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Sigonella Secrets
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E-book452 pagine6 ore

Sigonella Secrets

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Info su questo ebook

Alla base militare USA di Sigonella, Sicilia, si celebra il Memorial Day. Ma non c'è tempo per commemorare i caduti di guerra. Un gruppo di terroristi conosciuti come Crazy Knights, e guidati da una sinistra figura che sembra essere tornata dalla morte, prende possesso del centro accoglienza profughi di Lampedusa. Si tratta di un attacco che deve essere fronteggiato immediatamente. La missione è affidata alla Vril Army: una squadra d’élite composta dai combattenti più letali al mondo.

Eppure l’agente segreto Violet McBain è convinta che la minaccia terroristica nasconda qualcosa di più grande, perverso e oscuro. Insieme al carabiniere Donatello Moltisanti cercherà di far luce su una vicenda che, come una malefica matrioska, presenta elementi sempre più inquietanti e misterici.

Su una trama da thriller cospirazionista, l’autore innesta ancora una volta il suo sguardo acuminato e ferocemente dissacratorio sullo stile di vita americano, quell’American Way of Life che propugna democrazia e perbenismo di facciata, ma nasconde aberrazioni striscianti: mariti violenti e donne in crisi, teenager spregiudicate ed apatiche, serial killer dalla personalità multipla e militari sociopatici. Il tutto calato nella torrida afa di un’isola sospesa fra retaggi antichissimi e voglia di modernità, in cui il sapore dolce del mare si mescola al sangue versato dai clan mafiosi.

Un rutilante microcosmo, sensuale e viscido al tempo stesso, narrato con maestria affabulatoria, capace di shakerare elementi narrativi che, seppur disparati, riescono a creare un sapore unico ed inimitabile.

LinguaItaliano
Data di uscita16 mag 2022
ISBN9788869348105
Sigonella Secrets
Autore

Vincenzo Sacco

Vincenzo Sacco, autore dei romanzi Pornozeus, Il ragazzo che non voleva morire e del saggio Screens Wide Shut - il primo, l'unico e definitivo studio sul rapporto fra cinema e massoneria -, fondatore del blog letterario Librisenzagloria.com, ha lavorato alla distribuzione cinematografica di oltre sessanta lungometraggi, sia italiani che internazionali, e di numerosi eventi cinematografici di successo. Oggi è direttore della divisione distribuzione di Altre Storie e, nella stessa società, partecipa allo sviluppo e alla realizzazione produttiva di diversi film per cinema e televisione. Dal 2019 è direttore artistico del Sicilia Film Fest.

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    Anteprima del libro

    Sigonella Secrets - Vincenzo Sacco

    © Bibliotheka Edizioni

    Piazza Antonio Mancini, 4 – 00196 Roma

    tel: +39 06. 4543 2424

    info@bibliotheka.it

    www.bibliotheka.it

    I edizione, maggio 2022

    Isbn 9788869348105

    È vietata la copia e la pubblicazione, totale o parziale,

    del materiale se non a fronte di esplicita autorizzazione scritta

    dell’editore e con citazione esplicita della fonte.

    Disegno di copertina: Paolo Niutta

    www.capselling.it

    Progetto grafico:

    Brozzolo Riccardo per Eureka3 S.r.l.

    www.eureka3.it

    Vincenzo Sacco

    Vincenzo Sacco è autore dei romanzi Pornozeus (Novantacento, 2012); Il ragazzo che non voleva morire (Spazio Cultura, 2018); La leggenda del Malombra (Edizioni Spartaco, 2021); Sigonella Files (Bibliotheka Edizioni, 2019) e del saggio Screens Wide Shut, il primo, unico e definitivo studio sul rapporto tra cinema e massoneria (Rogas, 2018)

    È il direttore della divisione distribuzione di Altre Storie e, nella stessa società, partecipa allo sviluppo e alla realizzazione produttiva di diversi film per cinema e televisione.

    Dal 2019 è direttore artistico del Sicilia Film Fest.

    Fondatore del blog pop nerd Librisenzagloria.com, conduce format web dedicati al mondo televisivo, e ha lavorato alla distribuzione cinematografica di oltre sessanta lungometraggi, sia italiani che internazionali, e di numerosi eventi cinematografici di successo.

    Un action-thriller ammaliante: il mondo di Sigonella è un sogno di libertà e diversità, ma anche un incubo a occhi aperti dove bugie e paranoia stringono i personaggi e il lettore in una morsa tentacolare senza scampo.

    «Niente è più visibile di ciò che è nascosto.»

    Ireland Pascal, ufficio stampa di Sigonella e consigliere del Presidente

    1

    Lentini, Sicilia

    Accende la sigaretta e guarda verso il cielo. Studia l’uomo in cima al palazzo. Musulmano, quarant’anni, è grosso: per dirla in siciliano è un arancino cu i peri.

    Quando il carabiniere scelto Donatello Moltisanti lo raggiunge sul bordo del terrazzo ha quasi finito la sigaretta. Il musulmano è di schiena, guarda di sotto, i piedi che sporgono dal cornicione.

    Il carabiniere schiocca quel che resta della sigaretta: «Bye bye.» La cicca rimbalza sulla spalla dell’algerino, volteggia giù per i sette piani dell’edificio, l’algerino no. È riuscito a riprendersi in tempo e adesso ha la schiena premuta contro il mezzo muretto. Non è questa la sera in cui si arramazza di sotto. Sgrana gli occhi dalla paura. Per dirla in siciliano, occhi ri pruppu.

    «Ma che stai facendo?» lo maledice l’algerino: «tu sei fùoddi

    Donatello poggia i gomiti sul muretto per guardare di sotto. «No, ho solo preso un brutto caffè.» Sua moglie aveva sbagliato la miscela dopo cena e lui aveva dovuto sorbirsi acqua acqua, un’acqua nera come quella dove si cucinano i polipi. Acqua ri pruppu.

    «Figlio di bottana!» L’algerino non se la cava male con l’italiano, ma è quello che ha imparato in Sicilia. Le tracce della sigaretta gli brillano sulla spalla come piccoli tizzoni ardenti al soffiare della brezza.

    «Volevo vedere se ti spaventavo,» il carabiniere calca il berretto sui capelli scuri tagliati cortissimi. «Adesso buttati se vuoi.» Gira le spalle al suicida.

    L’algerino guarda di sotto: si è radunata una piccola folla di curiosi e lampeggianti dei carabinieri. Scuote la testa e ripete: «Tu sei fùoddi

    Senti chi parla. «Fùoddi sì,» Donatello si avvia verso la chiostrina che immette nelle scale, «ma sempre un carabiniere sono.»

    L’algerino deve alzare la voce per farsi sentire: «Vaffanculo. Tu la pazzia non la conosci… La pazzia sta arrivando!»

    Il carabiniere si ferma. Questo è il momento in cui vuole essere salvato. Da quando è tornato a prestare servizio per la piccola caserma della piccola Lentini sembra proprio che Donatello non possa conoscere un attimo di pace. Il servizio notturno una volta non era così. «Davvero? Tu sai cosa è la pazzia? Veramente? D’accordo, va bene, ti ascolto.»

    «La pazzia ha un nome. Un nome… Si chiama Imhotep!»

    Va curcàti, pensa Donatello e sbuffa: «Che spacchio dici?» Imhotep è la Mummia, almeno nei vecchi film.

    «Lui è venuto con il barcone… Lui è Satan

    «Con il barcone dici?» Donatello torna al cornicione: «Nah, non è Satana. È solo un poveraccio.» Accende un’altra sigaretta.

    «Imhotep è Colui che vede l’Occhio di Fuoco». Al primo tiro gli occhi leggermente a mandorla di Donatello si fanno più stretti, i due occhi oscuri svaniscono dietro il luccicore rossastro. «Imhotep ha il male dentro. Lui porta la pazzia.»

    Moltisanti ha visto abbastanza film americani, sono come quei poliziotti che sanno quando uno sta mentendo. «Ancora con questa storia? Ti dico che è un poveraccio. Il male è solo una questione di soldi…»

    «No, no…!» L’algerino si tiene parete parete, come si dice in Sicilia dove si raddoppiano tutte le parole. «Il Male è una malattia. Non è una cosa che fai e finisce lì. Ha conseguenze. Il Male è contagioso.»

    «Ho capito, Zinédine.» L’uomo si chiama davvero Zinédine, come il calciatore. A Donatello lo ha detto lo psicologo che lo segue in comunità e che ora, come tutti, attende di sotto che ci ripensi e non si butti giù. Non è la prima volta che ci prova. «Se vuoi morire, fai un bel salto.»

    Il carabiniere con l’elegante divisa scura se ne va sul serio. Sa che l’algerino non si butterà giù gridando "Geronimo". Eppure Zinédine continua a urlare: «Aiuto. Non vedi che voglio uccidermi? Aiutami. Sei pazzo?»

    Donatello lancia la cicca e imbocca la chiostrina. Pensa che è appena scoccata la mezzanotte ed è il primo lunedì di maggio. In questo giorno gli americani festeggiano i soldati caduti in guerra. È il Memorial Day. Si chiede cosa stia facendo Violet.

    2

    Naval Air Station - NAS 2, Sigonella

    Il mattino del primo lunedì di maggio si tiene la conferenza commemorativa per la USS Indianapolis, l’incrociatore pesante della United States Navy. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’USS Indianapolis, dopo avere consegnato le armi atomiche che avrebbero posto fine al conflitto, venne bloccata in mare per cinque giorni, senza soccorsi e con la sola compagnia della sete e degli squali. Nonostante tutto, l’immagine simbolo del Memorial Day rimane la sagoma stilizzata del Vietnam Veterans Memorial di Washington.

    Alla Naval Air Station di Sigonella non tutti prendono parte alle celebrazioni. Dopo la regolare corsa mattutina, Violet McBain ha l’imbarazzo della scelta in armeria. Non è tipa da pistola mitragliatrice, da MP-10 a doppia tracolla e neanche da H&K: trova una scocciatura allineare le tacche di mira a diottria al bersaglio quando vuole solo scaricarsi un po’. Sceglie la Beretta calibro 45 e la inserisce nella fondina verde in gore-tex. I poliziotti usano la fondina ascellare, i militari la fondina da fianco, lei, da brava agente ribelle della CIA, porta la fondina appesa alla cintura dei pantaloni.

    Un drappello di marines preleva i fucili d’ordinanza dalla rastrelliera sul lunotto posteriore del pick-up sul quale sono arrivati. Mentre quelli regolano la tracolla dei fucili nel padiglione coperto per le sessioni di tiro, l’addetto assegna a Violet un paio di cuffie antirumore. Le indossa schiacciando le chiome dei capelli biondi sulle orecchie. Di un biondo finto, si nota la ricrescita nera, sono tagliati in maniera disuguale sui due lati.

    «Bel posto qui, eh?» Il damerino al bancone che tenta di approcciarla è biondo anche lui, i capelli tagliati corti su entrambi i lati. Occhi di ghiaccio e faccia rasata di fresco, porta due orecchini neri sul lobo destro e indossa un tuxedo giallo: non è un marine. «Salve, agente McBain. Lieto di conoscerla,» un sorrisone amichevole illumina il pallore vampiresco delle sue guance gonfie: «Mi chiamo Joel Clarke.» Il dandy le porge la mano dalle insolite unghie lunghe, le chiude a pugno come si usa dopo la pandemia. Violet dovrebbe stringergliela con la sinistra, quella che tiene coperta dal guanto nero in pelle. Lo ignora e si dirige verso la sua corsia. Sente la voce dell’uomo alle sue spalle: «Faccia con comodo.»

    L’istruttore della squadra dei marines è il sergente maggiore che ora si muove sulla linea di tiro per dare istruzioni. Violet trova le scatole di munizioni nella propria corsia. Controlla che il caricatore sia pieno. Lo inserisce nella pistola, incamera il colpo, mette in sicura. Estrazione rapida, in posizione di tiro. Arretra leggermente il piede sinistro e impugna la Beretta con entrambe le mani. La classica posizione Weaver. Si chiama così in onore del tiratore Jack Weaver, ma a lei piace pensare che sia in omaggio dell’attrice di Alien, anche se non l’ha mai vista impugnare una pistola nei film.

    L’abito retro kitsch di Joel Clarke le si materializza di fianco, mastica una chewingum: «Quanto tempo ci mette di solito?»

    «Okay, scansati.»

    Il poligono da tiro di Sigonella mette a disposizione 300 colpi al giorno per migliorarsi. I primi Violet li spara a raffica contro un bersaglio a 500 metri. Joel Clarke salta all’indietro con le mani sulle orecchie.

    Un meccanismo ad aria compressa aziona il movimento delle sagome di cartone che i colpi precisi di Violet fanno sparire all’istante. Troppo facile. I marines la guardano ammirati mentre regola le sagome a una distanza di 1.500 metri.

    Joel Clarke insiste con l’atteggiamento da guascone: «Finora al chiuso ho tirato solo le freccette e non me la cavo bene come lei.»

    «Voglio supporre che si tratti di un complimento.» Stavo solo scaldandomi, sta bene attento… Estrazione rapida: i tre colpi sparati in sequenza dalla Beretta tracciano buchi dal diametro di 5 centimetri esattamente al centro della testa di tre sagome consecutive. Di solito per i marines mancare il bersaglio anche solo di 2 centimetri è un grave problema, i buchi fatti da Violet sono precisi, centrali, stretti fra loro.

    «Guarda che roba,» commenta la voce fintamente sexy di Joel Clark. «Hey, agente McBain. Lei dorme con il ferro sotto il cuscino?»

    «Lo farei se dormissi.» Violet smonta la Beretta.

    «Lavoro per la signorina Ireland Pascal.»

    Il galoppino della puttana. Violet usa la bomboletta spray per spruzzare il Break-Free dentro la pistola. «So per chi lavora.» Attraversa la canna della pistola con uno straccetto. Guarda dentro. Mi riescono meglio questo genere di pulizie che non quelle domestiche.

    «La signorina Pascal desidera incontrarla.»

    Violet abbassa la leva, richiude l’otturatore, disinserisce il caricatore e se ne sbarazza. «Addio, signor Clarke,» lo saluta con una spallata.

    Le docce si trovano sul retro del poligono. Ci sono quelle per i marines e quelle per i marines donna. Non è la corona di spine tatuata intorno al polso destro di Violet e non è il tatuaggio del pesce sull’anulare a stupire i soldati. Non è nemmeno la serie W125 tatuata dietro l’orecchio a destare la loro curiosità. Violet si muove nuda fra di loro come se nulla fosse, con il guanto nero alla mano sinistra protetto da una bustina. I marines che non sono rimasti a bocca spalancata, fanno scivolare sul pavimento bagnato gli asciugamani che tenevano stretti intorno al bacino. Non è molto alta, ma con il collo snello e le gambe da cerbiatta Violet rimane un bel bocconcino.

    Si copre con l’accappatoio bianco, sfila la bustina dal guanto, preleva i suoi oggetti dall’armadietto. Indossa gli anelli di metallo sul mignolo, sul medio e sull’indice della mano sinistra. Abbandonati gli spogliatoi accende una Marlboro. Una di quelle americane, però. Non tollera le Marlboro italiane, fortunatamente il Main Store di Sigonella oltre a un vasto assortimento di borse, scarpe, cosmetici, prodotti di bellezza e articoli sportivi, offre anche una buona selezione di sigarette americane.

    I capelli sono ancora bagnati, due ciocche ricurve ai lati delle orecchie e un corto codino raccolto alla base della nuca. Stringe il casco integrale sotto il braccio, si muove a passo svelto in tenuta di jeans, magliettina aderente nera dalle maniche lunghe e il gilet verde militare pieno di tasconi.

    Oltre alla sessione di tiro, l’altra cosa che più le distende i nervi è una corsa in moto. Si è fatta spedire da casa la Kawasaki modello GPZ900R, e non c’è niente che il garage del Nex Autoport su NAS 2 non le abbia messo a disposizione gratuitamente: ispezione e riparo, modifiche, montaggio, gonfiamento dei pneumatici…

    Ad attenderla vicino alla sua ninja rossa e nera, c’è il look camp di Joel Clarke. «Agente McBain, noi due abbiamo cominciato con il piede sbagliato.» La donna monta in sella. «Mi chiamo Joel Clarke e sono il nuovo addetto stampa della Naval Air Station di Sigonella.» Violet indossa il casco. «Sto solo facendo il mio lavoro, e lei deve seguirmi…» Violet mette in moto. «…Lei mi seguirà, con le buone o con le cattive.» By hook or by crook, la sentenza del galoppino gli fa pensare a una buffonesca minaccia di Hook, il Capitano Uncino.

    Non è un rammollito però, ha una di quelle voci capaci di zittire chiunque. «Signor Clarke, faccia i complimenti alla signorina Pascal, e le dica che il circo che ha messo in piedi non fa per me.»

    La Kawasaki sfreccia lontano mentre una coltre di fumo inacidisce il tuxedo giallo di Joel Clarke. La moto conduce Violet lungo la Midtown del NAS 1 attraverso le villette familiari dei marines di stanza a Sigonella. In cucina ci sono mogli che provano a scolare i bucatini mentre i mariti preferiscono il junk food, in giardino ci sono uomini che insegnano ai figli come sparare a salve alle lattine posizionate sui tronchi e i più solitari impegnati con la falciatrice. Quando la Kawasaki abbandona il perimetro difensivo della base, il ronzio del tosaerba è un lontano ricordo.

    3

    Isola di Lampedusa

    L’alba è sorta da poco sulla piccola isola di Lampedusa. Il vecchio pescatore sulla banchina contempla il mar Mediterraneo con le palpebre calate per metà. Fa di nome Gianni, e di cognome Anania. Un cognome giudeo che gli ha attirato addosso le malelingue. Dicono di lui che è spilorcio perché è ebreo. Spilorcio mai. Suo padre e suo nonno, prima di ricongiungersi nell’alto dei cieli, si leccavano la sarda. Ovverosia stringevano la cinghia e mettevano da parte i soldi.

    Suo nonno, è vero, delle volte imbrogliava il bilanciere alla vendita dei sacchi. Suo padre invece, se lo ricorda bene, faceva la doccia con l’acqua del mare per risparmiare sull’acqua di casa. Per questa ragione Gianni Anania, pescatore di sessanta anni, possiede un bel tesoretto, e non capisce la ragione per la quale debba dilapidarlo con figli e nipoti. Non sono uno spilorcio, però se la moglie lo porta fuori a cena con gli amici e lui non prende il caffè mentre gli altri sì, non capisco perché il conto dobbiamo dividerlo in parti uguali.

    Vicino a lui una coppia di pescatori a tempo perso, mica come me. Sono marito e moglie, lampedusani. Lei è una maestra e ha le sopracciglia tatuate da quando ha perso quelle vere. Prima se le nascondeva per la vergogna sotto un paio di grandi occhiali da vista e la frangetta, poi si era accorta che tutte le colleghe avevano le sopracciglia tatuate. Così aveva iniziato a curarsi di più, si era fatta le shatush. Anche la madre di Gianni Anania era maestra, ma a quei tempi erano le pezzenti a non curarsi della ricrescita perché non potevano permettersi un taglio di capelli. Oggi le shatush vanno di moda, le maestre vanno a scuola in tuta e scarpe da ginnastica mentre le casalinghe si mettono in tiro anche solo per fare la spesa e allungarsi in piazza.

    Il marito della donna è un medico che sostiene di aver visto gli UFO volare sopra Lampedusa. Se qualcuno gli parla di "pareidolia", quell’illusione psichica che rende reali le immagini illusorie, lui da quell’orecchio non ci sente. Racconta in giro che il suo cellulare non dava più segni di vita. Il bagliore era ingrandito fino a trasformarsi in un cono di luce. Lo rapirono. E non fu l’unica volta: "non c’è modo di nascondersi, mi trovano sempre. Li descrive come umanoidi dai grandi occhi neri e il viso allungato. Non ricorda mai cosa gli succede sulla navicella ogni volta che viene trasportato a bordo, sicuro che giocano con il mio cervello": il cervello umano è la riserva di cibo degli extraterrestri, sostiene. Gli astronomi hanno scoperto al telescopio un nuovo pianeta roccioso che orbita attorno a una stella simile al sole, dice che potrebbero venire da quel pianeta. C’è addirittura il SETI che sarebbe il centro per la ricerca di intelligenza aliena. Il capo scientifico della NASA ha dichiarato che gli alieni esistono, "e non sono piccoli microbi".

    Gianni Anania non ha paura degli alieni, lo ripete sempre, ho paura degli immigrati, quelli sì. Una volta ne vide uno che stava per annegare e non mosse un dito per aiutarlo, si difese dicendo che avrebbero potuto incriminarlo per complicità.

    «Allāhu Akbar!» Dio è supremo.

    Per quattro volte lo raggiunge il principio della liturgia islamica salmodiata dal muezzin. È il vento a rubare la preghiera dal centro d’accoglienza per immigrati di Lampedusa e a trasmetterlo sulle onde marine sino ai pescatori.

    «Ašhadu an lāilāhillāAllāh.» Testimonio che non v’è dio se non Iddio. Questa la ripetono due volte.

    I tre pescatori, come tutti gli abitanti dell’isola, conoscono il significato della preghiera. I musulmani declamano cinque volte al giorno le loro devozioni. Gli occhi di Gianni Anania si fanno più pesanti.

    «Ašhaduanna Muhammad Rasūl Allāh.» Testimonio che Maometto è il Messaggero di Dio. Questo verso, come il precedente e tutti i successivi fin quasi alla fine, viene proclamato due volte di seguito dal muezzin che ricorda ai fedeli l’obbligo di svolgere correttamente la preghiera. Uno strattone alla canna di Gianni Anania.

    «Hayya ‘alā al-salāt.» Venite alla preghiera.

    Gianni Anania scatta in piedi per non venire trascinato giù dalla banchina. Gli altri due pescatori si sporgono per guardare. Potrebbe essere uno di quei rifiuti tossici che la mafia scarica in mare, così ammalano i pesci e i cittadini si beccano la leucemia.

    «Hayya ‘alā l-falāh.» Iddio è sommo.

    Gianni Anania si passa una mano sulla fronte. Si aspettava di trovare impigliato al suo amo un pesce molto grosso. Quello che emerge è un cadavere molto grosso. L’immigrato galleggia a pelo d’acqua, la sua pelle scura è a tratti alterata da macchie olivastre, il busto è avvolto in una bandiera bianca e nera recante scritte arabe.

    «LāilāhillāAllāh.» Non v’è dio se non Iddio.

    La liturgia si conclude, il pescatore con il pallino degli extraterrestri fotografa il cadavere del marziano e lo twitta online.

    4

    Naval Air Station - NAS 1, Sigonella

    Pete ha appena letto a voce alta la sua relazione su Pastorale Americana di Philip Roth. Un compito sul tema che lavoro fa tuo padre? per il Memorial Day sarebbe fuori luogo a Sigonella dove tutti i ragazzi sono figli di marines. Per questo il Parents Day, il giorno in cui i genitori vengono in classe per spiegare il proprio lavoro, è bandito dalla high school della base.

    «Molto bene, Pete, puoi tornare al tuo posto.» Non è molto bene, ma la signora Brenda Moore non intende umiliarlo più di quanto non facciano già i suoi compagni. Il ragazzo, a testa bassa, torna al banco monoposto. Non protesta quando viene bersagliato dalle palline di carta arrotolata sparategli contro dai coetanei. Pete è il loser imbranato della classe, quello che nei film di solito ha un talento nascosto. Ma io credo che Pete non ne abbia. D’altronde è il nerd del circolo matematico, poco c’entra con Philip Roth. Per questo nel suo tema, essendo oggi il 2 maggio, ha dovuto per forza inserire una citazione alla Battaglia di Hogwarts tenutasi lo stesso giorno del 1998 nei libri originali di Harry Potter.

    «Silenzio, ho detto silenzio!»

    Brenda ha lasciato Los Angeles per Sigonella da quattro mesi ormai. Il programma di continuità della base per le mogli dei marines le ha permesso di riprendere il suo ruolo di insegnante anche per la base in Sicilia, ma solo da qualche settimana. In realtà non vede l’ora di mettersi in aspettativa. Intanto, con la pancia al sesto mese, deve tenere il corso di Letteratura Americana per il senior year.

    Pensava che l’ultimo anno del liceo riservasse meno difficoltà, mi sbagliavo. All’inizio i ragazzi sottovalutavano una figura aggraziata e fragile come la sua, facevano talmente chiasso che lei non riusciva a udire la sua stessa voce, le fischiavano dietro per i boccoli biondi e la deridevano per i grandi occhiali da vista. Lei aveva dovuto imparare la loro stessa lingua: si era messa a graffiare la lavagna con le unghie lunghe.

    Insegna da troppo poco per ricordare i nomi di tutti. Così va per etichette. Pete è il loser. Ted è il fattone asiatico malato di sesso, Megan è quella vorrei ma non posso, Joan è quella che mangia. Sally è la negra antipatica, Ken è l’artistoide.

    «Signora Moore, posso andare in bagno?»

    «No, Imogen, non puoi, è quasi finita l’ora.» Vorrebbe andarci Brenda ai servizi, e lei sarebbe giustificata.

    «Ovvio,» la schernisce Imogen Brunetti dalla prima fila. Lei è la più fica della scuola e quelle che non sono come lei, allora "sono facce da culo". La ragazza si presenta in classe ogni giorno con i tacchi alti, neanche fosse una modella, con la minigonna o con qualsiasi tipo di gonna stretch, siano esse colorate, a zig zag… oggi sono a pois. Dalla cattedra, poi, Brenda lo sa bene: Imogen non porta biancheria intima. Se non fossi amica di sua madre l’avrei già sbattuta fuori. Invece, a quella distanza, è l’insegnante di Trigonometria che si fa imbambolare quando Imogen tiene le gambe spalancate e poi gli chiede se vuol darle ripetizioni private.

    Nei giorni scorsi ha fatto capolino su YouTube un video girato con il cellulare dell’ex fidanzato di Imogen, che mostra i due piccioncini mentre fanno insieme le cosacce. Il filmato hot era stato pubblicato online subito dopo che la famiglia di Jack era stata allontanata dalla base per motivi mai del tutto chiariti. Il video era diventato virale sul web prima che riuscissero a rimuoverlo. È ancora sulla bocca di tutti, ma Imogen non è tipa da piangersi sul mascara, lei è l’ape regina, quella che a mensa bullizza i cervelloni e le ragazze strane. E poi dai tempi di quel video, constata Brenda fissandosi sull’adolescente, le sono pure cresciute le tette.

    I banchi intorno a Imogen Brunetti ricreano un piccolo harem: Hailee, Dakota e Beverly. Hailee, annoiata dalla lezione su Roth, ha fatto un disegno osceno sul quaderno che ora mostra a Dakota. Questa, la cinese dalle ciglia lunghe e la coda di cavallo tinta di fucsia, sorride e simula una fellatio alla matita.

    «Dakota, la tua relazione?»

    La ragazza, colta in fallo, abbandona la matita sul banco. «Mi spiace, signora Moore, temo di non averla finita per tempo.» Dakota, la cinese, è la migliore amica di Imogen. Se Imogen porta sempre gonne striminzite, Dakota è tipa da collant colorati, o viola, o gialli, o blu, o altre tonalità improbabili. Non porta il reggiseno sotto la t-shirt, non ha paura di far vedere i capezzoli ai compagni, ma ha le tette piccole come due pesche.

    Un’alzata di mano. «Dimmi, Roger.» Lui è il cervellone della classe. Scrive per il quotidiano della scuola, e quando non conduce ricerche in biblioteca, trascorre le ore leggendo i comics sui supereroi.

    «Signora Moore, lei sa perché la CIA ha mandato qui l’agente Violet McBain?»

    «Non credo che questo abbia a che fare con La macchia umana, Roger.»

    Il baccano risale, come sempre, dall’ultima fila. Là sotto l’unico a starsene davvero zitto è quel loser di Pete. Al banco vicino, quella che copre la sbocciante femminilità sotto abiti larghi e trucco dark, è Betty: per gli altri è la ragazza strana, per Brenda è quella che non mangia, i meno carini le danno della lesbica.

    «Qui cambiano sempre la password del Wi-Fi, non è normale,» si lamenta il ripetente dell’ultima fila, Don, un ragazzo obeso con il berretto di traverso. Già una volta è stato sospeso perché beccato a tracciare murales dentro la palestra. «Chi conosce la nuova password?»

    «Portami il tuo cellulare, Donald, è sequestrato fino a nuovo ordine.»

    «Cosa? Se lo può scordare.»

    «Siamo a scuola, non alla tavola calda.» Donald lancia il libro fuori dalla finestra. «Don!»

    «Si risparmi le urla per chi può sentirle.»

    «L’hai voluta tu, ragazzo. Seguimi in direzione. Voglio parlare con tua madre.»

    «Sai che paura.»

    Il suono della campanella è uguale in tutto il mondo. «Signora Moore, l’aiuto a portare i libri?» Come da rito la cheerleader ispanica, precoce e procace, si lancia sulla cattedra per leccarmi il culo.

    «Faccio da me, Beverly, ti ringrazio.» Le osserva i capelli mossi e scarmigliati come si conviene a una giovane bellezza latina. Brenda le invidia quelle sopracciglia così folte, fitte e aggressive, molto sexy sul delicato viso da bambina. Beverly se ne va in giro con t-shirt aderenti a maniche lunghe per coprire i peli sulle braccia, ma si rifà con gli shorts Daisy Duke che le mettono in mostra le felle, un paio di scarpe da tennis e calze nere alte sino a metà polpaccio.

    Imogen è la prima a uscire, le cheerleader le vanno dietro adottando la cosiddetta camminata a rombo: la queen bee in testa, Dakota, Hailee e Beverly dietro, tutte che vanno in giro mezze nude come svergognate.

    I ragazzi scattano verso la mensa, Brenda attraversa in senso contrario il corridoio costeggiato dagli armadietti. Per oggi è abbastanza. Si vede di tutto lungo quei locali: dalle foto appese dell’annuario scolastico di inizio anno a quelle del Prom Night, il ballo conclusivo (che nessuno si augura mai sia in stile Carrie), più ogni altra declinazione della fauna liceale. Betty, la goth della sua classe, trova frasi ingiuriose (FUCK) verniciate sul proprio armadietto. Finirà sul serio in un tiaso di lesbiche.

    Non appena vedono l’insegnante avvicinarsi, un paio di bulletti trascinano nei bagni il nuovo arrivato. Lì la questione (lo accusano di provarci con le loro fidanzatine) si dirimerà con un cesto della spazzatura rovesciato in testa. Brenda non se ne cura, voglio tornare a casa.

    Fa una breve sosta in sala riunioni. Ripone i libri di testo nello scaffale, La macchia umana scivola per terra. Si china in avanti per raccoglierlo, si accorge che l’insegnante di Trigonometria finge di leggere il giornale e di sottecchi le fissa il culo. La gonna è però talmente stretta che sceglie il momento sbagliato per spaccarsi dal bordo e allargarsi verticalmente sulla coscia bianca. Brenda tira giù l’orlo, con le mani copre lo spacco e si allontana a testa alta.

    Mette piede fuori dall’edificio senza che il preside, tramite l’intercom, abbia finito di rammentare la scadenza per la presentazione dei progetti all’annuale Fiera della scienza. In cortile alcuni ragazzi siedono sulle panche. Quelli tonti e muscolosi, i jocks, cioè quelli fissati con lo sport, bisticciano sotto gli alberi o si fanno dare una toccatina ai bicipiti dalle majorettes accomodate sulle tovaglie a quadri da pic-nic stese sull’erba. Ai tempi del liceo suo marito Jason era uno di quegli atleti tonti: insieme a Brenda Madison Backman si distendevano la notte sui teli in spiaggia, osservavano il cielo stellato, si baciavano, esprimevano desideri. Fra questi non c’è mai stato quello di finire a Sigonella.

    Fra le ragazze corteggiate dai quarterback spicca la lunga chioma rossa di Imogen Brunetti. Le piace farsi guardare dai ragazzacci, ma non si fa mai toccare. Le tre amichette con il corpo da panico non escono mai dal suo raggio: Hailee, corpulenta e selvatica, con gli scomodi pantaloni a vita bassa, siede per terra con le gambe stese in avanti, e ripassa lo smalto sulle unghie dei piedi dell’ape regina. L’ispanica maggiorata, Beverly, mordicchia un bastone di liquirizia. La migliore amica cinese, Dakota, si appropria della bevanda che Beverly tiene stretta fra le cosce unite. Si tratta di Dr. Pepper, la bevanda analcolica al gusto di ciliegia. La succhia con le labbra carnose, si acciglia per la sensazione di cervello ghiacciato e mette in mostra l’ampia dentatura. Beverly si riprende la bottiglietta: «Che schifo. Mi attacchi il papilloma virus, sgualdrina.»

    «Smettila, io sono pulita, sei tu che hai bevuto l’acqua corrente in Messico.»

    Beverly afferra le bretelle del reggiseno di Dakota attraverso la t-shirt, tira all’indietro e gliele schiocca sulla schiena. La ragazza strilla, Imogen Brunetti le richiama all’ordine: «Fatela finita, troiette.»

    5

    Naval Air Station - NAS 1, Sigonella

    Brenda Madison Backman in Moore spegne l’utilitaria in giardino. L’abitazione che ci ha messo a disposizione il comando non prevede il garage. All’ingresso di ogni villetta familiare ci sono cassonetti dell’immondizia alti sino alla vita, sono loro a segnalare gli accessi alle staccionate per tutto il block, l’isolato.

    In pochi sanno da dove derivi la parola blockbuster. Quando uscì Lo squalo, il film di quel giovane regista dell’epoca, Steven Spielberg, per entrare in sala la gente faceva la fila in piedi lungo tutto l’isolato, il block. I produttori volevano acchiapparli tutti, gli spettatori dell’isolato, così nacque il termine blockbuster.

    Sulla veranda, nei pressi della panchina a dondolo, Piper corre a farle festa. I primi tempi in Sicilia, Brenda non dormiva la notte per la sua piccola yorkshire. L’avevano messa in guardia sull’esistenza una malattia canina sconosciuta negli USA: la leishmaniosi. Aveva seguito tutte le precauzioni indicate dalla clinica veterinaria di Sigonella per scongiurare ogni pericolo. Anche perché, se Piper si prende la leishmaniosi, non può più essere rispedita in America. E io a Los Angeles ci voglio tornare!

    Piper è talmente piccola da precederla in casa passando attraverso la feritoia dei gatti. Brenda richiude la porta e si sbarazza della giacca a fiori, della magliettina, della camicetta, e resta in reggiseno. Porta i push-up anche quando Jason manca per giorni, vuole farsi trovare pronta per lui.

    Per prima cosa si libera la vescica in bagno: da quando è incinta non conta le volte al giorno che si siede sul water. Poi attiva le ventole al soffitto. Apre le finestre, solo la guida della tenda in cucina fa le bizze. A quell’ora non c’è nessuno che possa spiarla da fuori. Dà giusto una strofinata di straccio al tavolo, con il seno che le ballonzola sul balconcino. È al sesto mese di gravidanza, si affatica più del solito, se il bebè nascesse adesso gli servirei milkshake al posto del latte.

    Accende la TV sul canale Family di AFN Sigonella. Danno C’è posta per te con Tom Hanks e Meg Ryan. Strano che lì non diano Salvate il soldato Ryan con Tom Hanks. Lascia il film di sottofondo, indossa il grembiule da cucina sull’intimo bianco.

    Non ho molta fame. Prova le nuove pentole a cottura lenta per prepararsi l’omelette e poi un soufflé per dessert. I primi tempi alla base preparava di mattina il pranzo a sacco per Jason, lui aveva paura che i colleghi lo prendessero in giro: a quel tempo Jason serviva come aiutante da campo per l’ammiraglio John Brunetti, il capo di tutto, il papà di Imogen, l’ape regina. Ora invece Jason è stato trasferito sotto la Vril Army. Destinazione segreta. Potrebbe persino trovarsi dall’altra parte del mondo. Manca per giorni e quando torna non può raccontarle niente di niente: minimizza, dice che si annoia, e lei gli crede. Uno massiccio come lui, finito a fare il lavoro da impiegato…

    Brenda ha ancora fame. Purtroppo a Sigonella non c’è un pizzaboy da chiamare. E poi, non mentiamoci, la Domino’s Pizza è di gran lunga superiore a quella italiana. Ricorre allo svuotafrigo, come le aveva insegnato sua madre: tira fuori tutto quello che ha in frigo e che è prossimo alla scadenza, butta via il latte andato a male, lecca con le dita quel che rimane nella confezione di formaggio spalmabile. Mette un ingrediente per volta sul piatto per vedere che ne viene fuori. Riassembla il tutto in padella affidandolo al ritmico movimento che il suo braccio imprime al mestolo mentre, seduta allo sgabello, legge la rivista d’arredamento che ha trovato nella cassetta delle lettere e che ha aperto sulle gambe accavallate. Non ho la giusta concentrazione per finire La lettera scarlatta.

    Lo svuotafrigo del giorno è una poltiglia immangiabile. Attiva il tritarifiuti con il pulsante vicino al lavello. Si siede al tavolo, caffè bollente e crafties, e appunta la lista della spesa.

    Squilla il telefono. «Casa Moore.»

    È Kim, la moglie del soldato Kirk Quinn. Quella sera Kim e Kirk sono ospiti a cena. Kim chiede se deve portare qualcosa. Tranquilla Kim, non ti rifilo i surgelati che ho in frigo. «Se hai le carte, porta quelle, così dopo facciamo una partitina.»

    Riattacca senza salutare. Jason sarà presente

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