e afferro la vestaglia di seta appesa vicino alla porta. La indosso sopra il babydoll di pizzo mentre mi precipito di sotto, legando ben stretta la cintura.

    Kate? chiamo, anche se so che la mia tata-ormai-governante dorme dall’altra parte della villa. Kate? Eddie? Alan?

    Il deserto. Anche quando con me c’erano mamma, papà e Max, vagavamo per questo palazzo smisurato come biglie disperse. Adesso ci siamo solo io e quelle poche persone di servizio che ho deciso di tenere, e comunque non le trovo mai quando ne ho bisogno. Di solito non mi importa granché, mi godo la privacy o la compagnia di un occasionale sconosciuto amico di letto, ma stanotte l’eco della mia stessa voce giù nell’atrio vuoto mi provoca brividi freddi lungo la schiena.

    Almeno non ho sentito altri spari, mi dico, forzando il cervello sconnesso e ancora semi addormentato a concentrarsi sul problema impellente. Però è probabile che quel silenzio indichi che gli intrusi hanno superato il posto di guardia e stanno venendo qui. Da me. Merda.

    Kate! esclamo di nuovo, più forte. Corro fino a metà scala, ma mi fermo esitante sul ballatoio. Non so dove andare. Papà diceva sempre che avrebbe fatto costruire una stanza antipanico, ma non è mai successo. Nel primo anno in cui sono rimasta sola, Eddie ha cercato di farmi imparare il piano d’emergenza, ma non gli ho mai prestato troppa attenzione, così alla fine ci ha rinunciato. È probabile che adesso io sia in grossi guai e non ho idea di cosa fare. Chiamare la polizia? Ho lasciato il cellulare in camera, immaginando che Eddie l’avrebbe fatto al mio posto. Gridare aiuto? I primi vicini sono a quasi due chilometri di distanza.

    Sento un rumore di passi all’esterno, ma prima che possa decidere in quale direzione lasciarmi portare dal mio incontrollabile istinto di fuga, la porta d’ingresso si spalanca. Lancio uno strillo di una potenza che non pensavo di avere e faccio un salto all’indietro, mentre un manipolo di sconosciuti irrompe in casa. Sono in tre, due uomini e una donna, tutti vestiti con i classici abiti scuri da ladro e armati di pistola. Mi inchiodano subito gli sguardi addosso – la vestaglia scarlatta spicca contro il muro bianco come il centro di un bersaglio – ma i miei occhi si bloccano sull’uomo al centro. I suoi occhi scuri bruciano di una brama così disperata da farmi gelare il sangue, un bisogno così profondo da non lasciarmi alcun dubbio che farebbe di tutto pur di ottenere quello per cui è qui. Per la prima volta intuisco che non sarà un semplice furto con scasso, una rapina di poca entità in cui mi viene sottratto un paio di collane di diamanti e il giorno dopo continuo con la mia solita vita, un po’ scossa ma niente che non si possa aggiustare con una bottiglia di vino. O dieci. No, quest’uomo non è un rapinatore dilettante in preda a un capriccio, e non è il tipo da lasciarmi andar via tutta intera. È un predatore, e non c’è dubbio su cosa significhi per me.

    Signorina Palacios, dice l’uomo con un sorriso velenoso, avvicinandosi di un passo. Non è molto alto, forse appena qualche centimetro in più di me, ma il modo in cui si muove lo fa sembrare alto il doppio. Indossa una giacca di pelle logora e i lunghi e arruffati capelli neri gli incorniciano il volto abbronzato. Ha un accenno di barba sulla mascella affilata, e le labbra gli si increspano in un ghigno mentre mi fa scivolare addosso quegli occhi. Non riesco a fare a meno di notare la pistola agganciata con noncuranza al suo fianco.

    È troppo tardi per scappare, allora raddrizzo la schiena e mi sforzo di entrare in modalità di attacco. Incrocio le braccia strette intorno al tronco, sia per coprirmi dallo sguardo lascivo dello sconosciuto che per trasmettere un’aria di spavalderia che al momento non mi appartiene; attraverso il ballatoio e mi inserisco con fiducia nella scena. Mia madre si sarebbe comportata così, credo. Spero.

    Che cosa volete?

    L’uomo in testa fa segno all’uomo dietro di lui, che si allontana con un cenno. Ora ci siamo solo io, lui e la donna con pantaloni di pelle attillati. È la sua ragazza? Alla fine è così che vado a fondo, dopo tutto lo schifo che ho passato, per mano di due aspiranti Bonnie e Clyde? Dove diavolo sono Eddie e Alan? Dov’è Kate?

    Non ti salveranno, dice l’estraneo, come se mi leggesse nel pensiero. Lo so che ha soltanto indovinato le mie logiche preoccupazioni, ma il modo in cui i suoi occhi scuri scrutano i miei mi porta quasi a credere che possa entrarmi nella testa. Adesso ci siamo solo noi.

    Avete fatto del male a qualcuno di loro? mi trema un po’ la voce e mi aggrappo alla ringhiera per sorreggermi.

    No, risponde e, anche se non ho motivo di credergli, scopro di volerlo.

    Allora perché diavolo avete sparato? domando.

    Ci stavamo soltanto annunciando, dice l’uomo, con ancora quel maledetto ghigno sulle labbra. La ragazza sposta il peso sull’altro fianco e incrocia le braccia, immobilizzandosi in modo ben più efficace del mio in una posa aggressiva.

    Che cosa volete? ripeto, con le nocche bianche e la voce che mi trema. Non riuscirò a fingere coraggio ancora per molto. Qualsiasi cosa vogliano, per qualsiasi motivo siano qui, non se ne andranno a mani vuote, e di sicuro non ne uscirò illesa.

    L’unica cosa che hai da offrire, dice l’estraneo sicuro di sé, senza neanche battere ciglio. Siamo qui per i tuoi soldi, Selina.

    Capitolo 2

    Javier


    Èbellissima, proprio come nelle foto. Proprio come ricordavo. Anche così, con i lunghi capelli arruffati e scompigliati, il viso pallido per il sonno, gli occhi spalancati e terrorizzati nonostante la facciata di falso coraggio. I ricchi. Pensano sempre di essere intoccabili, finché non è troppo tardi.

    Mando Miel a tirare giù dal suo trespolo sul ballatoio la principessa prigioniera e tutti e tre andiamo in soggiorno. La villa è ancora più grande di quanto non sembri dalle planimetrie, non meno di un palazzo. Ogni cosa è rivestita di sfumature di pallida opulenza, dal pavimento di marmo al divano color crema sul quale facciamo sedere Selina. Sembra di essere in una caricatura del benessere, e la ragazza fa la figura della perfetta principessa.

    Che ne avete fatto del mio personale? chiede di nuovo, con le braccia conserte sul corpo snello, praticamente nudo. Mi sforzo di concentrarmi sul suo viso, ricordando a me stesso perché sono qui. Non posso lasciarmi distrarre da lei.

    Stanno tutti bene, le assicuro, tenendola all’oscuro di ulteriori dettagli. Comunque, è la verità. Certo, al momento li teniamo legati sotto la nostra custodia, anche la vecchietta, ma vivranno. Fin tanto che Selina fa quello che le viene detto, tutti vivremo.

    Brock torna e mi fa un cenno senza parlare. Via libera. Mi passa un cellulare. Quando premo il tasto home, una foto di famiglia illumina lo schermo. Una famiglia di quattro persone felici, con una giovane Selina che sorride al centro. Premo di nuovo il tasto home, ma viene richiesta una password. Passo il telefono a Miel.

    Volete i miei gioielli? chiede la terrorizzata giovane ereditiera dal divano, passandosi con nervosismo la lingua sulle labbra carnose. Posso darvi la combinazione della cassaforte. Non tengo mai molti contanti in casa, ma la mia borsa è qui da qualche parte, se la volete.

    Pensa davvero che sarà così semplice. Che può sganciarci qualche spicciolo e liberarsi di noi una volta per tutte. Lancio uno sguardo a Miel e lei rotea gli occhi. Pensa che stia complicando troppo le cose. Se avessimo fatto a modo suo, avremmo soltanto legato la giovane Palacios con gli altri ostaggi e portato avanti l’operazione.

    Ti ho detto che vogliamo i tuoi soldi, rispondo, sedendomi sulla poltrona di fronte a Selina. Che diavolo, quest’affare non è comodo neanche la metà di quanto sembra. Li vogliamo tutti, non solo quelli che hai a portata. Sappiamo quanto hai nel fondo fiduciario, per non parlare delle entrate della società dei tuoi genitori, e vogliamo tutto fino all’ultimo centesimo.

    Selina si muove a disagio sul divano e la vestaglia scivola leggermente di lato, rivelando una lunga gamba nuda. Deglutisco in modo palese; lei fa finta di non accorgersene. Non la passerete liscia. Prendete i gioielli e andatevene.

    Apprezzo la sua audacia, l’espressione di sfida negli occhi. Ha ragione. Non riusciremo mai a svuotarle il conto in un colpo solo. Ma ho fatto piani per anni e sono pronto a metterli in azione. Selina, ereditiera della fortuna dei Palacios, celebre festaiola semiredenta, regina di un impero di cui non ha mai saputo cosa fare, sarà il nostro personale assegno in bianco finché non avremo prelevato da lei quello che vogliamo e anche di più. Deve capire che è finita la vita così come la conosceva, che d’ora in avanti sarà una marionetta e io l’unico a muovere i fili.

    Vogliamo tutto quello che possiedi, ma non ci prenderemo ogni cosa oggi, spiego, accavallando la caviglia sul ginocchio. Sarai la nostra socia in affari, il nostro angelo investitore, ci darai i tuoi soldi poco per volta, per tutto il tempo che ci vorrà.

    Il suo viso abbronzato si fa pallido, ma tira fuori la facciata di coraggio. Perché mai dovrei farlo?

    Con perfetto tempismo, Miel arma la pistola, togliendo la sicura con un click. Non potremmo mai uccidere la nostra gallinella dalle uova d’oro, ma un proiettile nella gamba non ha mai fatto male a nessuno.

    Mi sembra abbastanza chiaro che ce l’abbiamo noi il coltello dalla parte del manico, dico, mettendo bene in mostra anche la mia pistola. Selina si passa di nuovo la lingua sulle labbra e posso vedere che le tremano le mani, anche se stringe forte i pugni. La minaccia della violenza funzionerà per il momento, ma arriva sempre un punto in cui questi stupidi prigionieri pensano di esserne immuni, che la polizia, o simili enti altrettanto inutili, riusciranno a proteggerli da ripercussioni fisiche. Ci vorrà ben più delle minacce per tenerla sempre sotto controllo, ed ecco che entrano in scena la governante e quelle guardie incapaci. In un mondo ideale useremmo la famiglia come leva, ma Selina è l’ultima dei Palacios. Per fortuna, la sua perdita mi garantisce che farà di tutto pur di proteggere la famiglia di ripiego che le è rimasta.

    Mi alzo in piedi e percorro la distanza che ci separa, sedendomi lentamente sul divano di fianco alla nostra piccola prigioniera. Rabbrividisce mentre mi chino verso di lei, le sposto i capelli di lato e le sussurro all’orecchio.

    Se non stai al gioco, li uccideremo, mormoro con la voce così bassa che persino io faccio fatica a sentirmi. A cominciare dalla vecchietta.

    Capitolo 3

    Selina


    Mi si ferma il cuore.

    Non è possibile. Avverto il pericolo sprigionato dal corpo muscoloso dell’intruso, tanto intenso e seducente quanto terrificante. Ma anche un uomo così pericoloso non andrebbe tanto oltre per appena un po’ di soldi. Giusto?

    Non ti credo, sussurro a mia volta, anche se non è vero.

    Lo sconosciuto si alza e torna alla poltrona. Quando si siede, guardandomi dritta negli occhi con quel suo sguardo scuro, gli credo. C’è qualcosa in lui, qualcosa di disperato e infranto. Qualcosa che l’ha portato qui, che l’ha spinto a fare di tutto per arrivare a me. Ai miei conti in banca. Di colpo, vorrei non avergli chiesto di che cosa è capace.

    Fa un altro cenno e il suo scagnozzo tira fuori un tablet, digita sullo schermo un paio di volte e poi lo rivolge verso di me. Mi si ferma di nuovo il cuore. Non riconosco il luogo buio, ma senz’ombra di dubbio riconosco le facce spaventate. Kate, Eddie e Alan legati a sedie. Mi porto le mani tremanti al petto, in ansia.

    Basterà solo una parola e il mio uomo premerà il grilletto, afferma il mio aguzzino. Allora noto una quarta figura nell’immagine; sta puntando una pistola contro gli altri tre. Sai, non m’importa molto se mira a un piede, una rotula o una testa. Quante altre prove ti servono, Selina?

    Così… comincio, ma mi si blocca il fiato in gola. Kate ha il cuore debole, una situazione tanto terrificante potrebbe ucciderla senza bisogno di proiettili. Mi schiarisco la voce e provo ancora. Così è abbastanza. Vi prego, non fate loro del male.

    Voglio credere di essere più forte di così, abbastanza forte da lottare per difendere la fortuna della mia famiglia, ma non lo sono, e i soldi non sono altro che questo: soldi. Farò tutto quello che servirà per proteggere Kate e le guardie. Soprattutto, per quanto possa essere egoista, farò ogni cosa occorra per salvare me stessa.

    Un forte ronzio interrompe il silenzio in cui siamo immersi e mi fa trasalire. I tre malviventi rimangono imperterriti. La donna artiglia il mio cellulare; lo schermo illuminato mostra il nome di chi sta telefonando: ‘ISLA’.

    Isla del Rey? chiede l’uomo, prendendo il cellulare con circospezione, come se fosse una bomba a orologeria. La vicina?

    Sì, rispondo con onestà, anche se tecnicamente Isla vive a quasi due chilometri di distanza. Non so perché mi stia chiamando adesso. Non siamo proprio amiche.

    Lancia un’occhiata ai suoi complici. Il tizio alza le spalle e la ragazza alza gli occhi al cielo per la milionesima volta.

    Forse hanno sentito gli spari. Vi avevo detto di non fare i coglioni con le pistole. Dalle il cellulare, Javier, o i del Rey chiameranno la polizia.

    Javier. Mi aggrappo disperatamente a quella briciola d’informazione, il primissimo indizio. Lui esita, poi mi allunga il telefonino. Faccio per afferrarlo, ma lo ritira all’ultimo momento. Un altro paio di squilli e la chiamata passerà alla segreteria. Hanno ragione. Dubito che Isla abbia sentito gli spari fin dentro la sua villa, che fa sembrare la mia una casa delle bambole, ma è possibile che le sue guardie abbiano sentito qualcosa. Se non rispondo, potrebbero passare a vedere che cosa succede, oppure chiamare la polizia.

    Non fare stronzate, dice Javier, alzando l’arma a mo’ di promemoria. Annuisco. Come se non avessi già chiara la situazione. Non sono un’idiota. Mi passa il cellulare e io premo velocemente il tasto verde per accettare la chiamata, prima che sia troppo tardi.

    Isla? dico, cercando di controllare il tremolio della voce. Javier sillaba qualcosa. Vivavoce. Imposto la chiamata in modalità vivavoce e inspiro a fondo. Tutto bene?

    Cosa sta succedendo lì da te? domanda Isla, con voce molto più stridula del solito. Abbiamo sentito degli spari. È tutto ok?

    Chiudo gli occhi e cerco di raffazzonare una bugia. Sento un leggero cedimento del divano e una pressione contro la tempia. Spalanco gli occhi. Javier è seduto di nuovo di fianco a me, ma questa volta non sono le sue labbra a essere troppo vicine al mio viso.

    Ehm, sì, rispondo, mordendomi il labbro. Cavolo, scusa. Stavo… Stavo trafficando con dei fuochi d’artificio che mi sono rimasti dal Quattro Luglio. Ho chiamato un po’ di gente per una festa, non ci ho proprio pensato. Mi dispiace tanto di averti svegliata, ora ci diamo un taglio.

    Riesco quasi a sentire il sospiro stanco attraverso il telefono. Isla e suo marito non sono tanto più vecchi di me, ma si lamentano di continuo per i miei modi ‘giovanili’.

    Va bene, dice alla fine, con un piccolo sbadiglio. Per favore, Selina, cerca di far meno rumore, è quasi l’alba. Qui c’è gente che vuole dormire. Potrebbe essere ora di chiudere la serata e andare a letto, eh, tesoro?

    Hai ragione, replico, sentendomi un po’ amareggiata per la sua condiscendenza, anche con una pistola puntata contro. Ti chiedo scusa di nuovo. Buonanotte, Isla.

    Riaggancia ancora prima che possa finire la frase. Espiro rumorosamente quando Javier abbassa l’arma. Quell’impicciona crede davvero di essere migliore di me? So che va a letto con

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