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Il custode
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E-book196 pagine2 ore

Il custode

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Info su questo ebook

Due misteriose società si contendono il segreto contenuto nella celebre opera del Guercino “Et in Arcadia Ego”. Isabella Morgan è lo strumento mediante il quale cercano di entrarne in possesso. Tra luoghi misteriosi e personaggi insoliti, con l’aiuto dell’affascinante Samuele, la ragazza giungerà a scoprire la sconvolgente verità nascosta nel dipinto.
di Elisa Cassinari
Bologna, 5 Novembre 1619
Il pittore Francesco Barbieri, detto il Guercino, viene convocato dal collega Ludovico Carracci. Ludovico ha un compito: nominare un successore a cui tramandare un importante segreto per conto dell’ordine di cui è membro, i Rosacroce. Il successore designato è proprio il Guercino.
Roma, 11 Novembre 2015
Il professor De Santis, docente di Storia del Cristianesimo, consegna alla studentessa Isabella Morgan un libro, tra le cui pagine la ragazza trova una postilla: è un appuntamento, al quale si presenta il capo dell’organizzazione che, nel frattempo, ha rapito De Santis. L’uomo incarica Isabella di ritrovare il segreto scoperto dal professore, che si cela nel dipinto del Guercino “Et in Arcadia Ego”, perché solo per mezzo di esso potranno portare a termine il loro progetto. Isabella coinvolge nella vicenda Samuele, un ragazzo conosciuto in università e, insieme, giungeranno a scoprire la sconvolgente verità nascosta nel dipinto del Guercino.
LinguaItaliano
Data di uscita11 gen 2020
ISBN9788833284019
Il custode

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    Anteprima del libro

    Il custode - Elisa Cassinari

    Samuele.

    Prologo

    Bologna, 5 novembre 1619

    Camminava in fretta, ancora pochi isolati e sarebbe giunto alla dimora di Ludovico Carracci. Era ansioso di avere una risposta. L’umidità stagnava nell’aria, creando una nebbiolina sottile. Si fermò per riprendere fiato e alzò lo sguardo: in lontananza la Torre degli Asinelli sembrava vegliare sulla città. Francesco svoltò nel vicolo ed entrò nel trambusto della piazza del mercato. Le bancarelle, disposte senza un preciso ordine, occupavano tutto il piazzale, mentre le urla dei mercanti sovrastavano ogni altro rumore.

    «Pollame gente, pollame! Presto, affrettatevi! Ne rimangono ancora pochi! Oh Messer Barbieri, la stavo giusto aspettando, ho un’occasione per lei!» urlò un venditore ambulante vedendolo passare.

    «Non ora brav’uomo, non ora», rispose Francesco, ansante, cercando di farsi spazio tra la folla.

    Il mercante fece spallucce e continuò a svolgere il suo lavoro. «Forza gente, due polli al prezzo di uno!»

    Francesco sostò per qualche istante, prese un fazzoletto dalla tasca interna della giacca e se lo passò sulla fronte per asciugare il sudore. Mancavano pochi metri, ancora un ultimo sforzo e avrebbe saziato la sua curiosità. Abbandonò la piazza, lasciandosi alle spalle le grida della gente. Il silenzio delle vie secondarie non gli era mai parso così gradevole. Arrivato dinanzi alla casa del Carracci, titubò per qualche secondo: tutto a un tratto la sua ansia si era trasformata in angoscia. Temeva di ricevere una delusione: se la risposta fosse stata negativa, non gli sarebbe rimasto che mettere in discussione le sue capacità di artista. Si sistemò i vestiti e, quando l’affanno si fu in parte placato, bussò alla porta.

    Il Carracci lo invitò a entrare.

    «Eccomi Ludovico, sono giunto il prima possibile. Hai forse ricevuto notizie dall’illustre arcivescovo Ludovisi? Oh ti prego, dimmi che sono eccellenti», domandò il visitatore tutto dʼun fiato. «Ho sentito dire che il suo nome è il favorito alla prossima elezione del pontefice, una sua commissione sarebbe molto prestigiosa e gioverebbe senza dubbio alla diffusione della mia fama nella città di Roma. Dimmi dunque, la mia attesa può trovare una giusta ricompensa?» continuò con tono incalzante.

    «Francesco, non essere così impaziente. Se sei un uomo di valore, il tempo lo deciderà e sarà egli stesso a donarti onori e privilegi. La fretta non ha mai giovato a nulla. Perciò abbi fede nel tuo talento, e la notorietà verrà da sé.»

    «Oh, ti prego chiamami col nome col quale tutti mi conoscono, Guercino, semplicemente Guercino, tuo ammiratore, fidato amico e soprattutto fratello rosacrociano.»

    Il mobilio della stanza era piuttosto scarno, alcune tele bianche riposte in un angolo erano in attesa che il pittore riversasse il suo estro su di loro. Un leggero tepore, che proveniva dalla stufa nella camera adiacente, scaldava a malapena l’ambiente. Il Carracci tossì più volte, prese una piccola scatola d’argento posta sul tavolo e la aprì. Estrasse una pasticca e se la mise in bocca, dopodiché versò dell’acqua in un bicchiere e bevve tutto d’un colpo. Era molto pallido e i suoi movimenti erano accompagnati da un leggero tremito. Si alzò con estrema fatica dalla sua scrivania in legno scuro, aprì l’anta dell’armadio e ne estrasse un piccolo baule ornato da incisioni floreali.

    Il Guercino seguiva tutti i suoi spostamenti con estrema attenzione. Quando si focalizzava su qualcosa, il suo strabismo diventava ancora più evidente; d’altronde il suo soprannome derivava proprio dal difetto all’occhio destro.

    «Non ti ho convocato per discutere della mia intercessione nei confronti del cardinale Ludovisi. C’è qualcos’altro di cui mi preme parlarti.»

    «Caro Ludovico, qualsiasi sia il motivo della tua chiamata, sappi che ti ascolterò con devota attenzione.»

    Il Guercino aveva un’enorme stima di quell’uomo, paragonabile solo a quella che si può avere nei confronti di un genitore.

    «Ormai sento che il mio tempo è giunto al termine.»

    «Oh, non dire così, Ludovico; se posso fare qualcosa per la tua salute, qualsiasi cosa, ti prego di rendermene partecipe.»

    «È la realtà Guercino, è la realtà.» Mentre parlava, appoggiò lo scrigno sul tavolo. «La mia ora è vicina e devo portare a termine l’importante compito che mi è stato affidato.»

    «Hai svolto i tuoi compiti in vita in modo ammirevole, Ludovico. L’Accademia degli Incamminati da te fondata ha avuto notevole successo e ha formato artisti di grande spessore.»

    «Non sto parlando della mia professione, non rimpiango nulla di ciò che ho fatto.»

    «Allora dimmi, Ludovico, per cortesia, a cosa ti riferisci con precisione?»

    Il Carracci teneva stretto il bauletto come se si fosse trattato di un bene prezioso.

    «Vedi, Francesco, ci sono uomini destinati a vivere nell’ignoranza, a prendere per vero ciò che in realtà è solo apparenza, poi ci sono uomini destinati a conoscere la Verità… riservata a pochissimi eletti.»

    «Come abbiamo pronunciato nel nostro giuramento: La Verità è l’unica nostra fede. E la salvezza l’unico nostro obiettivo», sottolineò il Guercino.

    «Esattamente. È per questo motivo che io, e prima di me altri fratelli rosacrociani, abbiamo custodito e tramandato un segreto, seguendo l’esempio del prescelto, colui che è stato iniziato alla consapevolezza. Esso cela la sola Verità; solamente chi ne sarà in possesso allo scadere del tempo stabilito, potrà portare a termine il progetto.» Il pittore fece scivolare lentamente la scatola sul tavolo in direzione dell’amico, poi proseguì. «E ora alzati», comandò in tono solenne.

    Il Guercino, il cui volto aveva assunto un’espressione interrogativa, si sollevò lentamente, ignaro di ciò che stava per accadere.

    «In nome del Santo Giuramento dell’Ordine dei Rosacroce, per conto dei membri della società stessa e in memoria del prescelto, io ti nomino nuovo custode del segreto!»

    Francesco guardò il Carracci dritto negli occhi, e solo dopo aver ricevuto un cenno di assenso afferrò timidamente il forziere.

    «Questo bauletto contiene la chiave che permette di giungere al luogo dove è custodito il segreto. Conservalo con cura e amalo come un figlio.»

    «Oh, Ludovico, tu non sai che immensa gioia mi stai dando.»

    Ludovico lo interruppe bruscamente. «Non ho ancora terminato! Giuri sul tuo onore di custodirlo a costo della tua stessa vita?»

    «Oh, sì, lo giuro.»

    Anche se non conosceva ancora il contenuto della rivelazione, Francesco sapeva che da quel giorno la sua vita non sarebbe stata più la stessa. Era eccitato e onorato che il Carracci avesse scelto proprio lui per svolgere un incarico così importante.

    «E giuri che salverai il segreto qualora venisse sottratto alla tua custodia, e che sceglierai con estrema attenzione il tuo erede?»

    «Lo giuro.»

    «Francesco Barbieri, detto il Guercino, io ti nomino ufficialmente mio successore. A partire da oggi, fino all’ultimo giorno della tua esistenza, tu sarai il nuovo custode».

    Capitolo I

    Provincia di Roma, 11 novembre 2015

    Era già lì, come ogni mattina, ad aspettarmi su quel binario isolato, come se non fosse degno di far parte degli altri treni. Forse perché penalizzato dalla tratta poco frequentata, quel treno era privo dei comfort moderni e dava l’impressione che, da un giorno all’altro, dovesse percorrere il suo ultimo tragitto. Come al solito, la macchinetta per vidimare il biglietto era fuori servizio.

    «Maledizione, sono già in ritardo!» imprecai.

    L’orologio della stazione segnava le sette e quarantotto, mi rimanevano due minuti prima che il treno partisse. Il controllore passeggiava avanti e indietro lungo il binario in attesa dell’arrivo degli ultimi passeggeri; non mi rimaneva che sperare nella sua comprensione.

    «Buongiorno, la macchinetta non funziona.»

    L’uomo mi strappò il biglietto dalla mano.

    «In ritardo, come al solito», disse con aria severa.

    Forse stava aspettando proprio me. Salii senza dare peso alle sue parole e iniziai a scandagliare i vagoni in cerca delle mie compagne di studi.

    «Isabella, siamo qua!»

    Era l’inconfondibile voce di Michela. L’amica agitava animatamente le braccia in cerca della mia attenzione. Le sorrisi quando vidi che, come accadeva ormai da cinque anni, mi aveva riservato un posto nella mia posizione preferita, accanto al finestrino. Mi piaceva ammirare il paesaggio, mi dava una sensazione di libertà e spensieratezza. Inoltre, avere il potere di gestirne l’apertura mi faceva sentire più tranquilla.

    «Avete sentito della professoressa Montanari?» esordì Laura senza nemmeno salutarmi. «Il marito l’ha trovata a letto col suo assistente.»

    Mentre parlava, mi domandai come facesse a essere sempre aggiornata su tutti i gossip universitari. Io cercavo di evitare i pettegolezzi come se fossero stati una grave malattia e non mi capacitavo di questa sua attitudine ad apprendere i fatti altrui quasi in tempo reale. Certo, la notizia era davvero uno scandalo, tanto da essere degna di nota persino da parte mia, ma in quel momento la mia attenzione fu catturata dal ragazzo che, da un po’ di tempo a quella parte, ogni giorno sedeva nel nostro vagone.

    Stava seduto e teneva la testa china; la matita stretta nella mano destra sembrava danzare su un foglio. Alzò lo sguardo nella mia direzione, come se si fosse accorto che lo stavo fissando. Ci guardammo negli occhi e mi sorrise. Aveva un bellissimo sorriso, così bello da farmi sentire in imbarazzo; distolsi subito lo sguardo, sapevo che c’erano buone probabilità che le mie guance fossero diventate rosse. Tutto a un tratto mi venne caldo e abbassai il finestrino. Mi sentivo ancora il suo sguardo addosso: fare l’indifferente non era servito a distogliere la sua attenzione. Non era un tipo particolarmente attraente, di quelli che se li si incrocia per strada ci si volta ad ammirare. Era di media statura e di costituzione magra, i capelli castani erano lucidi e tagliati in modo perfetto. Dietro a un paio di occhiali da vista rotondi si intravedevano grandi occhi color nocciola. L’orecchino che portava al lobo destro smorzava un po’ l’aria da nerd che lo caratterizzava nel complesso. Non aveva nulla in comune col genere di ragazzi ai quali rivolgevo solitamente la mia attenzione, ma trovavo comunque piacevole il nostro reciproco scambio di sguardi.

    Al fischio del controllore il treno partì, arrancando faticosamente. Il solito stridio metallico ci penetrò nelle orecchie. Era il momento in cui ogni passeggero si sistemava per affrontare l’ora di viaggio. C’era chi amava isolarsi con la musica nelle cuffie, chi ne approfittava per sistemare gli appunti del giorno precedente e chi invece, come me, schiacciava un pisolino prima di affrontare la lunga giornata. Mi sistemai meglio sul sedile, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare dal rumore ritmico del treno.

    ***

    Mi svegliai appena prima di giungere a destinazione, quando il conducente annunciò l’imminente arrivo: «Roma Termini. Stazione di Roma Termini!»

    Aprii gli occhi. La fastidiosa luce fioca che penetrava dal finestrino preannunciava una giornata uggiosa. Raccolsi le mie cose e mi misi in fila per scendere. Il ragazzo misterioso mi sorrise di nuovo, poi anche lui si incamminò verso l’università. Era un breve tragitto a piedi, nel centro della città, durante il quale io e le mie amiche approfittavamo per chiacchierare del più e del meno e confrontarci sui nostri studi. Mi piaceva definire quel momento una sorta di pausa caffè itinerante.

    «Ehi, ragazze, cosa ne dite di fare colazione? È ancora presto per entrare in aula», propose Michela.

    Effettivamente quella mattina il treno aveva impiegato meno tempo del solito, come se avesse voluto dimostrarci che ci sbagliavamo sul suo conto.

    Un bel caffè era proprio quello che ci voleva per svegliarmi.

    «Certo, perché no?» risposi.

    Laura si fermò di scatto. «Mi stavo dimenticando che devo fare un salto in copisteria, ci vediamo più tardi.»

    Rimanemmo soltanto io e Michela. La guardai; ormai ci conoscevamo da tanto tempo, eppure non potevo fare a meno di chiedermi come mai andassimo così d’accordo, nonostante fossimo agli antipodi. Mi ricordavo ancora perfettamente il nostro primo incontro: lei stava seduta sul treno, in un vagone vuoto, a leggere. Qualcosa mi disse che sarebbe stata un’ottima compagna di viaggio: silenziosa, non invadente, all’apparenza ordinata. Le domandai se il posto accanto al suo fosse libero e lei mi rispose di sì; sembrava felice che glie lo avessi chiesto. Quelle poche parole sigillarono per sempre la nostra amicizia.

    Michela era la tipica brava ragazza, dedita allo studio e

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