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Nessuna ragione
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E-book389 pagine5 ore

Nessuna ragione

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Info su questo ebook

Uno sconosciuto si aggira pericolosamente nelle province francesi. Al suo passaggio qualcuno svanisce nel nulla. Il commissario Philippe Lacroix indaga sulla scomparsa di un ragazzo; la sua compagna Barbara ritorna a Parigi per dare alla luce la loro bambina e creare l'occasione di riavvicinare Kyle e Cloe che propio nella capitale conduce una nuova vita con Didier e gli amici Yannick e Isabeau. Ancora una volta però le indagini investono tutti i personaggi, intrecciando continuamente il nero della follia omicida, il giallo del mistero e il rosa dell'amore.
LinguaItaliano
Data di uscita13 apr 2022
ISBN9791221402537
Nessuna ragione

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    Anteprima del libro

    Nessuna ragione - L.G. Brebon

    Cover-EPUB.jpg

    TITOLO | Nessuna ragione  

    AUTORE | L.G. Brebon  

    ISBN | 979-12-21402-53-7 

    Prima edizione digitale: 2022

    © Tutti i diritti riservati all'Autore.

    Questa opera è pubblicata direttamente dall'autore tramite la piattaforma di selfpublishing Youcanprint e l'autore detiene ogni diritto della stessa in maniera esclusiva. Nessuna parte di questo libro può essere pertanto riprodotta senza il preventivo assenso dell'autore.

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Capitolo 17

    Capitolo 18

    Capitolo 19

    Capitolo 20

    Capitolo 21

    Capitolo 22

    Capitolo 23

    Capitolo 24

    Capitolo 25

    Capitolo 26

    Capitolo 27

    Capitolo 28

    Capitolo 29

    Capitolo 30

    Capitolo 31

    Capitolo 32

    Capitolo 33

    Capitolo 34

    Capitolo 35

    Capitolo 36

    Capitolo 37

    Capitolo 38

    Capitolo 39

    Capitolo 40

    Capitolo 41

    Capitolo 42

    Capitolo 43

    Capitolo 44

    Capitolo 45

    Capitolo 46

    Capitolo 47

    Capitolo 48

    Capitolo 49

    Capitolo 50

    Capitolo 51

    Capitolo 52

    Capitolo 53

    Capitolo 54

    Capitolo 55

    Capitolo 56

    Capitolo 57

    Capitolo 58

    Capitolo 59

    Capitolo 60

    Capitolo 61

    Capitolo 62

    Capitolo 63

    Capitolo 64

    Capitolo 65

    Capitolo 66

    Capitolo 1

    Era buio ma la piccola torcia sul caschetto che illuminava le poche zolle di terreno attorno, gli consentiva di scavare. Lavorava con la vanga per terminare la buca tanto profonda da contenere la cassa di legno preparata in precedenza.

    Gli piaceva l’idea di lavorare la notte perché poteva agire indisturbato, lontano da eventuali sguardi indiscreti. Era comunque difficile incrociare qualcuno in quel boschetto, una zona desolata dove non c’era anima viva a parte lui.

    La macchia verdeggiante faceva parte della proprietà acquistata due anni prima quando, dopo avere percorso molti chilometri e ore alla guida dell’auto, si era trovato per caso da quelle parti. Per sgranchirsi le gambe aveva fermato la macchina in uno spiazzo ed era sceso per fare due passi. Impressionato dalla vegetazione fitta si era addentrato fino a raggiungere una catapecchia.

    Scoprì ben presto che la baracca era in vendita per poche migliaia di euro insieme al terreno circostante, a una rimessa malconcia e a un rottame di camioncino.

    Concluse l’acquisto in un’agenzia immobiliare nei sobborghi di Ham, un piccolo comune nel dipartimento della Somme.

    Quella proprietà era per lui un rifugio intimo dove stare tranquillo.

    Terminò la fossa, sistemò bene la cassa di legno sul fondo e coprì tutto con un telo di cerata fissato alle estremità da alcune pietre per impedire che qualcosa potesse cadere o rotolare all’interno.

    Doveva ancora terminare il coperchio di legno. A tale scopo raggiunse la rimessa sul retro, prese le assi che aveva inchiodato precedentemente, ne recuperò altre due e terminò il lavoro nel giro di pochi minuti.

    Voleva tenersi pronto in attesa di trovare un nuovo ospite. Il loculo scavato qualche tempo prima lo aveva già occupato.

    Tornò poi alla baracca, scostando la vecchia porta, aprì con la chiave quella blindata. Entrò nella stanza e si diresse al ripostiglio che aveva modificato adattandolo alle sue esigenze. Guardò la mensola in alto dove erano riposti gli indumenti ripiegati con cura e le scarpe immacolate. Fece un rapido controllo prima di spogliarsi per una doccia fredda.

    Avvolto in un grande asciugamano frizionò il corpo per scaldarsi. Indossò gli abiti con meticolosa cura dopodiché si coprì con la tuta cerata da motociclista facendo attenzione a non sgualcire i vestiti.

    Nello zainetto di materiale idrorepellente ripose il caschetto e le scarpe da indossare una volta arrivato all’auto, per il momento si accontentava degli scarponcini impermeabili.

    Doveva attraversare una parte della fitta vegetazione per raggiungere la sua macchina.

    Poteva orientarsi bene anche senza luci artificiali grazie all’illuminazione della luna che rifletteva le piccole tracce di vernice catarifrangente con la quale aveva disegnato dei cerchietti sui tronchi degli alberi. Di giorno quelle piccole tracce non erano facilmente visibili ma di notte i riflessi bastavano ad indicare il sentiero da seguire.

    Si sentiva a suo agio in mezzo agli alberi, nell’intricato tratto boscoso. Camminando pensò che a suo nonno Fabien sarebbe piaciuto l’appezzamento di terreno circondato da tanto verde. Era stato il vecchio a trasmettergli la passione per la natura. Lui da piccolo lo accompagnava spesso nelle sue escursioni attraverso sentieri e boscaglie. Insieme passeggiavano per raccogliere noci, nocciole, castagne, more e mirtilli da portare alla nonna affinché potesse ricavarne ottime marmellate, torte e molto altro.

    Passare lunghi periodi dai nonni era per lui una gioia.

    Amava il vecchio Fabien più di chiunque altro. Da lui aveva imparato a pescare, fabbricare piccole nasse e trappole per i roditori che spesso infestavano il giardino della nonna e rovinavano i suoi fiori.

    Fabien gli aveva insegnato come riconoscere gli alberi, i fiori, gli animali, i frutti del bosco e chissà quanto altro avrebbe potuto apprendere ancora dal nonno se questi non fosse morto quando lui era ancora un ragazzetto. La nonna purtroppo lo aveva raggiunto a distanza di poco tempo.

    La perdita del vecchio lo aveva spiazzato. Non era riuscito a dirgli quanto gli volesse bene, glielo aveva urlato sulla soglia della camera dove giaceva il corpo ormai inerme dell’adorato Fabien. Sperava che l’anima del nonno avesse percepito l’amore e il dolore che provava per la perdita subita.

    Ancora oggi rammentava un discorso che il nonno gli fece dopo avere ucciso un cinghiale.

    Fabien aveva visto l’animale avventurarsi nei boschi in prossimità della proprietà di famiglia. Era stato attento a non far avvicinare troppo la bestia al giardino e alla casa; un animale selvatico poteva essere molto pericoloso. Il vecchio decise di dargli la caccia e così un giorno si erano trovati il nonno e lui a breve distanza dal grosso animale. Fabien prese la mira e sparò un solo colpo in mezzo agli occhi del cinghiale che cadde morto stecchito. Avvicinandosi all’esemplare gli porse le sue scuse per averlo ucciso ma spiegò che era stato spinto dalla necessità di proteggere la sua famiglia e la sua casa.

    Lui aveva ascoltato quelle parole riflettendo sul loro significato. Mentre l’altro trascinava l’animale verso casa per macellarlo gli chiese incuriosito Nonno perché ti sei scusato con il cinghiale se è morto?

    Fabien sorrise Figliolo, il corpo di questo animale è morto sì, ma non ancora la sua anima. Ha il diritto di sapere perché l’ho ucciso. Fece una breve pausa e osservò il nipote con molta dolcezza.

    Quando ero piccolo mio padre, che era un bravo cacciatore, ringraziava sempre le sue prede per il buon cibo che ne avrebbe ricavato e si scusava con loro per averli uccisi. Fu proprio il mio vecchio a spiegarmi che una volta abbattuto un corpo, l’anima del malcapitato resta ancora con noi, questione di istanti prima che abbandoni definitivamente questo nostro mondo. È importante che le nostre azioni siano sempre motivate. Questo principio vale anche nel caso della caccia, non si ammazza nessun essere vivente senza un valido motivo. Concluse Fabien.

    Si erano fermati per permettere al nonno di prendere fiato, poiché trascinare quel peso morto che superava gli ottanta chili era assai faticoso anche per un uomo robusto come il vecchio.

    Guardò suo nipote e proseguì spiegandogli che dovevano essere grati al cinghiale perché la nonna ne avrebbe ricavato dell’ottimo cibo, anche per questo era necessario non solo scusarsi ma ringraziare l’animale per informarlo del fatto che non era morto invano.

    Suo nonno era un grande uomo e ancora adesso ne sentiva la mancanza.

    Tornò con la mente al presente, ormai aveva raggiunto l’auto. Tolse gli scarponcini e indossò le scarpe. Lentamente sfilò la tuta per riporla accuratamente sotto la scocca del bagagliaio insieme agli scarponcini e lo zainetto, poi salì in macchina. Doveva guidare per molti chilometri prima di giungere a destinazione ma voleva arrivare per tempo.

    Capitolo 2

    Yannick Hunot era il primo della graduatoria. Guardando il tabellone affisso in ufficio si leggeva il suo nome in alto nella lista. Era proprio lui quello che aveva superato il target del mese come del resto era accaduto periodicamente nell’ultimo anno.

    Si sentiva orgoglioso, fiero del lavoro svolto. I colleghi lo ammiravano pensando che fosse il migliore venditore che l’azienda avesse mai avuto.

    Yannick era il classico bravo ragazzo, un giovane in gamba, educato e spiritoso al punto giusto. Era nato a Senlis un piccolo comune nel dipartimento dell’Oise nella Regione dell’alta Francia, dove tuttora risiedevano i genitori.

    Una famiglia normale la sua, la mamma insegnante di scuola, il padre dirigente alle Poste. Una vita come tante la loro, segnata da momenti felici e accadimenti meno fortunati. I suoi avevano riposto grandi speranze in lui riservandogli tutto l’affetto e ogni attenzione possibile. Non li aveva delusi. Era stato un bravo ragazzo ed un giovane uomo giudizioso, coronando gli sforzi personali con una laurea in economia conseguita a pieni voti. Fresco di studi aveva svolto uno stage presso una delle più grandi aziende di dispositivi medicali di Francia e, dopo il tirocinio, arrivò l’assunzione. Nel giro di qualche anno aveva accumulato esperienze diversificate al marketing, trade marketing e infine alle vendite divenendo un punto di riferimento nel reparto.

    Da due anni usciva con Isabeau e sembrava una cosa seria. Yannick l’aveva conosciuta quando era entrato nel negozio di ottica in cui la ragazza svolgeva la sua attività di optometrista. Le aveva strappato uno sconto per un paio di occhiali da usare al computer e un appuntamento.

    Isabeau abitava a Parigi nel 20° arrondissement, vicino al luogo di lavoro e Yannick aveva preso in affitto poco distante da lei un piccolo loft carino e accogliente ad un costo di locazione contenuto. L’immobile confinava con il cimitero di Père-Lachaise, interessante luogo di culto e meta di peregrinaggio per i numerosi turisti attratti dai mausolei dei prestigiosi personaggi che vi trascorrono l’eternità. Forse un po’ meno accattivante per eventuali locatari di immobili nei dintorni, ma a Yannick non creava problemi abitare vicino a quel cimitero che a tutti gli effetti si poteva definire un museo a cielo aperto.

    Aveva presentato Isabeau ai suoi genitori e lei gli aveva fatto conoscere sua sorella Nicole che viveva a Nizza dove esercitava la professione di specialista in osteopatia.

    Isabeau e Yannick uscivano spesso con Didier e la sua ragazza. Lui era il migliore amico di Yannick e insieme condividevano quasi tutto il tempo libero.

    I quattro erano rientrati da poco dalle vacanze estive in Italia.

    Negli ultimi giorni Yannick si sentiva particolarmente euforico, contava di prendere il premio per il superamento degli obiettivi e fare una bella sorpresa a Isabeau; un viaggio invernale a Barbados dove i genitori di lei si erano ritirati dopo la pensione.

    Quella sera invece voleva portarla in un ristorantino greco che le piaceva tanto.

    Si sedette alla scrivania e ripassò gli appuntamenti che aveva in programma per la settimana successiva. Il lavoro era sempre intenso ma da quando gli erano stati affidati i contatti di Guilleme, un collega fermo a causa di un brutto infortunio, c’era stata un’impennata e in breve tempo aveva visitato molti clienti.

    Dopo giorni impegnativi prese il pomeriggio libero per un’improvvisata ai suoi genitori e tornare a Parigi la sera giusto in tempo per portare Isabeau fuori a cena. Voleva anche darle il braccialetto d’argento acquistato per lei in una bella gioielleria a Moulins, dove si era fermato due giorni per un incontro di lavoro.

    La sera prima, rientrato dagli appuntamenti, dopo avere chiamato la fidanzata per augurarle la buona notte, Yannick si era buttato a letto, prendendo subito sonno. Un bel riposo ristoratore gli aveva restituito l’energia concedendogli di arrivare in ufficio molto presto.

    Quindi, terminato di compilare l’agenda e i rapporti per il suo capo, salutò i colleghi e prese le chiavi dell’auto. Scese in ascensore per raggiungere il parcheggio, guardò la macchina che gli sembrava molto sporca, avrebbe dovuto portarla a lavare, si ripromise di farlo nei giorni successivi. Salì in auto pronto ad affrontare il piccolo viaggio per raggiungere la casa natale, una bella sorpresa per i suoi che da quando aveva iniziato a lavorare, si lamentavano per la sua latitanza.

    In auto chiamò Didier con il viva voce, si sentivano regolarmente, anche pochi minuti erano sufficienti per scambiarsi qualche battuta o darsi appuntamento per un’uscita.

    Yannick sorrise pensando all’amico che da ragazzino sognava di diventare un famoso tennista. In realtà Didier era un discreto giocatore di fondo ma forse l’altezza lo aveva penalizzato un po’ nella fase d’attacco oppure banalmente il suo destino non era quello di seguire le orme di grandi campioni del passato e del presente, ma piuttosto di mettere a frutto la sua conoscenza del gioco e delle attrezzature ad esso legate. Infatti dopo la laurea in economia e alcuni colloqui presso un famoso brand a livello mondiale nella produzione di racchette e palline da tennis, il direttore vendite, colpito dalla competenza di Didier, gli affidò la responsabilità dello sviluppo del mercato per l’area Mediorientale.

    Didier occasionalmente viaggiava per lavoro ma solitamente svolgeva la sua attività al telefono o in lunghe video conferenze con i clienti più importanti. Spesso scherzava con l’amico per non essere riuscito a diventare un campione come avrebbe sognato.

    Con un pizzico di rammarico, gli rammentava che se solo lui, Yannick, avesse voluto, avrebbe avuto chance nell’ambito del tennis professionistico non solo per la sua bravura tecnica ma anche grazie al fisico longilineo, atletico e alla statura importante. Yannick invece amava giocare a tennis ma con grande delusione da parte di Didier, solo per puro divertimento.

    Capitolo 3

    Ancora nessuna notizia? Chiese Barbara posando una tazza di caffè sulla sua scrivania.

    No. Rispose Kyle secca e poi aggiunse con un sorriso mesto. Grazie Barbara per il caffè e scusa se sono stata sgarbata ma la storia di Eymeric non mi dà pace. In parte era vero, si sentiva coinvolta dall’ultimo incarico ma aveva anche una stanchezza cronica ed era triste, svuotata e terribilmente infelice.

    Nel consultorio di Barbara, dove lavorava come volontaria, stava seguendo il caso di un ragazzino scomparso. Ci si dedicava giorno e notte anche solo con il pensiero, voleva ritrovare quel giovane uscito improvvisamente da scuola durante l’intervallo e che sembrava essersi dissolto nel nulla.

    I genitori avevano assunto un investigatore privato, poi contattato il consultorio di Barbara e parlato con la Polizia, ma di Eymeric non si sapeva più nulla da giorni. Pochi testimoni dicevano di averlo visto allontanarsi velocemente da scuola, solo, quasi avesse un appuntamento cui non poteva mancare.

    Tutti loro si chiedevano che tipo di appuntamento potesse avere un ragazzino di tredici anni i cui giorni erano identici a quelli dei suoi coetanei: giocare ai videogiochi, uscire con gli amici, praticare sport e andare a scuola.

    Kyle con estremo tatto si offrì di parlare direttamente con i genitori.

    Lo fece un giorno in cui Barbara dovette recarsi dal ginecologo per una visita ed un’ecografia di routine a circa tre mesi dalla data prevista per il parto.

    L’incontro con la mamma e il papà di Eymeric, spaventati e inconsolabili era stato per Kyle un momento molto toccante.

    Dare il massimo nel nuovo incarico era il solo modo per non pensare alla sua situazione personale. Non poteva credere che la storia più importante della sua vita fosse davvero finita.

    Le sembrava di avere dato a Cloe tutto l’amore di cui era stata capace e insieme ad esso la libertà di vivere come meglio credeva. Non si oppose nemmeno quando la compagna aveva voluto prendere in affitto una casa per conto proprio a Nizza, anzi, lo suggerì lei stessa per darle modo di trovare la sua dimensione.

    Il loro appartamento a Cannes legato a ricordi bellissimi, ma anche a momenti orribili era divenuto, soprattutto per Cloe, una prigione. Kyle aveva quindi lasciato che la fidanzata si prendesse la massima libertà desiderata, di vivere una vita normale, lavorare, uscire con i colleghi, svagarsi e flirtare con i corteggiatori che di certo non le mancavano né fuori né dentro l’ufficio, eppure tutto questo non era bastato.

    I battibecchi tra loro erano divenuti quotidiani fino a quando non si trasformarono in litigi perenni. L’ultima discussione, quella decisiva, era stata spiazzante.

    Senza nemmeno interpellarla, Cloe aveva deciso di trasferirsi a Parigi accettando una promozione per il suo lavoro. La conclusione: vita nuova per lei, di merda per Kyle.

    Chiusero il conto corrente cointestato e ciascuna si riappropriò della propria indipendenza. Kyle aveva anche venduto la sua bella auto tenendo però la moto cui era troppo affezionata alla sua moto per lasciarla andare.

    Aveva disdetto la locazione del bel trilocale di Cannes dove aveva vissuto con Cloe anche se per poco.

    Da quando era uscita dall’ospedale e dopo le interminabili terapie, quello che doveva essere il loro nido d’amore, il luogo per sancire la ritrovata armonia e un equilibrio di coppia era divenuto ben presto un campo di battaglie verbali, musi lunghi e di cose non dette.

    Nell’open space che occupava ora, a Nizza, non vi erano molte cose e nessuna di queste parlava di Cloe se non una bella foto di lei dopo la laurea e un’altra scattata a Parigi che le ritraeva insieme, prima che tutto precipitasse nel baratro dell’accadimento di cui Kyle preferiva non parlare.

    Le prime settimane senza Cloe erano state molto dure. Di giorno si aggrappava al suo lavoro e alla salda amicizia con Barbara e Philippe ma quando arrivava la notte, da sola in quella grande stanza, non riusciva a fermare i pensieri, l’angoscia e il dolore di averla persa. Aveva preso la pessima abitudine di non cenare ma semplicemente di bere un paio di bicchieri di vino. Si sdraiava sul divano e restava a fissare il soffitto, dormiva poco e male. Aveva interrotto anche gli appuntamenti con lo psicologo e la fisioterapista. Cercava di dormire il meno possibile per evitare di cadere negli incubi dove la voce contraffatta del suo carnefice faceva capolino dietro un cappuccio nero e l’immagine del volto di Ursula, inerme e dallo sguardo vitreo, bussavano alle porte della sua mente come una ricorrenza sul calendario.

    Si chiedeva se avrebbe mai superato tutto questo. Probabilmente no e certamente la separazione da Cloe era un tassello da aggiungere alle difficoltà della sua nuova vita, la sua condizione da single le pesava più di quanto avesse potuto immaginare.

    Sapeva che non doveva farlo ma aveva ripreso a fumare. Usciva sul terrazzo spoglio e si accendeva una sigaretta che poi spegneva con rabbia quasi che quel gesto potesse fermare le lacrime che sentiva scivolare lungo le guance.

    Sigarette, lacrime di rabbia e dolore erano la sola compagnia notturna che avesse.

    Ogni mattina si faceva la doccia, si vestiva e tornava in ufficio dove Barbara le offriva un caffè e un confortante sorriso. Un giorno uguale all’altro, sembrava che la vita non potesse offrirle più nulla o forse a lei non importava più di niente.

    L’autocommiserazione nella quale era scivolata la faceva sentire anche peggio, doveva porre rimedio alla situazione e apportare cambiamenti per affrontare un nuovo futuro. Del resto proprio grazie a Cloe aveva dato un taglio con il passato e ora le sole cose che le ricordavano i tempi andati erano il suo taccuino rosso, chiuso in un cassetto vicino al letto, l’orologio e il bracciale che Ursula Von Sparrend le aveva regalato, oltre a una bella foto di lei che teneva gelosamente custodita proprio nel quaderno rosso.

    Dalla bella e sfortunata contessa aveva ricevuto un’eredità importante che in parte era stata devoluta nell’attività di Barbara e a disposizione di opere di beneficenza, come aveva fatto anche con il risarcimento ottenuto dall’assicurazione dopo il grave episodio di cui era stata vittima. Non aveva bisogno di soldi, ne aveva accumulati molti.

    Il bel rifugio di Gordes invece lo aveva tenuto. Ci era tornata raramente da single e solo in compagnia dei suoi due amici, Barbara e Philippe. Eppure non se l’era sentita di venderlo malgrado le numerose proposte d’acquisto ricevute.

    Anche la sua immagine era cambiata un poco, nuovo taglio e colore dei capelli che ora viravano un po’ più al castano ramato. Vestiva in modo più semplice e ordinario rispetto al passato.

    In un portagioie nel comodino aveva relegato l’anello ricevuto dall’ex fidanzata il primo Natale trascorso insieme, mentre non aveva mai smesso di indossare l’orologio ricevuto da Ursula.

    Da quando Barbara glielo aveva portato in ospedale non toglieva mai nemmeno il bel braccialetto, pegno dell’amore incondizionato della contessa.

    Seduta su una panca di legno del terrazzo fumava una sigaretta. Tanti pensieri e uno su tutti Sono gelosa? Sorrise amaramente e si rispose che no, non lo era per natura. Non si era scandalizzata e nemmeno disperata quando la sua ragazza le aveva confessato il tradimento, se lo era aspettato come anche il seguito. Invece era tanto delusa ma più da sé stessa che da Cloe, per tutta la sofferenza che provava, per la pena che leggeva nello sguardo mattutino di Barbara o negli affettuosi abbracci di Philippe. Doveva riprendere il controllo della sua vita, dimenticare ciò che era stato e ricominciare a vivere, questo era il suo proposito. A parole sembrava facile poterlo attuare, ma i fatti non le davano sempre ragione.

    Erano trascorsi mesi dalla separazione da Cloe e grazie all’affetto sincero della coppia di amici, a poco a poco si stava rialzando.

    Aveva ricominciato a mangiare regolarmente e ogni tanto persino a cucinare.

    Lo faceva solo per sé e per Barbara e Philippe che, probabilmente più per una sincera preoccupazione nei suoi confronti che per reale piacere, cenavano spesso con lei per distrarla e risollevarle il morale.

    Non voleva frequentare nessun altro. Le sue vecchie amicizie le evitava per sfuggire ad eventuali domande sui temi a lei più dolorosi.

    Grazie al cielo gli articoli che per mesi avevano invaso la stampa nazionale e internazionale su quello che era stato definito come l’orrore dell’aristocrazia, erano spariti dalla circolazione. Le persone che la conoscevano e che frequentavano l’ambiente, il jet set di cui lei aveva fatto parte, probabilmente ricordavano ancora che la sola sopravvissuta, colei che era stata tratta in salvo dalla follia omicida di Bruno fosse proprio lei, Kyle, ma ormai il fattaccio non faceva più notizia.

    Se in quel momento avesse dovuto fare un bilancio della sua vita, avrebbe visto il bicchiere mezzo vuoto esattamente come lo erano le bottiglie di vino, acqua e bibite, che circolavano in casa sua.

    Come posso essermi ridotta così per colpa di una donna? Proprio io?

    Guardò la grande stanza con occhi diversi, come se la vedesse per la prima volta. Vestiti sparsi, la cucina in disordine. Bicchieri sporchi e bottiglie aperte un po’ ovunque, il letto sfatto. Non aveva assunto nessuno per tenere in ordine l’ambiente, voleva restare sola nella sua tana. Rifugiata come un animale ferito in attesa di perire o di essere nuovamente salvata? Perché era così che si sentiva.

    Lo specchio impolverato in bagno le restituì la sua immagine riflessa. Ciò che vide le piacque anche meno del resto. È angoscia quella che sento? Riesco a tenerla sotto controllo solo quando mi siedo alla scrivania ad occuparmi di persone scomparse, disperati senza casa, soldi e cibo. Solo in quei momenti non sento il peso del mio dolore. E per tutto il resto del tempo? I sabati e le domeniche a contare i minuti, le ore mancanti per tornare alla scrivania e ricominciare daccapo, immergendomi in quella non vita che è ormai la mia. Quanto potrà durare?

    Uscì di nuovo a fumare e guardò di fronte a sé. Era giunta l’ora di accantonare tutto ciò che era stato e rialzarsi per non soccombere. Prese il bicchiere di cola che aveva appoggiato per terra, si accorse che di nuovo la sua mano tremava e anche le fitte alla testa erano aumentate nelle ultime settimane. Le mancava leggermente il fiato, doveva smettere di fumare o almeno ridurre a una o due sigarette al giorno. Forse l’agitazione per il caso di Eymeric stava risvegliando in lei il dolore mentale e fisico. Certamente in parte era così, ma non era solo quello il motivo del suo malessere.

    Nessuno l’avrebbe salvata da se stessa, tuttavia soccombere dopo ciò che era riuscita a superare non rientrava nei suoi piani. Ce l’avrebbe fatta a tornare a galla in un modo o nell’altro.

    Doveva chiedere un consiglio alla sola amica che avesse. Poteva iniziare col risolvere i dolori del corpo. Barbara forse conosceva un bravo fisioterapista oppure osteopata, insomma qualcuno che non le ricordasse il periodo in ospedale ma comunque in grado di rimetterla in sesto fisicamente. Per la mente invece sapeva e capiva di dover riprendere la terapia di supporto. In un secondo momento avrebbe affrontato anche quello.

    Prenotò un tavolo al ristorante italiano dove sabato sera voleva portare gli amici a cena. Sorrise pensando che ultimamente Barbara adorava rimpinzarsi di spaghetti. Mangiava una tale quantità di cibo sufficiente a sfamare quattro persone.

    Le faceva una grande tenerezza. Era bello vedere la felicità negli occhi della coppia quando parlavano della loro futura bimba.

    I suoi amici avevano deciso il nome per la piccola. Era stata Barbara, invitandola in un caffè per uno spuntino a comunicarle la scelta.

    Lei è Ursula le aveva detto con dolcezza e tatto, mostrandole l’immagine dell’ecografia tridimensionale della bambina. Kyle si era commossa poi si erano abbracciate con molta tenerezza. Non volevo intristirti. Scusami Kyle, ma desideravo che mia figlia portasse il suo nome.

    Kyle aveva compreso. Nemmeno lei avrebbe mai dimenticato Ursula, era entrata a fare parte del suo quotidiano molto più di quanto non lo fosse stata quando si frequentavano. Forse a modo suo, considerava quello con la contessa un rapporto speciale che era andato ben oltre il semplice lavoro.

    Si era abituata a pensare alla bimba come a una piccola Ursula. Sarebbe stata una bambina fortunata, circondata dall’amore della sua famiglia che l’avrebbe sostenuta e incoraggiata per tutta la vita.

    Philippe poteva insegnarle a pescare e a diventare una provetta motociclista.

    Sua madre le avrebbe trasmesso la passione per l’elegante sobrietà che era un marchio di fabbrica dell’amica, oltre alla comprensione e l’empatia verso il prossimo che entrambi i genitori possedevano.

    Immaginava la piccola perspicace quanto il padre, bella allegra e vivace come la sua mamma e gentile come entrambi.

    In occasione di una delle tante cene insieme, la coppia le aveva espresso il desiderio affinché proprio lei, fosse la madrina di Ursula. Ci terremmo tanto, se succedesse qualcosa.., è importante per noi che la bimba possa contare su una delle persone migliori che abbiamo mai conosciuto. Vorremmo che tu fossi parte attiva nella vita della nostra Ursula. Così dicendo Philippe le aveva stretto la mano e lei si era emozionata. Gli occhi lucidi di Barbara, il sorriso di Philippe avevano toccato le corde del suo cuore. A loro non interessava nulla del suo passato. La consideravano una persona degna di fiducia al punto da affidare a lei un ruolo così importante.

    Questa richiesta fu per Kyle motivo di riflessione, una nuova svolta. Ora aveva uno scopo ben preciso, stare bene per sé stessa e per la sua futura figlioccia.

    Capitolo 4

    Cloe sfogliava la rivista che teneva in mano in attesa che il parrucchiere terminasse la sua piega. Uno spettacolo a teatro e poi a cena fuori erano il programma della serata organizzata dal suo ragazzo Didier.

    Cloe aveva tutto ciò che poteva desiderare dalla vita. Un appartamentino in un elegante palazzo nel cuore del Marais, pagato dall’azienda dove lavorava. Un impiego più che soddisfacente ed un ragazzo che le dava serenità o almeno così le piaceva credere.

    La parentesi passionale con Eric si era conclusa poche settimane dopo il trasferimento a Parigi quando lui aveva ricevuto un nuovo incarico per l’apertura di una filiale a Londra e lei questa volta non lo aveva seguito nella nuova avventura. Quanto successo tra loro era stato un colpo di testa, dettato dalla foga del momento e dal desiderio di evasione più che da un innamoramento. Aveva provato

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