La Peri Rossa
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Info su questo ebook
E quando scopre che il pirata a capo della ciurma è una splendida fanciulla che agisce per vendicare il padre, diventa difficile capire il confine tra il bene e il male.
Completano il volume Folle Pianeta e Marea lunare, due racconti in cui il talento di Weinbaum si coniuga ai temi dell’ecologia spaziale.
Stanley G. Weinbaum
Né dans le Kentucky en 1902, Stanley G. Weinbaum étudie le génie chimique à l'université du Wisconsin à Milwaukee, mais n'en sort pas diplômé, non plus que Charles A. Lindbergh, qu’il y côtoie. À la suite d'un pari, Weinbaum passe un examen à la place d'un ami et est découvert ; il refuse de réintégrer l'université en 1923. À Milwaukee, il participe aux réunions des Milwaukee Fictioneers, un groupe d'écrivains parmi lesquels Robert Bloch, Ralph Milne Farley, Raymond Palmer, qui fut plus tard rédacteur en chef d'Amazing. Sa carrière littéraire est courte, mais influente. La plupart de ses nouvelles sont publiées dans les années trente par Astounding, Wonder Stories Magazine, ou le fanzine Fantasy Magazine. Il écrit également plusieurs romans de science-fiction ou de fantastique : La Flamme Noire (publié en 1939), Le Nouvel Adam, et Le Cerveau Fou, ainsi que plusieurs romances dont une seule, The Lady Dances, fut jamais publiée. Il meurt d’un cancer du poumon le 14 décembre 1935, âgé de 33 ans.
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Anteprima del libro
La Peri Rossa - Stanley G. Weinbaum
#8
Altair
Collana di letteratura fantastica
Stanley G. Weinbaum, La Peri Rossa
1a edizione Landscape Books, giugno 2022
Collana Altair n° 8
© Landscape Books 2022
Titolo originale: The Red Peri
, The Mad Moon
, Tidal Moon
Traduzione di Vittorio Severini
www.landscape-books.com
Realizzazione: WAY TO ePUB
Stanley G. Weinbaum
La Peri Rossa
I.
Il razzo olandese Aardkin – partito da Middelburg, con passeggeri e merci – scese con delicatezza verso la Terra avvolta da nebbia e foschia a circa dodicimila miglia più in basso, con i sottogetti che ne attutivano la caduta. Quell’ultima tappa del viaggio da Venere era la parte più azzardata del percorso; i grandi razzi a forma di sigaro, che sfrecciavano meravigliosamente veloci nello spazio, erano tutt’altro che manovrabili in presenza di un forte campo gravitazionale; e il capitano Peter Ten Eyck non aveva alcun desiderio particolare di scendere nell’Europa centrale o nel mezzo dell’Atlantico, con conseguente dispiacere della sede centrale. Voleva centrare Middelburg, nella Zelanda.
Sulla destra apparve una sagoma piuttosto curiosa, visibile a non più di un quarto di miglio di distanza attraverso l’oblò del ponte di comando.
— Donder! — disse con trasporto il capitano Ten Eyck.
Nello stesso istante, il segnalatore accanto a lui proruppe: — Spegnete i razzi!
— Aasvogel! — rincarò il capitano. — Vaarken! — Gli altri epiteti furono un po’ troppo coloriti per essere riportati in via permanente.
L’apparizione contro il cielo nero si stava avvicinando rapidamente. Si distingueva adesso come un razzo metallico scintillante, ma non assomigliava affatto all’Aardkin, che aveva la forma affusolata e cilindrica, e non era neppure simile a nessun altro razzo – eccetto uno.
Era un triangolo tubolare, e da ciascun angolo sporgeva una robusta trave metallica che si innalzava fino a formare un vertice in alto. In effetti, i lati e le travi formavano uno scheletro tetraedrico e, dall’apice, scaturiva un’esplosione atomica blu che scendeva a ventaglio nello spazio sottostante. Mentre si avvicinava, la strana nave appariva piccolissima accanto alla gigantesca struttura da carico; non superava i cento piedi di lato, e non aveva che un ottavo della lunghezza dell’Aardkin.
Il segnalatore emise di nuovo i suoi toni metallici: — Spegnete i razzi! — ripeteva. — Spegnete i razzi o vi raggiungeremo!
Il capitano Ten Eyck terminò i suoi borbotti con un pesante sospiro. Non desiderava che il suo vascello fosse esposto all’irruenza del pirata. Brontolò un ordine nel macchinario che aveva accanto, e il rombo dei razzi cessò. Qualsiasi manovrabilità la mastodontica nave da carico avesse, ora non esisteva più; e non c’era più nemmeno la possibilità di speronare l’agile assalitore.
Con lo spegnimento dei razzi arrivò anche la totale assenza di peso, poiché erano in caduta libera: ma una caduta di dodicimila miglia richiede un tempo considerevole prima di diventare seria. Ten Eyck sospirò di nuovo, ordinò che venissero attivati i magneti sul pavimento e attese flemmatico ulteriori istruzioni. Dopo tutto, rifletté, il carico era assicurato e la Boyd’s Marine poteva permettersi di pagare l’indennizzo. Inoltre, la Boyd’s era una compagnia inglese, e lui non aveva nessuna intenzione di rischiare un’ottima nave olandese e – se lo diceva da solo – un ottimo capitano olandese per salvare una compagnia di assicurazione inglese da una perdita.
La porta della sala del ponte di comando si aprì e Hawkins, il primo ufficiale, entrò di corsa. — Che cosa sta succedendo? — strillò. — I razzi sono stati spenti… — Scorse la sagoma scintillante dal boccaporto. — La Peri Rossa! Quel maledetto pirata!
Il capitano Ten Eyck non disse nulla, ma i suoi pallidi occhi azzurri fissarono di malumore la figura dipinta ben visibile sullo scafo dell’assalitore – la figura di un folletto alato di colore cremisi. Non serviva altro per identificare il pirata; la forma bizzarra del vascello era una prova sufficiente, perché non ce n’era uno uguale nei cieli.
La voce risuonò di nuovo: — Aprite i portelli stagni.
Ten Eyck diede l’ordine, e poi uscì con aria truce per ricevere la squadra di abbordaggio. Udì il tonfo della passerella mobile che si allungava e il lieve suono del magnete sullo scafo della nave da carico. Poi fu la volta di una serie di colpi al portello interno della camera stagna. Il capitano ordinò di aprire, con voce stranamente equanime: stava di nuovo pensando alla compagnia di assicurazione.
La maggior parte della ventina di passeggeri della Aardkin si ammassarono lungo il passaggio. Lo spegnimento dei razzi, e forse il suono della voce di Hawkins, che dalla sala radio stava chiamando speranzosamente i soccorsi, li aveva messi al corrente degli eventi, e il triangolo scintillante della Peri Rossa ne indicava la natura.
Il portello si spalancò verso l’interno, rivelando il tunnel della passerella mobile d’acciaio rivestita di acciaio e gomma. Alcune figure in tuta spaziale, indossata per mascherarsi o per semplice precauzione per l’eventualità di doversi aprire la strada, entrarono attraverso la porta circolare, con pistole a gas e armi automatiche spianate minacciosamente.
Nessuno pronunciò una parola: una dozzina di bucanieri si diressero metodicamente verso la stiva a poppa mentre uno, una figura più esile, rimase a guardia del portello con aria truce. In cinque minuti furono di ritorno, trascinandosi dietro il bottino che avevano trovato, con quegli strani movimenti dovuti all’assenza di peso – come se quegli oggetti galleggiassero nell’acqua.
Ten Eyck vide le casse di baccelli di xixtchil, preziosi come diamanti, scomparire attraverso il portello; e i diciassette lingotti di argento venusiano fecero la stessa fine. Imprecò sottovoce quando riconobbe i cofanetti con gli smeraldi delle miniere delle Alpi Olandesi di Venere, e si chiese come avessero fatto ad aprire la cassaforte dell’Aardkin senza esplosivo o fiamma ossidrica.
Dando un’occhiata nell’ufficio del commissario di bordo, vide uno strano foro dai bordi frastagliati nella cassaforte di acciaio, che sembrava più arrugginito o semplicemente rotto che tagliato con precisione. Poi i filibustieri tornarono in silenzio verso la loro nave, senza aver proferito parola né molestato ufficiali, membri dell’equipaggio o passeggeri.
Tranne uno, forse: fra il gruppo di spettatori c’era il giovane Frank Keene, fisico americano di ritorno dalla stazione di ricerche solari di Patrick’s Peak, sulle Montagne dell’Eternità. Si era avvicinato alla camera stagna e ora, al passaggio dei predoni che se ne stavano andando, si sporse in avanti all’improvviso, socchiudendo gli occhi e scrutò con aria di sfida attraverso la visiera opaca della guardia.
— Ah! — disse. — Una testa rossa, eh?
La guardia non disse nulla, ma sollevò una mano con un guanto d’acciaio. Il pollice e l’indice rivestiti di metallo strinsero ferocemente il naso abbronzato di Keene, spingendolo indietro contro la folla, mentre due rivoli di sangue gli colavano dall’organo ferito.
Keene grugnì di dolore. — D’accordo, amico — disse stolidamente. — Un giorno ci rivedremo.
Allora il pirata parlò finalmente, con una voce metallica distorta dal diaframma del casco. — Quando succederà, sarà meglio che siate in due. — Poi la figura seguì le altre; il portello esterno si chiuse con un colpo secco; i magneti si staccarono dalla passerella e la Peri Rossa, agile come una rondine e rapida come una cometa al perielio, sfrecciò nell’oscurità dello spazio.
Accanto a Keene risuonò la voce del capitano Ten Eyck: — Che nave! Non è una nave stupenda, Mynheer Keene… quella Peri Rossa?
E stava ancora mormorando frasi di ammirazione durante il faticoso compito di elaborare una nuova traiettoria di atterraggio; quando, un’ora più tardi, un piccolo razzo della Lega apparve in risposta alla richiesta di aiuto di Hawkins, con voce piatta informò i suoi ufficiali che l’assalitore era oramai fuori portata: — Anche se la vostra grassa nave potesse eguagliare la loro accelerazione, cosa che non può fare.
Un anno dopo, Frank Keene aveva quasi completamente dimenticato la Peri Rossa e il pirata dai capelli rossi, anche se di tanto in tanto sentir parlare delle gesta del famoso predone gli riportava alla mente la sua esperienza. Dopo tutto, quando un filibustiere ha spadroneggiato nei cieli per quindici anni senza essere catturato, diventa una specie di leggenda, una figura di dimensioni eroiche. I giornali e i notiziari fanno quotidianamente riferimento a lui e gli viene attribuita la responsabilità, se non il merito, di molte imprese compiute da qualche desperado meno famoso.
La base della Peri Rossa rimaneva un mistero, nonostante le navi della Lega perlustrassero gli asteroidi, il lato nascosto della desolata Luna, e persino i minuscoli satelliti di Marte. Il rapido pirata, che colpiva invariabilmente le sue vittime quando queste stavano per entrare nel campo gravitazionale di qualche pianeta, andava e veniva indisturbato.
Ma Frank Keene in quel momento aveva poco tempo per pensare al celebre filibustiere. Insieme a un suo collega, il cinquantacinquenne Solomon Nestor dello Smithsonian, si trovava dove pochi uomini erano stati prima di allora, e in una situazione forse unica. Stavano sganciando la loro nave, la Limbo, verso il disco nero e rugoso di Plutone, a due miliardi di miglia da casa, e non erano felici.
— Ti dico — brontolò Keene — che dobbiamo atterrare. Pensi che abbia scelto apposta questo pezzo di carbone? Dobbiamo fare delle riparazioni. Non possiamo navigare con uno dei razzi di poppa fuori uso, a meno che tu non voglia volare in cerchio.
Il vecchio Solomon era portato per quello che riguardava le radiazioni dure, la chimica stellare e l’astrofisica, ma non era certo un ingegnere. Disse lamentosamente — Non vedo perché non possiamo procedere a zigzag.
— Bah! Te l’ho detto il perché. Non ho passato cinque ore a calcolare quanto tempo ci vorrebbe per raggiungere il pianeta abitato più vicino? Sarebbe Titano, vicino a Saturno, a un miliardo – dico un miliardo – di chilometri di distanza. E alla velocità che potremmo raggiungere zigzagando, perché infatti non potremmo mantenere un’accelerazione costante, impiegheremmo esattamente appena quattro anni e tre mesi. Abbiamo cibo a sufficienza per tre mesi, e di che cosa vivremmo per quattro anni? Di energia atomica?
— Ma che cosa possiamo fare su Plutone? — contestò il vecchio Nestor. — E perché non ci siamo portati un razzo di riserva?
— Si suppone che i razzi non si fondano — borbottò Keene disgustato. — E per quanto riguarda quello che possiamo fare, forse possiamo trovare un giacimento vergine di qualche metallo refrattario, platino, iridio o tungsteno o qualsiasi altro elemento con un alto punto di fusione, e costruire un razzo abbastanza lungo da impedire all’esplosione di fondere la nostra poppa. Perché è questo che succederà se continueremo a farlo funzionare in quelle condizioni.
— Qui c’è del tungsteno — osservò l’anziano in tono speranzoso guardando l’enorme massa nera. —