T95 Berjòza: Chi cerca, trova. Anche i buoni affari.
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Anteprima del libro
T95 Berjòza - Tommaso Sportelli
1
Antefatto
Baghrezh, Stato del Leyland
Karal (Africa Occidentale)
1995
1
Il ruggito
Schmidt: «Ok, ragazzi, avete sistemato tutti i sensori di superficie?»
«Certo, ingegnere, e anche le cariche!»
Schmidt: «Bene, facciamole brillare. E per oggi questo è l’ultimo tentativo, fa un caldo insopportabile. Se non troviamo niente, continueremo domani in un’altra zona»
Che il clima del Karal fosse torrido l’ingegner Schmidt lo sapeva già, lo insegnavano anche ai bambini alle scuole primarie. Ma dal canto suo non ci era proprio abituato; preferiva quello di Manchester, sua città d’origine, dove diversi anni prima aveva trovato lavoro. Un bel lavoro, che lo portava in giro per il mondo. Questa volta gli era toccata l’Africa equatoriale; una zona in cui l’azienda per la quale lavorava, la ForsOil, aveva ottenuto dagli Stati che vi si trovavano dei permessi per ricerche di idrocarburi.
Si udì una serie di esplosioni; le lancette e i display delle apparecchiature si mossero.
Un tecnico, sorridendo, disse a gran voce: «Ingegnere, venga qui! Guardi un po’ cos’abbiamo trovato!»
Tutti accorsero, e leggendo i valori rilevati dagli strumenti nessuno credeva ai propri occhi.
Schmidt: «Perfetto, è un nuovo grande giacimento ancora sconosciuto. Ne informerò Forsberg, a Manchester, al più presto. Voi continuate le ricerche»
Il signor Ludwig Forsberg era il titolare della ForsOil, un’azienda petrolifera di medie dimensioni con sede a Manchester, nel Regno Unito, quella presso cui l’ingegner Schmidt prestava servizio. Quella sua telefonata fu foriera di ottime notizie; proprio in Karal, e più precisamente nel Leyland, la sua regione orientale, avevano scoperto nuovi giacimenti. Anzi, le scoperte si susseguivano quasi al ritmo di una al giorno. Sembravano non fermarsi mai; era ormai chiaro che i giacimenti di idrocarburi di quel Paese africano fossero davvero enormi. Anche le riserve di gas naturale non erano affatto trascurabili, anzi!
Il Consiglio di Amministrazione prese una decisione scontata: contattare al più presto e in gran segreto il governo karalese per ottenere i diritti di sfruttamento in quella regione. Si trattava, in altre parole, di battere sul tempo compagnie petrolifere ben più quotate.
Ma l’entusiasmo che regnava nella sede della ForsOil si raffreddò quando dovette fare i conti con l’oste: il Governo del Karal non avrebbe concesso nessun diritto di sfruttamento a fronte delle cifre ridicolmente basse offerte dalla ditta di Ludwig Forsberg.
«Non possiamo assolutamente pagare la cifra e accettare le condizioni che i karalesi vogliono imporci», disse Forsberg, deluso, ai suoi collaboratori. «Cercherò di aggirare l’ostacolo».
«Vale a dire, signor Forsberg?» gli chiesero.
Forsberg: «Siete stati in vacanza qualche volta nel Leyland? Io sì, tante volte. È un posto fantastico e io vi ho conosciuto anche persone influenti. Il nome Rafael Abuja vi dice niente?»
«Veramente no» gli risposero. «Chi sarebbe?»
Forsberg: «È il Comandante dell’Esercito, uno che ha il senso degli affari. Gli prospetterò la situazione, sono sicuro che accetterà le condizioni che l’attuale Governo ha rifiutato.»
«Va bene allora». Il Consiglio di Amministratore avallò questa iniziativa.
Forsberg: «E vedrete che in Karal ci resteremo un bel po’; mi è venuta un’idea niente male! Anche la futura organizzazione istituzionale sarà presto nelle nostre mani!»
La vendita all’estero di enormi quantitativi di idrocarburi avrebbe fatto lievitare considerevolmente le entrate nel bilancio dello Stato e la prospettiva di un enorme arricchimento anche personale spinse Rafael Abuja a mettere in atto un golpe. Il Governo democratico, fino a quel momento al potere, fu facilmente deposto, e i ministri che lo componevano furono esiliati.
Nacque così un regime autoritario di tipo militare, che aveva le idee chiare su come muoversi in fatto di politica economica. Per quanto riguardava la gestione dell’industria estrattiva rifiutò immediatamente ogni interferenza delle multinazionali del petrolio, che sarebbero rimaste escluse da questo enorme affare. Fu invece costituita, su pressioni di Forsberg, la Karal Oil, un ente che avrebbe gestito la situazione, rimanendo sotto stretto controllo governativo. In pratica l’industria degli idrocarburi fu nazionalizzata.
Nel giro di pochi anni, Baghrezh e tutta la sua zona sparirono letteralmente sotto un tappeto di impianti di trivellazione; ormai se ne contavano a decine, se non a centinaia. Una produzione inarrestabile. Fra tutti i danni che provocarono, due erano forse più gravi. Come prima cosa, sconvolsero il sistema idrico della regione: a causa delle continue trivellazioni i laghi di acqua dolce confluirono in quelli acqua salmastra provocando un inquinamento irreversibile dell’acqua potabile. Il secondo era l’inquinamento dovuto alla copiosa e sempre crescente dispersione dei liquami e degli scarti di estrazione degli idrocarburi. Gli scarti petroliferi inquinavano laghi e fiumi, rendendo di fatto impossibile la pesca, mentre quelli gassosi venivano bruciati, creando enormi fiammate sulla sommità dei pozzi.
Chi fosse passato nelle immediate vicinanze di uno di quegli impianti di estrazione avrebbe potuto udire il forte rumore che quelle combustioni producevano, molto simile e un ruggito. Che non si arrestava mai.
In termini tecnici, questa procedura di combustione dei residui di gas si chiamava gas flaring, molto conveniente da eseguire ma che deturpava l’ambiente di Baghrezh, rendendolo in pratica una bolgia infernale per il ruggito, per l’enorme calore che produceva e per i gas che rendevano impossibile la permanenza in tutta la zona.
Le cose andarono e, successivamente, si evolsero come Forsberg aveva pianificato. La Karal Oil, dal canto suo, era formalmente sotto il controllo del Governo ma, poco alla volta, assunse un grado sempre maggiore di indipendenza; i tantissimi ingegneri e tecnici addetti alla conduzione degli impianti si resero perfettamente conto che il governo karalese non poteva assolutamente fare a meno di loro. In Karal erano gli unici ad avere le competenze necessarie a portare avanti un settore complesso come quello petrolifero e iniziarono ad adoperarle come arma di ricatto. Inevitabilmente si formò quello che, presto, divenne noto come partito degli ingegneri
, capace di influenzare le decisioni del Governo. Era ormai diventato un gruppo di privilegiati, inviso all’opinione pubblica. I suoi componenti erano stati tutti reclutati
dalla ForsOil e, ormai, avevano un certo potere ricattatorio nei confronti di chiunque.
«Se non si fa come diciamo noi, i vostri pozzi di petrolio ve li gestirete da soli. Vediamo se ci riuscite». Questo era il motto ricorrente degli ingegneri, una chiave che in Karal era capace di aprire tutte le porte.
Il partito degli ingegneri aveva concordato col Governo di vendere grandissima parte del petrolio e del gas presenti sul proprio territorio, trascurando del tutto la promozione dello sviluppo del Paese.
Nulla o quasi di quello che veniva incamerato dallo Stato veniva poi corrisposto ai cittadini sotto forma di migliori servizi o di miglior qualità della vita in genere. Così, il Karal, potenzialmente ricchissimo, restava uno dei paesi africani più poveri in assoluto.
Il regime autoritario che governava il Paese doveva badare al malcontento serpeggiante tra la popolazione e difendersi dai tentativi di sabotaggio degli impianti petroliferi, capaci di ostacolare seriamente la produzione, messi in atto da cittadini esasperati dalla loro condizione di povertà.
Nel Leyland, ma soprattutto nella capitale Gupta, si verificavano di frequente gravi disordini di piazza; cosa che infastidiva molto il governo, impegnato a dare alla comunità internazionale un’immagine nuova e rassicurante del Karal, a dimostrare che il Paese aveva, sotto la guida del regime militare, compiuto un netto passo avanti rispetto al passato.
Cosa alla quale, negli ambienti diplomatici, nessuno credeva. Tale impressione negativa era confermata anche dai resoconti delle varie organizzazioni umanitarie che operavano nel Paese e che svelavano in questo contesto l’impiego dell’Esercito come mezzo di repressione dei moti popolari.
I soldati venivano dislocati nelle zone della città considerate a rischio, ma un controllo capillare di una città così grande non era mai del tutto attuabile. Anzi, i soldati erano quasi sempre colti di sorpresa dai manifestanti, che uscivano in ordine sparso dai quartieri poveri della città invadendo il centro, con azioni che ricordavano molto l’intifada palestinese ai danni dell’Esercito israeliano, in Medio Oriente.
La reazione dei soldati si risolveva in un nulla di fatto perché la gente ritornava rapidamente nei quartieri poveri da cui era venuta. Un avversario imprendibile; ai soldati sembrava di essere alle prese con un fantasma. Imprendibile ma capace di fare danni non indifferenti alla città: zone centrali che per ironia della sorte si chiamavano Freedom Square e Independence Boulevard erano l’obiettivo principale dei rivoltosi e subivano frequenti devastazioni. Ogni giornata di guerriglia urbana si concludeva sempre con lo stesso desolante bilancio: vetrine dei negozi sfondate, fontane ridotte in frantumi e arredi urbani divelti.
Un’autentica deturpazione dell’immagine che il nuovo governo cercava di trasmettere.
Ma, al di là della manifestazioni di piazza più o meno violente, per gli osservatori stranieri più attenti era evidente che il peggio stesse per arrivare; il governo aveva ormai deciso di concedere ai soldati mano libera nella repressione.
Amein Aiwa seguiva con un nodo in gola tutto questo.
Eminente letterato, attivista e uomo politico karalese, era del tutto estraneo alla corruzione che imperava nel suo Paese e, anzi, proprio per questo motivo aveva abbandonato la vita politica attiva. Viveva con l’unica compagnia di sua figlia Marika, rientrata da poco in Karal dopo aver conseguito la laurea in Scienze Politiche a indirizzo internazionale, a Manchester, in Inghilterra.
Vedeva, ogni giorno, il suo amato Paese sprofondare in violenza, soprusi e corruzione.
Amein Aiwa aveva comunque una approfondita conoscenza delle istituzioni del Karal e, in cuor suo, già temeva quello che, di lì a poco, si sarebbe verificato.
Noril’sk, territorio di Krasnojarsk
Russia settentrionale
1995
2
La neve rossa
Noril’sk è una città sconosciuta ai più.
Pochi sanno che un quinto del rame, del nickel e del cobalto estratti ogni anno nel mondo provengono da qui, da questa città russa situata nella Siberia settentrionale oltre il circolo polare artico. E’ la città più prossima al Polo Nord del mondo.
Quindi, è una città a prevalente vocazione industriale e una delle più inquinate al mondo; l’attività estrattiva nelle enormi miniere era continua, aveva proporzioni gigantesche e, così, l’industria metallurgica aveva massima influenza sul mercato del lavoro e sull’economia locale; ostacolarne l’attività avrebbe significato enorme disoccupazione e la fine della città. Ma, proprio a causa dell’inquinamento prodotto dall’industria estrattiva, l’aspettativa di vita degli abitanti di Noril’sk era di dieci anni inferiore a quella di ogni altra città della Russia. Da un certo punto di vista, la città viveva in una sorta di mondo parallelo: era raggiungibile solo per via aerea o in traghetto sul fiume Yenisej, per i pochi mesi in cui non era ghiacciato. Fin dall’epoca sovietica le era stato attribuito lo status di città chiusa; per accedervi, era necessario un visto speciale che le autorità rilasciavano solo a chi aveva validi motivi per richiederlo, tipo lavoro o visita a parenti stretti e che desse garanzia di poter esser ospitato. Se ciò non fosse stato possibile, l’ingresso sarebbe stato loro proibito anche a cittadini russi.
In quel periodo, si era in primavera inoltrata, c’erano 20 gradi sottozero; niente di straordinario per questa città, dove, per il clima caratterizzato anche da fortissimi venti polari, che causavano vere e proprie tempeste, si poteva scendere tranquillamente a meno quaranta o cinquanta. Nei lunghi e bui mesi invernali i cumuli di neve seppellivano le auto e non di rado arrivavano all’altezza dei primi piani dei palazzi, orridi e giganteschi palazzoni di epoca sovietica, disposti a labirinto, di cui Noril’sk era in gran parte costituita. Questa curiosa planimetria era stata adottata proprio per contrastare le frequenti tempeste di vento e neve, che davano la sensazione di temperatura percepita ancora più bassa di quanto già non fosse. Solo negli ultimi anni la situazione urbanistica era andata via via migliorando, almeno nella zona centrale della città.
A causa del clima estremo gli abitanti dovevano svolgere al coperto molte delle attività che di solito si svolgono all’aria aperta. Di recente era stato realizzato anche un ampio parco acquatico indoor
, con tanto di spogliatoi e scivoli. Le strade, di solito semideserte, si affollavano durante le brevi estati; tutti approfittavano delle belle giornate per fare attività sportiva o anche, semplicemente, lunghe passeggiate per il centro o sulla Perspektiva Lenin, che attraversava quasi tutta la città. Tale condizione di vivibilità era tuttavia vincolata all’attività estrattiva, nei periodi in cui le emissioni erano temporaneamente sospese.
Vista dalle