Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il guanto bianco
Il guanto bianco
Il guanto bianco
E-book262 pagine3 ore

Il guanto bianco

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Francesco Modi, il protagonista, è un giovane toscano del Mugello. Vive in una famiglia apparentemente unita. Con la sorella Amanda e il suo fidanzato Amadeo scopre un mondo sommerso che lo riguarda da vicino ma non si perde d'animo e scava in profondità. Storie di amore e di vita ordinaria si alternano a gravi reati e con l'attuale situazione di emergenza; logge massoniche e vite sacerdotali all'interno della Chiesa si scontrano nell'eterna lotta fra il bene e il male.
LinguaItaliano
Data di uscita3 gen 2022
ISBN9791220379564
Il guanto bianco

Correlato a Il guanto bianco

Ebook correlati

Narrativa generale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Il guanto bianco

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il guanto bianco - Flavio Alfieri

    I

    Fiorenza Bartolacci è mia mamma. Fiore, come la chiamano tutti, è ancora una bella donna. Per me, che sono di parte, ancor di più. Di una bellezza che non è solo fisica quanto interiore.

    Nata l’8 maggio sotto il segno del toro, è di natura premurosa, generosa, umile e semplice. Rappresenta un fondamentale punto di riferimento per chi le gira intorno, se non fosse il bene più prezioso che abbiamo la candiderei patrimonio dell’Unesco.

    Ha sempre mantenuto atteggiamenti equilibrati coi suoi figli, nessuno ha ricevuto più attenzioni rispetto agli altri. Da figlio minore devo ammettere di non essere stato esemplare. Da piccolo ero una peste, col tempo mi sono trasformato in un indisciplinato sovversivo.

    Ciononostante, ogni volta che io e i miei fratelli le abbiamo chiesto aiuto lei c’era. È una presenza costante nelle nostre vite, una sorta di deus ex machina che si materializza proprio quando serve.

    Da persona ricca di valori, ci ha sempre insegnato come ci si deve comportare nella vita e, per quanto abbia vissuto una vita difficile, ha sempre affrontato le disgrazie con il sorriso sulle labbra.

    Ci ha trasmesso le sue passioni. Fin da piccina, accanto a nonna, coltivò l’arte di tagliare, cucire, riparare, adattare e trasformare ogni genere di tessuto o abito. Dovette lasciare da il lavoro che amava poco prima della mia nascita per dedicarsi maggiormente alla famiglia.

    La osservo spesso nelle sue mansioni: non sta mai ferma, si prende cura di tutti, è una forza della natura con quell’impeto nell’amministrare sia la terra che gli animali domestici.

    Abbiamo tante galline mugellane, una razza avicola nana e variopinta molto diffusa dalle nostre parti, oltre a pecore e qualche capra.

    Possediamo del terreno agricolo in prossimità del casale, abitualmente coltivato a mais o frumento che abbiamo poi ceduto in compartecipazione ad alcuni professionisti della zona per altre colture.

    Adora i fiori, la nostra casa ne è inondata!

    Ai fornelli, poi, è ineguagliabile. Brava a cucinare i piatti tipici della zona quali anatra alla Mugellana o la più famosa tagliata di manzo con rucola, la sua specialità è però la ribollita: un piatto povero, ideato dalle massaie per riutilizzare le verdure cotte avanzate nei giorni precedenti. La ribollita, la zuppa di cipolle e i tortelli di patate sono le ricette simbolo della cucina tradizionale toscana. Fa dei cantucci fantastici e un liquore a base di gemme d’abete, tipico di questi territori, squisita prelibatezza da sorseggiare a fine pasto.

    Non perde una messa e reclama di essere accompagnata dai suoi figliuoli con risultati poco convincenti, almeno negli anni della loro adolescenza.

    Il suo luogo prediletto è l’abbazia di Camaldoli, non molto distante dal nostro casale.

    Germano Modi, detto amichevolmente il Modi - o più precisamente come lui ama farsi chiamare doiʤh (bòna Ugo, non c’è verso per noi toscani di pronunciare quella benedetta c di deutsch) l’è ‘l mi’ babbo. Pignolo, pratico, preciso. Paziente e tenace. Amante di sport naturalistici come la pesca di fiume e di lago. Parla con orgoglio il nostro dialetto, la gorgia toscana, che noi giovani abbiamo appreso senza parlarlo, che utilizza soprattutto coi suoi amici grulli con cui, ogni volta che ha un momento libero, organizza battute di pesca, riparazioni di ogni tipo, cene e bischerate. In pratica quando hai bisogno di lui immancabilmente non c’è.

    Babbo ha sempre posseduto una moto rosso fiammante, un Guzzi Stornello degli anni ’60 a bordo del quale ha trasportato ogni genere di cose e persone, dai pesci ai propri figli. Da buon manutentore ha restaurato macchine, furgoni e moto: gli rifilano un oggetto che non funziona e lui lo resuscita. Il nostro casale, quando è stato acquistato, era un rudere, l’ha ristrutturato quasi praticamente da solo, visto che sa fare tutto. Si trova in via Tignale, alla periferia est di Barbe’rino di Mu’ʤɛllo, detto nel nostro dialetto toscano, per tutti Barberino del Mugello, accogliente comune italiano di circa 11 mila abitanti della provincia di Firenze.

    Il Modi è attento e prudente, non certamente un centauro scapestrato. Anche perché la cilindrata di soli 125 cc non permette eccelse prestazioni. Guida con molta cautela perché sui colli è pieno di pericoli ma con pazienza arriva ovunque. Dovrebbe andare in bici. Glielo dice il suo medico e glielo ripete mamma. Finge di ascoltarti, fa cenno con il capo ma fa di testa sua. Per quanto pedalare faccia bene alla salute, prende la scusa delle salite poco agevoli - anche se blande - e dice che in moto fa prima.

    La motocicletta è più comoda e poi, diciamolo chiaramente, l’ha comprata mezza sfasciata e traballante, l’ha restaurata pezzo per pezzo e l’ha resa un gioiello, un vero pezzo da collezione.

    L’unica pecca è il casco, che d’estate si trasforma in una grande seccatura. Ne farebbe volentieri a meno se non fosse tanto per quel fastidioso obbligo a cui ogni motociclista deve attendere quanto per osservare le innumerevoli intimazioni al rispetto della norma che ogni estate gli rivolgeva (e tutt’ora gli rivolge) il suo carissimo amico d’infanzia nonché ex dipendente comunale Sebastiano Nencini detto il Guercio, più affettuosamente il Guercino.

    Col tempo ha comprato anche un furgoncino Nissan di quinta mano, uno sgangherato Serena che di norma accoglie tutta la famiglia in viaggio verso la meta estiva privilegiata, Viareggio.

    Tra fidanzamento e matrimonio sono incalcolabili gli anni dell’unione fra i miei genitori. Credo di aver perso il conto di quanto tempo abbiano passato insieme ma non importa. L’importante è che duri e che io sia qui a parlarne.

    Babbo e mamma si sono conosciuti giovani e sposati senza avere altre esperienze amorose, senza troppe pretese, squattrinati e apparentemente innamorati. Entrambi hanno lavorato alla Rifle, nota fabbrica di jeans del territorio. Lui ha iniziato come operaio addetto alle linee di deposito e immagazzinaggio del grande stabilimento, riuscendo a mettersi in mostra grazie all’innata abilità nel risolvere qualsiasi malfunzionamento. Babbo infatti è perito meccanico e adora i meccanismi, i motori, gli ingranaggi, la loro manutenzione e tutto ciò che genera movimento. Alla Rifle ha conquistato il ruolo di capo manutentore.

    Anche la passione di mamma si è trasformata in una professione: la sua abilità manuale e la rapidità di esecuzione le hanno permesso di raggiungere l’inaspettato quanto meritato incarico di capo reparto del modello Antifit cinque tasche di cui la Rifle aveva il brevetto.

    Il loro rapporto ai nostri occhi è sempre apparso sincero, equilibrato e indipendente. Spesso ho sentito mamma affermare che «il babbo l’è un bischero ma è il mi’ omo e io un mi separerò mai da lui!».

    Ho un vago ricordo d’infanzia in cui ho intravisto qualche moderato segno di affetto ma senza troppe smancerie. Non sia mai che i figli osservino! Io però osservavo. Soprattutto nei momenti conviviali come il tempo trascorso a tavola, le chiacchierate per prendersi in giro, l’appagamento della vista coi paesaggi collinari all’ora del tramonto. Qualche frase romantica, qualche bacetto, sì, ma senza esagerare, davanti ai figli non è permesso.

    Mamma dice che «non abbiamo mai perso di vista la nostra libertà» e «il nostro rapporto è sempre stato in crescita». Hanno sempre camminato fianco a fianco, le redini delle loro vite le hanno tenute entrambi. Lei nel rapporto coniugale è una inguaribile ottimista, vede sempre il bicchiere mezzo pieno e tende a giustificare sempre tutto e tutti.

    II

    Babbo è un pescatore dilettante di acqua dolce. La Sieve ce l’ha nel cuore e nell’anima: è il fiume che l’ha visto crescere, sul quale ha avuto le prime esperienze apprendendo gradualmente le competenze di questa disciplina. Spesso ci ricorda di quando, coi nonni e con gli zii, andavano sulle sue rive a fare picnic e per tutti i bambini era occasione di un primo approccio alla pesca, sapientemente seguiti dai propri padri.

    Quando c’era la possibilità si spiavano anche i più bravi... quelli che entravano con la tuta fino al petto, muniti di canne col mulinello come il fratello di babbo, lo zio Prospero, colui che si imboscava in qualche anfratto e iniziava gare a scacchi a chi sbagliava di meno coi cavedani. Diceva sempre: «Mi garba stuzzi’are ‘hi sta’ nei fondali, ‘hi da sotto ti guarda e ʤɛrca in tutti i modi di fregarti».

    Si riferiva al ciprinide, che è un pesce sospettoso e intelligente che riflette prima di abboccare e una volta allamato si difende bene.

    I bravi pescatori però, benché propri famigliari, non raccontano mai i loro segreti. Tengono per sé inconfessabili conoscenze che non si possono spiegare, si devono vivere in prima persona.

    L’esordio di babbo fu inenarrabile, un autentico disastro. Privo di tecnica e tattica, di adeguate attrezzature, senza esche proporzionate, collezionò fallimenti e insuccessi.

    Come quella volta che, nel bel mezzo di un’area con lieve corrente, immerso con gli stivali fino al ginocchio, riuscì ad agganciare un bell’esemplare. Zio Prospero era nei pressi ma su altri spot, non fece in tempo a intervenire, tutto si svolse in pochi secondi. Non si capì se fu la corrente, lo scivolamento di un piede o un altro inconveniente, fatto sta che il pesce si salvò ma non l’attrezzatura che, per quanto mio babbo tentasse di resistere, finì per disperdersi lungo il corso d’acqua.

    Lo sappiamo in via confidenziale dallo zio, che pubblicamente riferì improbabili scuse per non farlo sfigurare ma privatamente rivelò i retroscena, fra cui gli immancabili moccoli che riecheggiarono in tutta la Valdisieve.

    Quella delle imprecazioni è un vero e proprio intercalare per un toscano che si rispetti, non ne ho mai capito la vera ragione e sinceramente poco mi importa. Nominare Dio, la Sacra Famiglia e i Santi invano non è sicuramente un costume di cui andare fieri, sia che si creda o meno in Dio.

    Comunque sia, ogni occasione è buona per inserire un moccolo. Un colpo improvviso, un’esclamazione, un commento, un momento di rabbia. Babbo, per esempio, trova scortese ricevere chiamate insistenti. Se dopo cinque squilli non assolve alla richiesta, o non ha voglia di rispondere o ritiene di essere impegnato.

    «Maledetto ‘ʤɛllulare!» «Dal suo avvento unn ha portato ‘he sehhature!» E inizia lo sproloquio contro la tecnologia e chi gli ha consigliato il suo acquisto con una serie interminabile di moccoli tipici toscani.

    Tra il 1995 e il 1999 è cambiato tutto, sebbene la Sieve resti sempre il fiume dei suoi sogni fin da quando era bambino.

    La storia del Bilancino l’avrò sentita un migliaio di volte. «Me la rihordo bene, parliamo del Muʤello, la mia terra. Di quanno l’acqua unn c’ʤɛra in ‘odesta zona, ‘ome l’area di Ghiereto, Bellavista, Cavallina, Andolaccio. Immaʤini nitide nella mia mente di qual’he ccosa che unn c’è più e appartiene al passato» racconta il Modi.

    Tutto iniziò sul finire degli anni cinquanta quando si fece strada l’ipotesi di creare uno sbarramento sul fiume Sieve, in località Bilancino, onde limitare i rischi di alluvione nella piana dell’Arno e sopperire al bisogno idrico di Firenze e Prato. Dopo l’alluvione di Firenze del novembre 1966, uno studio di ingegneria di Milano elaborò un progetto di massima per uno sbarramento sul Fiume Sieve proprio in località Bilancino. Lo scopo del progetto era, nell’immediato, l’imbrigliatura delle acque del fiume e, in prospettiva, l’utilizzo delle stesse per uso potabile e per la produzione di energia elettrica. Tale progetto fu poi sottoposto all’esame degli Enti locali nel 1968. Tuttavia fu solo nel 1978 che si costituì il Consorzio per le risorse idriche Schema 23 Firenze, formato da 10 comuni della piana (province di Firenze e Prato). Gli studi di progetto e gli elaborati furono presentati nel 1982 e nel 1984 venne stipulata una convenzione tra la Regione Toscana, il comune di Barberino, la Comunità Montana e la Provincia di Firenze che prevedeva la trasformazione dell’invaso in un vero e proprio lago, con la conseguente creazione di aree attrezzate e di recupero lungo le sponde: in particolare vennero previste 5 aree comprensive di un centro permanente di ricerca e controllo per problemi ambientali, un’area faunistico-venatoria e un polo di sport acquatici.

    I lavori di sbancamento e risistemazione furono avviati nello stesso 1984, ma se le opere relative alla diga procedevano speditamente più complesso fu l’iter della torre di presa e della casa di guardia, per la quale i tre progettisti incaricati avevano presentato un progetto in stile rifiutato dalla committenza. A tal fine nel 1987 venne redatto un nuovo progetto, presentato l’anno successivo e immediatamente approvato; i lavori per queste due fabbriche furono avviati nel luglio 1991 e conclusi ufficialmente il 21 febbraio 1996.

    La diga è stata ufficialmente inaugurata con l’apertura al pubblico nell’ottobre

    1999. Anche se si tratta di una diga costruita contro il pericolo di alluvione, il lago ha assunto, nel tempo, i tratti distintivi di un lago naturale circondato di verde su colline punteggiate di ville: un luogo idilliaco per passare una giornata d’estate (e non solo).

    Durante la calda stagione la riva del lago è balneabile e in alcuni punti attrezzata con veri e propri stabilimenti. Le sue acque pulite accolgono diverse attività come fare il bagno, praticare canoa, kayak, vela e windsurf. Sono presenti molti percorsi e piste ciclabili dove poter fare trekking, running o mountain bike. Qui si può apprezzare il valore naturalistico del paesaggio, le piante e gli animali. Abbiamo un’importante Oasi Naturalistica piena di germani reali, cicogne, gru e fenicotteri rosa gestita dal WWF che organizza numerose attività di visita e laboratori.

    Dal 1999 quelle zone, impresse nella sua memoria, furono sommerse dalle acque per formare il primo e più grande lago artificiale della Toscana e lui, il Modi, fu tra i primi frequentatori.

    III

    Sono il terzogenito, l’ultimo. Con me la famiglia è al completo.

    Sono quello che ha ereditato tutto dai suoi fratelli - Leonardo detto Leo e Amanda detta Ama: le più disparate attrezzature infantili come passeggino, culla, vestitini e giocattoli.

    Proprio perché ultimo, ho una dotazione minima di fotografie. Leo ne ha oltre un migliaio, Ama molto meno - direi la metà - io un centinaio.

    Sono anche il terzo incomodo, colui che ha subìto da entrambi. Si sa: il pesce più grande mangia sempre il più piccolo. Una legge di natura. Leonardo odiò Amanda per avergli rubato la scena. Il reuccio incontrastato della casa dovette cedere lo scettro vendicandosi con la sorellina con piccole torture come metterle mollette sul naso, sabotare il girello durante l’apprendimento a camminare, svitare il biberon prima che bevesse. Irrimediabilmente anche Amanda lo fece con me, giusto per darmi il benvenuto. ma in maniera più insidiosa. Giocava a fare la mamma e io ero il suo bambino, ma quando arrivavano mamma e babbo che avevano attenzioni solo per me mi mordeva i piedini. Una volta, con mamma in casa, ricordo che mi mise nella lavatrice fingendo di lavare i panni.

    Crescendo, noi fratelli ci siamo scoperti differentemente legati e profondamente diversi. Leo è paziente e astuto come il babbo; Ama laboriosa e intraprendente come mamma, io avventuroso e ribelle come nessuno dei miei predecessori.

    Io, irascibile, nevrotico e disordinato. Io, che non riesco a stare fermo un momento. Io, curioso, sensibile e ribelle. Non mi piace conformarmi e sono amante della mia libertà, proprio come ci hanno insegnato i nostri genitori.

    Leo non ha avuto uno spirito protettivo con noi fratelli ma non gliene abbiamo mai fatto una colpa. È quel tipo di maschio giudizioso e responsabile ma anche opportunista ed egoista ma nessuno può farglielo notare. Pensa che Ama sia una ritardata solo perché gli ricorda le sue mancanze. È il maggiore e pensa di potersi permettere ogni giudizio.

    Io difendo a spada tratta mia sorella, che per me è una sorta di seconda mamma. È lei che ha giocato con me, ha ripassato lezioni e mi ha interrogato per gli esami. Mi ha spiegato molti più argomenti di qualsiasi altro membro della famiglia. È sempre stata la mia complice e confidente.

    Da piccolo ero delicato e cagionevole di salute. Allergie, intolleranze, influenze. Mamma era preoccupata per me perché in età prescolare non crescevo come i miei coetanei, motivo per cui pensava fossi affetto da probabile nanismo. Era la sua diagnosi, non confermata né da medici né dai fatti. Crescendo, però, ho stupito tutti.

    Mia sorella Ama è una roccia: mai un filo di febbre, mai una lamentela, diligente e fedele agli insegnamenti ricevuti. Come mamma, per me c’è sempre.

    Colui che si pensava fosse il migliore, il più forte caratterialmente, il solido e atletico fratellone, nel corso del tempo si è rilevato il più fragile.

    Ha sopportato con fatica il peso di competere con un padre scostante e incontentabile, cercando di compiacerlo, di essere all’altezza delle aspettative, finendo per esserne sopraffatto. La sua assenza e costante mancanza affettiva è stato un disagio profondo che hanno generato in lui problemi psicologici.

    Possiamo definire l’assenza di babbo in due modi: un’assenza fisica tale da non permette la confidenza affettiva e il modo e il tempo di far valere la sua autorità in termini di discussione, accordo e rispetto delle regole educative. L’altra, un’assenza progettuale o emotiva. Un babbo è assente anche quando non dà il suo apporto al progetto genitoriale, quando si dedica solo al suo lavoro e non coltiva la relazione con i suoi figli. Un babbo è assente quando beve

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1